Il Signore ti benedica,ti custodisca e ti mostri il Suo volto misericordioso!

Quando pensi di aver toccato il fondo e che nessuno ti voglia o ti ami più, Dio si fa uomo per incontrarti, Gesù ti viene accanto

CIAO A TE !!

Nulla è più urgente nel mondo d'oggi di proclamare Cristo alle genti. Chiunque tu sia, puoi, se vuoi, lasciare un tuo contributo, piccolo o grande che sia, per dire, comunicare, annunciare la persona di Gesù Cristo, unico nostro salvatore. Uno speciale benvenuto a LADYBUG che si è aggiunta di recente ai sostenitori ! *************************************************** Questo blog è sotto la protezione di N.S. Gesù Cristo e della SS Vergine Maria, Sua Madre ed ha come unica ragione di esistere di fornire un contributo, sia pure piccolo ed umile, alla crescita della loro Gloria. ***************************************************



Con Cristo non ci sono problemi, senza Cristo non ci sono soluzioni.

mi trovate anche su questo blog
---------------------------------------------------------------



domenica 27 giugno 2010

683 - Angelus 20/6/2010 Domenica XIII tempo ord.

Cari fratelli e sorelle!

Le letture bibliche della santa Messa di questa domenica mi danno l’opportunità di riprendere il tema della chiamata di Cristo e delle sue esigenze, tema sul quale mi sono soffermato anche una settimana fa, in occasione delle Ordinazioni dei nuovi presbiteri della Diocesi di Roma. In effetti, chi ha la fortuna di conoscere un giovane o una ragazza che lascia la famiglia di origine, gli studi o il lavoro per consacrarsi a Dio, sa bene di che cosa si tratta, perché ha davanti un esempio vivente di risposta radicale alla vocazione divina. E’ questa una delle esperienze più belle che si fanno nella Chiesa: vedere, toccare con mano l’azione del Signore nella vita delle persone; sperimentare che Dio non è un’entità astratta, ma una Realtà così grande e forte da riempire in modo sovrabbondante il cuore dell’uomo, una Persona vivente e vicina, che ci ama e chiede di essere amata.
L’evangelista Luca ci presenta Gesù che, mentre cammina per la strada, diretto a Gerusalemme, incontra alcuni uomini, probabilmente giovani, i quali promettono di seguirlo dovunque vada. Con costoro Egli si mostra molto esigente, avvertendoli che "il Figlio dell’uomo – cioè Lui, il Messia – non ha dove posare il capo", vale a dire non ha una propria dimora stabile, e che chi sceglie di lavorare con Lui nel campo di Dio non può più tirarsi indietro (cfr Lc 9,57-58.61-62). Ad un altro invece Cristo stesso dice: "Seguimi", chiedendogli un taglio netto dei legami familiari (cfr Lc 9,59-60). Queste esigenze possono apparire troppo dure, ma in realtà esprimono la novità e la priorità assoluta del Regno di Dio che si fa presente nella Persona stessa di Gesù Cristo. In ultima analisi, si tratta di quella radicalità che è dovuta all’Amore di Dio, al quale Gesù stesso per primo obbedisce. Chi rinuncia a tutto, persino a se stesso, per seguire Gesù, entra in una nuova dimensione della libertà, che san Paolo definisce "camminare secondo lo Spirito" (cfr Gal 5,16). "Cristo ci ha liberati per la libertà!" – scrive l’Apostolo – e spiega che questa nuova forma di libertà acquistataci da Cristo consiste nell’essere "a servizio gli uni degli altri" (Gal 5,1.13). Libertà e amore coincidono! Al contrario, obbedire al proprio egoismo conduce a rivalità e conflitti.
Cari amici, volge ormai al termine il mese di giugno, caratterizzato dalla devozione al Sacro Cuore di Cristo. Proprio nella festa del Sacro Cuore abbiamo rinnovato con i sacerdoti del mondo intero il nostro impegno di santificazione. Oggi vorrei invitare tutti a contemplare il mistero del Cuore divino-umano del Signore Gesù, per attingere alla fonte stessa dell’Amore di Dio. Chi fissa lo sguardo su quel Cuore trafitto e sempre aperto per amore nostro, sente la verità di questa invocazione: "Sei tu, Signore, l’unico mio bene" (Salmo resp.), ed è pronto a lasciare tutto per seguire il Signore. O Maria, che hai corrisposto senza riserve alla divina chiamata, prega per noi!


[DOPO L’ANGELUS]
Stamani, in Libano, è stato proclamato Beato Estéphan Nehmé, al secolo Joseph, religioso dell’Ordine Libanese Maronita, vissuto in Libano tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Mi rallegro di cuore con i fratelli e le sorelle libanesi, e li affido con grande affetto alla protezione del nuovo Beato.
In questa domenica che precede la solennità dei Santi Pietro e Paolo, ricorre in Italia e in altri Paesi la Giornata della Carità del Papa. Esprimo la mia viva gratitudine a quanti, con la preghiera e le offerte, sostengono l’azione apostolica e caritativa del Successore di Pietro e favore della Chiesa universale e di tanti fratelli vicini e lontani.
Rivolgo infine un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo AVIS di Sant’Anna d’Alfaedo, presso Verona. A tutti auguro una buona domenica.
---

venerdì 25 giugno 2010

682 - Messaggio Medjugorje 25/6/2010

Cari figli, con gioia vi invito tutti a vivere i miei messaggi con gioia, soltanto così figlioli, potrete essere più vicini al mio Figlio.
Io desidero guidarvi tutti soltanto a Lui e in Lui troverete la vera pace e la vera gioia del vostro cuore.
Vi benedico tutti e vi amo con amore immenso. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
--

mercoledì 23 giugno 2010

681 - San Tommaso ci mostra la verità della fede

Pubblichiamo il testo dell'intervento pronunciato da Benedetto XVI questo mercoledì mattina 23/6 in occasione dell'Udienza Generale in Piazza San Pietro.

