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domenica 11 marzo 2018

SC 93 Commento al Vangelo del 11.03.2018 (Padre Giulio Maria Scozzaro)

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (3,14-21)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’Uomo, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui. Chi crede in Lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel Nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
La gioia della Croce che emerge dalle parole di Gesù, è il tema centrale della Parola di oggi, forma un’apparente contrapposizione che in Dio si dissolve ancora prima di crearsi. L’allegria è una virtù, manifesta l’espressione dell’animo gioioso e felice, nonostante qualche sofferenza.
La Croce esaltata da Gesù trasmette ai seguaci una forza interiore che non è possibile trovare in nessuna parte e non è acquistabile con tutte le ricchezze. Portare la propria croce può essere una costrizione perché il male arriva dall’esterno oppure è causata da una condotta di vita squilibrata.
Ognuno può rendersi conto che senza una meta spirituale, senza una finalità superiore del proprio esistere, si corre dietro non si sa bene chi, di sicuro c’è il trionfo dell’istinto, dell’autoreferenzialità e dell’avventatezza. La meta perfetta è quella indicata da Cristo nel Vangelo, infatti nessuno di quelli che la percorrono convintamente è infelice.
Potrà sembrare un paradosso per quanti non conoscono da vicino la Persona di Gesù, quando Egli sceglie la Croce per morire e la esalta per il vero trionfo dei suoi seguaci. Dopo la sua Morte di Croce seguì la sua Risurrezione, questo è il grande “miracolo” suscitato da quanto avvenuto sul Calvario.
Ognuno di noi ha il suo calvario, lo crea da sé per le scelte sbagliate o viene confezionato dai nemici malvagi, nessuno ne è esente purtroppo, ma Gesù vuole la nostra felicità. Se ci vuole felici, perché allora ci dice di portare la propria croce e, soprattutto, esalta la sua Croce come simbolo di salvezza e di vittoria?
L’ho già scritto sopra, la Croce di Gesù trasmette una notevole forza interiore che rinvigorisce e dà maggiore resistenza dinanzi alle sofferenze e alle prove della vita. È il simbolo dell’Amore di Dio verso ognuno di noi.
Quindi, Croce e allegria coesistono perfettamente se si vivono insieme al Signore.
La Croce dove morì Gesù è una maestra di vita, lo divenne perché accolse l’unico Maestro Divino della storia umana, il quale da questo Trono insegnò in tre ore, quanto tutti i falsi maestri e falsi profeti di tutti i tempi non sono mai riusciti da quando esiste l’uomo.
La contemplazione della Croce è una delle meditazioni più importanti del Cristianesimo, ovviamente essendoci il Crocifisso è Gesù che viene adorato ma inchiodato, con mani e piedi trafitti e nel momento più orribile della sua vita.
Da questa contemplazione si acquisisce ogni elemento per riuscire ad imitare le virtù di Gesù, secondo la disponibilità e convinzione, ma diventa sempre più limpida la figura del Signore in quello che visse nei tre anni di apostolato.
Sono numerosi gli insegnamenti che ci dà Gesù dalla Croce: c’è infinito Amore per l’umanità, la preghiera, la pazienza, il perdono, la bontà, l’altruismo, la carità, la compassione per l’umanità agitata dalle tentazioni, la misericordia verso quanti si volgono a Lui e Lo cercano.
Questi insegnamenti che si ricavano dalla meditazione di Gesù Crocifisso, rendono il cristiano maggiormente padrone di sé e forte nel discernere il bene dal male. Insieme ai Sacramenti e alla preghiera, il cristiano gradualmente si distacca dalla vecchia mentalità e scopre il vero tesoro indicato da Gesù nel Vangelo e che è Lui.
La crescita spirituale diventa sempre più evidente non solamente agli altri, la stessa persona nota in sé mutamenti bellissimi e che da sola non poteva darsi. È frutto della retta intenzione che si acquisisce con le pratiche religiose che ho indicato.
Si ritroverà una allegria interiore inspiegabile e che viene dalla Fede, non è assolutamente quella spontanea che è invece sguaiata e insincera. Non è quell’allegria che si manifesta come stato abituale di molti venditori o di quanti sono “indotti” dal loro lavoro a rimanere con il volto atteggiato a sorriso.
L’allegria che porta nell’anima e nel volto chi segue Gesù e si sforza di fare quanto riesce per imitarlo, è una contentezza che scaturisce dalla gioia, da una appagata felicità soprannaturale. È l’allegria che dimostra l’animo gioioso per avere incontrato il Signore e per la consapevolezza di avere una Madre Onnipotente per Grazia, sempre premurosa verso quanti La invocano con molta fiducia.
L’allegria del cristiano ha un’origine spirituale, sorge in un cuore che ama e si sente amato da Dio!
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