Il Signore ti benedica,ti custodisca e ti mostri il Suo volto misericordioso!

Quando pensi di aver toccato il fondo e che nessuno ti voglia o ti ami più, Dio si fa uomo per incontrarti, Gesù ti viene accanto

CIAO A TE !!

Nulla è più urgente nel mondo d'oggi di proclamare Cristo alle genti. Chiunque tu sia, puoi, se vuoi, lasciare un tuo contributo, piccolo o grande che sia, per dire, comunicare, annunciare la persona di Gesù Cristo, unico nostro salvatore. Uno speciale benvenuto a LADYBUG che si è aggiunta di recente ai sostenitori ! *************************************************** Questo blog è sotto la protezione di N.S. Gesù Cristo e della SS Vergine Maria, Sua Madre ed ha come unica ragione di esistere di fornire un contributo, sia pure piccolo ed umile, alla crescita della loro Gloria. ***************************************************



Con Cristo non ci sono problemi, senza Cristo non ci sono soluzioni.

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lunedì 31 dicembre 2018

SC 298 Commento al Vangelo di lunedì 31.12.2018 (Padre Giulio Maria Scozzaro)

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (1,1-18)
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di Lui
e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno accolta.
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla Luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla Luce.
Veniva nel mondo la Luce vera, quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui;
eppure il mondo non Lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi, e i suoi non Lo hanno accolto.
A quanti però Lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo Nome, i quali, non da sangue né da volere di carne
né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece Carne e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre, pieno di Grazia e di Verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di Lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: Grazia su Grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, 
la Grazia e la Verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno Lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre, è Lui che Lo ha rivelato. 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Questo ultimo giorno dell’anno non deve volare via nella spensieratezza, anche se il divertimento è necessario dopo tanti giorni di sacrifici e preoccupazioni, è anche il momento dei consuntivi. Chi è assennato e serio, ogni giorno dell’anno riflette sulle opere compiute, i pensieri e le parole pronunciate nella giornata.
La maturità spirituale e morale conduce le persone a domandarsi in un contesto impegnato e coscienzioso, la stato delle loro anime, perché la gioia o la tristezza, la verità o la falsità, sono manifestazioni di ciò che si è dentro.
Oggi riflettiamo di più su quanto abbiamo compiuto di buono e di sbagliato, che impegno abbiamo profuso nella preghiera e se abbiamo curato la parte spirituale della persona. Da questa riflessioni su se stesso il cristiano acquisisce grande vigore.
Oggi possiamo chiederci cosa bisogna fare per costruire un mondo più giusto. Nessun cristiano, per quanto sta in lui, deve rinunciare a fare tutto il possibile per risolvere i grandi problemi sociali che affliggono l’umanità.
I cristiani capaci e preparati devono impegnarsi in politica per difendere i valori cristiani, per riproporre in ogni occasione propizia i principi non negoziabili, portare nelle sedi istituzionali la dottrina sociale della Chiesa, la quale non può fare politica ma deve sempre avere sollecitudine per la vita di tutti i cittadini, in particolare dei cattolici.
Gesù e la Madonna amano tutti, anche coloro che propongono e innalzano a vessillo ideologie atee, anticlericali e massoniche.
Figlio e Madre desiderano il bene dell’umanità e questo si può realizzare con la libertà di religione, di pensiero, di coscienza. I diritti umani da Loro sono considerati indiscutibili e vogliono per tutti gli uomini e le donne del mondo, le migliori opportunità per condurre una vita migliore, dignitosa.
La Chiesa si deve preoccupare dei problemi sociali e questo deriva dalla sua missione spirituale e si mantiene entro i limiti di tale missione. L’intromissione nella politica nuoce al suo ruolo e perde di credibilità spirituale.
Ritorniamo all’anno che ci sta lasciando.
Non basta ricordare i princìpi, affermare le intenzioni, sottolineare le stridenti ingiustizie e proferire denunce profetiche: queste parole devono avere peso reale con l’accompagnamento di una sincera presa di coscienza più viva della propria responsabilità.
Quindi, oggi è il giorno propizio per fare un onesto bilancio dell’anno e alcuni buoni propositi per quello che comincia.
È un momento opportuno per chiedere perdono per ciò che abbiamo tralasciato di fare, per l’amore che è mancato; un ottimo momento per ringraziare il Signore di tutti i suoi benefici. La Chiesa ci ricorda che siamo pellegrini. Essa stessa è presente nel mondo e, tuttavia, pellegrina. Va incontro al suo Signore fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.
