Il Signore ti benedica,ti custodisca e ti mostri il Suo volto misericordioso!

Quando pensi di aver toccato il fondo e che nessuno ti voglia o ti ami più, Dio si fa uomo per incontrarti, Gesù ti viene accanto

CIAO A TE !!

Nulla è più urgente nel mondo d'oggi di proclamare Cristo alle genti. Chiunque tu sia, puoi, se vuoi, lasciare un tuo contributo, piccolo o grande che sia, per dire, comunicare, annunciare la persona di Gesù Cristo, unico nostro salvatore. Uno speciale benvenuto a LADYBUG che si è aggiunta di recente ai sostenitori ! *************************************************** Questo blog è sotto la protezione di N.S. Gesù Cristo e della SS Vergine Maria, Sua Madre ed ha come unica ragione di esistere di fornire un contributo, sia pure piccolo ed umile, alla crescita della loro Gloria. ***************************************************



Con Cristo non ci sono problemi, senza Cristo non ci sono soluzioni.

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domenica 30 novembre 2014

3285 - Novena Immacolata - giorno 2

1. Introduzione
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Vieni Santo Spirito, riempi il cuore dei tuoi fedeli e accendi in noi il fuoco del Tuo amore.
- Manda il Tuo Spirito, Signore, e tutto sarà ricreato.
- E rinnoverai la faccia della terra.

Preghiamo
O Dio, che con il dono dello Spirito Santo guidi i fedeli alla piena luce della verità, donaci di gustare nel medesimo tuo Spirito la vera sapienza e di godere sempre del suo conforto. Per Cristo Nostro Signore. Amen.

2. Orazione iniziale
Vergine purissima, concepita senza peccato, tutta bella e senza macchia dal primo istante, Ti venero oggi sotto il titolo di Immacolata Concezione. Il Tuo Divino Figlio mi ha insegnato, attraverso la Sua stima, rispetto e sottomissione a Te, quali onori e omaggi io Ti dovrei prestare. Tu sei il rifugio sicuro dei peccatori pentiti e per questo ricorro a Te, attraverso questa novena. Sei la Madre di Misericordia cui presento le mie miserie e ti chiedo di aiutarmi, poiché, dopo Gesù, sei tutta la mia speranza. Con la Tua intercessione materna, Madonna piena di bontà e potere presso il Signore, Ti supplico di farmi ottenere … (indicare la Grazia spirituale o materiale). Se ciò che Ti chiedo non è per la gloria di Dio ed il bene della mia anima, fammi avere quello che sia più conforme a entrambi. Amen!

3. Preghiera del giorno

Secondo Giorno
O Immacolata Concezione, Tu più di qualunque altra creatura, conosci le mie debolezze e viltà. O Maria, aiutami a resistere alle tentazioni e Ti prego oggi in modo particolare per tutti quelli che soffrono nello spirito, nel cuore e nel corpo. Sii il mio soccorso, Immacolata Concezione e ottienimi dal Nostro Padre Celeste, per i meriti di Tuo Figlio, la Grazia di … (enunciare la richiesta). Amen!

4. Preghiere e Orazione finale

Recitare un Padre nostro, un’Ave Maria e un Gloria.
O Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te!

O Dio, che con l'Immacolata Concezione della Vergine, hai preparato al tuo Figlio una degna
dimora e, in previsione della morte di Lui, l'hai preservata da ogni macchia, concedi anche a noi, per Sua intercessione, di giungere fino a Te, in purezza di spirito. Noi Te lo chiediamo per il Nostro Signore Gesù Cristo. Così sia!
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3284 - Commento al Vangelo del 30/11/2014 Domenica I Avvento "B"

Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà.


+ Dal Vangelo secondo Marco (13,33-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
In questo 2° giorno della importantissima Novena dell'Immacolata, viviamo l'inizio dell'Avvento, è la 1ª Domenica del nuovo anno liturgico B, e questo è il Tempo delle letture dal Vangelo di San Marco. L'Avvento è un Tempo liturgico forte per l'evento che ci apprestiamo a vivere nella Notte di Natale, un avvenimento unico e irripetibile.
Come si conviene quando si deve partecipare ad un grande momento importante, nell'Avvento ci prepariamo ad uno dei momenti impregnati di gioia e di esultanza per la venuta nel mondo di Dio che si incarna in un Uomo. A questo evento eccezionale tutti siamo invitati a partecipare e per farlo occorre prepararsi bene.
Dalla preparazione interiore dipende la ricompensa, il Bambino che viene a Natale è il Figlio di Dio che ci conosce prima ancora della nostra esistenza. Dall'eternità il Verbo del Padre presente nel Bambino innocuo e infinitamente innocente che nasce in una grotta di Betlemme, ci conosce perfettamente ed ascolta i nostri più intimi gemiti, ascolta quale amore abbiamo per Lui, ascolta quali battiti emanano i nostri cuori.
L'Avvento è la venuta di Dio, egli si presenta a noi nella forma di Bambino per non spaventarci ed entrare subito in confidenza!
Quanto desidera Gesù ascoltare le nostre preghiere, soprattutto le preghiere di ringraziamento per quanto ci ha donato e ci dona.
In questo tempo di Avvento noi dobbiamo ascoltare la Voce di Dio che ci vuole indicare la Via per adorare il Bambino la notte di Natale, perché molti cristiani proprio quella notte pensano ad altro, rendono profano un evento singolare e rifiutano anche loro di accogliere la venuta di Dio in mezzo a noi.
Ci sono anche altri che partecipano la notte di Natale alla Messa ma senza amore, senza desiderio di vedere il Volto di Gesù Bambino.
Essi rimangono sempre in uno stato di tiepidezza e la loro vita scorre inesorabilmente in mezzo alle tempeste negative e in uno stato perenne di insoddisfazione. Nulla appaga la loro vita e sono tristi interiormente, come quelli che non conoscono Gesù.
Questo è il Tempo dell'attesa di Gesù Bambino, per fare un esempio vi lascio immaginare come vi preparate quando dovete incontrare una persona importante, organizzate le parole da dire e soprattutto quelle da non dire, sicuramente indossate un abbigliamento molto elegante.
Noi credenti dobbiamo prepararci per l'incontro del 25 dicembre, quindi cominciamo a pensare ogni giorno molte parole belle e spirituali e diciamogliele già adesso, perché Lui ci ascolta da sempre. Non bisogna ripetere parole insignificanti e la nostra principale preoccupazione deve essere quella di indossare la veste bianca della Grazia di Dio.
Non serve a nulla pregare senza amore e senza il vivo desiderio di compiere la volontà di Dio espressa nei Comandamenti e nel Vangelo!
Tutto può chi prega con amore, tutto può ottenere chi prega con fiducia e vive abbandonato consapevole nel Cuore Immacolato di Maria.
Oggi Gesù ci ripete ben cinque volte di stare svegli: "Vegliate"Quattro volte ripete questa parola e una volta afferma il suo contrario: "… non vi trovi addormentati". Vegliate è un comando rivolto a quanti vogliono seguirlo nella verità, è l'avvertimento a stare in guardia per non trovarsi impreparati nel momento dell'attacco della tentazione.
Proteggete e difendete la vostra vita spirituale.
L'esempio portato da Gesù indica un uomo che parte e lascia il potere ai servi, incarica ognuno di un compito e spera di trovare al ritorno riscontri consistenti. I servi non conoscono il giorno e l'ora del ritorno del padrone e quindi potrebbe trovarli addormentati. Perché chi dorme nella vita non è vigilante, non cura gli interessi della sua anima, dimentica anche l'impegno preso con il padrone.
"Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento".
Se viene a mancare la vigilanza si cade nel torpore tenebroso e viene a mancare la Luce di Dio, non c'è più un sano orientamento e le scelte sono molto confuse. Anche il cuore si indurisce e si agisce con orgoglio, ira, confusione, falsità, ingiustizia, rancore, invidia.
L'Avvento ci ricorda che dobbiamo camminare nella via spirituale e andare incontro a Gesù che abbraccia quelli che Lo amano.
Purtroppo questo tempo vede anche molti cristiani bloccati e non camminano, non fanno progressi spirituali perché pregano molto poco e si lasciano vincere dalle tentazioni che aumentano di potenza nella misura che si pecca. Più si vive nel peccato più le tentazioni diventano forti e vincenti. Afferrate il Santo Rosario e chiamate la Madonna!
L'Avvento vuole anche svegliare i cristiani che dormono, adagiati nella vita abitudinaria che hanno scelto come stile della loro esistenza.
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3283 - Novena Immacolata - giorno 1