Cari fratelli e sorelle,
vorrei oggi completare, con una terza parte, le mie catechesi su san Tommaso d'Aquino. Anche a più di settecento anni dopo la sua morte, possiamo imparare molto da lui. Lo ricordava anche il mio Predecessore, il Papa Paolo VI, che, in un discorso tenuto a Fossanova il 14 settembre 1974, in occasione del settimo centenario della morte di san Tommaso, si domandava: "Maestro Tommaso, quale lezione ci puoi dare?". E rispondeva così: "la fiducia nella verità del pensiero religioso cattolico, quale da lui fu difeso, esposto, aperto alla capacità conoscitiva della mente umana" (Insegnamenti di Paolo VI, XII[1974], pp. 833-834). E, nello stesso giorno, ad Aquino, riferendosi sempre a san Tommaso, affermava: "tutti, quanti siamo figli fedeli della Chiesa possiamo e dobbiamo, almeno in qualche misura, essere suoi discepoli!" (Ibid., p. 836).
Mettiamoci dunque anche noi alla scuola di san Tommaso e del suo capolavoro, la Summa Theologiae. Essa è rimasta incompiuta, e tuttavia è un'opera monumentale: contiene 512 questioni e 2669 articoli. Si tratta di un ragionamento serrato, in cui l'applicazione dell'intelligenza umana ai misteri della fede procede con chiarezza e profondità, intrecciando domande e risposte, nelle quali san Tommaso approfondisce l'insegnamento che viene dalla Sacra Scrittura e dai Padri della Chiesa, soprattutto da sant'Agostino. In questa riflessione, nell'incontro con vere domande del suo tempo, che sono anche spesso domande nostre, san Tommaso, utilizzando anche il metodo e il pensiero dei filosofi antichi, in particolare di Aristotele, arriva così a formulazioni precise, lucide e pertinenti delle verità di fede, dove la verità è dono della fede, risplende e diventa accessibile per noi, per la nostra riflessione. Tale sforzo, però, della mente umana - ricorda l'Aquinate con la sua stessa vita - è sempre illuminato dalla preghiera, dalla luce che viene dall'Alto. Solo chi vive con Dio e con i misteri può anche capire che cosa essi dicono.
Nella Summa di Teologia, san Tommaso parte dal fatto che ci sono tre diversi modi dell'essere e dell'essenza di Dio: Dio esiste in se stesso, è il principio e la fine di tutte le cose, per cui tutte le creature procedono e dipendono da Lui; poi Dio è presente attraverso la sua Grazia nella vita e nell'attività del cristiano, dei santi; infine, Dio è presente in modo del tutto speciale nella Persona di Cristo unito qui realmente con l'uomo Gesù, e operante nei Sacramenti, che scaturiscono dalla sua opera redentrice. Perciò, la struttura di questa monumentale opera (cfr. Jean-Pierre Torrell, La «Summa» di San Tommaso, Milano 2003, pp. 29-75), una ricerca con "sguardo teologico" della pienezza di Dio (cfr. Summa Theologiae, Ia, q. 1, a. 7), è articolata in tre parti, ed è illustrata dallo stesso Doctor Communis - san Tommaso - con queste parole: "Lo scopo principale della sacra dottrina è quello di far conoscere Dio, e non soltanto in se stesso, ma anche in quanto è principio e fine delle cose, e specialmente della creatura ragionevole. Nell'intento di esporre questa dottrina, noi tratteremo per primo di Dio; per secondo del movimento della creatura verso Dio; e per terzo del Cristo, il quale, in quanto uomo, è per noi via per ascendere a Dio" (Ibid., I, q. 2). È un circolo: Dio in se stesso, che esce da se stesso e ci prende per mano, così che con Cristo ritorniamo a Dio, siamo uniti a Dio, e Dio sarà tutto in tutti.
La prima parte della Summa Theologiae indaga dunque su Dio in se stesso, sul mistero della Trinità e sull'attività creatrice di Dio. In questa parte troviamo anche una profonda riflessione sulla realtà autentica dell'essere umano in quanto uscito dalle mani creatrici di Dio, frutto del suo amore. Da una parte siamo un essere creato, dipendente, non veniamo da noi stessi; ma, dall'altra, abbiamo una vera autonomia, così che siamo non solo qualcosa di apparente - come dicono alcuni filosofi platonici - ma una realtà voluta da Dio come tale, e con valore in se stessa.
Nella seconda parte san Tommaso considera l'uomo, spinto dalla Grazia, nella sua aspirazione a conoscere e ad amare Dio per essere felice nel tempo e nell'eternità. Per prima cosa, l'Autore presenta i principi teologici dell'agire morale, studiando come, nella libera scelta dell'uomo di compiere atti buoni, si integrano la ragione, la volontà e le passioni, a cui si aggiunge la forza che dona la Grazia di Dio attraverso le virtù e i doni dello Spirito Santo, come pure l'aiuto che viene offerto anche dalla legge morale. Quindi l'essere umano è un essere dinamico che cerca se stesso, cerca di divenire se stesso e cerca, in questo senso, di compiere atti che lo costruiscono, lo fanno veramente uomo; e qui entra la legge morale, entra la Grazia e la propria ragione, la volontà e le passioni. Su questo fondamento san Tommaso delinea la fisionomia dell'uomo che vive secondo lo Spirito e che diventa, così, un'icona di Dio. Qui l'Aquinate si sofferma a studiare le tre virtù teologali - fede, speranza e carità -, seguite dall'esame acuto di più di cinquanta virtù morali, organizzate attorno alle quattro virtù cardinali - la prudenza, la giustizia, la temperanza e la fortezza. Termina poi con la riflessione sulle diverse vocazioni nella Chiesa.
Nella terza parte della Summa, san Tommaso studia il Mistero di Cristo - la via e la verità - per mezzo del quale noi possiamo ricongiungerci a Dio Padre. In questa sezione scrive pagine pressoché insuperate sul Mistero dell'Incarnazione e della Passione di Gesù, aggiungendo poi un'ampia trattazione sui sette Sacramenti, perché in essi il Verbo divino incarnato estende i benefici dell'Incarnazione per la nostra salvezza, per il nostro cammino di fede verso Dio e la vita eterna, rimane materialmente quasi presente con le realtà della creazione, ci tocca così nell'intimo.