Pure la nostra vita è un cammino pieno di tribolazioni e di consolazioni di Dio. Possediamo una vita nel tempo, nella quale ora ci troviamo, e un’altra oltre il tempo, nell’eternità, verso cui ci portano i nostri passi.
È davvero breve il tempo che abbiamo per amare, per dare, per riparare. Non è giusto perciò che lo sperperiamo, che gettiamo irresponsabilmente questo tesoro dalla finestra: non possiamo sprecare il momento del mondo che Dio ha affidato a ciascuno di noi.
Gli uomini e le donne presi da molti affanni dimenticano con facilità il fine e il vero senso della vita: sprecano molte sante opportunità.
Gesù e la Madonna nelle apparizioni autentiche e sante, richiamano l’umanità a cercare la cosa più importante che non verrà mai tolta.
Oltre tutti i Loro interventi nel mondo, nel secolo scorso hanno inviato tante Anime straordinarie per scuotere l’umanità e ne ricordo adesso solo tre: Natuzza Evolo, Padre Pio e Papa Giovanni Paolo II. In Loro abbiamo visto le stesse caratteristiche di Gesù del Vangelo, quando parlava, agiva, insegnava, realizzava l’impossibile.
In Loro tre abbiamo visto operare gli stessi sentimenti di Gesù, che era buono e umile con la gente, ma impetuoso e travolgente contro i suoi nemici e contro coloro che non volevano compiere la Volontà del Padre.
Gesù non è solo l’Amore, in Lui c’è anche la perfetta equità che concede a chi merita e toglie a chi non merita. Gesù non si rallegra di quanti Lo conoscono e non osservano i suoi Comandamenti, ma è molto comprensivo, ha immensa pazienza nell’attendere la conversione di tutti.
In Natuzza Evolo, Padre Pio e Papa Giovanni Paolo II abbiamo visto la manifestazione di Gesù Cristo, non tanto nella Loro offerta di vittime per la salvezza delle anime, soprattutto nei Loro comportamenti. Grande bontà e pazienza ma anche grande severità con quanti non volevano rinnegarsi.
Natuzza Evolo una volta disse a Gesù che era dispiaciuta per la sua arrabbiatura dinanzi alle persone che la incontravano, e il Signore le rispose di stare tranquilla perché era Lui che agiva con severità in lei per scuotere i peccatori e farli riflettere.
Gesù insegnò che il primo gradino è il rinnegamento: «Se qualcuno vuol venire dietro a Me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24).
Poco fa mi è stato inviato un messaggio, una nostra parrocchiana questa mattina ha ascoltato su Radio Maria una catechesi registrata di Padre Alessandro Pronzato su Padre Pio. La nostra sorella ha preso alcuni appunti e me li ha inviati, per ringraziarmi della mia guida spirituale che si adegua alle necessità di ognuno.
Le anime hanno necessità diverse e ognuna richiede una buona parola o un rimprovero, fermezza o pazienza.
L’agire del Sacerdote deve imitare quello di Gesù. Più è immerso in Dio, più agirà con bontà e affabilità, ma con piena fermezza in ciò che riguarda la Volontà di Dio e la vera spiritualità. Per nessuna ragione il Sacerdote deve lasciarsi «guidare» e convincere da chi chiede consigli.
Leggiamo questi appunti che ha preso durante la catechesi su Padre Pio e Padre Pronzato spiega che il grande Frate non era sempre mite e dolce, esigeva impegno da quanti chiedevano consigli e quanti si rinnegavano facendosi violenza, ottenevano molto dalla Madonna.
Sono poche frasi scritte mentre Padre Pronzato parlava del Santo che ha amato intensamente e di cui ne fu figlio spirituale.
Presenta Padre Pio come Sacerdote che non scendeva a compromessi e non cercava applausi, non si preoccupava delle dicerie a causa del suo agire forte e molto esigente con chi non si impegnava nella conversione. Egli voleva intensamente la salvezza di tutti.
In queste poche frasi, Padre Pronzato ci dice che incontrare Padre Pio significava tremare e sentire come crollare la terra sotto i piedi, perché egli metteva tutti dinanzi al bivio: o ti salvi subito con Gesù o scegli da te stesso l’inferno.
«Padre Pio era fastidioso e insopportabile.
Padre Pio è una medicina amara.
Padre Pio è un bulldozer, sconvolgente;
Non dà il dolce ma il purgante.
Lui diceva di essere tormento di anime.
A San Giovanni Rotondo non si va per mettere pace alla coscienza ma per sconvolgerla.
San Giovanni Rotondo non è una scorciatoia.
A San Giovanni Rotondo trovi un Frate che usa il cordone come frusta e ti obbliga a prendere la porta stretta.
Tenero e implacabile.
Santo ma difficile a capirsi.
Santo sì ma che tormento».
Parole inserite nel libro di Padre Pronzato su Padre Pio e domani indicherò il titolo. Cercherò di trovare anche il link della catechesi.
Pregate perché ci siamo molti Padri spirituali come Padre Pio: ricolmi di Spirito Santo, immersi in Dio e preoccupati fortemente della salvezza delle vostre anime!
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domenica 30 dicembre 2018

SC 297 Commento al Vangelo di domenica 30.12.2018 (Padre Giulio Maria Scozzaro)

