Il Signore ti benedica,ti custodisca e ti mostri il Suo volto misericordioso!

Quando pensi di aver toccato il fondo e che nessuno ti voglia o ti ami più, Dio si fa uomo per incontrarti, Gesù ti viene accanto

CIAO A TE !!

Nulla è più urgente nel mondo d'oggi di proclamare Cristo alle genti. Chiunque tu sia, puoi, se vuoi, lasciare un tuo contributo, piccolo o grande che sia, per dire, comunicare, annunciare la persona di Gesù Cristo, unico nostro salvatore. Uno speciale benvenuto a LADYBUG che si è aggiunta di recente ai sostenitori ! *************************************************** Questo blog è sotto la protezione di N.S. Gesù Cristo e della SS Vergine Maria, Sua Madre ed ha come unica ragione di esistere di fornire un contributo, sia pure piccolo ed umile, alla crescita della loro Gloria. ***************************************************



Con Cristo non ci sono problemi, senza Cristo non ci sono soluzioni.

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mercoledì 28 febbraio 2018

SC 82 Commento al Vangelo del 28.02. 2018 (Padre Giulio Maria Scozzaro)

+ Dal Vangelo secondo Matteo (20,17-28)
In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’Uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; Lo condanneranno a morte e Lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà». Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Dì che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo Regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed Egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a Me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’Uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Questo annuncio della sua crocifissione si trova prima dell’episodio del Vangelo di ieri, non c’è alcun contrasto ma lo sottolineo per evidenziare che in tutti e due gli episodi Gesù dà grande importanza al servizio del prossimo. In questo spirito di servizio si trova la vera essenza del cristiano.
La crisi presente nella Chiesa affonda le radici primariamente nel distacco di molti Ministri di Dio dalla disponibilità a servire innanzitutto Gesù Cristo, non avvertono più interiormente alcun interesse per le cose di Dio e finiscono per adorare molti idoli materiali.
Questi Ministri di Dio perdono di conseguenza la disponibilità a servire anche i cattolici che necessitano di aiuti spirituali per seguire il cammino tracciato dal Signore. Duemila anni fa vedendo tanta gente alla ricerca della Verità, Egli diceva che provava “compassione perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore” (Mt 9,36).
Gesù ritorna a parlare del servizio da offrire a Lui, si rivolge a quei Sacerdoti che per ragioni incomprensibili non hanno ancora compreso lo spirito del Vangelo e preferiscono esercitare un potere più che un vero servizio.
Gesù si rivolge soprattutto a tutti i Cardinali e Vescovi assuefatti dallo spirito mondano e inseriti nella ragnatela delle confraternite, che garantiscono potenti amicizie umane e soddisfazioni orgogliose di considerazioni mai conosciute davanti al Tabernacolo, perché da lì non arrivava ad essi alcun elogio né celebrazioni vanagloriose.
Trovano banali le parole di Gesù, soprattutto quando afferma: “Io sono in mezzo a voi come Colui che serve” (Luca 22,27).
C’è disorientamento o disordine intellettuale in numerosi Prelati, impegnati nella difesa dei nemici del Cristianesimo mentre ignorano i cattolici e le loro esigenze spirituali. Molte Chiese rimangono chiuse; non si organizzano adorazioni dell’Eucaristia dalla mattina alla sera, quantomeno, per chiedere Misericordia per questa umanità sbandata; sono pochissimi i confessori disponibili.
Cosa ne sarà di questi Prelati impegnati nel martellare le colonne del Bernini di Piazza San Pietro, mentre tramano contro Dio e compiono pure misfatti innominabili? Pensano che non incontreranno Gesù Cristo nel Giudizio o si illudono di continuare dopo la morte la vita festaiola e gaudente? Lasciano i parroci al loro destino… e non si preoccupano delle anime da salvare. La crisi nella Chiesa inizia inevitabilmente da quanti nella gerarchia hanno perduto la Fede.
Le cronache da diversi anni sono piene di fatti incresciosi che hanno come protagonisti numerosi Prelati, coinvolti nell'omosessualità, svariate relazioni sessuali, pedofilia, ruberie varie, truffe allo Stato, utilizzo di droghe, coinvolgimento in organizzazioni anticlericali…, esperti nelle omissioni e nell'insabbiamento di reati.
La natura del sacerdozio è invece un’altra, fonda la sua essenza nella Persona di Gesù che ha lavato i piedi a Dodici rozzi uomini. Non li ha lavati per mostrarsi agli ipocriti scribi e farisei come Uomo mite e pacifico, li ha lavati per mostrare fino a quale punto Dio ama gli uomini.
Il gesto della lavanda dei piedi è simbolo dell’Amore di Dio. È un gesto profondamente umiliante che riassume tutta la vita di Gesù, il quale “non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,45), come dice Egli nel Vangelo di oggi.
Il gesto non deve intendersi come un atto di purificazione sullo stile di quelli giudaici, è il simbolo della purificazione che Gesù attuerà per coloro che gli appartengono con la sua Passione, Morte e Risurrezione, il gesto estremo di Amore per ognuno di noi.
Nell’Ultima Cena Gesù ha lavato i piedi, li ha baciati, ha tenuto un lungo discorso dove si intrecciano commiato, promessa e consacrazione.
Come veri seguaci di Gesù, anche noi dobbiamo servire gli altri. Servire significa aiutare senza alcun altro interesse, scaturisce dall’amore genuino per il Salvatore e dall’amore e dall’interessamento sinceri per coloro che Egli ci indica di aiutare. Quando amiamo gli altri, vogliamo aiutarli.
Quando serviamo gli altri otteniamo importanti benedizioni. Lo spirito del servizio accresce in noi la capacità di amare, si diventa meno egoisti. Quando ci preoccupiamo dei problemi degli altri, i nostri ci sembrano meno gravi ed è più facile ottenere la vita eterna aiutando gli altri.
Tutte le persone che hanno vissuto altruisticamente, da Gesù hanno ricevuto molto più di quanto hanno dato.
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PG 59 Pensiero del giorno 28.02.2018 di Don Pierino Galeone – Servi della Sofferenza

Solo Dio può custodire il suo amore dentro di te, mediante l’ubbidienza e la carità.
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GR 81 Granellino del 28.02.2018

