Dal Vangelo secondo Matteo 28,16-20
Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando Lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta
Vol. 10 - Cap. 634
Sonnecchiano quasi tutti, data l’ora e dato anche l’ozio e la lunga attesa. Ma basta il grido di un fanciullo -non so chi sia, perché non lo vedo dal luogo dove mi trovo- perché tutti sorgano in piedi, in un primo movimento impulsivo che subito si muta in un prostrarsi col volto fra l’erba.
«La pace a voi tutti. Eccomi fra voi. La pace a voi. La pace a voi».
Gesù passa fra loro salutando, benedicendo.
Molti lacrimano, altri sorridono beati. Ma in tutti è tanta pace.
Gesù va a fermarsi là dove gli Apostoli e i pastori fanno un gruppo folto insieme a Marziam, Mannaen, Stefano, Nicolai, Giovanni d’Efeso, Erma e qualche altro dei discepoli più fedeli, dei quali non ricordo il nome. Vedo quello di Corozim che ha lasciato di seppellire il padre per seguire Gesù, un altro che ho visto altre volte. Gesù prende fra le sue mani il capo di Marziam, che piange guardandolo, lo bacia in fronte stringendoselo poi al cuore.
Si volge poi agli altri e dice: «Molti e pochi. Dove sono gli altri? So che molti sono i miei discepoli fedeli. Perché allora qui non si raggiunge che a fatica, fra tutti quanti, le cinquecento persone, esclusi i fanciulli figli di questo o quello fra voi?».
Pietro parla per tutti alzandosi in piedi (era rimasto in ginocchio nell’erba): «Signore, tra il tredicesimo e il ventesimo giorno dalla tua morte sono venuti qui molti da molte città di Palestina, dicendo che Tu eri fra loro. Così molti di noi, per vederti prima, andarono chi con questo e chi con quello. Alcuni sono appena partiti. Dicevano, quelli che son venuti, di averti visto e parlato in luoghi diversi e, ciò che era meraviglioso, tutti dicevano averti visto nel dodicesimo giorno dalla tua morte.
Noi pensammo essere questo un inganno di qualcuno di quei falsi profeti che Tu hai detto che sorgeranno per trarre in inganno gli eletti. Tu lo hai detto là, sul monte Uliveto, la sera prima… prima…». Pietro, ripreso dal suo dolore a quel ricordo, china il capo e tace. Due lacrime, seguite da altre, cadono dai fili della barba al suolo…
Gesù gli posa la destra sulla spalla e Pietro freme a quel contatto e, non osando toccare quella Mano con le sue, curva il collo, il volto ad accarezzare con la guancia, a sfiorare con le labbra quella Mano adorabile.
Giacomo di Alfeo prosegue il racconto: «E abbiamo sconsigliato di credere a quelle apparizioni, a quelli fra noi che sorgevano in piedi per correre verso il grande mare, o verso Bozra, o Cesarea di Filippo, Pella o Cedes, sul monte presso Gerico e nella pianura, come nella pianura di Esdrelon, sul grande Ermon come a Beteron e a Betsemes, e in altri luoghi senza nome, perché case isolate nella piana presso Jafia o presso Galaad. Troppo incerte.
Alcuni dicevano: “Lo abbiamo visto e sentito”. Altri mandavano a dire di averti visto e persino mangiato con Te. Sì, volevamo trattenerli, pensando fossero o tranelli di chi ci avversa o anche fantasmi visti da giusti, che tanto ti pensano che finiscono a vederti dove non sei. Ma essi sono voluti andare. Chi qua, chi là. E in tal modo siamo ridotti a meno di un terzo».
«Avete avuto ragione nell’insistere per trattenerli. Non perché Io non sia realmente stato dove quelli che son venuti a dirvelo hanno detto. Ma perché avevo ordinato di stare qui, uniti in preghiera in attesa di Me. E perché voglio che le mie parole siano ubbidite, specialmente da quelli che sono i miei servi. Se cominciano i servi a disubbidire, che dovranno fare i fedeli?
Ascoltate tutti voi che siete qui intorno. Ricordatevi che in un organismo, perché sia veramente attivo e sano, ci vuole una gerarchia, ossia chi comanda, e chi trasmette i comandi, e chi ubbidisce. Così avviene nelle corti dei re. Così nelle religioni. Dalla nostra ebrea alle altre, anche se così impure. Vi è sempre un capo, dei ministri di esso, dei servi dei ministri, dei fedeli infine.