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE

+ Dal Vangelo secondo Luca (2,41-52)
I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Questa festa mobile cade la prima domenica dopo Natale, abbastanza vicina al mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio e alla sua nascita nella natura umana con un Corpo simile al nostro ma immacolato, innocente.
Sappiamo che ogni decisione di Dio è perfetta, ma l’uomo spesso non comprende e si pone domande superflue. Era necessario incarnarsi e morire in croce perché lo ha stabilito il Padre e chi ha Fede, anche se debole, arriva a comprendere che tutto quanto avvenuto nella vita di Gesù è stato opportuno, indispensabile per ogni essere umano.
Il Figlio di Dio non viene sulla terra solamente per parlare del Padre e allo stesso tempo svelare la Santissima Trinità. È venuto in mezzo a noi anche per indicarci la via del Cielo, per donarci la sua Grazia istituendo i Sacramenti, per fare una nuova Alleanza con l’umanità.
Quella antica non è conciliabile con la Persona di Gesù, e Lui in molte circostanze precisa che è vento per dare compimento all’Antico Testamento. Infatti in molte occasioni prima di esprimere un pensiero o precisare un insegnamento, afferma: “È stato detto…” (Lc 4,12). “Ma Io vi dico…” (Mt 5,22).
L’invisibile e Spirito puro non avendo un corpo umano ha dovuto scegliere una donna, Dio Padre dall'eternità ha pensato a Maria di Nazareth, associò Lei al Figlio, non poteva esserci l’uno senza l’altra. Potendo scegliere, Dio concesse alla Vergine Maria tutte le sublimi Grazie iniziando con la sua Immacolata Concezione per poi diventare Madre di Dio.
Lei aveva bisogno di aiuto per la crescita di Gesù, soprattutto Giuseppe era indispensabile per dare un Padre putativo al Bambino, senza far sorgere nei paesani cattivi pensieri sulla Vergine. Sarebbe stato naturale condannarla, vedendola con un Bambino senza marito. E Dio scelse l’Uomo più puro della storia, il più buono e umile.
Giuseppe è stato un grande Uomo, non solo per la bontà. Grande per la sua capacità di attendere gli eventi quando si accorse che Maria era incinta e non vivevano ancora insieme, rispettando la legge ebraica. Il suo comprensibile turbamento non Lo spinsero ad agire con spirito di vendetta e scelse di allontanarla in silenzio, senza comprometterla con accuse pubbliche.
Questi comportamenti di Maria e Giuseppe devono far riflettere tutti gli sposi per agire in tutte le circostanze e in particolare nei casi delicati, senza impulsività ma dopo avere pregato. La preghiera calma gli spiriti agitati e frena i propositi di vendetta e di ribellione.
Giuseppe venne premiato anche nel suo tormentoso dubbio e fu Lui a ricevere il messaggio circa il Nome da porre a al Bambino: “Tu Lo chiamerai Gesù”. Anche gli avvisi riguardanti la protezione del Figlio: “Alzati, prendi con te il Bambino e sua Madre e fuggi in Egitto”. “Alzati, prendi con te il Bambino e sua Madre e và nel paese d’Israele”.
Fra Giuseppe e Maria c’era un santo affetto, spirito di servizio, comprensione e desiderio di rendersi felici reciprocamente.
Gesù da Giuseppe imparò il mestiere, il modo di guadagnarsi la vita. E non avrà certo mancato di contraccambiarlo con l’ammirazione e l’affetto. Da Maria apprese la lingua, la cadenza e quei detti popolari pieni di saggezza che più tardi userà nella predicazione.
Questa è la Famiglia ideale, il modello per ogni famiglia cristiana, e se si cominciano ad imitare le Loro virtù, diventa benedetta.
Bisogna conoscere i componenti della Santa Famiglia, ognuno è chiamato a meditare ogni giorno sul ruolo che deve svolgere, se padre, madre, figlio/a, e fissare lo sguardo interiore sul modello di riferimento e studiare le sue virtù, come parlava, come fare per rendere soprannaturale ogni opera.
Così è la Famiglia di Gesù: sacra, santa, esemplare, modello di virtù umane, disposta a compiere con perfezione la Volontà di Dio.
Ogni casa cristiana deve essere a misura di quella di Nazareth: un luogo dove Dio possa essere presente, al centro dell’amore che tutti hanno l’uno verso l’altro. È così la nostra famiglia? Le riserviamo il tempo e l’attenzione che merita? Gesù è al centro? Ci dedichiamo generosamente agli altri?
Potendo scegliere, Dio Padre stabilì una Famiglia Santa, una Trinità terrena con suo Figlio che era anche Figlio di Maria.
Gesù volle iniziare la Redenzione del mondo nel seno di una famiglia semplice, normale. La prima realtà che Gesù ha santificato con la sua presenza è stata una famiglia. Nulla di straordinario accadde in quegli anni a Nazaret, dove Gesù trascorse la maggior parte della vita.
L’episodio del Vangelo di oggi bisogna valutarlo con attenzione e con un ragionamento che considera le consuetudini osservate durante il pellegrinaggio a Gerusalemme. Si dividevano in tre gruppi: uomini, donne e bambini. Questa la ragione dell’allontanamento indisturbato di Gesù appena dodicenne, senza avvisare nessuno.
Valutiamo adesso alcune parole nel loro reale significato. La prima osservazione è la domanda della Madre: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e Io, angosciati, Ti cercavamo”. Si comprende che la Vergine è impressionata e commossa perché Gesù mai aveva preso iniziative personali e l’allontanamento senza avvisarla è stata una sorpresa.
“…perché ci hai fatto questo?”. Qui c’è il quasi infinito amore della Madre di Dio verso l’unico interesse della sua vita: Dio!
La risposta di Gesù non viene interpretata correttamente da molti teologi, in essa vi trovano argomenti per sminuire la Maternità divina della Madonna e minimizzano il suo ruolo. “Perché mi cercavate? Non sapevate che Io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.
Maria e Giuseppe sapevano molto bene che Gesù doveva occuparsi delle cose di suo Padre, ma non sapevano del suo allontanamento e la ricerca per alcuni giorni Li aveva afflitti. Gesù vuole anche tranquillizzarli con la domanda “Perché mi cercavate?”.
Secondo Lui non occorreva preoccuparsi del suo allontanamento perché non era solo un dodicenne, era l’Eterno in un Corpo di un dodicenne.
 Se in questa risposta si nota una certa autonomia di Gesù dodicenne, subito dopo leggiamo che“scese dunque con Loro e venne a Nazareth e stava Loro sottomesso”.  Questo grande equilibrio di Gesù, l’autonomia per volere del Padre e l’obbedienza alla Madre e a Giuseppe, ci deve far riflettere sulle opere che compiamo.
Lui agiva perfettamente perché era Dio, noi dobbiamo imitarlo nelle opere umane che ha compiuto e in ogni virtù praticata da Lui.
Chiediamo a Lui il suo Spirito Divino per compiere ogni opera nel modo e nei tempi giusti.
È molto importante il discernimento, la Luce interiore, quella che indirizza verso la scelta migliore per compiere sempre la Volontà di Dio.
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martedì 25 dicembre 2018