(Mt 20,17-28)
Quando ero parroco e mi rendevo conto che un fedele brigava per avere un ruolo nelle attività pastorali della Comunità, lo (la) tenevo sempre in disparte. Quando c'era bisogno di un responsabile in un'attività liturgica, catechetica o caritatevole, mosso dallo Spirito, chiamavo a fare il servizio quelli che non si proponevano rimanendo nel nascondimento. Le divisioni, i litigi e le discordie nelle istituzioni umane e anche nelle comunità parrocchiali avvengono proprio a causa delle prime donne. La comunità parrocchiale non è un palcoscenico dove si è chiamati a esibirsi. Quanti fedeli si prostituiscono moralmente, forse è meglio dire, si prostrano in adorazione davanti al parroco per salire sul palcoscenico della parrocchia. Non ti nascondo che ho conosciuto anche preti che si prostrano in adorazione davanti al loro vescovo, con il diabolico desiderio di fare carriera.
Purtroppo, l'uomo si può servire anche di Dio per salire sul palcoscenico della Chiesa. Quelli che si servono di Dio per fare carriera, conseguito il ruolo di prestigio, diventano padroni, dimenticando che "Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e non per farsi lavare i piedi, ma per lavare i piedi".
Il Signore non ci vuole servili, ma servi per amore. Ci si può mettere anche a servizio della comunità, ma solo per vile interesse, aspettando che il capo dica: "Vieni e siediti alla mia destra". 
Cari amici lettori che vi state impegnando ad essere fedeli allo Spirito di Cristo, lasciate che le prime donne continuino a litigare tra di loro per essere ammirati; voi invece continuate a fare il bene e ad essere umili servi della Famiglia parrocchiale ricordando le parole del Magnificat: "Il Signore umilia i superbi e innalza gli umili".
Quando al mattino presto vado a camminare e incontro i netturbini, elevo gli occhi al cielo dicendo: "Signore, grazie per questi fratelli che, con il loro umile servizio, rendono pulita la città". Amen. Amen.
(P. Lorenzo Montecalvo dei Padri Vocazionisti)

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martedì 27 febbraio 2018

SC 81 Commento al Vangelo del 27.02. 2018 (Padre Giulio Maria Scozzaro)

+ Dal Vangelo secondo Matteo (23,1-12)
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Il problema dell’arroganza degli scribi e dei farisei scaturiva da una indecente usurpazione, essi si erano seduti sulla cattedra di Mosè e insegnavano le loro teorie, trascurandone molte di quelle antiche. Come succede anche oggi in moltissime facoltà di Teologia, dove è quasi difficile trovare l’insegnamento del Magistero autentico della Santa Chiesa.
I teologi che ancora resistono alla ventata neomodernista che ha sommerso la sana dottrina, sono quasi costretti ad insegnare sottovoce. Questi teologi coerenti aiutano secondo la Volontà di Dio i nuovi Sacerdoti, i quali diventeranno l’aiuto spirituale determinante per milioni di cattolici.
I Sacerdoti pieni di Fede e non disponibili a barattare con il mondo pagano la fiducia che Gesù ripone in essi, sono quelle lampade accese che emanano tanta luce da poter guidare sul corretto percorso spirituale anche i ciechi.
La cecità spirituale si trova inevitabilmente in tutti i cattolici che hanno trascurato la formazione spirituale e hanno scelto con estrema debolezza una vita superficiale, quella che illude allegramente e allo stesso tempo annebbia l’intelletto.
Gesù oggi ci dice che l’uomo è molto bravo anche nel compiere opere contrarie a quanto afferma. Ci vuole poco a diventare bravi nel compiere il male, ognuno trova in sé l’inclinazione naturale e non deve sforzarsi molto per degenerare ancora di più la sua vita.
È impegnativo invece fare del bene, farlo bene, per amore e con sommo disinteresse.
Chi detiene il potere e non è rinforzato spiritualmente, se non prega e non cura una Fede concreta in Gesù, inevitabilmente finisce per agire come un piccolo dio, ed è il potere a trasformare con un automatismo sincronizzato tutti i potenti che nel loro operare assumono la mentalità del “do ut des”.
Questa locuzione latina è una formula di origine giuridica presente nel diritto romano che si usa per dire che si fa un favore per riceverne un altro: “Do a te perché tu dia a me”. O più volgarmente:“Io do affinché tu dia”. Non approfondisco adesso questo aspetto cancerogeno che distrugge i valori umani.
La preoccupazione del legislatore dovrebbe iniziare dalla ricerca sincera e costante del bene comune, la gestione del potere deve essere considerata come un servizio più che un titolo di nobiltà acquisita anche se temporanea.
Tanto più questo deve viverlo il Sacerdote, sia per la sacralità della sua missione sia per la durata dell’incarico fino al momento della morte. Il suo essere uomo sacro, un Altro Cristo resterà eternamente.
La responsabilità del Sacerdote davanti a Dio è spaventosa, e una maggiore consapevolezza del suo ruolo accresce la smania di voler fare bene.
Non è una apprensione insensata per il suo essere Sacerdote, anzi è un dono meraviglioso ed unico diventarlo e divenire proprio lo strumento su cui agisce Gesù Cristo. È invece la responsabilità che incute una gioiosa preoccupazione per quanto è chiamato a compiere.
Appunto, ogni Sacerdote è chiamato all’imitazione di Gesù, a diventare modello per tutti e non solamente dei cristiani, ma il suo ruolo deve diventare un servizio e non un potere. La sua missione vissuta nell’intensa preghiera lo deve rendere sempre più interessato al bene di tutti i parrocchiani, senza alcuna forma di discriminazione.
Solo così il Sacerdote è modello di vita cristiana e la sua vita è una vera testimonianza.
Sarà sempre coerente e non sarà mai come tanti che “dicono e non fanno”.
Chi non è umile non può servire gli altri, senza umiltà e spirito di servizio non è possibile vivere la carità, che resta inefficace.
Gesù è l’esempio supremo di umiltà e di dedizione agli altri. Nessuno ebbe mai dignità paragonabile alla sua, nessuno servì con altrettanta sollecitudine gli uomini: “Io sto in mezzo a voi come Colui che serve”. Tuttora mantiene lo stesso atteggiamento verso ciascuno di noi: disposto a servirci, ad aiutarci, a sollevarci dalle cadute.
Imitiamo Gesù nel saper servire con amore tutte le persone che conosciamo. Servire significa essere utili, disponibili, premurosi nell'aiutare, collaborare per sanare le ferite morali altrui, fare del bene, essere docili con chi non ci ama e amare tutti senza limiti.
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PG 58 Pensiero del giorno 27.02.2018 di Don Pierino Galeone – Servi della Sofferenza

Non ragionare troppo, perché rischi di ragionare poco. L’indigestione della ragione fa uscire parole acide e giudizi non buoni. Non parlare senza riflettere, perché il pericolo è alle porte.
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GR 80 Granellino del 27.02.2018

(Mt 23,1-12)
Non sulla cattedra di Mosè mi sono seduto da quando sono stato consacrato sacerdote ma su quella di Gesù. Oggi rifletto seriamente sul ministero della Parola che il Signore mi ha affidato. Devo battermi il petto in segno di contrizione del cuore per essermi comportato tantissime volte come uno di quei farisei che non praticavano e non osservavano ciò che insegnavano. Erano esigenti con il popolo, ma non con se stessi. Ecco perché non erano autorevoli nell'insegnare la legge di Mosè. Soprattutto nella mia gioventù sacerdotale insegnavo ai fedeli della parrocchia l'importanza della preghiera, ma io non pregavo. Stoltamente pensavo che mi bastasse solo la celebrazione Eucaristica. Dicevo ai fedeli che senza la meditazione della Parola di Dio non si cresce nella fede, ma io aprivo raramente la Bibbia per meditare e custodire la sua Parola. Esortavo la gente ad essere sobria nel bere e mangiare, ma io non sapevo cosa fosse la sobrietà. Incoraggiavo i fedeli ad essere generosi verso i poveri, ma io non lo ero. Esortavo l'assemblea a perdonare di cuore, ma non volevo frequentare persone che sparlavano di me.
La gente mi diceva che parlavo e insegnavo bene. Chissà quante volte, alle mie spalle, diceva giustamente: parla bene, ma razzola male. Dentro di me soffrivo molto, perché sapevo di essere un ipocrita. Soffrivo molto perché fino a 25 anni avevo fatto un'esperienza forte dell'amore di Dio. La coscienza di essere un vero peccatore fu acuita dalla morte di un mio fratello. Grazie a questo lutto iniziò la mia conversione. Il Signore venne in mio aiuto donandomi un cammino di fede che ha messo nel mio cuore l'amore per la S.Scrittura, per l'Eucarestia e per la Chiesa. Oggi il mio insegnamento non è più confinato in una parrocchia ma ovunque lo Spirito mi muove. Pratico e osservo quello che insegno alle folle? Mi sto impegnando. Una cosa so: Dio ama gli uomini di buona volontà. Amen. Amen.
(P. Lorenzo Montecalvo dei Padri Vocazionisti)