Non può un pontefice fare da solo. Non può un re fare da solo. E sono, le loro disposizioni, cose che si rivolgono unicamente a contingenze umane o a formalismi di riti… Sì. Purtroppo, ormai, anche nella religione mosaica non resta più che il formalismo dei riti, un continuare di movimenti di un congegno che continua a compiere gli stessi gesti, anche ora che lo spirito dei gesti è morto. Morto per sempre. Il divino Animatore di essi, Colui che dava ai riti un valore, si è ritirato di mezzo a loro. E i riti sono gesti, nulla più. Gesti che qualsiasi istrione potrebbe animare sulle scene di un anfiteatro.
Guai a quando una religione muore e, da potenza reale, viva, diviene pantomima clamorosa, esteriore, una cosa vuota dietro lo scenario dipinto, dietro le vesti pompose, un muoversi di congegni che compiono dati movimenti, così come una chiave fa agire una molla, ma tanto che la molla che la chiave non hanno coscienza di ciò che fanno. Guai! Pensate!
Ricordate sempre, e ditelo ai vostri successori, perché questa verità sia conosciuta nei secoli. È meno pauroso il cadere di un pianeta che il cadere della religione. Se il cielo rimanesse spopolato d’astri e pianeti, non sarebbe per i popoli sventura uguale a quella di rimanere senza una reale religione. Dio sopperirebbe con provvida potenza ai bisogni umani, perché tutto può Dio per coloro che, sulla via sapiente, o sulla via che la loro ignoranza conosce, cercano, amano la Divinità con spirito retto.
Ma, se venisse un giorno in cui gli uomini non amassero più Dio, perché i sacerdoti di ogni religione avessero fatto di essa unicamente una vuota pantomima, non credendo essi per primi alla religione, guai alla Terra!
Ora, se così dico anche per quelle religioni che sono impure, alcune venute per rivelazioni parziali ad un saggio, altre dal bisogno istintivo dell’uomo di crearsi una fede per dare pascolo all’anima di amare un dio -essendo questo bisogno lo stimolo più forte dell’uomo, lo stato permanente di ricerca di Colui che è, voluti dallo spirito anche se l’intelletto superbo nega ossequio a qualsiasi dio, anche se l’uomo, ignorando l’anima, non sa dare nome a questo bisogno che entro lui si agita- che dovrò dire per questa che Io vi ho data, per questa che porta il mio Nome, per questa della quale Io vi ho creati pontefici e sacerdoti, per questa che vi ordino di propagare per tutta la Terra?
Per questa unica, vera, perfetta, immutabile nella Dottrina insegnata da Me, Maestro, completata dall’insegnamento continuo di Colui che verrà, lo Spirito Santo, Guida Santissima. ai miei Pontefici e a quelli che li aiuteranno, capi secondi nelle diverse Chiese create nelle diverse regioni dove si affermerà la mia Parola.
Le quali Chiese non saranno, per essere diverse in numero, diverse in pensiero, ma saranno una sola cosa con la Chiesa, formando delle loro singole parti il grande edificio, sempre più grande, il grande, nuovo Tempio che coi suoi padiglioni toccherà tutti i confini del mondo. Non diverse nel pensiero, né contrastanti fra loro, ma munite, fraterne le une alle altre, soggette tutte al Capo della Chiesa, a Pietro e ai successori di lui, sino alla fine dei secoli.
E quelle che, per qualsiasi motivo, si separassero dalla Chiesa Madre, sarebbero membra recise non più nutrite dal mistico Sangue che è Grazia che da Me, Capo divino della Chiesa, viene. Simili a figli prodighi, separati per il loro volere dalla casa paterna, starebbero, nella loro effimera ricchezza e costante e sempre più grave miseria, ad ottundersi coi cibi e i vini troppo pesanti l’intelletto spirituale, e poscia a languire mangiando le ghiande amare degli animali immondi sinché, con cuore contrito, non tornassero alla casa paterna dicendo: “Abbiamo peccato. Padre, perdonaci e aprici le porte della tua dimora”.
E allora, sia che sia un membro di una Chiesa separata, o sia un’intera Chiesa -oh! così fosse, ma dove, quando sorgeranno tanti miei imitatori, atti a redimere queste intere Chiese separate, a costo della vita, per fare, per rifare un unico Ovile sotto un solo Pastore, così come Io desidero ardentemente?- allora, sia che sia uno singolo od una assemblea a quelli che tornano, aprite loro le porte.
