Il Signore ti benedica,ti custodisca e ti mostri il Suo volto misericordioso!

Quando pensi di aver toccato il fondo e che nessuno ti voglia o ti ami più, Dio si fa uomo per incontrarti, Gesù ti viene accanto

CIAO A TE !!

Nulla è più urgente nel mondo d'oggi di proclamare Cristo alle genti. Chiunque tu sia, puoi, se vuoi, lasciare un tuo contributo, piccolo o grande che sia, per dire, comunicare, annunciare la persona di Gesù Cristo, unico nostro salvatore. Uno speciale benvenuto a LADYBUG che si è aggiunta di recente ai sostenitori ! *************************************************** Questo blog è sotto la protezione di N.S. Gesù Cristo e della SS Vergine Maria, Sua Madre ed ha come unica ragione di esistere di fornire un contributo, sia pure piccolo ed umile, alla crescita della loro Gloria. ***************************************************



Con Cristo non ci sono problemi, senza Cristo non ci sono soluzioni.

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mercoledì 31 ottobre 2012

1917 - Non commettere adulterio

1Corinzi 7,10-11
Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito - e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito - e il marito non ripudi la moglie.

1Corinzi 7,39
La moglie e' vincolata per tutto il tempo in cui vive il marito; ma se il marito muore e' libera di sposare chi vuole, purché cio' avvenga nel Signore.

Marco 10,11-12
«Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio».

Matteo 5,28
ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha gia' commesso adulterio con lei nel suo cuore.

1Corinzi 7,3
Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito.

Efesini 5,33
Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.

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1916 - Perdona!

1ª Giovanni 4, 20-21. 
"Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello."

Matteo 6, 14-15. 

"Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.."

Siracide 28, 6. 

"Ricòrdati della tua fine e smetti di odiare, ricòrdati della corruzione e della morte e resta fedele ai comandamenti."

Colossesi 3, 13. 

"perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi."
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1915 - Rinnoviamo la nostra fede

Lc 5,4-11 
"Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore». Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». Tirate le barche a terra, la sciarono tutto e lo seguirono.."

Eb 12,1-4 

"Anche noi dunque, circondati da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d'animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato."
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1914 - Commento al Vangelo del 31/10/2012