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lunedì 26 febbraio 2018

SC 80 Commento al Vangelo del 26.02. 2018 (Padre Giulio Maria Scozzaro)

+ Dal Vangelo secondo Luca (6,36-38)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Abbiamo visto che la società imbarbarita e senza Dio è destinata a fallire e a diventare subumana. Guastata dal virus dell’egoismo, scaturito da un alto senso di ingiustizia, la quale scatta dove regna la cattiveria. Potrà questa società rialzarsi e volgersi verso Gesù Cristo?
Il virus che disordina la mente e crea avversità verso il sacro, è addirittura visibile nelle numerose Chiese che rimangono chiuse durante il giorno ed io mi sono sempre chiesto, “cosa avranno da fare di più importante questi parroci, invece di restare nelle Chiese a pregare per l’umanità e a confessare la moltitudine di peccatori che cercano Dio?”.
In questi giorni ho considerato nei commenti la decadenza morale della società, situazione creatasi negli ultimi decenni fino ad arrivare quasi all'apice in questi nostri giorni, ma il peggio deve ancora arrivare. Non per Volontà di Dio, è sempre l’uomo il giudice del suo destino. Il Signore Gesù non punisce l’umanità neanche per quanto sta avvenendo di obbrobrioso nel mondo e questo dimostra un Amore clemente per noi, non meritevoli di infinita bontà.
È un Amore clemente perché Gesù guarda l’umanità e ripete: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).
 Dio vede tutti i grandi peccatori come minuscole formiche che si radunano dove c’è un interesse mangereccio e si muovono come squadroni armati con le loro “mandibole a tagliola” per eliminare gli ostacoli. Il confronto appare sproporzionato tra i grandi peccatori e le minuscole formiche, qui non valuto il volume ma la considerazione che abbiamo delle formiche. Piccole e deboli apparentemente, invece sono anche pericolose per gli uomini.
Come le formiche possono scatenare l’ira di donne e uomini per i danni che provocano nelle case, così donne e uomini altamente immorali hanno già abusato in tutto, nell’offendere un Dio pietoso e, appunto, clemente.
Il Signore ci guarda dal Cielo e da ogni luogo e “scuote la testa” nel vedere i grandi peccatori rimasti incorreggibili, e quante volte avrà deciso di attivare la sua Giustizia che diventa attiva quando gli uomini rifiutano definitivamente la sua Misericordia?
L’intercessione della Madonna sta prolungando i tempi dell’intervento di un Padre buono che vede i suoi figli avvicinarsi sempre più nel burrone.
Chi parla di un Dio esclusivamente misericordioso è un bugiardo o non conosce la Teologia.
Manipola il Vangelo chi predica questa falsità e porta molti cattolici a vivere come i protestanti, che si giustificano per la sola Fede, travisando insieme al loro fondatore Lutero, quanto ha scritto San Paolo ai Romani: Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua Grazia, per mezzo della Redenzione che è in Cristo Gesù” (Rm 3,23-24). E aggiunge: “Noi riteniamo, infatti che l’uomo è giustificato per la Fede, indipendentemente dalle opere della Legge” (Rm 3,28).
Il Papa Benedetto XVI nella catechesi dell’udienza generale del 19/11/2008 ha chiarito, come già aveva fatto un altro Papa, San Giovanni Paolo II, il senso esatto della giustificazione per sola Fede:“La Fede è guardare Cristo, affidarsi a Cristo, attaccarsi a Cristo, conformarsi a Cristo, alla sua vita. E la forma, la vita di Cristo è l’amore; quindi credere è conformarsi a Cristo ed entrare nel suo Amore. Perciò san Paolo nella Lettera ai Galati, nella quale soprattutto ha sviluppato la sua dottrina sulla giustificazione, parla della Fede che opera per mezzo della carità (cfr Gal 5,14).
È una manipolazione luterana che è attecchita pericolosamente nella Chiesa e questa deviazione dottrinale porterà molti Sacerdoti a rifiutarsi di confessare i credenti, molti Vescovi continueranno o intraprenderanno questa visione eretica.
Dio potrebbe sterminare in un istante quanti operano contro l’unica Chiesa di Cristo, Lui li vede piccoli in tutti i sensi, sono formiche davanti a Lui e colmo di bontà come è, lancia a tutti i nuovi eretici, appelli di conversione. In pochi comprenderanno la drammaticità delle loro maliziose opere.
Nell’immaginario collettivo le formiche rappresentano solo piccoli insetti che svaniscono spruzzando l’insetticida o altri veleni, invece le formiche sono insetti che si difendono e attaccano tramite morsi e, in molte specie, tramite punture che possono iniettare o spruzzare sostanze chimiche come l’acido formico.
Anche le formiche vivono in una società, variano in dimensioni e in organizzazione a seconda delle specie, vi è una classe riproduttiva -costituita dalle regine (femmine fertili) e dai maschi- e una lavorativa, costituita da femmine attere e sterili, dette operaie.
Nel loro “piccolo” le formiche rappresentano un pericolo, come lo sono gli anticlericali contro la Santa Chiesa, ma questi personaggi subdoli e invasati hanno una capacità notevole per avvelenare la Fede di miliardi di cristiani!
Come le formiche, questi eretici lavorano pazientemente per demolire le fondamenta della vera Chiesa di Gesù Cristo.
Un pericolo dominante sono i grandi peccatori che si considerano veri nemici di Dio, essi con tutte le loro energie vogliono arrecare ingenti danni alla società e quasi sempre in maniera intenzionale, sono determinati a renderla sempre meno umana. Un disegno illogico, se non fossero posseduti dai diavoli. Sono tristemente e disperatamente “felici” di appartenere a satana.
Altri peccatori invece pur non portando in sé l’intenzione di nuocere al bene comune o di contribuire alla depravazione della società, agiscono egoisticamente e non amano nessuno, se non per averne qualche vantaggio. Le loro coscienze arrivano a spegnersi…
Cosa dobbiamo fare noi per contribuire al miglioramento della società umana? Pregare molto, molto, molto ogni giorno per la conversione dei Prelati, dei Sacerdoti e dei Religiosi. La società si è privata di Dio perché gli uomini di Dio hanno “nascosto” Dio. Quasi vergognandosi di Gesù Cristo molti si mostrano e vivono nella società come veri pagani.
“Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio”.
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PG 57 Pensiero del giorno 26.02.2018 di Don Pierino Galeone – Servi della Sofferenza