Parlando dei Sacramenti, san Tommaso si sofferma in modo particolare sul Mistero dell'Eucaristia, per il quale ebbe una grandissima devozione, al punto che, secondo gli antichi biografi, era solito accostare il suo capo al Tabernacolo, come per sentire palpitare il Cuore divino e umano di Gesù. In una sua opera di commento alla Scrittura, san Tommaso ci aiuta a capire l'eccellenza del Sacramento dell'Eucaristia, quando scrive: "Essendo l'Eucaristia il sacramento della Passione di nostro Signore, contiene in sé Gesù Cristo che patì per noi. Pertanto tutto ciò che è effetto della Passione di nostro Signore, è anche effetto di questo sacramento, non essendo esso altro che l'applicazione in noi della Passione del Signore" (In Ioannem, c.6, lect. 6, n. 963). Comprendiamo bene perché san Tommaso e altri santi abbiano celebrato la Santa Messa versando lacrime di compassione per il Signore, che si offre in sacrificio per noi, lacrime di gioia e di gratitudine.
Cari fratelli e sorelle, alla scuola dei santi, innamoriamoci di questo Sacramento! Partecipiamo alla Santa Messa con raccoglimento, per ottenerne i frutti spirituali, nutriamoci del Corpo e del Sangue del Signore, per essere incessantemente alimentati dalla Grazia divina! Intratteniamoci volentieri e frequentemente, a tu per tu, in compagnia del Santissimo Sacramento!
Quanto san Tommaso ha illustrato con rigore scientifico nelle sue opere teologiche maggiori, come appunto la Summa Theologiae, anche la Summa contra Gentiles è stato esposto anche nella sua predicazione, rivolta agli studenti e ai fedeli. Nel 1273, un anno prima della sua morte, durante l'intera Quaresima, egli tenne delle prediche nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli. Il contenuto di quei sermoni è stato raccolto e conservato: sono gli Opuscoli in cui egli spiega il Simbolo degli Apostoli, interpreta la preghiera del Padre Nostro, illustra il Decalogo e commenta l'Ave Maria. Il contenuto della predicazione del Doctor Angelicus corrisponde quasi del tutto alla struttura del Catechismo della Chiesa Cattolica. Infatti, nella catechesi e nella predicazione, in un tempo come il nostro di rinnovato impegno per l'evangelizzazione, non dovrebbero mai mancare questi argomenti fondamentali: ciò che noi crediamo, ed ecco il Simbolo della fede; ciò che noi preghiamo, ed ecco il Padre Nostro e l'Ave Maria; e ciò che noi viviamo come ci insegna la Rivelazione biblica, ed ecco la legge dell'amore di Dio e del prossimo e i Dieci Comandamenti, come esplicazione di questo mandato dell'amore.
Vorrei proporre qualche esempio del contenuto, semplice, essenziale e convincente, dell'insegnamento di san Tommaso. Nel suo Opuscolo sul Simbolo degli Apostoli egli spiega il valore della fede. Per mezzo di essa, dice, l'anima si unisce a Dio, e si produce come un germoglio di vita eterna; la vita riceve un orientamento sicuro, e noi superiamo agevolmente le tentazioni.
A chi obietta che la fede è una stoltezza, perché fa credere in qualcosa che non cade sotto l'esperienza dei sensi, san Tommaso offre una risposta molto articolata, e ricorda che questo è un dubbio inconsistente, perché l'intelligenza umana è limitata e non può conoscere tutto. Solo nel caso in cui noi potessimo conoscere perfettamente tutte le cose visibili e invisibili, allora sarebbe un'autentica stoltezza accettare delle verità per pura fede. Del resto, è impossibile vivere, osserva san Tommaso, senza fidarsi dell'esperienza altrui, là dove la personale conoscenza non arriva. È ragionevole dunque prestare fede a Dio che si rivela e alla testimonianza degli Apostoli: essi erano pochi, semplici e poveri, affranti a motivo della Crocifissione del loro Maestro; eppure molte persone sapienti, nobili e ricche si sono convertite in poco tempo all'ascolto della loro predicazione. Si tratta, in effetti, di un fenomeno storicamente prodigioso, a cui difficilmente si può dare altra ragionevole risposta, se non quella dell'incontro degli Apostoli con il Signore Risorto.
Commentando l'articolo del Simbolo sull'Incarnazione del Verbo divino, san Tommaso fa alcune considerazioni. Afferma che la fede cristiana, considerando il mistero dell'Incarnazione, viene ad essere rafforzata; la speranza si eleva più fiduciosa, al pensiero che il Figlio di Dio è venuto tra noi, come uno di noi, per comunicare agli uomini la propria divinità; la carità è ravvivata, perché non vi è segno più evidente dell'amore di Dio per noi, quanto vedere il Creatore dell'universo farsi egli stesso creatura, uno di noi. Infine, considerando il mistero dell'Incarnazione di Dio, sentiamo infiammarsi il nostro desiderio di raggiungere Cristo nella gloria. Adoperando un semplice ed efficace paragone, san Tommaso osserva: "Se il fratello di un re stesse lontano, certo bramerebbe di potergli vivere accanto. Ebbene, Cristo ci è fratello: dobbiamo quindi desiderare la sua compagnia, diventare un solo cuore con lui" (Opuscoli teologico-spirituali, Roma 1976, p. 64).
Presentando la preghiera del Padre Nostro, san Tommaso mostra che essa è in sé perfetta, avendo tutte e cinque le caratteristiche che un'orazione ben fatta dovrebbe possedere: fiducioso e tranquillo abbandono; convenienza del suo contenuto, perché - osserva san Tommaso - "è assai difficile saper esattamente cosa sia opportuno chiedere e cosa no, dal momento che siamo in difficoltà di fronte alla selezione dei desideri" (Ibid., p. 120); e poi ordine appropriato delle richieste, fervore di carità e sincerità dell'umiltà.
San Tommaso è stato, come tutti i santi, un grande devoto della Madonna. L'ha definita con un appellativo stupendo: Triclinium totius Trinitatis, triclinio, cioè luogo dove la Trinità trova il suo riposo, perché, a motivo dell'Incarnazione, in nessuna creatura, come in Lei, le tre divine Persone inabitano e provano delizia e gioia a vivere nella sua anima piena di Grazia. Per la sua intercessione possiamo ottenere ogni aiuto.
Con una preghiera, che tradizionalmente viene attribuita a san Tommaso e che, in ogni caso, riflette gli elementi della sua profonda devozione mariana, anche noi diciamo: "O beatissima e dolcissima Vergine Maria, Madre di Dio..., io affido al tuo cuore misericordioso tutta la mia vita... Ottienimi, o mia dolcissima Signora, carità vera, con la quale possa amare con tutto il cuore il tuo santissimo Figlio e te, dopo di lui, sopra tutte le cose, e il prossimo in Dio e per Dio".
------------

lunedì 21 giugno 2010

680 - Tu sei prezioso ai miei occhi

Isaia 43, 4.

«Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo».


Geremia 1, 5.
«Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni».