+ Dal Vangelo secondo Luca (13,22-30)
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel Regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
La domanda posta da un tale è inquietante: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Una domanda legittima e che vuole sondare l’imponderabile per noi umani, però suscita una riflessione che fa bene a tutti noi. Ci fa meditare sulla salvezza eterna e non è cosa di poco conto, considerando che oggi forse l’1% dei cristiani si ferma a pensare che dopo ci sarà un’altra vita, la vera vita e che per entrare in Paradiso occorrerà avere l’abito bianco della Grazia.
Questa domanda è assolutamente assente nella quasi totalità degli esseri umani, sia per il loro ateismo o per l’apostasia e la conseguente indifferenza verso l’aldilà, sia per la schiavitù a cui è sottoposta l’umanità. Ogni persona è schiava di un idolo, di qualcosa che la distoglie dall’interesse verso la vita spirituale e la rende amorfa.
Tra i molti idoli che trionfano nel mondo, il primo è sicuramente la televisione, mezzo di grande utilità se utilizzato bene, invece la debolezza rende miliardi di persone dipendenti dalle immagini e non riescono a staccarsi dall’adorare questo strumento. Guardare i telegiornali, trasmissioni di informazione ed educative o film già definiti buoni per la famiglia, non è peccato, il dramma spaventoso arriva da quanti rimangono molte ore nella giornata a guardare immagini, alle volte non importa neanche cosa si guarda ma non possono fare a meno di tenere la televisione accesa e a volume alto per sentirla in ogni stanza.
Provate a spegnere la televisione quando non c’è il telegiornale o qualcosa di veramente interessante, scoprirete la bellezza della mente che riposa e riflette, vi sentirete più vicini a Gesù e alla Madonna, sarà più facile pregare e controllare la vostra volontà. Restare molte ore al giorno passivi davanti la tv significa assorbire tutta la catechesi diabolica che arriva da un mondo pervertito e con un solido progetto da realizzare: portare l’umanità a perdere il senso del peccato, distruggere l’idea dell’esistenza di Dio e il senso del peccato.
Questo è uno dei capisaldi degli Illuminati, i servi di satana, sono le tredici famiglie più influenti del mondo e compongono il Governo Mondiale in via di realizzazione. Il progetto di cospirazione degli Illuminati è generato dalle forze del male. Gli Illuminati si definiscono i pastori e gli iniziati della luce che serve Lucifero.
«Infatti, essi hanno accettato il piano luciferino descritto del termine greco Luciferos che significa “portatore di luce”. Organizzati in dinastie, gli Illuminati sono convinti che un giorno il loro “signore” trionferà. I membri di questo Ordine tentano di condurre l'umanità verso un Nuovo Ordine Mondiale e preparano l'avvento dell'Anticristo. I loro rituali satanici si ispirano alla Bibbia (in particolare al Libro dell'Apocalisse), alla stregoneria proveniente (dicono loro) dalle antiche tradizioni babilonesi, sumeriche (Confraternita del Serpente), egizie e druidiche, e consistono in incantesimi, in mantra, in sacrifici di animali e di uomini, in pratiche perverse di  magia sessuale, tra cui il tantrismo.
Per entrare a far parte della gerarchia satanica, bisogna occupare una posizione sociale di dominio pubblico che servirà come pegno di silenzio.
Gli adepti passano per un rituale di morte: adagiati in una bara, essi abbandonano le loro vecchie credenze mediante la rinuncia eterna alla Fede in Gesù Cristo e nella Santissima Trinità. Il Cristianesimo è l'unico bersaglio delle loro bestemmie».
Per realizzare questo progetto, gli americani producono film, telenovele e spettacoli, inserendo continue scene di sesso e di adulteri, violenze e sangue, sparatorie e magia, un linguaggio volgare ed ingannevole, un’attrazione che non stacca i telespettatori dalle sedie o poltrone…
Così la televisione da mezzo buono è diventato mezzo di corruzione. Ma siete voi a tenere il telecomando in mano, siete voi a decidere quando accenderla e di seguire trasmissioni buone o indecenti. Rimanendo per lunghe ore davanti questo tabernacolo satanico, si perde gradualmente la gioia della preghiera, il desiderio di entrare in dialogo con Gesù e la Madonna, la forza della volontà perché assorbita completamente dagli idoli televisivi.
Solo chi è forte spiritualmente decide quando guardare la tv e cosa guardare, pronto a spegnerla quando corrompe e rovina l’anima.
La domanda rivolta a Gesù và considerata bene: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Quindi, sono molti quelli che si dannano!
Da un po’ di tempo si parla della festa di Halloween, oramai è diventata un fatto di cultura, è una forma di colonizzazione economica del nostro paese. È un espediente commerciale, è voglia di divertirsi, è la notte dove tutto è permesso, è un modo per sfogare le proprie perversioni! Con queste espressioni o con chissà quali altre e con questo augurio ci si accinge ad addobbare negozi, organizzare feste, o improvvisare qualche mascherata a scuola, o in ufficio.
«Come accade per la magia e tutto quanto gli ruota intorno tra cui anche la new age (pranoterapia, fiori di bach, piramidi, profumoterapia, musicoterapia, corsi reiky, ecc): la maggior parte delle persone anche cattoliche, non sanno che si violano le regole fondamentali del rapporto con Dio: il primo Comandamento: “Non avrai altro Dio all’infuori di me”.
Halloween è la forma contratta dell’espressione inglese “All Hallows’Eve day” che letteralmente significa vigilia d’ognissanti. Halloween, nonostante non lo si dica come invece si dovrebbe, è una ricorrenza magica (di fatto, la magia è esercitare potere, in modo occulto, nei confronti di qualcuno). Il mondo dell’occulto così lo definisce: “È il giorno più magico dell’anno, è il capodanno di tutto il mondo esoterico”, “è la festa più importante dell’anno per i seguaci di satana”».
Il fenomeno Halloween, nella tradizione, nei costumi e nel commercio, è un insieme di rituali e una pratica di stregoneria anche per chi lo faccia inconsapevolmente. La storia rivela come dietro il fenomeno Halloween ci sono stati rituali e sacrifici satanici. Ai nostri giorni sappiamo che i satanici praticano dei sacrifici umani durante la notte di Halloween. Ma moltissimi genitori cristiani non conoscono la verità su questa festa satanica, così quasi tutti gli insegnanti sono ubriacati ed eccitati da questa festa, i giovani e i meno giovani si gettano fra le braccia di satana e compiono rituali di massa che vengono proposti in questa notte. Alcuni balli di gruppo sono rituali di iniziazione satanica.
In sostanza nella notte di Halloween, chi partecipa ai vari “festeggiamenti” che in un modo o in un altro, più o meno inconsapevolmente, sono veri e propri riti satanici che mettono in contatto con i demoni e liberarsi da questo legame infernale sarà molto difficile. In questa notte si divertono ed assorbono le negatività di satana, poi durante l’anno piangeranno per varie sofferenze o per malattie inspiegabili.
Gesù oggi ci invita ad “entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”.
Soprattutto gli uomini di Chiesa devono cercare questa porta ed eliminare tutto ciò che impedisce la piccolezza di spirito per entrarvi senza difficoltà. Purtroppo, oggi molti stanno compiendo un cammino opposto che li allontana da Gesù, dalla salvezza eterna e da questa porta oramai troppo stretta per loro. Oltre questo grande guaio, c’è un altro aspetto davvero inquietante: essi sono convinti di fare tutto bene perché non hanno più il senso del peccato, la misura del lecito e dell’illecito. L’iniquità è il loro spirito, ma tutto sarà svelato in questa vita.
Dopo questa vita trascorsa nell’ipocrisia e nell’arroganza, «voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti».
Parole che farebbero tremare forse i diavoli, ma non loro: “Non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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1913 - Udienza di Benedetto XVI del 31/10/2012