La fatica a trovare la soluzione non deve mai farti perdere la speranza. La preghiera ti aiuterà a sostenere la fatica e a tenere viva la speranza.
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GR 79 Granellino del 26.02.2018

(Lc 6,36-38)
Bisogna chiarire un concetto cristiano molto,molto importante per instaurare una relazione fraterna e autentica con il prossimo. Qual è questo concetto? Il cristiano non è misericordioso verso il vizio, ma solo verso il peccatore. All'adultera scaraventata ai suoi piedi per essere lapidata secondo la legge di Mosè Gesù non disse: “Non é peccato quello che hai fatto. Alzati e ritorna a casa tua", ma le disse con fermezza: “Alzati e non peccare più". Gesù andava e mangiava con i peccatori non perché condividesse il loro stile di vita, ma solo per esortarli a cambiare vita e accogliere il perdono di Dio. Gesù, conoscendo la loro ignoranza e debolezza, li trattava con misericordia, senza mandarli all'inferno anzitempo. Il cristiano è colui che spera sempre nella conversione del peccatore. Non dice mai a un peccatore, anche a quello dal cuore più indurito: “Per te non c'è più speranza!". Il che significa condannarlo alla morte eterna. E Dio non vuole questo. Il Cristiano non è un legalista sempre pronto a far pagare chi sbaglia. 
Cos'è la misericordia? È insegnare le vie e i pensieri di Dio agli erranti; è aiutare a cambiare vita chi vive nel vizio; è non disprezzare chi vive nel vizio; è fare il bene a chi non se lo merita e a chi ti ha fatto del male; non è sparlare della persona che ha sparlato di te.
Da che cosa scaturisce la misericordia del cristiano? Dalla consapevolezza che Dio è misericordioso con lui. Se viene a mancare questa consapevolezza, il cristiano diventa un giudice spietato. Il cristiano che afferma di non aver niente da farsi perdonare da Dio, vive con l'atteggiamento del legalista.
Non dimenticare i tuoi peccati se vuoi avere un cuore misericordioso verso gli erranti. Ci sono dei cristiani che, dopo la loro conversione, diventano giudici spietati verso quelli che vivono nel peccato. Un peccatore convertito e misericordioso è un grande pescatore di uomini per il Regno di Dio. 
Come si manifesta il tuo cristianesimo in mezzo al popolo? Sei misericordioso? Amen. Amen. 
(P. Lorenzo Montecalvo dei Padri Vocazionisti)

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domenica 25 febbraio 2018

PG 56 Pensiero del giorno 25.02.2018 di Don Pierino Galeone – Servi della Sofferenza

Per tenere lo spirito pronto alla volontà di Dio è bene fare sempre il digiuno, rinunziando alle piccole cose con amore e con gioia.
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MD 4 Messaggio del 25 febbraio 2018 a Marija



Cari figli! 
In questo tempo di grazia vi invito tutti ad aprirvi e a vivere i comandamenti che Dio vi ha dato affinché, attraverso i sacramenti, vi guidino sulla via della conversione. 
Il mondo e le tentazioni del mondo vi provano; voi, figlioli, guardate le creature di Dio che nella bellezza e nell'umiltà Lui vi ha dato, ed amate Dio, figlioli, sopra ogni cosa e Lui vi guiderà sulla via della salvezza. 
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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SC 79 Commento al Vangelo del 25.02. 2018 (Padre Giulio Maria Scozzaro)

+ Dal Vangelo secondo Marco  (9,2-10)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!». Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!». E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti. 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Dio ha creato tutto buono, non potrebbe essere altrimenti, non perché condizionato da qualcosa, è stata la sua libera bontà a volere tutto buono. Anche Adamo ed Eva all’inizio erano perfetti, buoni, immacolati e immortali, ma alla prima tentazione non ricordarono più l’ammonimento dato da Dio e vennero vinti da satana, persero la condizione privilegiata.
Erano creature perfette. La Scrittura nella Genesi afferma che “tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna” (Gen 2,25).
Il peccato ancora non li aveva violati e non avevano perduto doni soprannaturali che nessun’altro essere umano avrebbe più avuto, tranne Colei chiamata a diventare Madre di Dio. Dopo la caduta nella tentazione, Adamo ed Eva persero la Grazia santificante di Dio e si videro nudi, cioè privi degli infiniti privilegi avuti da Dio.
“Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture” (Gen 3,7).
Il peccato originale viene descritto come ciò che ha diviso l’uomo da Dio e che avrebbe reso l’uomo mortale. La natura del peccato originale si trova essenzialmente nella disobbedienza verso Dio da parte dell’uomo, che vorrebbe decidere da solo che cosa sia bene e che cosa sia male. Adamo ed Eva cedettero a satana, all’ingannatore: “Diventerete come Dio, conoscendo il bene e il male”(Gen 3,5).
Per millenni l’uomo ha agito con la convinzione di conoscere perfettamente il bene e il male, e seguendo i personali schemi ha stravolto molto spesso la realtà, applicando le sue opinioni sopra la verità oggettiva. Le grandi e piccole guerre sono esplose per divergenze anche banali, ma ognuno presumeva di essere l’unico a saper discernere il bene dal male.
I diavoli hanno ispirato questo falso insegnamento per millenni, e lo insinuano magistralmente di continuo nelle persone che posseggono una sicurezza poggiata sulle proprie convinzioni e non sulla realtà. Moltissime persone credono fermamente solo alle loro certezze, che sono le più svariate, a cominciare dal denaro e dalle amicizie importanti.
Queste false certezze sono destinate a svanire anche prima del trapasso verso l’eternità, ogni uomo non può garantire un secondo in più alla sua esistenza in questo mondo. Solo quando scopre di essere “nudo”, cioè senza la Grazia di Dio, senza la protezione e l’amicizia di Dio, vede vacillare le sue ambiziose grandezze.
L’essere umano è stato bravo nelle grandi opere, nel progresso, grazie all’intelligenza ricevuta da Dio, e la Scrittura che definisce l’uomo “immagine di Dio”, mette in evidenza ciò per cui l’uomo è uomo; ciò per cui è un essere distinto da tutte le altre creature del mondo visibile.
“E Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza” (Gen 1,26).
Come se il Creatore entrasse in Se stesso, come se, creando, non soltanto chiamasse dal nulla all’esistenza con la parola: “Sia”, ma come se, in modo particolare, traesse l’uomo dal mistero del suo proprio Essere.
Immagine e somiglianza esprimono il medesimo concetto e riunite insieme danno più forza alla realtà che si vuole indicare. La somiglianza consiste principalmente nel fatto che l’uomo ha un’anima spirituale e immortale, dotata di intelletto e di volontà, e quindi capace di conoscere e di amare Dio.
Dio ha creato tutto buono ma l’uomo ha devastato in larghissima parte l’opera del suo Creatore. Tutti i discendenti di Adamo ed Eva ereditano la colpa del peccato originale, estinta poi dalla Grazia del Cristo Redentore universale. Inutile evidenziare che la Redenzione di Cristo ha eliminato la colpa originale, ma non le sue conseguenze sull’umanità, che a tale colpa sono quindi imputate.
Ogni persona porta una connaturale inclinazione verso il male, con il Battesimo si estingue il peccato originale, ma occorre una intensa vita cristiana per indebolire o vincere ogni cattiva inclinazione personale. Senza quella che i Santi chiamano “lotta” contro i vizi, i peccati, gli istinti irrefrenabili, la persona non potrà mai diventare migliore.
Non sono quei comportamenti educati dinanzi agli altri o acquisiti forzatamente per non sfigurare nella società, a rendere una persona perbene. C’è sempre una formazione che inizia fin da quando si è bambini e non deve mai finire, perché quando si interrompe si diventa cattivi e la società degenera. Stiamo vivendo proprio questa degenerazione dell’essere umano.
Senza il peccato originale gli uomini e le donne vivrebbero in una condizione celestiale già in questo mondo, purtroppo è una conquista diventare buoni e onesti intellettualmente. È una grande conquista ma non tutti gli esseri umani sono disponibili a rinnegare le loro inclinazioni cattive per scoprire la vera felicità e contribuire a creare una società migliore.
Una nuova civiltà deve trionfare in questa società malata, sarà possibile se all’egoismo si sostituirà l’amore per il prossimo.
L’uomo è chiamato alla sua trasfigurazione dopo la vittoria di Gesù sul peccato originale, ma l’uomo deve capire che è indispensabile salire il suo Tabor ogni giorno e per riuscirci è indispensabile lasciare le zavorre inutili e orgogliose che appesantiscono la mente e il fisico.
La vita non è bella quando si vive nella trasgressione e si cercano consensi dai figuranti, applausi spesso ipocriti; la vera vita si scopre quando si giunge alla convinzione che siamo creati da Dio a sua immagine e somiglianza, siamo creature meravigliose se restiamo unite a Lui. Si può vivere già in questa vita la felicità appagante.
Chi trova Dio trova tutto, ma deve corrispondere alla sua Grazia, deve vivere come vuole Lui!
Solo Gesù ci dona ciò che il mondo non potrà mai dare e per questo nessuno è appagato, è il Signore a renderci creature speciali per sempre.
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MV 7 Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta - Dom. II Quaresima 25 feb