Salmo 138, 13-14.
"Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupendole tue opere, tu mi conosci fino in fondo."


Genesi 1, 27. 31.
«Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.»


Romani 12, 10.
«Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda.»
---

domenica 20 giugno 2010

679 - Angelus 20/6/2010 Domenica XII tempo ord.

Cari fratelli e sorelle!

Questa mattina nella Basilica di San Pietro ho conferito l’ordine presbiterale a quattordici diaconi della Diocesi di Roma - per questo sono in ritardo per l'Angelus. Il sacramento dell’Ordine manifesta, da parte di Dio, la sua premurosa vicinanza agli uomini e, da parte di chi lo riceve, la piena disponibilità a diventare strumento di questa vicinanza, con un amore radicale a Cristo e alla Chiesa.
Nel Vangelo dell’odierna domenica, il Signore domanda ai suoi Discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Lc 9,20).
A questo interrogativo l’apostolo Pietro risponde prontamente: «Tu sei il Cristo di Dio, il Messia di Dio» (cfr Iibid.), superando, così, tutte le opinioni terrene che ritenevano Gesù uno dei profeti. Secondo sant’Ambrogio, con questa professione di fede, Pietro «ha abbracciato insieme tutte le cose, perché ha espresso la natura e il nome» del Messia (Exp. in Lucam VI, 93, CCL 14, 207). E Gesù, di fronte a questa professione di fede rinnova a Pietro e agli altri discepoli l’invito a seguirlo sulla strada impegnativa dell’amore fino alla Croce. Anche a noi, che possiamo conoscere il Signore mediante la fede nella sua Parola e nei Sacramenti, Gesù rivolge la proposta di seguirlo ogni giorno e anche a noi ricorda che per essere suoi discepoli è necessario appropriarci del potere della sua Croce, vertice dei nostri beni e corona della nostra speranza.
San Massimo il Confessore osserva che «il segno distintivo del potere del nostro Signore Gesù Cristo è la croce, che egli ha portato sulle spalle» (Ambiguum 32, PG 91, 1284 C). Infatti, «a tutti diceva: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua"» (Lc 9,23).
Prendere la croce significa impegnarsi per sconfiggere il peccato che intralcia il cammino verso Dio, accogliere quotidianamente la volontà del Signore, accrescere la fede soprattutto dinanzi ai problemi, alle difficoltà, alla sofferenza. La santa carmelitana Edith Stein ce lo ha testimoniato in un tempo di persecuzione. Scriveva così dal Carmelo di Colonia nel 1938: «Oggi capisco … che cosa voglia dire essere sposa del Signore nel segno della croce, benché per intero non lo si comprenderà mai, giacché è un mistero… Più si fa buio intorno a noi e più dobbiamo aprire il cuore alla luce che viene dall’alto». (La scelta di Dio. Lettere (1917-1942), Roma 1973, 132-133). Anche nell’epoca attuale molti sono i cristiani nel mondo che, animati dall’amore per Dio, assumono ogni giorno la croce, sia quella delle prove quotidiane, sia quella procurata dalla barbarie umana, che talvolta richiede il coraggio dell’estremo sacrificio. Il Signore doni a ciascuno di noi di riporre sempre la nostra solida speranza in Lui, certi che, seguendolo portando la nostra croce, giungeremo con Lui alla luce della Risurrezione.
Affidiamo alla materna protezione della Vergine Maria i nuovi sacerdoti oggi ordinati che si aggiungono alla schiera di quanti il Signore ha chiamato per nome: siano sempre fedeli discepoli, coraggiosi annunciatori della Parola di Dio e amministratori dei suoi Doni di salvezza.

Dopo l'Angelus
Desidero rivolgere un pressante appello perché la pace e la sicurezza siano presto ristabilite nel Kyrgyzstan meridionale, in seguito ai gravi scontri verificatisi nei giorni scorsi. Ai parenti delle vittime e a quanti soffrono per questa tragedia esprimo la mia commossa vicinanza ed assicuro la mia preghiera. Invito, inoltre, tutte le comunità etniche del Paese a rinunziare a qualsiasi provocazione o violenza e chiedo alla comunità internazionale di adoperarsi perché gli aiuti umanitari possano raggiungere prontamente le popolazioni colpite.
Oggi l’Organizzazione delle Nazioni Unite celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, per richiamare l’attenzione ai problemi di quanti hanno lasciato forzatamente la propria terra e le consuetudini familiari, giungendo in ambienti che, spesso, sono profondamente diversi. I rifugiati desiderano trovare accoglienza ed essere riconosciuti nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali; in pari tempo, intendono offrire il loro contributo alla società che li accoglie. Preghiamo perché, in una giusta reciprocità, si risponda in modo adeguato a tale aspettativa ed essi mostrino il rispetto che nutrono per l’identità delle comunità che li ricevono.
---

678 - Messaggio Medjugorje 18/6/2010

Apparizione avuta da Ivan la sera del 18 Giugno 2010, sul Podbrdo alle ore 22:00

Cari figli, anche oggi desidero invitarvi: in questo tempo di grazia pregate. Rinnovate i miei messaggi, cari figli. Vivete i miei messaggi.
Cari figli, questo tempo è un tempo di responsabilità, vivete i miei messaggi con responsabilità. Cari figli, cerco le vostre opere e non le parole. La Madre prega per voi e intercede davanti a Suo Figlio per tutti voi. Grazie, cari figli, perché anche oggi mi avete accolto, per aver accettato i miei messaggi e perché vivete i miei messaggi.
--

venerdì 18 giugno 2010

677 - Senza Maria non c’è salvezza

Santa Maria, donna dei nostri giorni, vieni ad abitare in mezzo a noi. Tu hai predetto che tutte le generazioni ti avrebbero chiamata beata. Ebbene, tra queste generazioni c'è anche la nostra, che vuole cantarti la sua lode non solo per le cose grandi che il Signore ha fatto in te nel passato, ma anche per le meraviglie che egli continua a operare in te nel presente.



Fa' che possiamo sentirti vicina ai nostri problemi. Non come Signora che viene da lontano a sbrogliarceli con la potenza della sua grazia o con i soliti moduli stampati una volta per sempre. Ma come una che, gli stessi problemi, li vive anche lei sulla sua pelle, e ne conosce l'inedita drammaticità, e ne percepisce le sfumature del mutamento, e ne coglie l'alta quota di tribolazione.