MD 26 Messaggio del 25 dicembre 2018 a Jacov

Cari figli, 
In questo giorno pieno di grazia in modo particolare vi invito all'amore. 
Figlioli, Dio Vi ama con un amore immenso e perciò figlioli pieni di fiducia non guardate indietro ma senza paura donategli i vostri cuori, in modo che Dio li riempia con il suo Amore. 
Non abbiate paura di credere al suo Amore e alla Sua misericordia, perché il Suo Amore è più forte di ogni vostra debolezza e paura. 
Perciò figli miei pieni d’amore nei vostri cuori abbiate fiducia in Gesù e ditegli il vostro sì, perché Lui è l’unica via che vi porta all'Eterno Padre.
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MD 25 Messaggio del 25 dicembre 2018 a Marija

Cari figli! 
Vi porto mio Figlio Gesù che è il Re della pace. 
Lui vi dona la pace, che questa pace non sia solo per voi, figlioli, ma portatela agli altri nella gioia e nell'umiltà. 
Io sono con voi e prego per voi in questo tempo di grazia che Dio desidera darvi. 
La mia presenza è il segno dell’amore, mentre sono qui con voi per proteggervi e guidarvi verso l’eternità. 
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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SC 296 Commento al Vangelo di martedì 25.12.2018 (Padre Giulio Maria Scozzaro)


Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni  (1,1-18)
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di Lui
e senza di Lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno accolta.
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla Luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla Luce.
Veniva nel mondo la Luce vera, quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui; 
eppure il mondo non Lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi, e i suoi non Lo hanno accolto.
A quanti però Lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo Nome, i quali, non da sangue
né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece Carne e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre, pieno di Grazia e di Verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di Lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: Grazia su Grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la Grazia e la Verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno Lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre, è Lui che Lo ha rivelato. 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Il Prologo di San Giovanni è come una poesia, una narrazione esaustiva di tutto il Vangelo che viene contenuto in appena 18 versetti all’inizio di questo scritto dell’Apostolo prediletto. Erano trascorsi molti anni dalla morte e resurrezione di Gesù, nel cuore e nella mente di San Giovanni tutto appariva presente, considerando che visse per alcuni decenni a Efeso insieme alla Madre di Dio, e questa vicinanza oltre alla sua preghiera, lo avevano reso un grande mistico.
Possiamo ritenerlo il mistico più vicino a Dio di tutti gli Apostoli, sia per questi due fattori, sia per ciò che aveva visto e sentito nei tre anni trascorsi accanto al Signore Gesù. L’esperienza di San Giovanni afferma che rimanere vicino a Gesù, oggi all’Eucaristia, trasfigura, nobilita, sublima, spiritualizza il cristiano.
È determinante il silenzio interiore. È un silenzio benedetto quando si compie per conoscerci e conoscere bene Gesù. Ha la grande forza di scavare dentro di noi, di aiutarci a scoprire gli angoli angusti e nascosti del nostro essere, a riconoscere e a raccogliere quanto Dio ci fa conoscere.
I miracoli più grandi avvengono nel silenzio di una preghiera contemplativa e chi fugge dal silenzio, fugge anche da Dio, dalla sua Volontà.
Nel nostro silenzio parla lo Spirito Santo in noi e ci concede anche i miracoli impossibili, ci conduce docilmente a vivere l’esigente Vangelo.
La grande spiritualità di San Giovanni ci fa capire l’importanza giornaliera del silenzio interiore, della necessità di ascoltare il sottile sussurro della Madonna o degli Angeli Custodi.
Nel frastuono o nella nostra volontà umana, distorta e orgogliosa, mai e poi mai si può sentire l’ispirazione di Dio. Questo lo insegnano i Santi, soprattutto lo hanno detto Gesù e la Madonna a Santa Teresa, Santa Faustina, ecc.
Il silenzio ci fa capire il Prologo di San Giovanni, un capolavoro di teologia, è una spiritualità elevata che sintetizza misticamente il Vangelo.
Questa apertura solenne del suo Vangelo spiega chi è davvero Gesù, chi è quel Bambino la cui nascita è stata annunciata da un coro di Angeli. La teologia mistica presente nel prologo non chiama Gesù per nome umano, Lo indica mostrando chi è Lui e Lo chiama «Verbo».
È una parola che deriva dal latino e significa «Parola».
Fin dal principio quando non c’era nulla, c’era solo Dio, e Dio, per mezzo di questa «Parola», ha creato ogni cosa. Gesù non è solo un Uomo, è quella Parola eterna che aveva parlato ad Abramo, a Mosè e a numerosi Profeti. Il Bambino che nasce a Natale non è solo un Uomo, è l’Eterno esistente quando non esisteva nulla e Lui creò tutto dal nulla.
È mai possibile creare tutto dal nulla? Le montagne, il sole, la luna, miliardi di galassie, gli esseri viventi, la natura, l’uomo e la donna?
Prima di Dio esisteva qualcosa? No, perché Dio esiste da sempre e questo pensiero mette in crisi i più deboli. Dio è eterno e i razionalisti si turbano, d’altronde mette in crisi l’idea dell’esistenza eterna di Dio. Rimane sempre un mistero e si accetta per Fede.
A Natale Dio si presenta al mondo con un Corpo di Bambino ed entra nella storia con lo scopo di riportare l’amicizia tra il Padre e l’uomo, anche per far conoscere l’intimità di un Dio che appare irraggiungibile mentre proprio Lui viene incontro a noi per donarci il suo Spirito e incalcolabili doni.
La Parola che era rimasta invisibile quando parlava ad Abramo, a Mosè e ad altri Profeti, si rende visibile e viene a dirci che Dio ama infinitamente ognuno di noi. La Parola ha assunto un Corpo ed è Vita, irradia la Luce che illumina le tenebre e spiega che qui si può vivere nella vera gioia e indica cosa fare per conquistare il premio glorioso del Paradiso.
La lettura del Vangelo ci presenta Dio incarnato in Gesù che fa solo del bene, ama incondizionatamente, guarisce tutti gli ammalati e le malattie incurabili, libera le persone possedute dai diavoli, dimostra che tutto è sottomesso a Lui e però si lascia crocifiggere.
Che significato si deve dare alla sua nascita in una grotta poverissima e alla sua morte con mani e piedi trafitti, dopo feroci frustate?
L’Amore, solo l’Amore di un Dio che nel Corpo patisce infinita violenza per riparare i peccati dell’uomo, prendendo tutto su di sé.
Il mistero del Natale non riguarda solamente la presenza di Dio nel Bambino, la meraviglia è che quel Bambino ha la consapevolezza di dover morire crocifisso per ognuno di noi, ma risorgerà perché solo Lui sarà il vincitore e quanti rimangono vicini a Lui, trionfano sul male, prima o poi.
Solo Dio poteva arrivare a concepire e a preparare un disegno di Amore così sconcertante per amore di ognuno di noi. Dalla sua nascita in una grotta fino alla morte di Croce, meditiamo sbalorditi la sua premura di volerci salvare, di farci conoscere la Via per una vita migliore, di aiutarci nelle malattie e in tutte le sofferenze della vita.
Dio che nasce da genitori poveri e in una grotta fatiscente, fredda, che sceglie come primi amici i pastori umili, ci vuol dire che è un Dio innamorato di tutti ma predilige gli umili, i miti e i buoni. Non si allontana dagli orgogliosi e dai superbi, sono loro a rifiutarlo anche inconsapevolmente e rimangono soli, con il loro orgoglio e la loro superbia.
Gesù Bambino ci ha portato e donato la sua Grazia, la condizione per ottenerla è la purità del cuore, l’onestà intellettuale e il desiderio di seguirlo, compiendo solo la sua Volontà che troviamo nei Comandamenti, nella sana dottrina della Chiesa e nei consigli del Padre spirituale.
Se accogliamo a Natale Dio presente nel Bambino Gesù, dobbiamo accogliere veramente i suoi insegnamenti, altrimenti è solo una finzione.
Accogliere Gesù significa accogliere la sua Parola, ed è solo una, non possono esistere altre parole. Tutte le parole diverse o contrarie alla Parola che si visibilizza e nasce a Natale, sono tenebre e chi le ha scritte vive nelle tenebre.
La Parola del Padre è vitale per noi, la sua Parola ci dona vita, illumina il nostro cammino, ci permette di conoscere la Verità e solo essa ci rende veramente liberi, non più schiavi degli inganni e delle follie umane.
Gesù Parola parla in noi se facciamo silenzio, se Lo ascoltiamo vivremo nel suo Cuore e la vita sarà un’altra cosa: in noi crescerà sempre più il Bene.
Alla fine della Santa Messa o durante il giorno, rileggete lentamente il Prologo di San Giovanni, è anche una preghiera di liberazione, tutti i diavoli sono terrorizzati quando si medita. Il Prologo ci farà ottenete tesori e ricchezze spirituali, molto più importanti di quelli materiali.
Il frastuono non permette di pregare bene né la lucidità per trovare le risposte ai dilemmi e a tanti problemi della vita. Cercate il silenzio nella grotta di Betlemme, come volle Dio quando nacque in un luogo rifiutato da tutti e per questo abbandonato. Solo nel nostro rinnegamento sorge la vera spiritualità e ci fa diventare veri cristiani.
Cosa mi chiede oggi Gesù Bambino?
Cosa devo fare per imitarlo e piacere a Lui?
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domenica 23 dicembre 2018