1. Introduzione
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Vieni Santo Spirito, riempi il cuore dei tuoi fedeli e accendi in noi il fuoco del Tuo Amore.
- Manda il Tuo Spirito, Signore, e tutto sarà ricreato.
- E rinnoverai la faccia della terra.

Preghiamo.
O Dio, che con il dono dello Spirito Santo guidi i fedeli alla piena luce della verità, donaci di gustare nel medesimo tuo Spirito la vera sapienza e di godere sempre del suo conforto. Per Cristo Nostro Signore. Amen.

2. Orazione iniziale
Vergine purissima, concepita senza peccato, tutta bella e senza macchia dal primo istante, Ti venero oggi sotto il titolo di Immacolata Concezione. Il Tuo Divino Figlio mi ha insegnato, attraverso la Sua stima, rispetto e sottomissione a Te, quali onori e omaggi io Ti dovrei prestare. Tu sei il rifugio sicuro dei peccatori pentiti e per questo ricorro a Te, attraverso questa Novena. Sei la Madre di Misericordia cui presento le mie miserie e Ti chiedo di aiutarmi, poiché, dopo Gesù, sei tutta la mia speranza. Con la Tua intercessione materna, Madonna piena di bontà e potere presso il Signore, Ti supplico di farmi ottenere … (indicare la Grazia spirituale o materiale). Se ciò che Ti chiedo non è per la gloria di Dio ed il bene della mia anima, fammi avere quello che sia più conforme a entrambi. Amen!

3. Preghiera del giorno

Primo Giorno
O Immacolata Concezione, questo dolce Nome m’invita ad avere fiducia in Te, mi porta conforto e fortifica la mia Fede. Maria, Madre mia, ho totale fiducia nella Tua potente intercessione presso il Signore e Ti chiedo di aiutarmi a conservare sempre accesa in mezzo al mondo la fiamma della Fede, che ho ricevuto nel Battesimo. Sii il mio soccorso, Immacolata Concezione e ottienimi dal Nostro Padre Celeste, per i meriti di Tuo Figlio, la Grazia di … (enunciare la richiesta). Amen!

4. Preghiere e Orazione finale

Recitare un Padre nostro, un’Ave Maria e un Gloria.
O Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te!

O Dio, che con l'Immacolata Concezione della Vergine, hai preparato al tuo Figlio una degna dimora e, in previsione della morte di Lui, l'hai preservata da ogni macchia, concedi anche a noi, per Sua intercessione, di giungere fino a Te, in purezza di spirito. Noi Te lo chiediamo per il Nostro Signore Gesù Cristo. Così sia!
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3282 - Udienza di Papa Francesco del 26/11/2014

La Chiesa - 15. Pellegrina verso il Regno
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Un po’ bruttina la giornata, ma voi siete coraggiosi, complimenti! Speriamo di pregare insieme oggi.
Nel presentare la Chiesa agli uomini del nostro tempo, il Concilio Vaticano II aveva ben presente una verità fondamentale, che non bisogna mai dimenticare: la Chiesa non è una realtà statica, ferma, fine a se stessa, ma è continuamente in cammino nella storia, verso la meta ultima e meravigliosa che è il Regno dei cieli, di cui la Chiesa in terra è il germe e l’inizio (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 5). Quando ci rivolgiamo verso questo orizzonte, ci accorgiamo che la nostra immaginazione si arresta, rivelandosi capace appena di intuire lo splendore del mistero che sovrasta i nostri sensi. E sorgono spontanee in noi alcune domande: quando avverrà questo passaggio finale? Come sarà la nuova dimensione nella quale la Chiesa entrerà? Che cosa sarà allora dell’umanità? E del creato che ci circonda? Ma queste domande  non sono nuove, le avevano già fatte i discepoli a Gesù in quel tempo: “Ma quando avverrà questo? Quando sarà il trionfo dello Spirito sulla creazione, sul creato, su tutto…”. Sono domande umane, domande antiche. Anche noi facciamo queste domande.
1. La Costituzione conciliare Gaudium et spes, di fronte a questi interrogativi che risuonano da sempre nel cuore dell’uomo, afferma: «Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l’umanità, e non sappiamo il modo in cui sarà trasformato l’universo. Passa certamente l’aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini» (n. 39). Ecco la meta a cui tende la Chiesa: è, come dice la Bibbia, la «Gerusalemme nuova», il «Paradiso». Più che di un luogo, si tratta di uno “stato” dell’anima in cui le nostre attese più profonde saranno compiute in modo sovrabbondante e il nostro essere, come creature e come figli di Dio, giungerà alla piena maturazione. Saremo finalmente rivestiti della gioia, della pace e dell’amore di Dio in modo completo, senza più alcun limite, e saremo faccia a faccia con Lui! (cfr 1Cor13,12). E’ bello pensare questo, pensare al Cielo. Tutti noi ci troveremo lassù, tutti. E’ bello, dà forza all’anima.
2. In questa prospettiva, è bello percepire come ci sia una continuità e una comunione di fondo tra la Chiesa che è nel Cielo e quella ancora in cammino sulla terra. Coloro che già vivono al cospetto di Dio possono infatti sostenerci e intercedere per noi, pregare per noi. D’altro canto, anche noi siamo sempre invitati ad offrire opere buone, preghiere e la stessa Eucaristia per alleviare la tribolazione delle anime che sono ancora in attesa della beatitudine senza fine. Sì, perché nella prospettiva cristiana la distinzione non è più tra chi è già morto e chi non lo è ancora, ma tra chi è in Cristo e chi non lo è! Questo è l’elemento determinante, veramente decisivo per la nostra salvezza e per la nostra felicità.
3. Nello stesso tempo, la Sacra Scrittura ci insegna che il compimento di questo disegno meraviglioso non può non interessare anche tutto ciò che ci circonda e che è uscito dal pensiero e dal cuore di Dio. L’apostolo Paolo lo afferma in modo esplicito, quando dice che «anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). Altri testi utilizzano l’immagine del «cielo nuovo» e della «terra nuova» (cfr 2 Pt 3,13; Ap 21,1), nel senso che tutto l’universo sarà rinnovato e verrà liberato una volta per sempre da ogni traccia di male e dalla stessa morte. Quella che si prospetta, come compimento di una trasformazione che in realtà è già in atto a partire dalla morte e risurrezione di Cristo, è quindi una nuova creazione; non dunque un annientamento del cosmo e di tutto ciò che ci circonda, ma un portare ogni cosa alla sua pienezza di essere, di verità, di bellezza. Questo è il disegno che Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, da sempre vuole realizzare e sta realizzando.
Cari amici, quando pensiamo a queste stupende realtà che ci attendono, ci rendiamo conto di quanto appartenere alla Chiesa sia davvero un dono meraviglioso, che porta iscritta una vocazione altissima! Chiediamo allora alla Vergine Maria, Madre della Chiesa, di vegliare sempre sul nostro cammino e di aiutarci ad essere, come lei, segno gioioso di fiducia e di speranza in mezzo ai nostri fratelli.
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3281 - Udienza di Papa Francesco del 19/11/2014