Siate paterni. Pensate che tutti, per un’ora o per molte, forse per anni, foste, singolarmente, dei figli prodigi avvolti nella concupiscenza. Non siate duri a chi si pente. Ricordate! Ricordate! Molti di voi fuggiste, ventidue giorni da oggi. E il fuggire non era forse un’abiura all’amore vostro per Me? Or dunque, così come Io vi ho accolti appena, pentiti, tornaste a Me, così voi fate.
Tutto ciò che Io ho fatto, fate. Questo è il mio comando. Siete vissuti con Me per tre anni. Le mie opere, il mio pensiero, lo conoscete. Quando, in futuro, vi troverete di fronte ad un caso da decidere, volgete lo sguardo al tempo che foste con Me e comportatevi come Io mi sono comportato. Non sbaglierete mai. Io sono l’esempio vivo e perfetto di ciò che dovete fare.
E ricordate ancora che Io non ho rifiutato Me stesso allo stesso Giuda di Keriot… il Sacerdote deve, con tutti i mezzi, cercare di salvare. E predomini l’amore, sempre, fra i mezzi usati per salvare. Pensate che Io non ignoravo l’orrore di Giuda… Ma ho, superando ogni ripugnanza, trattato il meschino come ho trattato Giovanni.
A voi… a voi sarà sovente risparmiata l’amarezza del conoscere che tutto è inutile per salvare un discepolo amato… E potrete perciò operare senza la stanchezza che prende quando si sa che tutto è inutile… Si deve lavorare anche allora… sempre… sinché tutto è compiuto…».
«Ma Tu soffri, Signore!?! Oh! io non credevo Tu potessi soffrire più! Tu soffri per Giuda, ancora! Dimenticalo, Signore!», grida Giovanni che non torce per un attimo gli sguardi dal suo Signore.
Gesù apre le braccia, nel suo abituale atto di rassegnata conferma ad un fatto penoso, e dice: «Così è… Giuda è stato ed è il dolore più grande nel mare dei miei dolori. È il dolore che resta… Gli altri dolori sono finiti col finire del Sacrificio. Ma questo resta. L’ho amato. Ho consumato Me stesso nello sforzo di salvarlo… Ho potuto aprire le porte del Limbo e trarne i giusti, ho potuto aprire le porte del Purgatorio e trarne i purganti. Ma il luogo d’orrore era chiuso su lui. Per lui inutile il mio morire».
«Non soffrire! Non soffrire! Sei glorioso, Signor mio! A Te la gloria e il gaudio. Tu hai consumato il tuo dolore!», prega ancora Giovanni.
«Veramente nessuno pensava che Egli potesse soffrire ancora!», dicono tutti, stupiti e commossi, bisbigliando fra loro.
«E non pensate di quanto dolore dovrà ancora soffrire il mio Cuore nei secoli, per ogni peccatore impenitente, per ogni eresia che mi nega, per ogni credente che mi abiura, per ogni -strazio negli strazi- per ogni Sacerdote colpevole, causa di scandalo e rovina?
Voi non sapete! Non sapete ancora. Non saprete mai completamente sinché non sarete con Me nella luce dei Cieli. Allora comprenderete… Nel contemplare Giuda, Io ho contemplato gli eletti ai quali l’elezione si muta in rovina per la loro perversa volontà…
Oh! voi che siete fedeli, voi che formerete i Sacerdoti futuri, ricordate il mio dolore, formatevi sempre più santi per consolare il mio dolore, formateli santi perché, per quanto è possibile, non si ripeta questo dolore, esortate, vegliate, insegnate, combattete, siate attenti come madri, instancabili come maestri, vigili come pastori, virili come guerrieri, per sostenere i Sacerdoti che da voi verranno formati.
La colpa del dodicesimo apostolo, fate, oh! fate che non abbia troppe ripetizioni in futuro…
Siate come Io fui con voi, come Io sono con voi. Vi ho detto: ”Siate perfetti come il Padre dei Cieli”. E la vostra umanità trema davanti a tal comando. Ora più ancora di quando ve lo dissi. Perché ora conoscete la vostra debolezza. Ebbene, per rincuorarvi vi dirò: “Siate come il vostro Maestro”.
Io sono l’Uomo. Ciò che Io ho fatto voi potete fare. Anche i miracoli. Sì. Anche quelli. Perché il mondo conosca che sono Io che vi mando, e chi soffre non pianga nello sconforto del pensiero: “Egli non è più fra noi a curare i nostri malati e a consolare i nostri dolori”.