L'Anno della fede. La fede della Chiesa

Cari fratelli e sorelle,

continuiamo nel nostro cammino di meditazione sulla fede cattolica
La settimana scorsa ho mostrato come la fede sia un dono, perché è Dio che prende l’iniziativa e ci viene incontro; e così la fede è una risposta con la quale noi Lo accogliamo come fondamento stabile della nostra vita. E’ un dono che trasforma l’esistenza, perché ci fa entrare nella stessa visione di Gesù, il quale opera in noi e ci apre all’amore verso Dio e verso gli altri.
Oggi vorrei fare un altro passo nella nostra riflessione, partendo ancora una volta da alcune domande: la fede ha un carattere solo personale, individuale? Interessa solo la mia persona? Vivo la mia fede da solo? 
Certo, l’atto di fede è un atto eminentemente personale, che avviene nell’intimo più profondo e che segna un cambiamento di direzione, una conversione personale: è la mia esistenza che riceve una svolta, un orientamento nuovo. 
Nella Liturgia del Battesimo, al momento delle promesse, il celebrante chiede di manifestare la fede cattolica e formula tre domande: Credete in Dio Padre onnipotente? Credete in Gesù Cristo suo unico Figlio? Credete nello Spirito Santo? Anticamente queste domande erano rivolte personalmente a colui che doveva ricevere il Battesimo, prima che si immergesse per tre volte nell’acqua. E anche oggi la risposta è al singolare: «Credo». Ma questo mio credere non è il risultato di una mia riflessione solitaria, non è il prodotto di un mio pensiero, ma è frutto di una relazione, di un dialogo, in cui c’è un ascoltare, un ricevere e un rispondere; è il comunicare con Gesù che mi fa uscire dal mio «io» racchiuso in me stesso per aprirmi all’amore di Dio Padre. 
E’ come una rinascita in cui mi scopro unito non solo a Gesù, ma anche a tutti quelli che hanno camminato e camminano sulla stessa via; e questa nuova nascita, che inizia con il Battesimo, continua per tutto il percorso dell’esistenza. Non posso costruire la mia fede personale in un dialogo privato con Gesù, perché la fede mi viene donata da Dio attraverso una comunità credente che è la Chiesa e mi inserisce così nella moltitudine dei credenti in una comunione che non è solo sociologica, ma radicata nell’eterno amore di Dio, che in Se stesso è comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, è Amore trinitario. 
La nostra fede è veramente personale, solo se è anche comunitaria: può essere la mia fede, solo se vive e si muove nel «noi» della Chiesa, solo se è la nostra fede, la comune fede dell’unica Chiesa.
Alla domenica, nella Santa Messa, recitando il «Credo», noi ci esprimiamo in prima persona, ma confessiamo comunitariamente l’unica fede della Chiesa. Quel «credo» pronunciato singolarmente si unisce a quello di un immenso coro nel tempo e nello spazio, in cui ciascuno contribuisce, per così dire, ad una concorde polifonia nella fede. Il Catechismo della Chiesa Cattolica riassume in modo chiaro così: «"Credere" è un atto ecclesiale. 
La fede della Chiesa precede, genera, sostiene e nutre la nostra fede. La Chiesa è la Madre di tutti i credenti. "Nessuno può dire di avere Dio per Padre, se non ha la Chiesa come Madre" [san Cipriano]» (n. 181). Quindi la fede nasce nella Chiesa, conduce ad essa e vive in essa. Questo è importante ricordarlo.
Agli inizi dell’avventura cristiana, quando lo Spirito Santo scende con potenza sui discepoli, nel giorno di Pentecoste - come narrano gli Atti degli Apostoli (cfr 2,1-13) - la Chiesa nascente riceve la forza per attuare la missione affidatale dal Signore risorto: diffondere in ogni angolo della terra il Vangelo, la buona notizia del Regno di Dio, e guidare così ogni uomo all’incontro con Lui, alla fede che salva. Gli Apostoli superano ogni paura nel proclamare ciò che avevano udito, visto, sperimentato di persona con Gesù. Per la potenza dello Spirito Santo, iniziano a parlare lingue nuove, annunciando apertamente il mistero di cui erano stati testimoni. Negli Atti degli Apostoli ci viene riferito poi il grande discorso che Pietro pronuncia proprio nel giorno di Pentecoste. Egli parte da un passo del profeta Gioele (3,1-5), riferendolo a Gesù, e proclamando il nucleo centrale della fede cristiana: Colui che aveva beneficato tutti, che era stato accreditato presso Dio con prodigi e segni grandi, è stato inchiodato sulla croce ed ucciso, ma Dio lo ha risuscitato dai morti, costituendolo Signore e Cristo. Con Lui siamo entrati nella salvezza definitiva annunciata dai profeti e chi invocherà il suo nome sarà salvato (cfr At 2,17-24). Ascoltando queste parole di Pietro, molti si sentono personalmente interpellati, si pentono dei propri peccati e si fanno battezzare ricevendo il dono dello Spirito Santo (cfr At 2, 37-41). 
