+ Dal Vangelo secondo Matteo (13,54-58)
In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è Costui il Figlio del falegname? E sua Madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un Profeta non è disprezzato se non nella s cxua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.
Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
La festa di oggi ci ricorda la dignità del lavoro, soprattutto come lo svolgeva il Maestro dei falegnami. Non è vera festa per i sette milioni di italiani poveri, questo è l’ultimo dato Istat sulle condizioni economiche delle famiglie ed esprime quelle disuguaglianze che la politica dovrebbe quantomeno regolare.
Il lavoro in Italia scarseggia e nella mentalità corrente si parla di lavoro solo per indicare il modo per ottenere in cambio una paga e vivere dignitosamente. È corretto questo interscambio tra il datore e il lavoratore, perché il lavoro nobilita la persona, ed appunto è dignità.
C’è una vasta varietà di lavoro, da quello dell’operaio non specializzato chiamato manovale a quello professionale, che si raggiunge dopo appropriati studi o corsi specialistici per l’acquisizione di conoscenze importanti e che determinano il funzionamento di complesse macchine moderne.
Il lavoro non deve valutarsi come qualcosa da svolgere solo per ottenere in cambio un legittimo compenso, in tutti i lavori si deve avere un interesse che va oltre la busta paga, e questo aspetto tocca la coscienza di ogni lavoratore.
Possedere questa attitudine non è difficile, se non si possiede si impara con la pratica e dopo molte riflessioni sull’importanza del lavoro che si svolge, pensando anche ai milioni di disoccupati un po’ disperati che non vivono dignitosamente.
Il lavoro và amato nonostante il sacrificio, non c’è nulla che non richieda del sacrificio e continui sforzi. Ogni lavoratore deve dare il meglio di sé per mostrarsi sinceramente gentile e disponibile con i clienti o il pubblico che attende per ore in fila per pagare bollette.
La gentilezza è una virtù umana, nel lavoro è una componente indispensabile e si deve sempre praticare anche con degli sforzi, e rimane comprensibile la stanchezza stampata sul volto dell’impiegato che lavora in un centro commerciale o in un altro impiego spossante. Non si riesce spesso a sobbarcarsi di incarichi delicati che durano lunghe ore.
Stendo un velo sulla paga minima e ridicola degli impiegati che meriterebbero uno stipendio triplo per la quantità e la qualità del lavoro.
Poi, c’è il lavoro della domenica che noi cattolici consideriamo un sopruso per i lavoratori, sia quelli che vanno a Messa sia quelli che hanno il diritto di rilassarsi, riposarsi, dedicare del tempo alle loro cose e alla famiglia.
Ognuno valuta l’apertura dei negozi nel giorno del riposo secondo la convenienza, non riflette sulle conseguenze dannose primariamente religiose, personali e poi familiari dei lavoratori quasi ridotti in schiavitù per soddisfare i capricci di un manipolo di furfanti interessati solo alla ricchezza.
Noi cattolici abbiamo in San Giuseppe il grande esempio di lavoratore onestissimo e profondamente desideroso di far contenti i clienti con la produzione artigianale di quanto gli prenotavano. San Giuseppe metteva tutto l’amore che aveva nel lavoro che svolgeva, non per il compenso spettante, Egli gioiva nel trasmettere la sua gioia ai clienti con i lavori che produceva.
Si deve possedere una spiritualità elevata per imitare San Giuseppe, ed è possibile raggiungerla, è nella volontà di ogni cattolico decidere cosa fare e quale futuro scegliere. Riflettiamo sull’importanza del lavoro e della qualità che si nutre di amore ed interesse per quello che si sta compiendo nel lavoro.
In molti operai e in tanti altri lavoratori sono presenti qualità splendide che rimangono impensabili anche in moltissimi ricchi e regnanti. Adeguarsi a quello che si possiede e che si può utilizzare rende semplici e umili tanti cittadini, lo abbiamo visto nei regimi dittatoriali violenti.
Gesù non vuole questa distorta disparità economica, una disuguaglianza sociale che grida giustizia davanti a Dio. È vero che la semplicità nella vita si acquisisce quando non si inseguono miraggi e fantasticherie, ma ognuno ha il diritto di sognare una vita bella e dignitosa.
Chi raggiunge obiettivi appaganti per sé e la propria famiglia, deve ringraziare Gesù.
Mentre chi ancora non è appagato, deve pregare di più e nutrire una grande fiducia nella Madre Mediatrice che dona di continuo molte Grazie.
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