SC 295 Commento al Vangelo di domenica 23.12.2018 IV avvvento (Padre Giulio Maria Scozzaro)

+ Dal Vangelo secondo Luca  (1,39-45)
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E Beata Colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Due giorni fa abbiamo meditato lo stesso brano del Vangelo e questo avviene per l’intersecarsi tra la liturgia prestabilita per le ferie di Avvento e l’anno liturgico «C» di San Luca che stiamo seguendo. L’anno liturgico è triennale per le domeniche e le festività, gli anni «A, B e C», sono caratterizzati dalla proclamazione del Vangelo di Matteo (A), Marco (B) e Luca (C) lasciando prevalentemente il Vangelo di Giovanni al tempo di Natale e di Pasqua.
Il Vangelo di oggi ci presenta la Madonna come Maestra di speranza e per preparare il Natale, ormai vicinissimo, non c’è niente di più opportuno che accompagnare in questi giorni Maria Santissima, stando con Lei con più amore e confidenza.
Il cristiano sa che anche questo Avvento deve viverlo insieme alla Vergine, tutti i giorni della sua vita se vuole garantirsi con certezza l’unico successo che conti nella sua esistenza: incontrare Cristo in questa vita e poi nell’eternità.
La speranza perfetta di cui è Maestra la Madonna, appare lontana o incomprensibile a quanti invece sono avviliti e agitati nell’impazienza.
L’aspetto molto curioso in molti è quello di reclamare a Dio il pagamento del poco bene che hanno compiuto. Una contraddizione o una visione miope della propria esistenza, accompagnata da una elevata considerazione di sé.
Dio non può elargire un bene grande a chi ne ha compiuto poco o per niente.
L’Amore di Dio è per noi incomprensibile, molti abbiamo convinzione che è incommensurabile, ma è anche un Padre che da un lato elargisce tanti doni gratuitamente, dall’altro utilizza una pedagogia perfettamente su misura per ognuno di noi. Lo fa perché mosso esclusivamente dall’Amore verso ciascuno. Ci ama così come siamo!
Gesù però vuole educarci a fare opere di carità, a vedere i bisogni degli altri e a non rimanere insensibili dinanzi alla povertà.
Il cristiano senza Fede si lamenta non appena sorge una difficoltà, non trova la capacità di controllarsi e di reagire con la preghiera, ed è bravo a lamentarsi innanzitutto con Dio. Se non aveva compiuto nulla o poco per amore di Dio, come potrà reclamare quanto non gli spetta?
Molto spesso anche i cristiani sono incapaci di reggere lo sforzo, di mantenere viva la speranza.
Chi patisce tribolazioni ed è vicino a Gesù non cade mai nello sconforto, questo avviene a colui che non aspira alla santità e alla vita eterna, colui che dispera di raggiungerla.
Rimanere vicino al Signore e osservare il Vangelo, con la preghiera giornaliera espressa molto più con il cuore che con le parole, è il sintomo del desiderio di entrare nella sfera della santità. Di conseguenza è facile scegliere in ogni circostanza un agire onesto, buono e sincero.
È molto facile vivere in modo virtuoso in qualsiasi momento se conosciamo bene Gesù e scegliamo sempre il bene, per noi e per gli altri.
Le tribolazioni molti se le chiamano per la loro incredulità, l’imborghesimento, la tiepidezza e l’eccessivo attaccamento ai beni materiali, i soli che si considerino veri. Lo scoraggiamento, se non vi si pone rimedio, paralizza gli sforzi per fare il bene e vincere le difficoltà.
La sfiducia nella propria santità, d’altra parte, si lega alla debolezza della volontà davanti al timore della fatica che la lotta ascetica comporta, e davanti al dover rinunciare a disordinati attaccamenti temporali e al disordine dei sensi.
A noi che ci sforziamo nel cammino spirituale, nemmeno gli apparenti insuccessi nella lotta interiore o nell’apostolato possono scoraggiarci: chi fa le cose per amore di Dio e per la sua gloria non fallisce mai. È sempre un vincente e tutti noi non abbiamo mai insuccessi perché abbiamo riposto totalmente in Dio la nostra fiducia.
Se vi arrivano pensieri di fallimento, sono tentazioni. Il cristiano non fallisce la sua vita, gli ostacoli e le avversità gli fanno acquistare esperienza.
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SC 294 Commento al Vangelo di domenica 16.12.2018 III avvvento (Padre Giulio Maria Scozzaro)