Santa Maria, donna dei nostri giorni, liberaci dal pericolo di pensare che le esperienze spirituali vissute da te duemila anni fa siano improponibili oggi per noi, figli di una civiltà che, dopo essersi proclamata postmoderna, postindustriale e postnonsoché, si qualifica anche come postcristiana.


Facci comprendere che la modestia, l'umiltà, la purezza sono frutti di tutte le stagioni della storia, e che il volgere dei tempi non ha alterato la composizione chimica di certi valori quali la gratuità, l'obbedienza, la fiducia, la tenerezza, il perdono. Sono valori che tengono ancora e che non andranno mai in disuso. Ritorna, perciò, in mezzo a noi, e offri a tutti l'edizione aggiornata di quelle grandi virtù umane che ti hanno resa grande agli occhi di Dio.


Santa Maria, donna dei nostri giorni, dandoti per nostra madre, Gesù ti ha costituita non solo conterranea, ma anche contemporanea di tutti. Prigioniera nello stesso frammento di spazio e di tempo. Nessuno, perciò, può addebitarti distanze generazionali, né gli è lecito sospettare che tu non sia in grado di capire i drammi della nostra epoca.


Mettiti, allora, accanto a noi, e ascoltaci mentre ti confidiamo le ansie quotidiane che assillano la nostra vita moderna: lo stipendio che non basta, la stanchezza da stress, l'incertezza del futuro, la paura di non farcela, la solitudine interiore, l'usura dei rapporti, l'instabilità degli affetti, l'educazione difficile dei figli, l'incomunicabilità perfino con le persone più care, la frammentazione assurda del tempo, il capogiro delle tentazioni, la tristezza delle cadute, la noia del peccato. ..


Facci sentire la tua rassicurante presenza, o coetanea dolcissima di tutti. E non ci sia mai un appello in cui risuoni il nostro nome, nel quale, sotto la stessa lettera alfabetica, non risuoni anche il tuo, e non ti si oda rispondere: «Presente!».
Come un' antica compagna di scuola.


Tonino Bello, Maria donna dei nostri giorni, Edizioni San Paolo
--

mercoledì 16 giugno 2010

676 - Don Bosco e il Rosario

E' noto l'amore di Don Bosco per il Santo Rosario.
A stimolare i giovani ad amare il Rosario era incoraggiato an che dai suoi sogni.
Ne citiamo uno. Lo ebbe la vigilia dell’Assunta del 1862.
Sognò di trovarsi nella sua borgata natia — oggi Colle Don Bosco — in casa del fratello, con tutti i suoi giovani.
Ed ecco che gli si presenta Uno (la solita Guida dei suoi sogni) che lo invita ad andare nel prato attiguo al cortile, e là gli indica un serpentaccio lungo 7-8 metri, di una grossezza straordinaria. Don Bosco inorridisce e vuole fuggire. Ma la Guida lo invita a non aver paura e a fermarsi. Poi va a prendere una corda, ritorna da Don Bosco e gli dice:

— Prenda questa corda per un capo e la tenga ben stretta; io prenderò l’altro capo e sospenderemo la corda sul serpente.
— E poi?
— E poi gliela sbatteremo sulla schiena.
— Ah! No, per carità! Guai se noi faremo questo. Il serpente si rivolterà inviperito e ci farà a pezzi.
«Ma la Guida insistette — narra Don Bosco — e mi assicurò che il serpente non mi avrebbe fatto alcun male, e tanto disse che io acconsentii a fare come voleva. Egli intanto alzò la corda e con questa diede una sferzata sulla schiena del rettile. Il serpente fa un salto e volge la testa indietro per mordere ciò che l’ha percosso, ma resta allacciato come in un cappio scorsoio.
— Tenga stretto — grida la Guida — e non lasci sfuggire la corda. E corse a legare il capo della corda che aveva in mano a un pero vicino; poi legò il capo della corda che tenevo io all’inferriata di una finestra della casa.
Frattanto il serpente si dibatteva furiosamente e dava tali colpi in terra con la testa e con le immani sue spire, che le sue carni si laceravano e ne saltavano i pezzi a grande distanza.
Così continuò finché non rimase di lui che lo scheletro spolpato.


Morto il serpente, la Guida slegò la corda dall’albero e dalla finestra, la raccolse e la chiuse in una cassetta. Dopo qualche istante l’aprì. Con stupore mio e dei giovani che erano accorsi, vedemmo che quella corda si era disposta in modo da formare le parole:
"Ave Maria".
La Guida spiegò:
— Il serpente figura il demonio e la corda l’Ave Maria o piuttosto il Rosario, che è una continuazione di Ave Maria, con le quali si possono battere, vincere, distruggere tutti i demoni dell’inferno».


A questo punto agli occhi di Don Bosco si presentò una scena ben dolorosa: vide giovani che raccoglievano pezzi di carne del serpente e ne mangiavano e restavano avvelenati.


«Io non sapevo darmi pace — racconta Don Bosco —‘ perché nonostante i miei avvisi, continuavano a mangiare. Io gridavo all’uno, gridavo all’altro; davo schiaffi a questo, pugni a quello, cercando di impedire che mangiassero, ma inutilmente. Io ero fuori di me stesso, allorché vidi tutt’intorno un gran numero di giovani distesi per terra in uno stato miserando».


Allora Don Bosco si rivolse alla Guida:
—- Ma non c’è un rimedio a tanto male?
— Sì che c’è.
— Quale sarebbe?
— Non c’è altro che l’incudine e il martello.
— Come? Debbo forse metterli sull’incudine e batterli col martello?
— Ecco — rispose la Guida — il martello significa la Confessione, l’incudine la Comunione: bisogna far uso di questi due mezzi.
---

domenica 13 giugno 2010

675 - Angelus del 13/6/2010 domenica XI tempo ord.

Cari fratelli e sorelle!