Così inizia il cammino della Chiesa, comunità che porta questo annuncio nel tempo e nello spazio, comunità che è il Popolo di Dio fondato sulla nuova alleanza grazie al sangue di Cristo e i cui membri non appartengono ad un particolare gruppo sociale o etnico, ma sono uomini e donne provenienti da ogni nazione e cultura. E’ un popolo «cattolico», che parla lingue nuove, universalmente aperto ad accogliere tutti, oltre ogni confine, abbattendo tutte le barriere. Dice san Paolo: «Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti" (Col 3,11).
La Chiesa, dunque, fin dagli inizi è il luogo della fede, il luogo della trasmissione della fede, il luogo in cui, per il Battesimo, si è immersi nel Mistero Pasquale della Morte e Risurrezione di Cristo, che ci libera dalla prigionia del peccato, ci dona la libertà di figli e ci introduce nella comunione col Dio Trinitario. Al tempo stesso, siamo immersi nella comunione con gli altri fratelli e sorelle di fede, con l’intero Corpo di Cristo, tirati fuori dal nostro isolamento. Il Concilio Ecumenico Vaticano II lo ricorda: «Dio volle salvare e santificare gli uomini non individualmente e senza alcun legame fra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che Lo riconoscesse nella verità e fedelmente Lo servisse» (Cost. dogm. Lumen gentium, 9). 
Richiamando ancora la liturgia del Battesimo, notiamo che, a conclusione delle promesse in cui esprimiamo la rinuncia al male e ripetiamo «credo» alle verità della fede, il celebrante dichiara: «Questa è la nostra fede, questa è la fede della Chiesa e noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù nostro Signore». La fede è virtù teologale, donata da Dio, ma trasmessa dalla Chiesa lungo la storia. Lo stesso san Paolo, scrivendo ai Corinzi, afferma di aver comunicato loro il Vangelo che a sua volta anche lui aveva ricevuto (cfr 1 Cor 15,3).
Vi è un’ininterrotta catena di vita della Chiesa, di annuncio della Parola di Dio, di celebrazione dei Sacramenti, che giunge fino a noi e che chiamiamo Tradizione. Essa ci dà la garanzia che ciò in cui crediamo è il messaggio originario di Cristo, predicato dagli Apostoli. Il nucleo dell’annuncio primordiale è l’evento della Morte e Risurrezione del Signore, da cui scaturisce tutto il patrimonio della fede. 
Dice il Concilio: «La predicazione apostolica, che è espressa in modo speciale nei libri ispirati, doveva essere consegnata con successione continua fino alla fine dei tempi» Cost. dogm. Dei Verbum, 8). In tal modo, se la Sacra Scrittura contiene la Parola di Dio, la Tradizione della Chiesa la conserva e la trasmette fedelmente, perché gli uomini di ogni epoca possano accedere alle sue immense risorse e arricchirsi dei suoi tesori di grazia. Così la Chiesa «nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede» (ibidem).
Vorrei, infine, sottolineare che è nella comunità ecclesiale che la fede personale cresce e matura. E’ interessante osservare come nel Nuovo Testamento la parola «santi» designa i cristiani nel loro insieme, e certamente non tutti avevano le qualità per essere dichiarati santi dalla Chiesa. Che cosa si voleva indicare, allora, con questo termine? Il fatto che coloro che avevano e vivevano la fede in Cristo risorto erano chiamati a diventare un punto di riferimento per tutti gli altri, mettendoli così in contatto con la Persona e con il Messaggio di Gesù, che rivela il volto del Dio vivente. E questo vale anche per noi: un cristiano che si lascia guidare e plasmare man mano dalla fede della Chiesa, nonostante le sue debolezze, i suoi limiti e le sue difficoltà, diventa come una finestra aperta alla luce del Dio vivente, che riceve questa luce e la trasmette al mondo. Il Beato Giovanni Paolo II nell’Enciclica Redemptoris missio affermava che «la missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola!» (n. 2).
La tendenza, oggi diffusa, a relegare la fede nella sfera del privato contraddice quindi la sua stessa natura. Abbiamo bisogno della Chiesa per avere conferma della nostra fede e per fare esperienza dei doni di Dio: la sua Parola, i Sacramenti, il sostegno della grazia e la testimonianza dell’amore. 
Così il nostro «io» nel «noi» della Chiesa potrà percepirsi, ad un tempo, destinatario e protagonista di un evento che lo supera: l’esperienza della comunione con Dio, che fonda la comunione tra gli uomini. In un mondo in cui l’individualismo sembra regolare i rapporti fra le persone, rendendole sempre più fragili, la fede ci chiama ad essere Popolo di Dio, ad essere Chiesa, portatori dell’amore e della comunione di Dio per tutto il genere umano (cfr Cost. past. Gaudium et spes, 1). 
Grazie per l’attenzione.