La Chiesa - 14. Universale vocazione alla Santità
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Un grande dono del Concilio Vaticano II è stato quello di aver recuperato una visione di Chiesa fondata sulla comunione, e di aver ricompreso anche il principio dell’autorità e della gerarchia in tale prospettiva. Questo ci ha aiutato a capire meglio che tutti i cristiani, in quanto battezzati, hanno uguale dignità davanti al Signore e sono accomunati dalla stessa vocazione, che è quella alla santità (cfr Cost. Lumen gentium, 39-42). Ora ci domandiamo: in che cosa consiste questa vocazione universale ad essere santi? E come possiamo realizzarla?
1. Innanzitutto dobbiamo avere ben presente che la santità non è qualcosa che ci procuriamo noi, che otteniamo noi con le nostre qualità e le nostre capacità. La santità è un dono, è il dono che ci fa il Signore Gesù, quando ci prende con sé e ci riveste di se stesso, ci rende come Lui. Nella Lettera agli Efesini, l’apostolo Paolo afferma che «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa» (Ef 5,25-26). Ecco, davvero la santità è il volto più bello della Chiesa, il volto più bello: è riscoprirsi in comunione con Dio, nella pienezza della sua vita e del suo amore. Si capisce, allora, che la santità non è una prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano.
2. Tutto questo ci fa comprendere che, per essere santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi: no, tutti siamo chiamati a diventare santi! Tante volte, poi, siamo tentati di pensare che la santità sia riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera. Ma non è così! Qualcuno pensa che la santità è chiudere gli occhi e fare la faccia da immaginetta. No! Non è questo la santità! La santità è qualcosa di più grande, di più profondo che ci dà Dio. Anzi, è proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi. E ciascuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova. Ma tu sei consacrato, sei consacrata? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione e il tuo ministero. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un battezzato non sposato? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro e offrendo del tempo al servizio dei fratelli. “Ma, padre, io lavoro in una fabbrica; io lavoro come ragioniere, sempre con i numeri, ma lì non si può essere santo…” – “Sì, si può! Lì dove tu lavori tu puoi diventare santo. Dio ti dà la grazia di diventare santo. Dio si comunica a te”. Sempre in ogni posto si può diventare santo, cioè ci si può aprire a questa grazia che ci lavora dentro e ci porta alla santità. Sei genitore o nonno? Sii santo insegnando con passione ai figli o ai nipoti a conoscere e a seguire Gesù. E ci vuole tanta pazienza per questo, per essere un buon genitore, un buon nonno, una buona madre, una buona nonna, ci vuole tanta pazienza e in questa pazienza viene la santità: esercitando la pazienza. Sei catechista, educatore o volontario? Sii santo diventando segno visibile dell’amore di Dio e della sua presenza accanto a noi. Ecco: ogni stato di vita porta alla santità, sempre! A casa tua, sulla strada, al lavoro, in Chiesa, in quel momento e nel tuo stato di vita è stata aperta la strada verso la santità. Non scoraggiatevi di andare su questa strada. E’ proprio Dio che ci dà la grazia. Solo questo chiede il Signore: che noi siamo in comunione con Lui e al servizio dei fratelli.
3. A questo punto, ciascuno di noi può fare un po’ di esame di coscienza, adesso possiamo farlo, ognuno risponde a se stesso, dentro, in silenzio: come abbiamo risposto finora alla chiamata del Signore alla santità? Ho voglia di diventare un po’ migliore, di essere più cristiano, più cristiana? Questa è la strada della santità. Quando il Signore ci invita a diventare santi, non ci chiama a qualcosa di pesante, di triste… Tutt’altro! È l’invito a condividere la sua gioia, a vivere e a offrire con gioia ogni momento della nostra vita, facendolo diventare allo stesso tempo un dono d’amore per le persone che ci stanno accanto. Se comprendiamo questo, tutto cambia e acquista un significato nuovo, un significato bello, un significato a cominciare dalle piccole cose di ogni giorno. Un esempio. Una signora va al mercato a fare la spesa e trova una vicina e incominciano a parlare e poi vengono le chiacchiere e questa signora dice: “No, no, no io non sparlerò di nessuno.” Questo è un passo verso la santità, ti aiuta a diventare più santo. Poi, a casa tua, il figlio ti chiede di parlare un po’ delle sue cose fantasiose: “Oh, sono tanto stanco, ho lavorato tanto oggi…” – “Ma tu accomodati e ascolta tuo figlio, che ha bisogno!”. E tu ti accomodi, lo ascolti con pazienza: questo è un passo verso la santità. Poi finisce la giornata, siamo tutti stanchi, ma c’è la preghiera. Facciamo la preghiera: anche questo è un passo verso la santità. Poi arriva la domenica e andiamo a Messa, facciamo la comunione, a volte preceduta da una bella confessione che ci pulisca un po’. Questo è un passo verso la santità. Poi pensiamo alla Madonna, tanto buona, tanto bella, e prendiamo il rosario e la preghiamo. Questo è un passo verso la santità. Poi vado per strada, vedo un povero un bisognoso, mi fermo gli domando, gli do qualcosa: è un passo alla santità. Sono piccole cose, ma tanti piccoli passi verso la santità. Ogni passo verso la santità ci renderà delle persone migliori, libere dall’egoismo e dalla chiusura in se stesse, e aperte ai fratelli e alle loro necessità.