Si è concluso nei giorni scorsi l’Anno Sacerdotale. Qui a Roma abbiamo vissuto giornate indimenticabili, con la presenza di oltre quindicimila sacerdoti di ogni parte del mondo. Perciò, oggi desidero rendere grazie a Dio per tutti i benefici che da questo Anno sono venuti alla Chiesa universale. Nessuno potrà mai misurarli, ma certamente se ne vedono e ancor più se ne vedranno i frutti.
L’Anno Sacerdotale si è concluso nella solennità del Sacro Cuore di Gesù, che tradizionalmente è la "giornata di santificazione sacerdotale"; questa volta lo è stata in modo del tutto speciale.
In effetti, cari amici, il sacerdote è un dono del Cuore di Cristo: un dono per la Chiesa e per il mondo.
Dal Cuore del Figlio di Dio, traboccante di carità, scaturiscono tutti i beni della Chiesa, e in modo particolare trae origine la vocazione di quegli uomini che, conquistati dal Signore Gesù, lasciano tutto per dedicarsi interamente al servizio del popolo cristiano, sull’esempio del Buon Pastore.
Il sacerdote è plasmato dalla stessa carità di Cristo, quell’amore che spinse Lui a dare la vita per i suoi amici e anche a perdonare i suoi nemici. Per questo i sacerdoti sono i primi operai della civiltà dell’amore. E qui penso a tante figure di preti, noti e meno noti, alcuni elevati all’onore degli altari, altri il cui ricordo rimane indelebile nei fedeli, magari in una piccola comunità parrocchiale.
Come è accaduto ad Ars, il villaggio della Francia dove svolse il suo ministero san Giovanni Maria Vianney. Non c’è bisogno di aggiungere parole a quanto è stato detto su di lui nei mesi scorsi. Ma la sua intercessione ci deve accompagnare ancora di più da ora in avanti. La sua preghiera, il suo "Atto di amore" che tante volte abbiamo recitato durante l'Anno Sacerdotale, continui ad alimentare il nostro colloquio con Dio.
Un’altra figura vorrei ricordare: Don Jerzy Popiełuszko, sacerdote e martire, che è stato proclamato Beato proprio domenica scorsa, a Varsavia. Ha esercitato il suo generoso e coraggioso ministero accanto a quanti si impegnavano per la libertà, per la difesa della vita e la sua dignità. Tale sua opera al servizio del bene e della verità era un segno di contraddizione per il regime che governava allora in Polonia. L’amore del Cuore di Cristo lo ha portato a dare la vita, e la sua testimonianza è stata seme di una nuova primavera nella Chiesa e nella società.
Se guardiamo alla storia, possiamo osservare quante pagine di autentico rinnovamento spirituale e sociale sono state scritte con l’apporto decisivo di sacerdoti cattolici, animati soltanto dalla passione per il Vangelo e per l’uomo, per la sua vera libertà, religiosa e civile.
Quante iniziative di promozione umana integrale sono partite dall’intuizione di un cuore sacerdotale!
Cari fratelli e sorelle, affidiamo al Cuore Immacolato di Maria, di cui ieri abbiamo celebrato la memoria liturgica, tutti i sacerdoti del mondo, perché, con la forza del Vangelo, continuino a costruire in ogni luogo la civiltà dell’amore.

[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]

Desidero anzitutto ricordare con gioia la proclamazione di due nuovi Beati, entrambi vissuti nel secolo scorso. Ieri, in Spagna, è stato beatificato Manuel Lozano Garrido, laico e giornalista; malgrado la malattia e l’invalidità lavorò con spirito cristiano e con frutto nel campo della comunicazione sociale. Stamani, invece, in Slovenia, il Cardinale Bertone, quale mio Legato, ha presieduto la celebrazione conclusiva del Congresso Eucaristico Nazionale, nella quale ha proclamato beato il giovane martire Lojze Grozde. Egli era particolarmente devoto dell’Eucaristia, che alimentava la sua fede incrollabile, la sua capacità di sacrificio per la salvezza delle anime, il suo apostolato nell’Azione Cattolica per condurre gli altri giovani a Cristo.
Sono lieto di salutare la comunità del Seminario Arcidiocesano di Riga, capitale della Lettonia. Benvenuti a Roma! E infine saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da Salerno e Cagliari; la Scuola materna parrocchiale "Sacro Cuore" di Santeramo in Colle; i ragazzi di Vertova che hanno ricevuto la Cresima; la Federazione Italiana Hockey, che collabora per promuovere lo sport negli oratori italiani. A tutti auguro una buona domenica.
----

sabato 12 giugno 2010

674 - Beati i puri di cuore perché vedranno Dio !

Matteo 5, 8
"Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio."



Salmo 50, 12
"Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo."


Ezechiele 36, 25-27
"Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi.."


Galati 5, 16
"camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne."


Matteo 6, 22
"La lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce."
---

673 - Il Papa chiude l'Anno Sacerdotale

Dio si affida a uomini deboli per rendersi presente nell'umanità

Servirsi di un uomo, nonostante le sue debolezze, per rendere presente Dio a tutti gli uomini, in ogni tempo: sta in questo la grandezza del sacerdozio. E’ il pensiero, che Benedetto XVI ha posto al cuore della celebrazione eucaristica di chiusura dell’Anno Sacerdotale. In una Piazza San Pietro nuovamente gremita da oltre15 mila sacerdoti concelebranti di 97 nazioni, e a poche ore dall’analoga scena di ieri sera durante la veglia, il Papa ha toccato i punti nevralgici della vocazione al sacerdozio soffermandosi ancora una volta con parole di grande umiltà sulla ferita provocata della pedofilia all’interno della Chiesa: “Chiediamo insistentemente perdono a Dio ed alle persone coinvolte” affinché “un tale abuso non possa succedere mai più”.


La grande audacia di Dio all’inizio della storia della Chiesa, un’audacia spiazzante: ritenere che un “povero uomo” – limitato, finito – fosse capace di comunicare l’infinito Amore. Come in un grande affresco, e in un’omelia quasi senza eguali per ampiezza, densità di contenuti, intensità emotiva, Benedetto XVI ha dipinto la straordinarietà della vocazione al sacerdozio in tutte le sue sfumature. Lo ha fatto dando pennellate di luce alla radice divina di questa chiamata, ma senza nascondere le ombre che i limiti umani proiettano, talvolta in modo indegno, su di essa:


“Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore. Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua – questa audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola ‘sacerdozio’. Che Dio ci ritenga capaci di questo; che Egli in tal modo chiami uomini al suo servizio e così dal di dentro si leghi ad essi”.


Ecco il senso dell’Anno Sacerdotale, ha ripetuto il Papa alla distesa di presbiteri in talare bianca, che hanno trasformato Piazza San Pietro in un immenso altare a cielo aperto, di fronte al grane arazzo del Santo Curato d’Ars: “Volevamo risvegliare la gioia che Dio ci sia così vicino, e la gratitudine per il fatto che Egli si affidi alla nostra debolezza”. E dire “nuovamente ai giovani che questa vocazione, questa comunione di servizio per Dio e con Dio, esiste – anzi, che Dio è in attesa del nostro ‘sì’”. Dunque, ha constatato il Pontefice:


“Era da aspettarsi che al ‘nemico’ questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto; egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo. (applausi) E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti – soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario”.