In questi giorni Io ho fatto miracoli per consolare i cuori e persuaderli che il Cristo non è distrutto perché fu messo a morte, ma anzi è più forte, eternamente forte e potente. Ma, quando Io non sarò più fra voi, voi farete ciò che Io ho fatto sin qui e che farò ancora. Però non tanto per il potere del miracolo, ma per la vostra santità crescerà l’amore alla nuova Religione. E della vostra santità, non del dono che Io vi trasmetto, dovete esser gelosamente attenti. Più sarete santi e più sarete cari al mio Cuore, e lo Spirito di Dio vi illuminerà, mentre la Bontà di Dio e la sua Potenza farà colme le vostre mani dei doni del Cielo.
Il miracolo non è atto comune e indispensabile per la vita nella fede. Anzi! Beati quelli che sapranno rimanere nella fede senza mezzi straordinari ad aiuto nel credere! Però neppure il miracolo è un atto così esclusivamente riserbato a tempi speciali che debba cessare col cessare di essi. Il miracolo sarà nel mondo. Sempre. E sempre più numeroso più saranno numerosi i giusti nel mondo. Quando si vedranno farsi molto scarsi i miracoli veri, si dica allora che la fede e la giustizia sono languenti.
Perché ho detto: “Se avrete Fede potrete smuovere le montagne”.
Perché ho detto: “I segni che accompagneranno coloro che hanno vera Fede in Me saranno la vittoria sui demoni e sulle malattie, sugli elementi e le insidie”.
Dio è con chi Lo ama.
Segno di come i miei fedeli saranno in Me sarà il numero e la forza dei prodigi che faranno in Nome mio e per glorificare Iddio. Ad un mondo senza miracoli veri si potrà, senza far calunnia, dire: “Hai perduto fede e giustizia. Sei un mondo senza santi”.
Dunque, per tornare al principio, avete fatto bene a cercare di trattenere quelli che, simili a bambini sedotti da un rumore di musiche o da un luccichio strano, corrono svagati lontano dalle cose sicure. Ma vedete? Essi hanno il loro castigo perché perdono la mia parola. Però anche voi avete avuto il vostro torto. Vi siete ricordati che ho detto di non correre qua e là ad ogni voce che mi dicesse in un luogo. Ma non vi siete ricordati che Io ho anche detto che, nella seconda venuta, il Cristo sarà simile ad un lampo che esce da levante e guizza fino a ponente, in tempo meno lungo del battere di una palpebra. Or questa seconda venuta si è iniziata dal momento della mia Risurrezione. Essa culminerà nella apparizione del Cristo Giudice a tutti i risorti.
Ma prima, quante volte Io apparirò per convertire, per guarire, per consolare, insegnare, dare ordini!
In verità vi dico: Io sto per tornare al Padre mio. Ma la Terra non perderà la mia Presenza. Io sarò, vigile e amico, Maestro e Medico là dove corpi od anime, peccatori o santi avranno bisogno di Me o saranno eletti da Me a trasmettere le mie parole ad altri. Perché -anche questa è verità- perché l’Umanità avrà bisogno di un continuo atto di amore da parte mia, essendo tanto dura a piegarsi, facile a raffreddarsi, pronta a dimenticare, desiderosa di seguire la discesa invece della salita, che se Io non la trattenessi con i mezzi soprannaturali non gioverebbero la legge, il Vangelo, gli aiuti divini che la mia Chiesa amministrerà, a conservare l’Umanità nella conoscenza della Verità e nella volontà di raggiungere il Cielo. E parlo dell’Umanità di Me credente… Sempre poca rispetto alla grande massa degli abitanti della Terra.
Io verrò. Chi mi avrà resti umile. Chi non mi avrà non sia ingordo di avermi per averne lode. Nessuno desideri lo straordinario. Sa Dio quando e dove farlo. Né è necessario avere lo straordinario per entrare nei Cieli. Esso è anzi un’arma che, male usata, può aprire l’inferno anziché il Cielo.
Ed or vi dirò come. Perché la superbia può sorgere. Perché può venire uno stato di spirito abbietto a Dio, perché simile a torpore in cui uno si accomodi per carezzare il tesoro avuto, riputandosi già in Cielo perché avuto quel dono. No. In quel caso, in luogo di fiamma e ala, esso diviene gelo e macigno, e l’anima precipita e muore.