+ Dal Vangelo secondo Luca (3,10-18)
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene Colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo. 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Questa domenica è chiamata «Gaudete» dall’inizio dell’introito della Messa, che viene tratto dalla Lettera di San Paolo ai Filippesi: «Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino» (4,4-6).
Nel mezzo dell’Avvento la Chiesa ci invita a gioire per il Natale ormai vicino, siamo giunti a metà di questo Tempo liturgico. La nota di allegria deve essere presente nel cristiano in questa attesa del Bambino, d’altronde questa preparazione al Natale farà ricevere quella Grazia e tanti doni, proporzionatamente all’impegno profuso in questo Avvento.
La notte di Natale Gesù elargirà ad ognuno quanto meriterà. Dio guarderà i cuori e donerà miracoli ai buoni che Lo hanno atteso nella preghiera.
In questa domenica oltre al colore rosaceo al posto del viola, si ritorna al suono dell’organo e la presenza di fiori sull’altare maggiore.
L’invito a rallegrarsi per l’incontro con il Signore, è una prerogativa che possono sperimentare solo quanti pregano Gesù e ricevono i suoi doni. Le persone che adorano il vero Dio ricevono una o molte risposte da Lui, anche ogni giorno e questo è motivo di allegria, ma non sono i doni a rendere allegri i cristiani.
Sono allegri per l’appartenenza al Signore Gesù, perché Lo portano nel cuore e sono sempre nella gioia, anche nei momenti più dolorosi.
Per allegria si intende uno stato d’animo gioioso, spensierato che si manifesta in molti casi vivacemente. È uno stato di letizia, di contentezza.
Quello che dobbiamo capire è la sorgente della vera allegria che arriva dalla Fede, rispetto ad un’altra allegria che si sperimenta saltuariamente.
Infatti, qui c’è una importante distinzione da rilevare: l’allegria del mondo e dei piaceri mondani, quindi senza Gesù, è passeggera e poi svanisce nel nulla, riportando nella persona la malinconia o la tristezza, in molti casi sconforto e abbattimento. Una desolazione interna che sale dallo sterno e fa sentire un terribile senso di vuoto. 
L’allegria cristiana è una virtù e si acquisisce con un costante impegno spirituale. Si differisce profondamente da quella che intende il mondo.
L’allegria che dà il mondo viene da ciò che aliena l’uomo; nasce quando questi riesce finalmente a sfuggire a se stesso, quando bada a ciò che è esteriore, quando distoglie lo sguardo dal mondo interiore, che gli riserva dolorosa solitudine, perché lo sguardo non vi trova che il vuoto.
Invece il cristiano ha la gioia in se stesso, perché nella sua anima in Grazia trova Dio. Questa è la fonte permanente della sua allegria.
L’allegria del mondo invece è meschina e passeggera.
Non appena qualcosa di contrario colpisce chi non prega, avviene un abbattimento disastroso che trasmette molto spesso anche ai familiari, lo porta con sé in ogni luogo, fino a far sorgere quasi una disperazione silenziosa. Molti ricorrono alle droghe, altri all’alcool, chi agli idoli e tante altre deviazioni pericolose.
L’assenza di Cristo è il vero dramma di oggi, si ricorre alla ricerca di diversivi per sfuggire alla solitudine interiore e cresce la paura per il vuoto.
Un’anima triste è in balia di molte tentazioni. Quanti peccati commessi all’ombra della tristezza. L’inquietudine dimostra l’assenza di Gesù.
La tristezza nasce dall’egoismo, dal pensare a se stessi dimenticando gli altri, dall’indolenza nel lavoro, dalla poca mortificazione, dalla ricerca di compensazioni, dalla trascuratezza nel rapporto con Dio.
L’allegria del cristiano invece è profonda e capace di resistere in mezzo alle difficoltà.
È un’allegria compatibile con il dolore, con la malattia, con gli insuccessi e le contrarietà. Avere la certezza che Dio è nostro Padre e vuole il meglio per noi ci dà una fiducia serena e allegra anche di fronte alla durezza di fatti inattesi.
Nei momenti che un uomo senza Fede considererebbe colpi fatali e insensati, il cristiano scopre Gesù e, con Lui, un bene molto più alto.
Mi fermo qui sull’allegria cristiana per dare qualche spunto sulle domande che persone di vari ceti ponevano a Giovanni Battista. Essi volevano sapere da lui cosa dovevano fare e questo sorprende molto perché non tutti erano osservanti della Legge.
Erano pubblicani, soldati, intere folle a chiedergli consigli e questo dato ci dice che vedevano in Giovanni Battista un uomo buono, penitente e coerente. I Sacerdoti e i Prelati trovano in Giovanni Battista il vero modello da imitare: colui che indica solo Cristo mettendosi da parte.
«Che cosa dobbiamo fare?».
«Maestro, che cosa dobbiamo fare?».
«E noi, che cosa dobbiamo fare?».
Uno dei grandi impegni del cristiano è di portare l’allegria indicata da Gesù nel Vangelo a un mondo che è triste perché si è allontanato da Dio.
C’è altro di più importante da capire: noi che cosa dobbiamo fare per mettere in pratica gli insegnamenti del Vangelo? Obbedire a Gesù.
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SC 293 Commento al Vangelo di domenica 09.12.2018 II avvvento (Padre Giulio Maria Scozzaro)