“Se l’Anno Sacerdotale avesse dovuto essere una glorificazione della nostra personale prestazione umana, sarebbe stato distrutto da queste vicende”, ha osservato il Papa. Invece, “consideriamo quanto avvenuto” come “compito di purificazione che ci accompagna verso il futuro”. Mentre al presente, una volta ancora, le parole di Benedetto XVI hanno rivelato la consapevolezza di un male che esige una profondissima solidarietà:


Anche noi chiediamo insistentemente perdono a Dio ed alle persone coinvolte, mentre intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più”.

E poco dopo, commentando un passo del Salmo 23 della liturgia, dove si parla del bastone col quale il pastore difende il gregge “dalle bestie selvatiche” e del vincastro al quale si appoggia per “attraversare i passaggi difficili”, ha aggiunto:


“Anche la Chiesa deve usare il bastone del pastore, il bastone col quale protegge la fede contro i falsificatori, contro gli orientamenti che sono, in realtà, disorientamenti. Proprio l’uso del bastone può essere un servizio di amore. Oggi vediamo che non si tratta di amore, quando si tollerano comportamenti indegni della vita sacerdotale. Come pure non si tratta di amore se si lascia proliferare l’eresia (...) Al tempo stesso, però, il bastone deve sempre di nuovo diventare il vincastro del pastore – vincastro che aiuti gli uomini a poter camminare su sentieri difficili e a seguire il Signore”.


Nel Salmo 23, Benedetto XVI aveva individuato la risposta umana di “gioia e gratitudine” a Dio che, ha detto, attraverso Cristo ha aperto il suo cuore “per noi”:


Dio si prende personalmente cura di me, di noi, dell’umanità. Non sono lasciato solo, smarrito nell’universo ed in una società davanti a cui si rimane sempre più disorientati. Egli si prende cura di me. Non è un Dio lontano, per il quale la mia vita conterebbe troppo poco”.


Un Dio “unico e buono, ma lontano”, ha proseguito, è invece quello considerato dalle religioni del mondo, mentre in passato l’Illuminismo lo aveva ritenuto creatore e poi però disinteressato alla sua stessa creatura e alla sua storia, nella quale, ha affermato, “Dio non interveniva, non poteva intervenire”:


“Molti forse non desideravano neppure che Dio si prendesse cura di loro. Non volevano essere disturbati da Dio. Ma laddove la premura e l’amore di Dio vengono percepiti come disturbo, lì l’essere umano è stravolto. È bello e consolante sapere che c’è una persona che mi vuol bene e si prende cura di me. Ma è molto più decisivo che esista quel Dio che mi conosce, mi ama e si preoccupa di me".


“Questo pensiero – ha insistito – dovrebbe renderci veramente gioiosi”. Dio “vuole che noi come sacerdoti, in un piccolo punto della storia, condividiamo le sue preoccupazioni per gli uomini”:


“Conoscere”, nel significato della Sacra Scrittura, non è mai soltanto un sapere esteriore così come si conosce il numero telefonico di una persona. “Conoscere” significa essere interiormente vicino all’altro. Volergli bene. Noi dovremmo cercare di ‘conoscere’ gli uomini da parte di Dio e in vista di Dio; dovremmo cercare di camminare con loro sulla via dell’amicizia con Dio”.

E se anche è inevitabile che nel corso della vita si debbano percorrere le “valli oscure della tentazione, dello scoraggiamento, della prova, che ogni persona umana deve attraversare”:


“Anche in queste valli tenebrose della vita Egli è là. Sì, Signore, nelle oscurità della tentazione, nelle ore dell’oscuramento in cui tutte le luci sembrano spegnersi, mostrami che tu sei là. Aiuta noi sacerdoti, affinché possiamo essere accanto alle persone a noi affidate in tali notti oscure. Affinché possiamo mostrare loro la tua luce”.


Un auspicio che al termine della Messa, Benedetto XVI ha affidato con una preghiera di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, e dall’invito solenne, espresso in sette lingue e rivolto ai 400 mila presbiteri del mondo, a “essere fedeli alle promesse” sacerdotali, nelle Chiese di Oriente e di Occidente, e a “proseguire con rinnovato slancio il cammino di santificazione in questo sacro ministero”.


Santa Sede
----

giovedì 10 giugno 2010

672 - Confida in Dio

Siracide 2, 10-11

Considerate le generazioni passate e riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi ha perseverato nel suo timore e fu abbandonato? O chi lo ha invocato ed è stato da lui trascurato? Perché il Signore è clemente e misericordioso, rimette i peccati e salva al momento della tribolazione.

Salmo 13, 6
Nella tua misericordia ho confidato.


Salmo 32, 10
Molti saranno i dolori dell'empio, ma la grazia circonda chi confida nel Signore.

Salmo 37, 10
Signore, davanti a te ogni mio desiderio e il mio gemito a te non è nascosto.


Salmo 84, 13b
Beato l'uomo che in te confida.


Salmo 112, 7
Non temerà annunzio di sventura, saldo è il suo cuore, confida nel Signore.


Salmo 115, 9
Israele confida nel Signore: egli è loro aiuto e loro scudo.

Salmo 118, 8-9
E' meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nel l'uomo. E' meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti.


Salmo 125, 1
Chi confida nel Signore è come il monte Sion: non vacilla, è stabile per sempre.


Proverbi 3, 5-6
Confida nel Signore con tutto il cuore e non appoggiarti sulla tua intelligenza; in tutti i tuoi passi pensa a lui ed egli appianerà i tuoi sentieri.


Proverbi 20, 22
Non dire: «Voglio ricambiare il male», confida nel Signore ed egli ti libererà.


Proverbi 28, 25
L'uomo avido suscita litigi, ma chi confida nel Signore avrà successo.


Proverbi 29, 25
Il temere gli uomini pone in una trappola; ma chi confida nel Signore è al sicuro.


Siracide 2, 8
Voi che temete il Signore, confidate in lui; il vostro salario non verrà meno.


Isaia 26, 4
Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna.
---

martedì 8 giugno 2010

671 - Perché arrabbiarti?