Dal Vangelo secondo Marco 9,2-10
Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!». Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!». E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.

Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta
Vol. 5 - Cap. 349

Sono col mio Gesù su un alto monte. Con Gesù sono Pietro, Giacomo e Giovanni. Salgono ancor più in alto e l’occhio spazia per aperti orizzonti che un bel giorno sereno rende netti nei particolari fino nelle lontananze. Il monte non fa parte di un sistema montano come è quello della Giudea; sorge isolato avendo, rispetto al luogo dove ci troviamo, l’oriente in faccia, il nord alla sinistra, il sud a destra e dietro, a ovest, la vetta che si alza di ancora qualche centinaio di passi. È molto elevato e l’occhio è libero di vedere per un largo raggio.
Il lago di Genezaret pare un lembo di cielo sceso a incastonarsi fra il verde della terra, una turchese ovale chiusa da smeraldi di diverse gradazioni, uno specchio che tremula e si increspa a un vento lieve e sul quale scivolano, con agilità di gabbiani, le barche dalle vele spiegate, leggermente curvate verso l’onda azzurrina, proprio con la grazia del volo candido di un alcione, scorrente l’onda in cerca di preda.
Poi ecco che dalla vasta turchese esce una vena, di un azzurro più pallido là dove il greto è più ampio, e più scuro là dove le rive si stringono e l’acqua è più profonda e cupa per l’ombra che vi gettano gli alberi che crescono vigorosi presso il fiume, nutriti dal suo umore. Il Giordano pare una pennellata quasi rettilinea nel verde della pianura. Dei paeselli sono sparsi per la pianura al di qua e al di là del fiume. Alcuni sono proprio un pugno di case, altri sono più vasti, già arieggianti a cittadine.
Le vie maestre sono rughe giallognole fra il verde. Ma qua, dalla parte del monte, la pianura è molto più coltivata e fertile, molto bella. Si vedono le diverse colture coi loro diversi colori ridere al bel sole che scende dal cielo sereno. Deve essere primavera, forse marzo, se calcolo la latitudine della Palestina, perché vedo i grani già alti, ma ancora verdi, ondulare come un mare glauco, e vedo i pennacchi dei più precoci fra gli alberi da frutto mettere come delle nuvolette bianche e rosee su questo piccolo mare vegetale, poi prati tutti in fiore per gli alti fieni sui quali pecorelle pascolanti paiono mucchietti di neve ammucchiata qua e là sul verde.
Proprio vicino al monte, sulle colline che ne sono la base, basse e brevi colline, sono due cittadine, una verso sud, una verso nord. La pianura fertilissima si estende specialmente e più ampiamente verso il sud. Gesù, dopo una breve sosta al fresco di un ciuffo di alberi, certo concessa per pietà di Pietro che nelle salite fatica palesemente, riprende a salire. Va fin quasi sulla vetta, là dove è un pianoro erboso che ha un semicerchio di alberi verso la costa.
«Riposate, amici. Io vado là a pregare».
E accenna con la mano ad un ampio sasso, una roccia che affiora dal monte e che si trova perciò non verso la costa ma verso l’interno, la vetta. Gesù si inginocchia sulla terra erbosa e appoggia le mani e il capo al masso, nella posa che prenderà anche nella preghiera del Getsemani. Il sole non Lo colpisce perché la vetta Lo ripara. Ma il resto dello spiazzo erboso è tutto lieto di sole, sino al limite d’ombra dello scrimolo alberato sotto il quale si sono seduti gli apostoli.
Pietro si leva i sandali e ne scuote via polvere e sassolini e sta così, scalzo, coi piedi stanchi fra l’erba fresca, quasi steso, col capo su un ciuffo smeraldino che sporge più degli altri sulla sua zolla come un guanciale. Giacomo lo imita, ma per stare comodo cerca un tronco d’albero al quale appoggia il suo mantello e su questo le spalle. Giovanni resta seduto e osserva il Maestro. Ma la calma del luogo, il venticello fresco, il silenzio e la stanchezza vincono anche lui, e la testa gli si abbassa sul petto e così le palpebre sugli occhi. Non dormono profondamente nessuno dei tre, ma sono in quella sonnolenza estiva che intontisce.
Li scuote una luminosità così viva che annulla quella del sole e dilaga e penetra fin sotto il verde dei cespugli e alberi sotto cui si sono messi. Aprono gli occhi stupiti e vedono Gesù trasfigurato. Egli è ora tale e quale come Lo vedo nelle visioni del Paradiso. Naturalmente senza le Piaghe e senza il vessillo della Croce. Ma la maestà del Volto e del Corpo è uguale, uguale ne è la luminosità, e uguale la veste che da un rosso cupo si è mutata nel diamantifero e perlifero tessuto immateriale che Lo veste in Cielo.
Il suo Viso è un sole dalla luce siderale ma intensissima, nel quale raggiano gli occhi di zaffiro. Sembra più alto ancora, come la sua glorificazione ne avesse aumentato la statura. Non saprei dire se la luminosità, che rende persino fosforescente il pianoro, provenga tutta da Lui o se alla sua propria si mesca quella che ha concentrata sul suo Signore tutta la luce che è nell’universo e nei cieli. So che è qualche cosa di indescrivibile. Gesù è ora in piedi, direi anzi che è alzato da terra, perché fra Lui e il verde del prato vi è come un vaporare di luce, uno spazio dato unicamente da una luce sul quale pare Egli si eriga.
Ma è tanto viva che potrei anche ingannarmi, e il non vedere più il verde dell’erba sotto le piante di Gesù potrebbe esser provocato da questa luce intensa che vibra e fa onde come si vede talora nei grandi fuochi. Onde, qui, di un colore bianco, incandescente.
Gesù sta col Volto alzato verso il cielo e sorride ad una sua visione che Lo sublima. Gli apostoli ne hanno quasi paura e Lo chiamano, perché non pare più a loro che sia il loro Maestro tanto è trasfigurato.
«Maestro, Maestro», chiamano piano ma con ansia. Egli non sente.
«È in estasi» dice Pietro tremante. «Che vedrà mai?».
I tre si sono alzati in piedi. Vorrebbero accostarsi a Gesù, ma non osano. La Luce aumenta ancora per due fiamme che scendono dal cielo e si collocano ai lati di Gesù. Quando sono stabilite sul pianoro, il loro velo si apre e ne appaiono due maestosi e luminosi personaggi.
L’uno più anziano, dallo sguardo acuto e severo e da una lunga barba bipartita. Dalla sua fronte partono corni di luce che me lo indicano per Mosè. L’altro è più giovane, scarno, barbuto e peloso, su per giù come il Battista, al quale direi assomiglia per statura, magrezza, conformazione e severità.
Mentre la luce di Mosè è candida come è quella di Gesù, specie nei raggi della fronte, quella che emana Elia è solare, di fiamma viva.
I due Profeti prendono una posa di riverenza davanti al loro Dio Incarnato e, sebbene Questi parli loro con famigliarità, essi non abbandonano la loro posa riverente.
Non comprendo neppure una delle parole dette. I tre apostoli cadono in ginocchio tremanti, col volto fra le mani. Vorrebbero vedere, ma hanno paura. Finalmente Pietro parla: «Maestro, Maestro. Odimi».
Gesù gira lo sguardo con un sorriso verso il suo Pietro, che si rinfranca e dice: «È bello lo stare qui con Te, Mosè e Elia. Se vuoi facciamo tre tende per Te, per Mosè e per Elia, e noi stiamo qui a servirvi...».
Gesù lo guarda ancora e sorride più vivamente. Guarda anche Giovanni e Giacomo. Uno sguardo che li abbraccia con amore. Anche Mosè e Elia guardano i tre fissamente. I loro occhi balenano. Devono essere come raggi che penetrano i cuori. Gli apostoli non osano dire altro. Intimoriti, tacciono. Sembrano un poco ebbri come chi è sbalordito.
Ma quando un velo che non è nebbia, che non è nuvola, che non è raggio, avvolge e separa i Tre gloriosi dietro uno schermo ancor più lucido di quello che già li circondava e li nasconde alla vista dei tre, e una Voce potente e armonica vibra ed empie di sé lo spazio, i tre cadono col volto contro l’erba.
«Questo è il mio Figliuolo diletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».
Pietro nel gettarsi bocconi esclama: «Misericordia di me, peccatore! È la Gloria di Dio che scende!».
Giacomo non fiata. Giovanni mormora con un sospiro, come fosse prossimo a svenire: «Il Signore parla!».
Nessuno osa alzare la testa anche quando il silenzio si è rifatto assoluto. Non vedono perciò neppure il tornare della luce alla sua naturalezza di luce solare e mostrare Gesù rimasto solo e tornato il Gesù solito nella sua veste rossa. Egli cammina verso loro sorridendo e li scuote e tocca e chiama per nome.
«Alzatevi. Sono Io. Non temete» dice, perché i tre non osano alzare il volto e invocano misericordia sui loro peccati, temendo che sia l’Angelo di Dio che vuol mostrarli all’Altissimo.
«Levatevi, dunque. Ve lo comando» ripete Gesù con imperio.
Essi alzano il volto e vedono Gesù che sorride.
«Oh! Maestro, Dio mio!» esclama Pietro.
«Come faremo a viverti accanto ora che abbiamo visto la tua gloria? Come faremo a vivere fra gli uomini, e noi, uomini peccatori, ora che abbiamo udito la voce di Dio?».
«Dovrete vivermi accanto e vedere la mia gloria sino alla fine. Siatene degni perché il tempo è vicino. Ubbidite al Padre mio e vostro. Torniamo ora fra gli uomini, perché sono venuto per stare fra essi e per portare essi a Dio. Andiamo. Siate santi per ricordo di quest’ora, forti, fedeli. Avrete parte alla mia più completa gloria. Ma non parlate ora di questo che avete visto ad alcuno. Neppure ai compagni. Quando il Figlio dell’Uomo sarà risuscitato dai morti e tornato nella gloria del Padre, allora parlerete. Perché allora occorrerà credere per aver parte nel mio Regno».