Dal Vangelo secondo Luca (3,1-6)
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
L’ultima parte della profezia di Isaia lascia alquanto sorpresi se si considera che non tutti gli esseri umani riescono a salvare le loro anime.
“Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!”, per noi sembra irrealizzabile questa Volontà di Dio, rivelata al Profeta. Noi non siamo di quelli che orientano la Parola di Dio secondo le proprie voglie e la manipolano con molta prontezza, noi sappiamo perfettamente che una eventuale manipolazione ci allontanerebbe dall’amicizia di Dio e Lui non avrebbe più fiducia in noi.
E a cosa servirebbero le nostre preghiere se modificassimo le sue Leggi con l’aggravante dell’abitudine di ripetere bugie e ipocrisie?
La citazione di sopra la possiamo spiegare in due modi, secondo la mia riflessione scaturita dalla preghiera che considero umile e devota.
L’importante è non andare mai contro l’essenza della rivelazione di Dio.
In “ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!”, da un lato c’è la piena Volontà di Dio della rivelazione a tutti del suo piano di salvezza, dall’altro lato effettivamente tutti gli esseri umani vedranno questa salvezza, ma non sarà aperta a tutti, ne godranno eternamente solo i buoni e i puri di cuori.
È l’uomo a scegliere il suo destino con le sue scelte di vita: con la fedeltà a Dio o al contrario, rifiutando Dio e la salvezza eterna.
“Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!”, significa allora, che tutti siamo chiamati alla gloria eterna e tutti conosceremo nell’aldilà l’esistenza dell’eternità e, quindi, del Paradiso e dell’inferno, con il Purgatorio luogo di salvezza ma transitante: vi si rimane per quel tempo indispensabile per espiare i peccati non riparati in questa vita. Ma sempre di salvezza eterna si tratta.
Tutti gli uomini sapranno prima o poi dell’esistenza dell’eternità, ma molti saranno nella felicità infinita, altri nella dannazione infinita.
Questa domenica ci presenta la grande figura di Giovanni Battista, il quale viene a indicare che la salvezza è veramente entrata nel mondo. Lo era duemila anni fa, lo è ancora adesso, perché il vero cristiano deve ascoltare la voce di chi grida ancora che solo in Gesù vi è salvezza.
L’annuncio si può ascoltare nelle omelie, negli incontri dove al centro è la corretta Parola di Dio per adorarla e servirla fedelmente.
Non servono a nulla gli incontri se non c’è la volontà di seguire il Vangelo di Gesù, sono preghiere sprecate quelle fatte senza fedeltà a Dio.
Oggi Giovanni Battista deve diventare ognuno di noi, per annunciare ai familiari, agli amici, ai colleghi, a tanti, che Gesù viene a Natale per dare senso alla vita di tutti, soprattutto degli sfiduciati, di quanti si considerano irrealizzati, dei poveri e dei disoccupati, degli ammalati, di quanti soffrono in qualsiasi modo e non vedono vie d’uscita.
È Gesù Cristo il Salvatore e il Guaritore. Tutto è possibile a chi crede, a chi Lo adora con Fede, ma disponiamo bene i nostri cuori.
Gesù non viene per tutti a Natale, come non venne per tutti duemila anni fa a Betlemme per il rifiuto di molti e non per sua scelta.
Non solo non c’era posto nelle case e Maria e Giuseppe alloggiarono in una stalla, non c’è neanche oggi spazio nel cuore di moltissimi, atei o indifferenti, convinti di non avere necessità dell’aiuto di Dio e il Natale per loro è solo una grande festa pagana, allestita per mangiate solenni e regali che devono sorprendere…
Si dedicano ore ogni giorno a riflettere sul regalo da fare a Natale, se dedicassero metà tempo al Santo Rosario riceverebbero miracoli.
Il Natale deve contemplare la festa e i pasti preparati secondo i propri gusti, ma non è questo il vero Natale. Regali e cibo devono venire dopo la vera festa che è la nascita del Figlio di Dio, Bambino nel Corpo, ma eterno nello Spirito.
Non sono il pasto prelibato e i regali scambiati a rendere migliore il nostro cuore, solo Gesù Bambino ci rende migliori nella gioiosa allegria della notte di Natale. Non si diventa buoni solo a Natale per poi ricominciare con le ingiurie, l’odio, la vendetta.
Non perdete di vista la data del 25 dicembre, riflettete ogni giorno sull’avvenimento memorabile. Questa meditazione vi renderà migliori.
A Natale tutto deve essere subordinato alla nascita dalla Vergine Immacolata del dolcissimo Gesù, sempre disponibile a ricolmarci di Grazie, aiuti e protezioni. Se però Lo ignoriamo, non aspettiamoci nulla.
Dio viene in mezzo a noi e se ci disinteressiamo di Lui, restiamo privi del suo Amore che eleva l’anima, conferisce dignità e migliora la vita.
È Dio che viene a visitarci a Natale e ci vuole incontrare uno ad uno, ma se il cuore non è libero da tante zavorre, non Lo si incontra!
Si rimane soli con gli affanni quotidiani, i tarli che corrodono la vera Fede e la mente intenta al soddisfacimento delle smanie opprimenti!
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Medaglia di San Benedetto