Cari amici, nella Prima Lettera di san Pietro ci viene rivolta questa esortazione: «Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo» (4,10-11). Ecco l’invito alla santità! Accogliamolo con gioia, e sosteniamoci gli uni gli altri, perché il cammino verso la santità non si percorre da soli, ognuno per conto proprio, ma si percorre insieme, in quell’unico corpo che è la Chiesa, amata e resa santa dal Signore Gesù Cristo. Andiamo avanti con coraggio, in questa strada della santità.
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3280 - Udienza di Papa Francesco del 12/11/2014

La Chiesa - 13. Vescovi - Presbiteri - Diaconi
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Abbiamo evidenziato nella catechesi precedente  come il Signore continui a pascere il suo gregge attraverso il ministero dei vescovi, coadiuvati dai presbiteri e dai diaconi. È in loro che Gesù si rende presente, nella potenza del suo Spirito, e continua a servire la Chiesa, alimentando in essa la fede, la speranza e la testimonianza della carità. Questi ministeri costituiscono, quindi, un dono grande del Signore per ogni comunità cristiana e per la Chiesa intera, in quanto sono un segno vivo della sua presenza e del suo amore.
Oggi vogliamo domandarci: che cosa viene richiesto a questi ministri della Chiesa, perché possano vivere in modo autentico e fecondo il proprio servizio?
1. Nelle “Lettere pastorali” inviate ai suoi discepoli Timoteo e Tito, l’apostolo Paolo si sofferma con cura sulla figura dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi, - anche sulla figura dei fedeli, degli anziani, dei giovani. Si sofferma in una descrizione di ogni cristiano nella Chiesa, delineando per i vescovi, i presbiteri e i diaconi, ciò a cui essi sono chiamati e le prerogative che devono essere riconosciute in coloro che vengono scelti e investiti di questi ministeri. Ora, è emblematico come, insieme alle doti inerenti la fede e la vita spirituale - che non possono essere trascurate, perché sono la vita stessa -, vengano elencate alcune qualità squisitamente umane: l’accoglienza, la sobrietà, la pazienza, la mitezza, l’affidabilità, la bontà di cuore. E’ questo l’alfabeto, la grammatica di base di ogni ministero! Deve essere la grammatica di base di ogni vescovo, di ogni prete, di ogni diacono. Sì, perché senza questa predisposizione bella e genuina a incontrare, a conoscere, a dialogare, ad apprezzare e a relazionarsi con i fratelli in modo rispettoso e sincero, non è possibile offrire un servizio e una testimonianza davvero gioiosi e credibili.
2. C’è poi un atteggiamento di fondo che Paolo raccomanda ai suoi discepoli e, di conseguenza, a tutti coloro che vengono investiti del ministero pastorale, siano essi vescovi, sacerdoti, presbiteri o diaconi. L’apostolo esorta a ravvivare continuamente il dono che è stato ricevuto (cfr 1 Tm 4,14; 2 Tm 1,6). Questo significa che deve essere sempre viva la consapevolezza che non si è vescovi, sacerdoti o diaconi perché si è più intelligenti, più bravi e migliori degli altri, ma solo in forza di un dono, un dono d’amore elargito da Dio, nella potenza del suo Spirito, per il bene del suo popolo. Questa consapevolezza è davvero importante e costituisce una grazia da chiedere ogni giorno! Infatti, un Pastore che è cosciente che il proprio ministero scaturisce unicamente dalla misericordia e dal cuore di Dio non potrà mai assumere un atteggiamento autoritario, come se tutti fossero ai suoi piedi e la comunità fosse la sua proprietà, il suo regno personale.
3. La consapevolezza che tutto è dono, tutto è grazia, aiuta un Pastore anche a non cadere nella tentazione di porsi al centro dell’attenzione e di confidare soltanto in se stesso. Sono le tentazioni della vanità, dell’orgoglio, della sufficienza, della superbia. Guai se un vescovo, un sacerdote o un diacono pensassero di sapere tutto, di avere sempre la risposta giusta per ogni cosa e di non avere bisogno di nessuno. Al contrario, la coscienza di essere lui per primo oggetto della misericordia e della compassione di Dio deve portare un ministro della Chiesa ad essere sempre umile e comprensivo nei confronti degli altri. Pur nella consapevolezza di essere chiamato a custodire con coraggio il deposito della fede (cfr 1 Tm 6,20), egli si metterà in ascolto della gente. E’ cosciente, infatti, di avere sempre qualcosa da imparare, anche da coloro che possono essere ancora lontani dalla fede e dalla Chiesa. Con i propri confratelli, poi, tutto questo deve portare ad assumere un atteggiamento nuovo, improntato alla condivisione, alla corresponsabilità e alla comunione.
Cari amici, dobbiamo essere sempre grati al Signore, perché nella persona e nel ministero dei vescovi, dei sacerdoti e dei diaconi continua a guidare e a formare la sua Chiesa, facendola crescere lungo la via della santità. Allo stesso tempo, dobbiamo continuare a pregare, perché i Pastori delle nostre comunità possano essere immagine viva della comunione e dell’amore di Dio.
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3279 - Udienza di Papa Francesco del 5/11/2014