«Ma non deve venire Elia per preparare al tuo Regno? I rabbi dicono così».
«Elia è già venuto ed ha preparato le vie al Signore. Tutto avviene come è stato rivelato. Ma coloro che insegnano la Rivelazione non la conoscono e non la comprendono, e non vedono e riconoscono i segni dei tempi e i messi di Dio. Elia è tornato una volta. La seconda verrà quando il tempo ultimo sarà vicino per preparare gli ultimi a Dio. Ma ora è venuto per preparare i primi al Cristo, e gli uomini non lo hanno voluto riconoscere e lo hanno tormentato e messo a morte. Lo stesso faranno col Figlio dell’Uomo, perché gli uomini non vogliono riconoscere ciò che è loro bene».
I tre chinano la testa pensosi e tristi, e scendono per la via dalla quale sono saliti insieme a Gesù.
Ed è ancora Pietro che dice, in una sosta a mezza via: «Ah! Signore! Dico anche io come tua Madre ieri: “Perché ci hai fatto questo?”. E anche dico: “Perché ci hai detto questo?”. Le tue ultime parole hanno cancellato la gioia della gloriosa vista dai nostri cuori! Gran giorno di paure questo! Prima ci ha fatto paura la grande luce che ci ha destati, più forte che se il monte ardesse o che se la luna fosse scesa a raggiare sul ripiano, sotto i nostri occhi; poi il tuo aspetto e il tuo staccarti dal suolo come fossi per volare via.
Ho avuto paura che Tu, disgustato dalle nequizie di Israele, te ne tornassi ai Cieli, magari per ordine dell’Altissimo. Poi ho avuto paura di vedere apparire Mosè, che i suoi del suo tempo non potevano più vedere senza velo tanto splendeva sul suo volto il riflesso di Dio, e ancora era uomo, mentre ora è spirito beato e acceso di Dio, e Elia... Misericordia divina! Ho creduto essere giunto al mio ultimo momento, e tutti i peccati della mia vita, da quando rubavo le frutta nella dispensa da piccino, all’ultimo di averti mal consigliato, mi sono venuti alla mente. Con che tremore me ne sono pentito!
Poi mi parve che mi amassero quei due giusti... e ho osato parlare. Ma anche il loro amore mi faceva paura, perché io non merito l’amore di simili spiriti. E dopo... e dopo!... La paura delle paure! La voce di Dio!... Geové che ha parlato! A noi! Ci ha detto: “Ascoltatelo!». Tu. E ti ha proclamato “suo Figlio diletto nel quale Egli si compiace”. Che paura! Geové!... a noi!... Certo solo la tua forza ci ha tenuti in vita!...
Quando Tu ci hai toccato, e le tue dita ardevano come punte di fuoco, io ho avuto l’ultimo spavento. Ho creduto che fosse l’ora di essere giudicato e che l’Angelo mi toccasse per prendermi l’anima e portarla all’Altissimo... Ma come ha fatto tua Madre a vedere... a sentire... a vivere, insomma, quell’ora che Tu hai detto ieri, senza morire, Lei che era sola, giovanetta, senza di Te?».
«Maria, la Senza Macchia, non poteva avere paura di Dio. Eva non ne aveva paura finché fu innocente. Ed Io c’ero. Io, il Padre e lo Spirito, Noi, che siamo in Cielo e in Terra e in ogni luogo, e che avevamo il nostro Tabernacolo nel cuore di Maria» dice dolcemente Gesù.
«Che cosa! Che cosa!... Ma dopo Tu hai parlato di morte... E ogni gioia è finita... Ma perché proprio a noi tre tutto questo? Non era bene darla a tutti questa visione della tua gloria?».
«Appunto perché tramortite udendo parlare di morte, e morte per supplizio, del Figlio dell’Uomo, l’Uomo-Dio vi ha voluto fortificare per quell’ora e per sempre con la precognizione di ciò che Io sarò dopo la Morte. Ricordatevi tutto questo, per dirlo a suo tempo... Avete capito?».
«Oh! sì, Signore. Non è possibile dimenticare. E sarebbe inutile raccontare. Ci direbbero “ebbri”».
Tornano ad andare verso la valle. Ma, giunti ad un punto, Gesù piega per un viottolo ripido in direzione di Endor, ossia dal lato opposto di quello nel quale ha lasciato i discepoli.
«Non li troveremo» dice Giacomo. «Il sole inizia la discesa. Si staranno radunando in tua attesa nel luogo dove li lasciasti».
«Vieni e non crearti stolti pensieri».
Infatti, come la boscaglia si apre in una prateria che scende mollemente a toccare la via maestra, vedono tutta la massa dei discepoli, accresciuta da viandanti curiosi, da scribi venuti da non so dove, agitarsi alla base del monte.
«Ohimè! Scribi!... E disputano già!» dice Pietro accennandoli. E scende gli ultimi metri a malincuore. Ma anche quelli giù in basso li hanno visti e se li accennano e poi si danno a correre verso Gesù, gridando:
«Come mai, Maestro, da questa parte? Stavamo per venire al posto detto. Ma ci hanno trattenuti in dispute gli scribi e in suppliche un padre affannato».
«Di che disputavate fra voi?».
«Per un indemoniato. Gli scribi ci hanno scherniti perché non abbiamo potuto liberarlo. Ci si è messo Giuda di Keriot da capo, di puntiglio. Ma fu inutile. Allora abbiamo detto: “Mettetevici voi”. Hanno risposto: “Non siamo esorcisti”. Per caso sono passati alcuni venienti da Caslot-Tabor, fra i quali erano due esorcisti. Ma anche loro niente. Ecco il padre che viene a pregarti. Ascoltalo».
Un uomo, infatti, viene avanti supplichevole e si inginocchia davanti a Gesù rimasto sul prato in pendenza, di modo che è più alto della via di almeno tre metri e ben visibile a tutti, perciò.
«Maestro» gli dice l’uomo, «io venivo a Cafarnao con il figlio mio per cercare Te. Te lo portavo, l’infelice figlio mio, perché Tu lo liberassi, Tu che cacci i demoni e guarisci ogni malattia. Egli è preso spesso da uno spirito muto. Quando lo prende, egli non può più che fare gridi rochi, come una bestia che si strozza. Lo spirito lo butta a terra ed egli là si rotola digrignando i denti, spumando come un cavallo che morda il morso, e si ferisce o rischia di morire affogato o bruciato, oppure sfracellato, perché lo spirito più di una volta lo ha buttato nell’acqua, nel fuoco, o giù dalle scale.
I tuoi discepoli ci si sono provati, ma non hanno potuto. Oh! Signore buono! Pietà di me e del mio fanciullo!».
Gesù fiammeggia di potenza mentre grida: «O generazione perversa, o turba satanica, legione ribelle, popolo dell’inferno incredulo e crudele, fino a quando dovrò stare a contatto con te? Fino a quando ti dovrò sopportare?».
È imponente, tanto che si fa un silenzio assoluto e cessano i sogghigni degli scribi. Gesù dice al padre: «Alzati e portami qui tuo figlio».
L’uomo va e torna con altri uomini, al centro dei quali è un ragazzo sui dodici-quattordici anni. Un bel fanciullo, ma dallo sguardo un poco ebete, come fosse sbalordito. Sulla fronte rosseggia una lunga ferita e più sotto biancheggia una cicatrice antica. Non appena vede Gesù che lo fissa coi suoi occhi magnetici, ha un grido roco e un contorcimento convulsivo di tutto il corpo, mentre cade a terra spumando e rotando gli occhi, di modo che appare solo il bulbo bianco, mentre si rotola per terra nella caratteristica convulsione epilettica.
Gesù viene avanti qualche passo per giungergli vicino e dice: «Da quando gli avviene ciò? Parla forte, che tutti sentano».
E l’uomo, urlando, mentre il cerchio della folla si stringe e gli scribi si mettono più in alto di Gesù per dominare la scena, dice: «Fin da bambino. Te l’ho detto: spesso cade nel fuoco, nell’acqua o giù dalle scale e dagli alberi, perché lo spirito lo assale all’improvviso e lo scaraventa così per finirlo. È tutto pieno di cicatrici e di bruciature. Molto è se non è rimasto accecato dalle fiamme del focolare. Nessun medico, nessun esorcista, neppure i tuoi discepoli lo hanno potuto guarire. Ma Tu, se, come credo fermamente, puoi qualche cosa, abbi pietà di noi e soccorrici».
«Se puoi credere così, tutto mi è possibile, perché tutto è concesso a chi crede».
«Oh! Signore, se io credo! Ma se ancora non credo a sufficienza, aumenta Tu la mia fede, perché sia completa e ottenga il miracolo» dice l’uomo piangendo, inginocchiato presso il figlio più che mai in convulsione.
Gesù si raddrizza, si tira indietro due passi e, mentre la folla più che mai stringe il suo cerchio, grida forte: «Spirito maledetto, che fai sordo e muto il fanciullo e lo tormenti, Io te lo comando: esci da lui e non rientrarvi mai più!».
Il fanciullo, pur stando coricato al suolo, fa dei balzi paurosi, puntando testa e piedi ad arco, e ha gridi disumani; poi, dopo un ultimo balzo, nel quale si rivolta bocconi battendo la fronte e la bocca su un masso emergente dall’erba, che si fa rossa di sangue, resta immoto.
«È morto!» gridano in molti.
«Povero fanciullo!».
«Povero padre!» compiangono i migliori.
E gli scribi, ghignando: «Ti ha servito bene il Nazareno!», oppure: «Maestro, come è? Questa volta Belzebù ti ha fatto fare brutta figura...», e ridono velenosamente.
Gesù non risponde a nessuno. Neppure al padre, che ha rivoltato il figlio e gli asciuga il sangue della fronte e delle labbra ferite, gemendo, invocando Gesù. Ma si china, il Maestro, e prende per mano il fanciullo. E questo apre gli occhi con un sospirone, come si destasse da un sonno, si siede e sorride. Gesù lo attira a Sé, lo fa alzare in piedi e lo consegna al padre, mentre la folla grida di entusiasmo e gli scribi fuggono, inseguiti dalle beffe della folla...
«E ora andiamo» dice Gesù ai suoi discepoli. E, congedata la folla, gira il fianco del monte portandosi sulla via già fatta al mattino.