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martedì 30 ottobre 2012

1912 - Commento al Vangelo del 30/10/2012


+ Dal Vangelo secondo Luca (13,18-21)
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il Regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami». E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il Regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Gesù spiega che il suo Regno non è visibile, non ha un esercito né armi, è un Regno diverso da quello che comunemente si intende con questa parola. Non tutti a quel tempo compresero il significato di questa espressione, Lui si trovò in una situazione agitata in Palestina perché ogni fazione aveva aspettative diverse sul Messia atteso. C’era anche una corrente che attendeva un Messia politico, forte nel vincere la supremazia di Roma. Lo volevano re per iniziare una guerra contro i Romani, considerati nemici di Israele.
C’erano propositi di guerra e non di amore al tempo di Gesù. Per questo un po’ tutte le correnti temevano Lui quando cominciò ad insegnare il Vangelo, nessuno riusciva a catalogarlo nelle loro aspettative, da qui iniziarono le furenti persecuzioni contro Lui. Invece Gesù insegnava l’amore: “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori” (Mt 5,44).
Con queste parole Gesù prendeva le distanze dai progetti rivoltosi di quasi tutti i farisei, sadducei, zeloti ed altri che di spirituale non avevano più nulla. Più che cercare di distanziarsi da essi, Gesù cercava di avvicinarli con l’annuncio dell’amore e del perdono verso tutti, ma pochi Lo ascoltavano perché progettavano la realizzazione di un regno terreno. Volevano il dominio sul territorio e la sconfitta degli stranieri che governavano la Palestina.
Quindi, Gesù parla di un altro Regno, non visibile ma che si concretizza nelle buone opere esteriori, nel linguaggio umile e rispettoso, in una mentalità nuova che pensa sempre al bene del prossimo.
Il Regno di Gesù si stabilisce all’interno di ognuno di noi, è la sua Volontà che diventa la nostra e viene a cambiare la nostra vita. Solo quando il Regno di Gesù si stabilisce in una persona, questa comincia a vivere in una dimensione spirituale nuova e migliore.
Oggi Gesù ci dice che il suo Regno in noi è come un piccolissimo granello di senapa, esso non si vede ma nel tempo diventa un albero maestoso, enorme, bellissimo. Questo granello inizialmente è invisibile, poi diventa immensamente grande nella sua maturità ed offre ristoro a quanti sono nell’agitazione e nella confusione esistenziale.
Nel tempo ogni cristiano autentico diventa un albero maestoso di santità, quella santità che vi ho descritto e che è accessibile a tutti. È la santità delle buone opere fatte per amore di Gesù, delle virtù praticate con qualche sacrificio nel rinnegamento, del tempo da dedicare ogni giorno alla preghiera personale, alla Messa, alla meditazione, all’Adorazione Eucaristica.
Il Regno di Gesù in noi è come il lievito, ne basta poco per dare alla pasta la qualità migliore. Il lievito che si nasconde nella pasta è come il cristiano fervoroso che si nasconde nel mondo ma che con la sua vita onesta e i suoi buoni esempi, fa lievitare tutto ciò che lo circonda, portando in ognuno la vera spiritualità di Gesù.
Dobbiamo essere come il lievito, con un fervore vivo che fa lievitare la sana spiritualità in chi ci incontra.
Il Regno di Dio non è una realtà statica o un progetto in fase di realizzazione, esso viene concepito in un cuore buono, nasce e si sviluppa senza dare all’esterno alcun segnale perché ha una sua interiore vitalità. Il cristiano autentico è come il granello di senapa, come un po’ di lievito che fermenta e migliora la sua famiglia, l’ambiente di lavoro, i suoi conoscenti. Porta i valori morali, dona ad ognuno che incontra un sorriso e una parola del Vangelo.
È necessario seminare questo granello nel cuore di ogni persona, dobbiamo donare le nostre convinzioni di Fede a quanti annaspano e vivono nella confusione. Anche se all’inizio il seme rimane invisibile e il lievito richiede un po’ di tempo per venire fuori, il tempo permetterà di sviluppare ciò che era stato seminato. Noi siamo chiamati a seminare la Parola di Dio nei cuori di tutti quelli che incontriamo, possiamo farlo se lo desideriamo e se il fervore in noi è vivo.
Non possiamo solamente seminare ed ignorare lo sviluppo del seme e la fermentazione del lievito. Nostro compito è di pregare ogni giorno per le persone in difficoltà e quelle che non si decidono mai ad abbandonare la corruzione e ad entrare nella vera Vita.
Il seme deve compiere il suo ciclo di sviluppo e di fruttificazione, il lievito richiede del tempo per far lievitare la pasta. Noi dobbiamo avere pazienza con chi ha difficoltà nella vita spirituale, anche Gesù usa molta pazienza con ognuno di noi. Il seme si sviluppa in una situazione normale per le proprietà che contiene, ma può fallire e non svilupparsi mai. Anche se non vediamo la vita interiore di una persona, dobbiamo fare tutto quanto ci è possibile per sostenerla e favorirne la crescita verso l’alto.
Proprio come l’albero che con i suoi rami si innalza verso il Cielo e il lievito che aumenta la pasta e la ingrandisce all’esterno.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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1911 - L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori

Romani 5, 5.
«L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.»