E anche: un dono mal usato può suscitare avidità di averne più ancora per averne più lode. Allora, in questo caso, potrebbe al Signore sostituirsi lo Spirito del Male per sedurre gli imprudenti con prodigi impuri.
State sempre lontano dalle seduzioni d’ogni specie. Fuggitele. State contenti di ciò che Dio vi concede. Egli sa ciò che vi è utile e in quale maniera. E sempre pensate che ogni dono è una prova oltre che un dono, una prova della vostra giustizia e volontà. Io ho dato a voi tutti le stesse cose. Ma ciò che fece migliori voi rovinò Giuda. Era dunque un male il dono? No. Ma maligna era la volontà di quello spirito…
Così ora. Io sono apparso a molti. Non solo per consolare e beneficare, ma per farvi contenti. Voi me ne avevate pregato di persuadere il popolo, che quelli del Sinedrio tentano di persuadere al loro pensiero, che Io sono risorto. Sono apparso a fanciulli e ad adulti, nello stesso giorno, in punti così distanti fra loro che occorrerebbero molti giorni di cammino a raggiungerli. Ma per Me non c’è più la schiavitù delle distanze. E questo apparire simultaneo ha disorientato voi pure.
Vi siete detti: “Costoro hanno visto fantasmi”. Voi dunque avete dimenticato una parte delle mie parole, ossia che Io sarò d’ora in poi a oriente e occidente, a settentrione e mezzogiorno, dove troverò giusto essere, senza che nulla me lo vieti, e rapidamente come folgore che solca il cielo.
Sono vero Uomo. Ecco le mie membra e il mio Corpo solido, caldo, capace di moto, respiro, parola come il vostro. Ma sono vero Dio. E, se per trentatré anni la Divinità fu, per un fine supremo, nascosta nella Umanità, ora la Divinità, sebbene congiunta all’Umanità, ha preso il sopravvento, e l’Umanità gode della libertà perfetta dei corpi glorificati. Regina con la Divinità non più soggetta a tutto quanto è limitazione all’Umanità. Eccomi. Sono qui con voi e potrei, se volessi, essere fra un istante ai confini del mondo per attrarre a Me uno spirito che mi ricerca.
E che frutto avrà questo mio essere stato presso Cesarea marittima e nell’altra Cesarea, come al Carit e a Engaddi, e presso Pella e a Jutta e in altri luoghi di Giudea, e a Bozra e sul grande Ermon, e a Sidone e ai confini galilei? E che, aver guarito un fanciullo e risuscitato uno da poco spirato, e confortato un’angoscia, e chiamato al servizio mio uno che si era macerato in dura penitenza e a Dio un giusto che me ne aveva fatto preghiera, e dato il mio messaggio a degli innocenti e i miei ordini ad un cuore fedele?
Persuaderà questo il mondo? No. Coloro che credono continueranno a credere, con più pace ma non con maggior forza, perché già sapevano veramente credere. Coloro che non seppero credere con vera fede resteranno dubitosi, e i malvagi diranno che sono deliri e menzogne le apparizioni, e che il morto non era morto ma dormiente…
Vi ricordate quando vi dissi la parabola del ricco Epulone? Ho detto che Abramo rispose al dannato: «Se non ascoltano Mosè e i profeti non crederanno nemmeno ad uno che risusciti dai morti per dir loro ciò che devono fare”. Hanno forse creduto a Me, Maestro, e ai miei miracoli? Che ha ottenuto il miracolo di Lazzaro? La mia affrettata condanna. Che la mia risurrezione? Un aumento del loro odio.
Anche i miei miracoli di questo ultimo mio tempo fra voi non persuaderanno il mondo, ma unicamente quelli che non sono più del mondo, avendo scelto il Regno di Dio con le sue fatiche e pene attuali e la sua gloria futura.
Ma ho piacere che voi siate stati confermati nella fede e che siate stati fedeli al mio ordine, rimanendo su questo monte in attesa, senza avere frette umane di godere cose anche buone ma diverse da quelle che vi avevo indicate.
La disubbidienza dà un decimo e leva nove decimi. Essi sono andati e sentiranno parole d’uomini, sempre quelle. Voi siete rimasti e avete sentito la mia Parola che, anche se ricorda cose già dette, sempre buona e utile. La lezione servirà di esempio a voi tutti, e anche a loro, per il futuro»…
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