[5 agosto 1944]. Dice Gesù:
«Ti ho preparata a meditare la mia Gloria. Domani la Chiesa la celebra. Ma Io voglio che il mio piccolo Giovanni la veda nella sua verità per comprenderla meglio. Non ti eleggo soltanto a conoscere le tristezze del tuo Maestro e i suoi dolori. Chi sa stare meco nel dolore deve aver parte meco nella gioia. Voglio che tu, davanti al tuo Gesù che ti si mostra, abbia gli stessi sentimenti di umiltà e pentimento dei miei apostoli.
Mai superbia. Saresti punita perdendomi.
Continuo ricordo di Chi sono Io e di chi sei tu.
Continuo pensiero alle tue manchevolezze e alla mia perfezione per avere un cuore lavato dalla contrizione.
Ma insieme anche tanta fiducia in Me.
Io ho detto: “Non temete. Alzatevi. Andiamo. Andiamo fra gli uomini perché sono venuto per stare con essi. Siate santi, forti e fedeli per ricordo di quest’ora”. Lo dico anche a te e a tutti i miei prediletti fra gli uomini, a quelli che mi hanno in maniera speciale. Non temete di Me. Mi mostro per elevarvi, non per incenerirvi. Alzatevi: la gioia del dono vi dia vigoria e non vi ottunda nel sopore del quietismo, credendovi già salvi perché vi ho mostrato il Cielo. Andiamo insieme fra gli uomini.
Vi ho invitati a sovrumane opere con sovrumane visioni e lezioni perché possiate essermi di maggiore aiuto. Vi associo alla mia opera. Ma Io non ho conosciuto e non conosco riposo. Perché il Male non riposa mai e il Bene deve essere sempre attivo per annullare il più che si può l’opera del Nemico. Riposeremo quando il Tempo sarà compiuto. Ora occorre andare instancabilmente, operare continuamente, consumarsi indefessamente per la messe di Dio.
Il mio contatto continuo vi santifichi, la mia lezione continua vi fortifichi, il mio amore di predilezione vi faccia fedeli contro ogni insidia. Non siate come gli antichi rabbini che insegnavano la Rivelazione e poi non le credevano al punto da non riconoscere i segni dei tempi e i messi di Dio.
Riconoscete i precursori del Cristo nel suo secondo avvento, poiché le forze dell’Anticristo sono in marcia e, facendo eccezione alla misura che mi sono imposta, perché conosco che bevete a certe verità non per spirito soprannaturale ma per sete di curiosità umana, vi dico in verità che quello che molti crederanno vittoria sull’Anticristo, la pace ormai prossima, non sarà che sosta per dare tempo al Nemico del Cristo di ritemprarsi, medicarsi delle ferite, riunire il suo esercito per una più crudele lotta.
Riconoscete, voi che siete le “voci” di questo vostro Gesù, del Re dei re, del Fedele e Verace che giudica e combatte con giustizia e sarà il Vincitore della Bestia e dei suoi servi e profeti, riconoscete il vostro Bene e seguitelo sempre. Nessun bugiardo aspetto vi seduca e nessuna persecuzione vi atterri.
La vostra “voce” dica le mie parole. La vostra vita sia per quest’opera. E se avrete sorte, sulla terra, comune al Cristo, al suo Precursore e ad Elia, sorte cruenta o sorte tormentata da sevizie morali, sorridete alla vostra sorte futura e sicura che avrete comune con Cristo, con il suo Precursore, col suo Profeta.
Pari nel lavoro, nel dolore e nella gloria. Qui Io Maestro ed Esempio. Là Io Premio e Re. Avermi sarà la vostra beatitudine. Sarà dimenticare il dolore. Sarà quanto ogni rivelazione è ancora insufficiente a farvi capire, perché troppo superiore è la gioia della vita futura alla possibilità di immaginare della creatura ancora unita alla carne».
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GR 78 Granellino del 25.02.2018