1ª Giovanni 3, 14-15.
«Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna. »

Ezechiele 36, 26-27.
«Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi.»

Giovanni 14, 23.
«Se uno mi ama osserverà la mia parola.»

2ª Corinzi 5, 14-15.
«L'amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro.»

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1910 - Beato chi serve

Giacomo 2, 18. 
«Mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».

Marco 10, 43-45. 

«Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Luca 12, 43. 

«Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro».

Luca 17, 10. 

«Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».
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lunedì 29 ottobre 2012

1909 - In ogni caso rendiamo grazie!

1ª Tessalonicesi 5, 18. 
"In ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo
Gesù verso di voi."

Colossesi 1, 3. 

"Noi rendiamo continuamente grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù
Cristo."

Salmo 29, 5. 

"Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, rendete grazie al suo santo nome."

Salmo 96, 12. 

"Rallegratevi, giusti, nel Signore, rendete grazie al suo santo nome." 
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1908 - La perseveranza nella preghiera

Romani 12, 12.
«Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera.»

Colossesi 4, 2.
«Perseverati nella preghiera e vegliate in essa, rendendo grazie.»

Atti degli Apostoli 2, 42.
«Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere.»

Efesini 6, 18.
«Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza.»

1ª Tessalonicesi 5, 16.18.
«State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.»

Luca 18, 1.
«Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi.»

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1907 - Amiamo la Chiesa

Matteo 16, 18-19.
«E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Efwsini 5, 25.29.
«E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa.»

Colossesi 1, 24.
«Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa.»

Apocalisse 21, 2.
«Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.»

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1906 - Commento al Vangelo del 29/10/2012


+ Dal Vangelo secondo Luca (13,10-17)
In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Ci troviamo dinanzi un miracolo che ottiene due risultati: allontanare satana che causava la malattia e la successiva guarigione della donna curva da ben diciotto anni. Più avanti arriverò a descrivere la condizione di coloro che oggi sono lo stesso curvi verso la materialità e non possono guardare verso il Cielo, prima vediamo di approfondire quanto avvenne nel momento del miracolo compiuto nel giorno di sabato.
Sono due le persone piegate sul loro corpo, la prima è la donna affetta da questa malattia causata da satana, poi c’è il capo della sinagoga, indignato perché Gesù guariva di sabato. Pretesti stupidi e pieni di ipocrisia, una ipocrisia che viene mostrata molto spesso da quanti fingono di amare Gesù, mentre sono attratti dal potere e dalla vita superficiale.
Ciò che colpisce su tutto è la potenza della Parola di Gesù, una Parola talmente forte da raddrizzare tutto ciò che è deformato o storto.
Raddrizza con il suo volere la donna curva su se stessa, dà una regolata al superbo capo della sinagoga, colpisce la stoltezza dei diavoli e li fa scappare dal corpo della donna. Approfitto di questo miracolo per ribadire che il Vangelo ci insegna la sottile capacità dei diavoli di arrecare disturbi e malattie alle persone, anche se tutto nasce come una semplice presenza, se non viene allontanata dai Sacramenti, dalla preghiera e dalla vita virtuosa, la presenza fa scaturire una malattia più o meno grave.
Tra i cattolici non c’è la consapevolezza della grande importanza dell’acqua benedetta e delle benedizioni dei Sacerdoti.
L’acqua benedetta usata con Fede varie volte nella giornata e recitando qualche preghiera, fa letteralmente scappare i diavoli da ogni corpo umano, e se è in atto una possessione, viene diminuita la loro potenza. Vi consiglio di utilizzare l’acqua benedetta facendo il segno della Croce più volte al giorno, soprattutto quando state male o avvertite uno stato confusionale o di stanchezza mentale.  
Alle volte sono malanni naturali e non c’è lo zampone dei diavoli, lo stesso l’acqua benedetta arreca benefici importanti perché si utilizza il sacro chiedendo a Gesù di intervenire e di donare la sua Grazia. Lo stesso avviene per le benedizioni dei Sacerdoti, se non c’è la presenza dei diavoli a causare una malattia, è sempre una benedizione che arreca benefici notevoli proporzionati alla Fede del Sacerdote che benedice. Ma sempre si riceve qualcosa da Gesù.
Chiedere una semplice benedizione ai Sacerdoti è sempre un momento di Grazia.
Ritorniamo alla donna curva, essa è incapace di rialzarsi, rappresenta tutti quei cristiani che sono curvi su se stessi, incapaci di guardare verso il Cielo per il peso schiacciante che portano addosso della vita dissipata. Questa posizione curva li priva anche della possibilità di guardare in faccia tutti gli altri, a partire dai familiari e poi quanti conoscono. Non riescono a vedere cosa c’è dietro il volto, essi solamente possono guardare ma non vedere la parte spirituale del proprio coniuge, dei figli o dei genitori, degli amici e di ogni persona che incontrano.
L’amore che nutriva la donna curva verso Gesù le permise di vedere nella Fede il Volto del Signore, e la sua Fede attrasse Lui che cercò la donna: «Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: “Donna, sei liberata dalla tua malattia”». Gesù ci aiuta e ci guarisce quando noi alziamo lo sguardo verso il Cielo e ci distacchiamo dalle cose inutili e superficiali. Se invece rimaniamo curvati su noi stessi in atteggiamento egoistico e pensiamo solo alle cose del mondo, Gesù non trova spazio, non può intervenire.
E non ha senso chiamarlo rimanendo però nella posizione curva e dissoluta. Chiamiamolo per la guarigione interiore e per salire il Colle.
La donna curva che non poteva alzarsi è come quelli che hanno il cuore rivolto alla terra, interessati al mondo con i molti peccati, perdendo nel tempo la forza spirituale di guardare in alto e di modificare l’atteggiamento della vita. Chi guarda sempre verso il basso perché preso dalle vicende del mondo non ha interesse verso l’alto. Delle cose create ne fa il suo fine, mentre queste cose create servono alla sua santificazione. Sono solo un mezzo.
L’esempio lo abbiamo dal capo della sinagoga, egli era talmente curvo su se stesso da non vedere l’intervento tutto divino compiuto da Gesù sulla donna malata da diciotto anni. Il suo cuore indurito dagli interessi terreni non aveva sentimenti benevoli verso un’ammalata, ed invece di gioire per la sua guarigione, cominciò a lamentarsi per il fatto che era avvenuto di sabato.
Gesù lo chiama ipocrita, perché nega l’importanza del bene della vita e si preoccupa di cavilli insignificanti.
Così vivono quelli che non guardano più il Cielo e sono perduti dietro la materia che prima li schiaccia e poi deforma l’anima. Se la donna rimase diciotto anni curva, oggi ci sono miliardi di persone che rimangono tutta la vita guardando la terra, perché sono attratti dalla materia, trovano diletto esclusivamente nella concupiscenza della carne, nella concupiscenza degli occhi e nella superbia della vita.
La concupiscenza della carne impedisce di vedere Dio, Lo vedranno infatti solo i puri di cuore. È un disordine della sensualità, della ricerca del più facile e del più piacevole. Vogliono camminare poco nella Via del Vangelo e rifiutano ogni sforzo spirituale per salire il Colle.
La concupiscenza degli occhi colpisce quelli che danno importanza solo a ciò che toccano. Sono occhi attaccati alle cose terrene, occhi incapaci di scoprire le realtà soprannaturali. Occhi che guardano con visione umana tutto ciò che li circonda, le vicende della vita e quelle del nostro tempo. Persone che danno spiegazioni distorte ad ogni avvenimento, valutano sempre in modo opposto ogni verità e ogni vicenda. Sono occhi dell’anima annebbiati e deformati. La ragione allucinata crede di poter dare spiegazioni su ogni cosa e di avere capito tutto…
Infine c’è la superbia della vita, che non indica solo vanità o amor proprio, è un grave stato di totale presunzione, la persona vive sempre con una forte arroganza interiore, una illusione profonda di essere al di sopra di tutti, una folle idea di avere capito tutto. La superbia della vita è la radice di tutti i traviamenti, essa esalta avventatamente la persona e l’allontana dalla vera preghiera e dalla piena comunione con Gesù.
Ripeto la frase scritta sopra: è un grave stato di totale presunzione, quindi, ambizione, superbia, orgoglio, vanità, arroganza, sfacciataggine.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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1905 - Beato Michele Rua, 1° successore di San Giovanni Bosco