La Chiesa - 12. Santa Madre Chiesa Gerarchica
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Abbiamo sentito le cose che l’apostolo Paolo dice al vescovo Tito. Ma quante virtù dobbiamo avere, noi vescovi? Abbiamo sentito tutti, no? Non è facile, non è facile, perché noi siamo peccatori. Ma ci affidiamo alla vostra preghiera, perché almeno ci avviciniamo a queste cose che l’apostolo Paolo consiglia a tutti i vescovi. D’accordo? Pregherete per noi?
Abbiamo già avuto modo di sottolineare, nelle catechesi precedenti, come lo Spirito Santo ricolmi sempre la Chiesa dei suoi doni, con abbondanza. Ora, nella potenza e nella grazia del suo Spirito, Cristo non manca di suscitare dei ministeri, al fine di edificare le comunità cristiane come suo corpo. Tra questi ministeri, si distingue quello episcopale. Nel Vescovo, coadiuvato dai Presbiteri e dai Diaconi, è Cristo stesso che si rende presente e che continua a prendersi cura della sua Chiesa, assicurando la sua protezione e la sua guida.
1. Nella presenza e nel ministero dei Vescovi, dei Presbiteri e dei Diaconi possiamo riconoscere il vero volto della Chiesa: è la Santa Madre Chiesa Gerarchica. E davvero, attraverso questi fratelli scelti dal Signore e consacrati con il sacramento dell’Ordine, la Chiesa esercita la sua maternità: ci genera nel Battesimo come cristiani, facendoci rinascere in Cristo; veglia sulla nostra crescita nella fede; ci accompagna fra le braccia del Padre, per ricevere il suo perdono; prepara per noi la mensa eucaristica, dove ci nutre con la Parola di Dio e il Corpo e il Sangue di Gesù; invoca su di noi la benedizione di Dio e la forza del suo Spirito, sostenendoci per tutto il corso della nostra vita e avvolgendoci della sua tenerezza e del suo calore, soprattutto nei momenti più delicati della prova, della sofferenza e della morte.
2. Questa maternità della Chiesa si esprime in particolare nella persona del Vescovo e nel suo ministero. Infatti, come Gesù ha scelto gli Apostoli e li ha inviati ad annunciare il Vangelo e a pascere il suo gregge, così i Vescovi, loro successori, sono posti a capo delle comunità cristiane, come garanti della loro fede e come segno vivo della presenza del Signore in mezzo a loro. Comprendiamo, quindi, che non si tratta di una posizione di prestigio, di una carica onorifica. L’episcopato non è un’onorificenza, è un servizio. Gesù l’ha voluto così. Non dev’esserci posto nella Chiesa per la mentalità mondana. La mentalità mondana dice: “Quest’uomo ha fatto la carriera ecclesiastica, è diventato vescovo”. No, no, nella Chiesa non deve esserci posto per questa mentalità. L’episcopato è un servizio, non un’onorificenza per vantarsi. Essere Vescovi vuol dire tenere sempre davanti agli occhi l’esempio di Gesù che, come Buon Pastore, è venuto non per essere servito, ma per servire (cfr Mt 20,28; Mc 10,45) e per dare la sua vita per le sue pecore (cfr Gv 10,11). I santi Vescovi – e sono tanti nella storia della Chiesa, tanti vescovi santi – ci mostrano che questo ministero non si cerca, non si chiede, non si compra, ma si accoglie in obbedienza, non per elevarsi, ma per abbassarsi, come Gesù che «umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8). E’ triste quando si vede un uomo che cerca questo ufficio e che fa tante cose per arrivare là e quando arriva là non serve, si pavoneggia, vive soltanto per la sua vanità.
3. C’è un altro elemento prezioso, che merita di essere messo in evidenza. Quando Gesù ha scelto e chiamato gli Apostoli, li ha pensati non separati l’uno dall’altro, ognuno per conto proprio, ma insieme, perché stessero con Lui, uniti, come una sola famiglia. Anche i Vescovi costituiscono un unico collegio, raccolto attorno al Papa, il quale è custode e garante di questa profonda comunione, che stava tanto a cuore a Gesù e ai suoi stessi Apostoli. Com’è bello, allora, quando i Vescovi, con il Papa, esprimono questa collegialità e cercano di essere sempre più e meglio servitori dei fedeli, più servitori nella Chiesa! Lo abbiamo sperimentato recentemente nell’Assemblea del Sinodo sulla famiglia. Ma pensiamo a tutti i Vescovi sparsi nel mondo che, pur vivendo in località, culture, sensibilità e tradizioni differenti e lontane tra loro, da una parte all’altra – un vescovo mi diceva l’altro giorno che per arrivare a Roma erano necessarie, da dove lui era, più di 30 ore di aereo –  si sentono parte l’uno dell’altro e diventano espressione del legame intimo, in Cristo, tra le loro comunità. E nella comune preghiera ecclesiale tutti i Vescovi si pongono insieme in ascolto del Signore e dello Spirito, potendo così porre attenzione in profondità all’uomo e ai segni dei tempi (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 4).
Cari amici, tutto questo ci fa comprendere perché le comunità cristiane riconoscono nel Vescovo un dono grande, e sono chiamate ad alimentare una sincera e profonda comunione con lui, a partire dai presbiteri e dai diaconi. Non c’è una Chiesa sana se i fedeli, i diaconi e i presbiteri non sono uniti al vescovo. Questa Chiesa non unita al vescovo è una Chiesa ammalata. Gesù ha voluto questa unione di tutti i fedeli col vescovo, anche dei diaconi e dei presbiteri. E questo lo fanno nella consapevolezza che è proprio nel Vescovo che si rende visibile il legame di ciascuna Chiesa con gli Apostoli e con tutte le altre comunità, unite con i loro Vescovi e il Papa nell’unica Chiesa del Signore Gesù, che è la nostra Santa Madre Chiesa Gerarchica. Grazie.
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venerdì 28 novembre 2014

3278 - Commento al Vangelo del 28/11/2014

+ Dal Vangelo secondo Luca (21,29-33)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il Regno di Dio è vicino. In verità Io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Sono molto chiare le direttive di Gesù sugli insegnamenti che ci ha lasciato, istruzioni divine che nessuno può ragionevolmente modificare. Tra i cristiani sono molti invece quelli che interpretano le parole del Vangelo secondo le convenienze personali, le scelte e l'impostazione della loro vita.
"Le mie parole non passeranno", sono parole di Dio e l'uomo non ha alcuna autorità, non deve porsi superiore a Dio e lo fa quando oltre a spostare le virgole… modifica anche il significato dato da Gesù ai suoi insegnamenti.
Chi è in comunione con Gesù non pensa mai a cambiare la Parola di Dio, la adora perché è di Dio e la segue docilmente.
Molte parole passano, nel senso che cambiano, per quei cristiani che si ergono ben al di sopra di Dio e manifestano di non agire con spirito di Fede. Perché la Fede si mostra nelle opere, ognuno di noi esterna quello che è dentro, evidenzia nel linguaggio e nelle opere quale spirito è presente.
"Le mie parole non passeranno", d'altronde perché dovrebbero passare? L'avviso del Signore indica la volontà che molti hanno di rendere umana la Parola di Dio, umanizzandola secondo i bisogni di ognuno o dei tempi moderni. Anche se venisse fatta questa operazione da qualsiasi credente, è una manipolazione e non può rallegrarsi per la sua deviazione dalla Verità.
Come può rimanere sereno chi modifica intenzionalmente la Parola di Dio per compiacere la sua rinnovata mentalità?
Dovete stare molto attenti a non accogliere tutto quello che ascoltate su Gesù e il Vangelo, bisogna riflettere sulle questioni più delicate e fare le ricerche, si devono leggere i capitoli del Catechismo o si chiede consiglio a chi vive fedelmente il Vangelo.
Quando si abbandona la Parola di Dio cercando di annacquarla o attenuarla, non è più l'insegnamento di Gesù ma altro, e non si riceve alcuna Grazia seguendo ciò che non è di Dio. Spesso ci sono queste cause a indebolire la Fede o a spegnerla. Il cristiano irrequieto deve chiedersi se può diventare migliore modificando la Parola di Dio con quella umana.
Gesù oggi ci parla del fico, prendeva spesso di mira quest'albero fino a farlo seccare perché non produceva frutti e questo fatto sconvolse gli apostoli. Oggi parla del fico ma anche di tutti gli alberi per indicarci che dai segni si conosce quello che sta arrivando, così dai germogli presenti nel fico si comprende l'arrivo dell'estate, il cambiamento di stagione e di clima.
Quando accadranno quelle cose che ci ha indicato nei giorni scorsi, si dovrà comprendere l'intervento potentissimo di Dio nel mondo.
Domani inizia la Novena dell'Immacolata e la vivremo con grande partecipazione, pregate già adesso la Madonna con parole spontanee.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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3277 - Messaggio di Medjugorje del 25/11/2014