(Mc 9,2-10)
Perché molti battezzati cattolici non vanno più a Messa? Perché le chiese si sono svuotate? Non diamo sempre la colpa al diavolo se c'è stato questo allontanamento dalla Parola di Dio, dell'Eucaristia e dalla comunità parrocchiale di appartenenza. È vero, il Diavolo fa la sua parte, ma la colpa è anche di molti pastori della Chiesa. Non essendo uomini di preghiera e di penitenza, hanno guidato le comunità cristiane senza la passione di annunciare la parola di Dio, senza lo zelo di istruire assiduamente i fedeli circa le realtà del cielo, senza l'entusiasmo di fare della parrocchia una famiglia di famiglie.
Questi pastori hanno celebrato senz'amore battesimi, Eucarestie, cresime, confessioni, matrimoni, unzioni degli infermi e funerali. La colpa della secolarizzazione, della desacralizzazione e della scristianizzazione in gran parte bisogna attribuirla anche al clero che, per mancanza di fede, non ha manifestato il volto del Risorto. Abbiamo avuto molti preti e vescovi burocrati che hanno fatto solo una pastorale di conservazione e non di evangelizzazione. Le generazioni passate erano stanche di partecipare a liturgie piatte, a omelie mielose e inconcludenti. Dopo il culto celebrato e vissuto senza VERITÀ, i fedeli non sono stati mossi a dire come Pietro: "Signore, è bello per noi stare qui!”.
Com'è bello quando, dopo il culto, i fedeli esclamano dicendo: "Siamo stati in Paradiso?". La preghiera autentica, il culto impregnato di Verità, la Parola di Dio annunciata con il fuoco dello Spirito Santo manifestano il volto del Risorto, che è di una bellezza infinita.
Mai come oggi, per fare ritornare i Battezzati cattolici in Chiesa, abbiamo un urgente bisogno di un clero che crede in quello che dice e fa. Abbiamo bisogno di un clero che si se dedichi di più alla preghiera. La trasfigurazione di Gesù è avvenuta durante la preghiera. Il volto di molti preti è spento. Gli occhi di molti preti sono pieni di terra. Nei loro occhi non si vede il cielo. Pregate per noi pastori in questa Quaresima. Amen. Amen.
(P. Lorenzo Montecalvo dei Padri Vocazionisti)

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Medaglia di San Benedetto