Michele Rua nasce a Torino il 9 giugno 1837, nel popolare quartiere di Borgo Dora, ultimo di nove figli.
Rimane presto orfano di padre, Giovanni Battista, che muore il 2 agosto 1845, e vive con la madre che ha un alloggio nell'azienda dove lavora (arsenale regio). Nell'autunno dello stesso anno incontra don Bosco e partecipa fin da subito all'oratorio diventando un entusiasta amico del futuro santo. Spinto sempre da don Bosco prende la strada del sacerdozio e il 3 ottobre 1853 riceve l'abito clericale ai Becchi di Castelnuovo Don Bosco in una cappella fatta costruire dal sacerdote astigiano.
Il 26 gennaio 1854 don Bosco radunò nella sua camera quattro giovani compagni, dando vita, forse inconsapevolmente, alla congregazione salesiana. Alla riunione erano presenti Giovanni Cagliero e Michele Rua che fu incaricato di stenderne il verbale.
Il 25 marzo, nella stanza di don Bosco, Michele fece la sua professionesemplice: era il primo salesiano. A Valdocco sorgevano laboratori di calzoleria, di sartoria, di legatoria. Molti ragazzi vedevano cambiare la propria esistenza: alcuni poterono studiare, altri vi si radunavano la sera dopo il lavoro, altri ancora solo la domenica. Michele divenne il principale collaboratore del santo, nonostante la giovane età; ne conquistò la totale fiducia, aiutandolo anche nel trascrivere le bozze dei suoi libri, sovente di notte, rubando le ore al sonno. Di giorno si recava all'oratorio S. Luigi, dalle parti di Porta Nuova, in una zona piena di immigrati. I più emarginati erano i ragazzi che, dalle valli, scendevano in città in cerca di lavoro come spazzacamini. Michele, facendo catechismo e insegnando le elementari nozioni scolastiche, conobbe infinite storie di miseria.
Nel febbraio 1858 don Bosco scrisse le Regole della congregazione e ilfidato segretario passò molte notti a copiare la sua pessima grafia. Insieme, le portarono a Roma, all'approvazione del Beato Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878), che, di proprio pugno, le corresse.
Nel 1859 Pio IX ufficializzò la congregazione salesiana: don Bosco è Superiore Generale e  Michele diventa di fatto il braccio destro" del santo. Un giorno disse: traevo maggior profitto nell'osservare don Bosco, anche nelle sue azioni più umili, che a leggere e meditare un trattato di ascetismo.
Il 28 luglio 1860 Michele Rua venne finalmente ordinato sacerdote. Sull'altare della prima messa c'erano i fiori bianchi donati dagli spazzacamini dell'oratorio S. Luigi. Tre anni dopo fu mandato ad aprire la prima casa salesiana fuori Torino: un piccolo seminario a Mirabello Monferrato. Vi stette due anni e tornò in città mentre a Valdocco si costruiva la basilica di Maria Ausiliatrice. Don Rua divenne il riferimento di molteplici attività, rispondendo persino alle lettere indirizzate a don Bosco. Lavorava senza soste e nel luglio 1868 sfiorò persino la morte a causa di una peritonite. Dato per moribondo dai medici, guarì; qualcuno disse per intercessione di Don Bosco. Tra i ragazzi dell'oratorio, oltre settecento, nascevano diverse vocazioni religiose.
Nel 1868 si conclusero i lavori del santuario; nel 1872 si consacrarono le prime Figlie di Maria Ausiliatrice; nel 1875 partirono i primi missionari per l'Argentina guidati da don Cagliero. Nacquero i cooperatori e il bollettino salesiano. Valdocco aveva raggiunto proporzioni enormi, mentre a Roma Pp Leone XIII (Vincenzo Gioacchino Pecci, 1878-1903) chiedeva alla congregazione la costruzione della basilica del Sacro Cuore. Don Bosco era spesso in viaggio per la Francia e la Spagna e don Rua gli era accanto.
Nel 1884 la salute del fondatore ormai declinava e fu il papa stesso a suggerirgli di pensare ad un successore. Don Rua il 7 novembre fu nominato, dal pontefice, vicario con diritto di successione.
Nel gennaio del 1888, nella notte tra il 30 e il 31, alla presenza di molti sacerdoti, accompagnò la mano del santo, nel dare l'ultima benedizione. Rimase poi inginocchiato, davanti alla salma, per oltre due ore. 
Don Michele Rua fu un missionario instancabile, fedele interprete del sistema educativo preventivo. Percorrendo migliaia di chilometri visitò le case della congregazione sparse per il mondo, coordinandole come una sola grande famiglia. Diceva che i suoi viaggi gli avevano fatto vedere la povertà ovunque. La prima grande industrializzazione fece abbandonare ai contadini le proprie terre, per un misero salario guadagnato in fabbrica dopo interminabili giornate di lavoro. I salesiani toglievano dalla strada molti bambini aprendo oratori e scuole che, pur nella loro semplicità, diventavano in poco tempo centri di accoglienza e istruzione. Fu un grande innovatore in campo educativo: oltre alle scuole, in cui introdusse corsi professionali, organizzò ostelli e circoli sociali.
Dopo aver avuto la gioia di vedere don Bosco dichiarato venerabile (1907) e di aver finito di costruire la chiesa di Maria Liberatrice a Roma (1908), don Michele Rua si ammalò e fu costretto a restare al letto. Il suo aiutante Filippo Rinaldi (beatificato il 29 aprile 1990), lo assistette fino all'ultimo.
Morì nella notte tra il 5 e il 6 aprile 1910, mormorando una giaculatoria insegnatagli da don Bosco quando era un ragazzino: Cara Madre, Vergine Maria, fate ch'io salvi l'anima mia”.
 