Perché arrabbiarti, se arrabbiandoti offendi Dio, molesti il prossimo, passi tu stesso un brutto quarto d'ora... e alla fine non ti resta che calmarti?
La stessa cosa che hai detto, dilla in altro tono, senza ira: il tuo ragionamento guadagnerà forza e, soprattutto, non offenderai Dio.
Non rimproverare quando senti indignazione per la mancanza commessa.
—Aspetta il giorno seguente, o ancora di più. E poi, con calma, purificata l'intenzione, non tralasciare di riprendere.
—Otterrai di più con una parola affettuosa che con una discussione di tre ore.
—Modera il tuo temperamento.
Quando ti abbandonerai sul serio nel Signore, imparerai a contentarti di ciò che avviene, e a non perdere la serenità se le faccende malgrado tu abbia messo tutto l'impegno e i mezzi opportuni non riescono secondo i tuoi gusti...
Perché saranno «riuscite» come sarà parso conveniente al Signore.
Quando è per il bene del prossimo, non stare zitto, però parla in modo amabile, senza intemperanze e senza sdegno.
--

lunedì 7 giugno 2010

670 - Angelus del 6/6/2010 Corpus Domini

Riportiamo le parole pronunciate da Benedetto XVI questa domenica in occasione della recita della preghiera mariana dell'Angelus al termine della celebrazione eucaristica nel Palazzo dello Sport Eleftheria di Nicosia (Cipro)

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

a mezzogiorno è tradizione della Chiesa rivolgersi in preghiera alla Beata Vergine Maria, ricordando con gioia il suo pronto assenso a divenire la madre di Dio. E’ stato un invito che l’ha riempita di trepidazione e che lei avrebbe potuto appena comprendere. Era un segno che Dio aveva scelto lei, sua umile ancella, per cooperare con lui nell’opera di salvezza. Come non rallegrarci per la generosità della sua risposta! Attraverso il suo "sì" la speranza della storia è divenuta una realtà, l’Unico che Israele aveva da lungo atteso venne nel mondo, dentro la nostra storia. Di lui l’angelo ha annunciato che il suo regno non avrebbe avuto fine (Lc 1,33).
Circa trent’anni dopo, trovandosi Maria piangente ai piedi della croce, dev’essere stato difficile mantenere viva questa speranza. Le forze delle tenebre sembrava che avessero avuto il sopravvento. E nel suo intimo lei avrebbe ricordato le parole dell'angelo. Ma anche nella desolazione del Sabato Santo la certezza della speranza la sostenne fino alla gioia della mattina di Pasqua. Ed anche noi, suoi figli, viviamo nella stessa fiduciosa speranza che la Parola fatta carne nel seno di Maria, mai ci abbandonerà. Egli, il Figlio di Dio e il Figlio di Maria, fortifica la comunione che ci lega insieme così che noi possiamo divenire testimoni di lui e del potere del suo amore che guarisce e riconcilia.
Ora desidero dire alcune parole in lingua polacca nella lieta circostanza dell’odierna beatificazione di Jerzy Popiełuszko, sacerdote e martire.
[Rivolgo un cordiale saluto alla Chiesa in Polonia, che oggi gioisce dell’elevazione agli altari del padre Jerzy Popiełuszko. Il suo zelante servizio e il martirio sono particolare segno della vittoria del bene sul male. Il suo esempio e la sua intercessione accrescano lo zelo dei sacerdoti e infiammino d’amore i fedeli laici.]
Imploriamo ora la Vergine Maria, nostra Madre, di intercedere per tutti noi, per il popolo di Cipro e per la Chiesa del Medio Oriente, con Cristo suo Figlio, il Principe della Pace.
-----

mercoledì 2 giugno 2010

669 - Messaggio Medjugorje del 2/6/2010

Cari figli,
oggi vi invito affinché con il digiuno e la preghiera tracciate la strada per la quale mio Figlio entrerà nei vostri cuori.
Accoglietemi come madre e messaggera dell’amore di Dio e del Suo desiderio per la vostra salvezza.
Liberatevi da tutto quello che del passato vi appesantisce e dà senso di colpa, da tutto ciò che vi ha condotto nell’inganno - tenebra.
Accogliete la luce.
Rinascete nella giustizia di mio Figlio. Vi ringrazio
--

668- La forza dell'amore di Dio!

Cantico dei Cantici 8, 6-7
"Forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo."



Isaia 54, 10
"Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace; dice il Signore che ti usa misericordia."


Salmi 102, 13-17
"Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono. Perché egli sa di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere. Come l'erba sono i giorni dell'uomo, come il fiore del campo, così egli fiorisce. Lo investe il vento e più non esiste e il suo posto non lo riconosce. Ma la grazia del Signore è da sempre, dura in eterno per quanti lo temono."


Giovanni 15, 17
"Questo v i comando: amatevi gli uni gli altri."


Atti degli Apostoli 1, 8
"ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra."


2 Timoteo 1, 7
"Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza."
---

667 - Preghiera dei genitori che accompagnano i propri figli nel cammino di iniziazione cristiana

O Dio, che ci inviti a condurre a te i nostri figli,

perché vuoi incontrarti con loro,
aiutaci in questa grande e sublime missione.

Rendici capaci di percorrere accanto a loro,
con entusiasmo, il cammino verso di te,
per farti amare dai nostri figli e amarti in loro.

Vigila sul nostro cammino di genitori,
perché la nostra strada sia luce alla loro strada,
la nostra mano sia guida alla loro inesperienza,
la nostra vita sia testimonianza per la loro vita.

Supera i nostri limiti e le nostre debolezze,
ama i nostri figli come noi non siamo capaci
e chiamali ogni giorno facendo conoscere a loro la tua volontà.
Benedici le nostre preoccupazioni, le ansie del nostro cuore,
vivi sempre accanto a noi, genitori e figli insieme, nella nostra casa.

Ti preghiamo per Gesù Cristo, che è Tuo Figlio e nostro Signore.


Amen
.

666 - Sacro Cuore

Giugno è il mese del Sacro Cuore di Gesù
---

martedì 1 giugno 2010

665 - Camminate nel Signore Gesù

Colossesi 2,6-8
"Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo, come l'avete ricevuto, ben radicati e fondati in lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, abbondando nell'azione di grazie. [8JBadate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo."



Galati 5,1.
"Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù."


Atti degli Apostoli 4,12
"In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati"


Efesini 5, 8-10
"Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate ciò che è gradito al Signore."
---

Medaglia di San Benedetto