Cari figli! 
Oggi in modo particolare vi invito alla preghiera. 
Pregate, figlioli, per comprendere chi siete e dove dovete andare. 
Siate portatori della Buona Novella e uomini di speranza. 
Siate amore per tutti coloro che sono senza amore. 
Figlioli, sarete tutto e realizzerete tutto soltanto se pregate e se siete aperti alla volontà di Dio, Dio che desidera guidarvi verso la vita eterna. 
Io sono con voi e di giorno in giorno intercedo per voi davanti a mio Figlio Gesù. 
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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lunedì 3 novembre 2014

3276 - Messaggio di Medjugorje a Mirjana del 2/11/2014

Cari figli, 
sono con voi con la benedizione di mio Figlio. 
Sono con voi che mi amate e che cercate di seguirmi. 
Io desidero essere madre anche di tutti voi che non mi accettate. 
Apro il mio cuore pieno di amore a tutti voi e vi benedico con le mie mani materne. 
Sono una madre che vi comprende: ho vissuto la vostra vita e provato le vostre sofferenze e gioie. 
Voi che vivete il dolore, capite il mio dolore e la mia sofferenza per quei miei figli che non permettono che la luce di mio Figlio li illumini, per quei miei figli che vivono nelle tenebre. 
Per questo ho bisogno di voi, voi che siete stati illuminati dalla luce e che avete compreso la verità. 
Vi invito ad adorare mio Figlio, affinché la vostra anima possa crescere e giungere alla vera spiritualità. 
Apostoli miei, solo allora potrete aiutarmi. 
Aiutare me significa pregare per coloro che non hanno conosciuto l’amore di mio Figlio. 
Pregando per loro, voi mostrate a mio Figlio che lo amate e che lo seguite. 
Mio Figlio mi ha promesso che il male non vincerà mai perché qui ci siete voi, le anime dei giusti: voi che cercate di dire le vostre preghiere con il cuore, voi che offrite a mio Figlio i vostri dolori e le vostre sofferenze, voi che comprendete che la vostra vita è solo un battito di ciglia, voi che anelate il regno celeste. 
Tutto ciò vi rende miei apostoli e vi conduce al trionfo del mio cuore. 
Perciò figli miei, purificate i vostri cuori e adorate mio Figlio. 
Vi ringrazio.
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3275 - Commento al Vangelo del 2/11/2014

+ Dal Vangelo secondo Matteo (25,31-46)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’Uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità Io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità Io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
"Venite benedetti del Padre mio". Queste parole di valore inestimabile Gesù le ripeterà a quanti osservano oggi il suo Vangelo storico, i Comandamenti e praticano gli insegnamenti che abbiamo letto sopra.
Ci sarà un Giudizio per tutti e sarà inevitabile, ognuno ascolterà una delle due affermazioni: "Venite, benedetti del Padre mio" oppure "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno"Ognuno di noi in questa vita, anche in questi giorni e ogni giorno, con le sue opere sceglie quale risposta ricevere da Gesù nel Giudizio.
La commemorazione di oggi riguarda le Anime che si trovano in Purgatorio e si purificano dalle conseguenze dei peccati e che sono le pene da scontare. Ogni peccato causa davanti a Dio la colpa e la pena, la colpa viene cancellata nella Confessione o da preghiere di pentimento per chi si trova in punto di morte e non riesce a confessarsi.
L'anima imbruttita dalle mancanze e dai peccati veniali non riparati in vita, non può entrare nella Casa di Dio, per entrare nella beatitudine eterna è necessario essere purificati da ogni colpa. Il Cielo non ha porte, scrive Santa Caterina da Genova, e tutti coloro che desiderano entrare possono farlo, perché Dio è ricco di misericordia e li attende a braccia aperte per accogliere nella sua gloria.
L'essere di Dio, però, è così puro che se un'anima avverte in sé la più piccola traccia di imperfezione e, al tempo stesso, si rende conto che nel Purgatorio la macchia viene cancellata, vi entra e considera una grande Grazia che in tal modo le venga permesso di purificarsi.
Le pene si riparano in vita con la pratica delle virtù, le penitenze e l'accettazione di qualsiasi sofferenza con spirito, appunto, di riparazione. Tutto può concorrere alla riparazione se si comincia a vivere con lo spirito del Vangelo, si mette al centro la Parola di Dio per osservarla in qualsiasi circostanza.
Ogni peccato per essere cancellato ha bisogno della sua riparazione, questo aspetto oggi è attaccato con ferocia maliziosa da molti teologi e non solo, perché indica un'attività penitenziale da compiere e i modernisti rifiutano questa idea, per avere abbracciato come dottrina il protestantesimo, calpestando la sana dottrina cattolica.
Si può sentire anche in Chiesa che non necessitano le penitenze o non c'è bisogno di riparare, in realtà si ignora la riparazione.
Anche tra gli uomini è richiesta la parola di scusa o di perdono quando si sbaglia e si offende un altro, anche un familiare. Figuriamoci se non è doveroso rivolgere a Dio parole di pentimento accompagnate dalle opere penitenziali di riparazione. Se un vostro familiare sbaglia, potrà dimostrare il ravvedimento non solo con le scuse ma anche con la pratica delle virtù opposte e questa è la riparazione.
Oggi ricordiamo quelle Anime che sono Sante perché in Purgatorio ma non hanno ancora raggiunto la vera felicità del Paradiso, perché hanno ancora scorie dei peccati commessi. Queste Anime possono pregare e pregano soprattutto per i familiari, per se stesse non possono pregare e rimarranno in Purgatorio fino al termine della riparazione delle pene scaturite dai peccati commessi.
Ognuno di noi può aiutare i propri defunti con le Sante Messe, le preghiere, le penitenze, i digiuni, ecc., offerte per loro.
 L'elemosina è un buon mezzo per aiutarle, ma deve essere fatta con amore, bisogna avvertire interiormente l'amore per chi viene donata.
I suffragi oggi sono dimenticati da moltissimi cattolici, anche se ricordano con amore i loro defunti non si preoccupano di aiutarli con i migliori mezzi che ho esposto sopra. Si ricordano i familiari e i parenti (non sempre), ma non si compie nulla per liberarle dal fuoco passeggero e doloroso del Purgatorio, un fuoco che deve necessariamente purificare le pene da espiare.
Quanti soldi sprecati inutilmente e non si compie nulla per fare celebrare le Sante Messe per i familiari defunti!
Andate nelle vostre parrocchie o dove conoscete Sacerdoti disponibili ed aiutate i vostri cari che forse necessitano delle Messe per lasciare il Purgatorio e godere la piena ed infinita gloria in Paradiso davanti a Dio.
Questo link del nostro sito tratta delle Sante Messe 
Nel mese di novembre la Chiesa ci invita con più insistenza a pregare e a offrire suffragi per i fedeli defunti del Purgatorio. A questi nostri fratelli dobbiamo un aiuto speciale, si trovano nell'impossibilità di aiutarsi da soli e noi non possiamo dimenticarli. Essi sono stati partecipi della fragilità propria di ogni essere umano, ed è un dovere nostro offrire soprattutto e giornalmente l'aiuto affettuoso della preghiera.
Per tutti i defunti del Purgatorio si può recitare ogni giorno 100 volte la preghiera molto efficace: "L'eterno riposo, dona loro, o Signore, e splenda ad essi la Luce perpetua. Riposino in pace. Amen". In circa 5 minuti si dona un grande aiuto alle Anime che attendono con ansia queste preghiere.
Questa è la versione in latino: "Rèquiem aetèrnam, dona eis, Domine, et lux perpètua lùceat eis. Requiéscant in pace. Amen".
Per tutto il mese di novembre impegniamoci in questa recita, vi assicuro della sua efficacia e si liberano moltissime Anime del Purgatorio, le quali saranno sempre debitrici verso chi ha pregato e rivolgeranno continue preghiere davanti a Gesù e alla Madonna.
Avere come protettrici le Anime del Purgatorio è una immensa ricchezza spirituale che si riversa sull'intera persona.
  
Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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3274 - Udienza di Papa Francesco del 29/10/2014

La Chiesa realtà visibile e spirituale
Cari fratelli e sorelle, buongiorno
nelle catechesi precedenti abbiamo avuto modo di evidenziare come la Chiesa abbia una natura spirituale: è il corpo di Cristo, edificato nello Spirito Santo. Quando ci riferiamo alla Chiesa, però, immediatamente il pensiero va alle nostre comunità, alle nostre parrocchie, alle nostre diocesi, alle strutture nelle quali siamo soliti riunirci e, ovviamente, anche alla componente e alle figure più istituzionali che la reggono, che la governano. È questa la realtà visibile della Chiesa. Dobbiamo chiederci, allora: si tratta di due cose diverse o dell’unica Chiesa? E, se è sempre l’unica Chiesa, come possiamo intendere il rapporto tra la sua realtà visibile e quella spirituale?
1. Innanzitutto, quando parliamo della realtà visibile della Chiesa, non dobbiamo pensare solamente al Papa, ai Vescovi, ai preti, alle suore e a tutte le persone consacrate. La realtà visibile della Chiesa è costituita dai tanti fratelli e sorelle battezzati che nel mondo credono, sperano e amano. Ma tante volte sentiamo dire: “Ma, la Chiesa non fa questo, la Chiesa non fa qualcos’altro…” – “Ma, dimmi, chi è la Chiesa?” – “Sono i preti, i vescovi, il Papa…” – La Chiesa siamo tutti, noi! Tutti i battezzati siamo la Chiesa, la Chiesa di Gesù. Da tutti coloro che seguono il Signore Gesù e che, nel suo nome, si fanno vicini agli ultimi e ai sofferenti, cercando di offrire un po’ di sollievo, di conforto e di pace. Tutti coloro che fanno ciò che il Signore ci ha comandato sono la Chiesa. Comprendiamo, allora, che anche la realtà visibile della Chiesa non è misurabile, non è conoscibile in tutta la sua pienezza: come si fa a conoscere tutto il bene che viene fatto? Tante opere di amore, tante fedeltà nelle famiglie, tanto lavoro per educare i figli, per trasmettere la fede, tanta sofferenza nei malati che offrono le loro sofferenze al Signore… Ma questo non si può misurare ed è tanto grande! Come si fa a conoscere tutte le meraviglie che, attraverso di noi, Cristo riesce ad operare nel cuore e nella vita di ogni persona? Vedete: anche la realtà visibile della Chiesa va oltre il nostro controllo, va oltre le nostre forze, ed è una realtà misteriosa, perché viene da Dio.  
2. Per comprendere il rapporto, nella Chiesa, il rapporto tra la sua realtà visibile e quella spirituale, non c’è altra via che guardare a Cristo, del quale la Chiesa costituisce il corpo e dal quale essa viene generata, in un atto di infinito amore. Anche in Cristo infatti, in forza del mistero dell’Incarnazione, riconosciamo una natura umana e una natura divina, unite nella stessa persona in modo mirabile e indissolubile. Ciò vale in modo analogo anche per la Chiesa. E come in Cristo la natura umana asseconda pienamente quella divina e si pone al suo servizio, in funzione del compimento della salvezza, così avviene, nella Chiesa, per la sua realtà visibile, nei confronti di quella spirituale. Anche la Chiesa, quindi, è un mistero, nel quale ciò che non si vede è più importante di ciò che si vede, e può essere riconosciuto solo con gli occhi della fede (cfr Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 8).
3. Nel caso della Chiesa, però, dobbiamo chiederci: come la realtà visibile può porsi a servizio di quella spirituale? Ancora una volta, possiamo comprenderlo guardando a Cristo. Cristo è il modello della Chiesa, perché la Chiesa è il suo corpo. E’ il modello di tutti i cristiani, di tutti noi. Quando si guarda Cristo non si sbaglia. Nel Vangelo di Luca si racconta come Gesù, tornato a Nazaret , dove era cresciuto, entrò nella sinagoga e lesse, riferendolo a se stesso, il passo del profeta Isaia dove sta scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (4,18-19). Ecco: come Cristo si è servito della sua umanità - perché era anche uomo - per annunciare e realizzare il disegno divino di redenzione e di salvezza - perché era Dio -, così deve essere anche per la Chiesa. Attraverso la sua realtà visibile, di tutto quello che si vede, i sacramenti e la testimonianza di tutti noi cristiani,  la Chiesa è chiamata ogni giorno a farsi vicina ad ogni uomo, a cominciare da chi è povero, da chi soffre e da chi è emarginato, in modo da continuare a far sentire su tutti lo sguardo compassionevole e misericordioso di Gesù.
Cari fratelli e sorelle, spesso come Chiesa facciamo esperienza della nostra fragilità e dei nostri limiti. Tutti ne abbiamo. Tutti siamo peccatori. Nessuno di tutti noi può dire: “Io non sono peccatore”. Ma se qualcuno di noi si sente che non è peccatore, alzi la mano. Tutti lo siamo. E questa fragilità, questi limiti, questi nostri peccati, è giusto che procurino in noi un profondo dispiacere, soprattutto quando diamo cattivo esempio e ci accorgiamo di diventare motivo di scandalo. Quante volte abbiamo sentito, nel quartiere: “Ma, quella persona di là, va sempre in Chiesa ma sparla di tutti…”. Questo non è cristiano, è un cattivo esempio: è un peccato. E così noi diamo un cattivo esempio: “E, insomma, se questo o questa è cristiano, io mi faccio ateo”.  La nostra testimonianza è quella di far capire cosa significa essere cristiano. Chiediamo di non essere motivo di scandalo. Chiediamo il dono della fede, perché possiamo comprendere come, nonostante la nostra pochezza e la nostra povertà, il Signore ci ha reso davvero strumento di grazia e segno visibile del suo amore per tutta l’umanità. Possiamo diventare motivo di scandalo, sì. Ma possiamo anche diventare motivo di testimonianza, dicendo con la nostra vita quello che Gesù vuole da noi.
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3273 - Udienza di Papa Francesco del 22/10/2014