Aveva ricevuto da don Bosco 700 religiosi in 64 case disseminate in 6 paesi; lasciò, al suo successore, 4000 religiosi in 341 case sparse in 30 nazioni, tra cui Brasile, Messico, Ecuador, Cina, India, Egitto, Sudafrica.
 
Il “secondo padre della famiglia salesiana” fu sepolto a fianco del maestro; la sua tomba è ora venerata nella cripta della Basilica di Maria Ausiliatrice.
 
Michele Rua è stato proclamato beato il 29 ottobre 1972 dal Servo di Dio Paolo VI (Giovanni Battista Montini, 1963-1978).
 
Significato del nome Michele : “chi [è grande, potente] come Dio?” (ebraico).
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domenica 28 ottobre 2012

1904 - Commento al Vangelo del 28/10/2012, domenica 30^ t.ord.


+ Dal Vangelo secondo Marco (10,46-52)
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Il cieco era fermo perché non vedeva dove andare, il cristiano che non vede con la sua Fede è sempre fermo nel cammino spirituale. Il cieco Bartimeo “sedeva lungo la strada a mendicare”, era impossibilitato a muoversi, come impossibilitati a salire il Colle della Trasfigurazione spirituale sono quelli che non vedono più la Via indicata da Gesù. Senza Fede viva e profonda non si vede più il cammino da seguire, si và avanti “alla cieca” e spesso ci si illude di avere trovato la felicità.
Noi forse non aspettiamo Gesù che passa accanto perché siamo presi da mille altri impegni e non attendiamo più di vederlo a causa della nostra cecità intellettuale. La corsa giornaliera nell’espletare mille cose senza dedicare tempo a Gesù che ci passa sempre accanto, diventa una corsa verso il baratro. Dobbiamo fermarci ogni giorno per del tempo e pensare a Gesù, quello che ci dice nel Vangelo e meditarlo attentamente, dobbiamo rientrare in noi e vederci dall’interno!
A causa della cecità intellettuale il cristiano degenerato non vede più la verità né vede la sua condizione peccaminosa che può rasentare la soglia della condizione dei diavoli. Mettiamo da parte i più feroci dittatori del passato convinti di fare del bene all’umanità mentre facevano morire milioni di innocenti, oggi i cristiani di ogni livello possono arrivare a questa abietta condizione immorale, priva di una frammento di moralità
Vivere senza morale significa senza onestà, con l’intenzione diabolica, i principi morali inesistenti, una maschera di falsità!
Non riguarda i cristiani che peccano per debolezza e che poi ricorrono alla Confessione, sono altri cristiani di ogni livello culturale ed ecclesiale che intenzionalmente agiscono in opposizione al Vangelo e ai Comandamenti, illudendosi di compiere opere buone perché la loro mentalità è schiava della carne e degli interessi umani. Chi è arrogante ha pensieri di esaltazione e di dominio anche sulle persone, non ha più come riferimento la Verità del Vangelo. È un accecamento letale per loro, crocifiggente per i familiari o altre persone colpite da una cieca prepotenza.
Questa domenica San Marco ci presenta l’ultimo miracolo di Gesù dopo il quale inizia il suo ministero in Gerusalemme, che culmina nella morte e nella risurrezione. Nello stesso Vangelo si trova un altro miracolo compiuto su un cieco a Betsaida dopo la seconda moltiplicazione dei pani e dei pesci (capitolo 8), in quella circostanza Gesù volle dare un segno ai suoi discepoli che non riuscivano a vedere le sue opere come opere di Dio. Erano confusi e non vedevano intellettualmente bene la vera identità di Gesù.
La guarigione del cieco di Betsaida voleva anticipare la guarigione dalla cecità dei discepoli, e prima della guarigione di un altro cieco, Bartimeo, Gesù aveva dato tre annunci riguardo la sua Passione e Morte. Quella dei discepoli non era ancora una guarigione completa, la loro vista intellettuale era molto confusa, infatti fino all’ultimo faranno domande impacciate a Gesù sulla sua provenienza e sulla imminente crocifissione.
Sono due guarigioni di due ciechi che simboleggiano il cammino di ogni cristiano, il quale si trova sempre a passare da una condizione di cecità ad una migliore fino alla completa guarigione. I discepoli attraverso queste guarigioni comprendevano che senza la Fede che richiedeva Gesù non potevano vedere la vera identità di Gesù.
La differenza sta tutta qui: c’è una fede che si costruisce intenzionalmente il cristiano e c’è la Fedeche richiede Gesù, una Fede che nasce nella verità.
Il cieco di oggi manifesta una Fede matura, quella che deve avere il cristiano autentico. Bartimeo dopo il miracolo diventò un discepolo modello, ma all’inizio non era stato spinto da nessuno a cercare Gesù, era stata la sua Fede a fargli sentire l’avvicinarsi del Signore che passava, immediatamente tirò fuori una forza piena di sincero desiderio di incontrare Gesù, era sicuro che lo avrebbe guarito.
Questa certezza è la vera Fede del discepolo di Gesù.
Nonostante la cecità fisica, il cieco vedeva benissimo Gesù nel suo cuore, vedeva Gesù come Lui voleva essere visto. Mentre nel miracolo precedente del cieco di Betsaida Gesù aveva dovuto toccarlo due volte prima di guarirlo (Mc (8,22-26) a causa della sua debole Fede, nella guarigione di oggi non tocca neanche il cieco Bartimeo, gli dice solo queste parole: “Va’, la tua Fede ti ha salvato”. La Fede di Bartimeo era forte, come è sempre forte l’intervento di Gesù dove trova una Fede forte.
Il cieco Bartimeo gridava all’avvicinarsi di Gesù, un grido di speranza e non di dolore, un grido energico per attirare l’attenzione del Signore. Proprio per questa sua insistenza nel cercare di richiamare Gesù fu ascoltato, ma Egli conosceva benissimo la spiritualità del cieco. È bello sentire il grido del cieco che non chiede delle cose, chiede a Dio di avere pietà di lui. “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”.
È Gesù a prendere l’iniziativa della guarigione e a domandargli: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. Quando noi chiamiamo con umiltà e vera Fede Gesù, Egli è sempre presente accanto a noi, ci ascolta e ci chiede nel silenzio interiore cosa abbiamo bisogno. Lui lo sa, ma vuole che glielo chiediamo con umiltà e amore. Senza una richiesta fiduciosa non si mostra vero interesse delle cose di Dio, molti poi finiscono per rivolgersi alla magia occulta per trovare risposte.
Alla domanda di Gesù il cieco rispose: “Rabbunì, che io veda di nuovo!”. Era sicuro di quanto chiedeva, era certo che avrebbe ottenuto il miracolo, questa era la sua Fede profonda. Avrà detto queste parole nella commozione piena, forse tra le lacrime, ma rimangono molto efficaci le grida che lanciava verso Gesù per attirare la sua attenzione.
Bartimeo che viveva nell’oscurità cercava con tutto se stesso la vera Luce, quella che illumina la mente e la vita, che permette di camminare nella Verità. L’insistenza nel chiedere a gran voce, fu premiata dal miracolo portentoso: ad una parola di Gesù, il cieco riacquistò la vista e vedeva bene il Volto del Signore, Lo adorava e sapeva la vera identità del Salvatore. Vedeva la nuova vita reale e cominciò a seguire il Signore.
Bartimeo dimenticò tutto il resto perché aveva trovato il suo Signore e solo Lui voleva adorare.
Anche noi dobbiamo gridare molte volte a Gesù, nel silenzio della nostra preghiera facciamo sentire la Fedeardente, invochiamolo con tutto l’amore di cui è capace il nostro cuore. Gesù è sempre accanto a noi quando noi pensiamo a Lui, invece ci passa accanto quando ci occupiamo di altro che addirittura si oppone a Lui. Le buone opere devono accompagnare le nostre vive preghiere, sono le opere a dirci che la nostra Fede è quella che ci chiede Gesù.
Le buone opere si compiono quando il cristiano vede bene la realtà, non intendo quelle opere di carità che spesso servono a quietare la coscienza cieca, sono altre le opere compiute per amore e donando innanzitutto l’onesta amicizia a chi si trova nel bisogno. È facile donare qualcosa, più impegnativo è farlo per amore che si manifesta quando ci si immedesima nella sofferenza altrui.
Consideriamo che spesso nelle nostre idee è presente una cecità totale, accompagnata dalla convinzione di vedere molta luce, ma può essere la falsa luce che proietta satana a quanti ha già colpito nell’intelletto. Dobbiamo chiedere con l’insistenza di Bartimeo a Gesù di guarirci da questa cecità, chiediamo di avere la sua Luce, di ricolmarci del suo Spirito e di allontanare da noi le tenebre della cecità.
Ricordiamo che senza la vera Fede non si vede nulla, si vede solo quello che immaginiamo e che proiettiamo all’esterno!
Sono molti i ciechi senza Fede in questa società che si illudono di vedere bene. Sono i vedenti ciechi: vedono solo l’apparenza non il contenuto! Vedono persone e non chi vive dietro quei volti, non si percepisce più la vera identità delle persone, le quali vanno sempre amate e rispettate.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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Medaglia di San Benedetto