Chiesa, corpo di Cristo
Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Quando si vuole evidenziare come gli elementi che compongono una realtà siano strettamente uniti l’uno all’altro e formino insieme una cosa sola, si usa spesso l’immagine del corpo. A partire dall’apostolo Paolo, questa espressione è stata applicata alla Chiesa ed è stata riconosciuta come il suo tratto distintivo più profondo e più bello. Oggi, allora, vogliamo chiederci: in che senso la Chiesa forma un corpo? E perché viene definita «corpo di Cristo»?
Nel Libro di Ezechiele viene descritta una visione un po’ particolare, impressionante, ma capace di infondere fiducia e speranza nei nostri cuori. Dio mostra al profeta una distesa di ossa, distaccate l’una dall’altra e inaridite. Uno scenario desolante… Immaginatevi tutta una pianura piena di ossa. Dio gli chiede, allora, di invocare su di loro lo Spirito. A quel punto, le ossa si muovono, cominciano ad avvicinarsi e ad unirsi, su di loro crescono prima i nervi e poi la carne e si forma così un corpo, completo e pieno di vita (cfr Ez37,1-14). Ecco, questa è la Chiesa! Mi raccomando oggi a casa prendete la Bibbia, al capitolo 37 del profeta Ezechiele, non dimenticate, e leggere questo, è bellissimo. Questa è la Chiesa, è un capolavoro, il capolavoro dello Spirito, il quale infonde in ciascuno la vita nuova del Risorto e ci pone l’uno accanto all’altro, l’uno a servizio e a sostegno dell’altro, facendo così di tutti noi un corpo solo, edificato nella comunione e nell’amore.
La Chiesa, però, non è solamente un corpo edificato nello Spirito: la Chiesa è il corpo di Cristo! E non si tratta semplicemente di un modo di dire: ma lo siamo davvero! È il grande dono che riceviamo il giorno del nostro Battesimo! Nel sacramento del Battesimo, infatti, Cristo ci fa suoi, accogliendoci nel cuore del mistero della croce, il mistero supremo del suo amore per noi, per farci poi risorgere con lui, come nuove creature. Ecco: così nasce la Chiesa, e così la Chiesa si riconosce corpo di Cristo! Il Battesimo costituisce una vera rinascita, che ci rigenera in Cristo, ci rende parte di lui, e ci unisce intimamente tra di noi, come membra dello stesso corpo, di cui lui è il capo (cfr Rm 12,5; 1 Cor 12,12-13).
Quella che ne scaturisce, allora, è una profonda comunione d’amore. In questo senso, è illuminante come Paolo, esortando i mariti ad «amare le mogli come il proprio corpo», affermi: «Come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo» (Ef5,28-30). Che bello se ci ricordassimo più spesso di quello che siamo, di che cosa ha fatto di noi il Signore Gesù: siamo il suo corpo, quel corpo che niente e nessuno può più strappare da lui e che egli ricopre di tutta la sua passione e di tutto il suo amore, proprio come uno sposo con la sua sposa. Questo pensiero, però, deve fare sorgere in noi il desiderio di corrispondere al Signore Gesù e di condividere il suo amore tra di noi, come membra vive del suo stesso corpo. Al tempo di Paolo, la comunità di Corinto trovava molte difficoltà in tal senso, vivendo, come spesso anche noi, l’esperienza delle divisioni, delle invidie, delle incomprensioni e dell’emarginazione. Tutte queste cose non vanno bene, perché, invece che edificare e far crescere la Chiesa come corpo di Cristo, la frantumano in tante parti, la smembrano. E questo succede anche ai nostri giorni. Pensiamo nelle comunità cristiane, in alcune parrocchie, pensiamo nei nostri quartieri quante divisioni, quante invidie, come si sparla, quanta incomprensione ed emarginazione. E questo cosa comporta? Ci smembra fra di noi. E’ l’inizio della guerra. La guerra non incomincia nel campo di battaglia: la guerra, le guerre incominciano nel cuore, con incomprensioni, divisioni, invidie, con questa lotta con gli altri. La comunità di Corinto era così, erano campioni in questo! L’Apostolo Paolo ha dato ai Corinti alcuni consigli concreti che valgono anche per noi: non essere gelosi, ma apprezzare nelle nostre comunità i doni e le qualità dei nostri fratelli. Le gelosie: “Quello ha comprato una macchina”, e io sento qui una gelosia; “Questo ha vinto il lotto”, e un’altra gelosia; “E quest’altro sta andando bene bene in questo”, e un’altra gelosia. Tutto ciò smembra, fa male, non si deve fare! Perché così le gelosie crescono e riempiono il cuore. E un cuore geloso è un cuore acido, un cuore che invece del sangue sembra avere l’aceto; è un cuore che non è mai felice, è un cuore che smembra la comunità. Ma cosa devo fare allora? Apprezzare nelle nostre comunità i doni e le qualità degli altri, dei nostri fratelli. E quando mi viene la gelosia - perché viene a tutti, tutti siamo peccatori -, devo dire al Signore: “Grazie, Signore, perché hai dato questo a quella persona”. Apprezzare le qualità, farsi vicini e partecipare alla sofferenza degli ultimi e dei più bisognosi; esprimere la propria gratitudine a tutti. Il cuore che sa dire grazie è un cuore buono, è un cuore nobile, è un cuore che è contento. Vi domando: tutti noi sappiamo dire grazie, sempre? Non sempre perché l’invidia, la gelosia ci frena un po’. E, in ultimo, il consiglio che l’apostolo Paolo dà ai Corinzi e anche noi dobbiamo darci l’un l’altro: non reputare nessuno superiore agli altri. Quanta gente si sente superiore agli altri! Anche noi, tante volte diciamo come quel fariseo della parabola: “Ti ringrazio Signore perché non sono come quello, sono superiore”. Ma questo è brutto, non bisogna mai farlo! E quando stai per farlo, ricordati dei tuoi peccati, di quelli che nessuno conosce, vergognati davanti a Dio e dì: “Ma tu Signore, tu sai chi è superiore, io chiudo la bocca”. E questo fa bene. E sempre nella carità considerarsi membra gli uni degli altri, che vivono e si donano a beneficio di tutti (cfr 1Cor 12–14).
Cari fratelli e sorelle, come il profeta Ezechiele e come l’apostolo Paolo, invochiamo anche noi lo Spirito Santo, perché la sua grazia e l’abbondanza dei suoi doni ci aiutino a vivere davvero come corpo di Cristo, uniti, come famiglia, ma una famiglia che è il corpo di Cristo, e come segno visibile e bello dell’amore di Cristo.
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Medaglia di San Benedetto