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sabato 10 marzo 2018

SC 92 Commento al Vangelo del 10.03.2018 (Padre Giulio Maria Scozzaro)

+ Dal Vangelo secondo Luca (18,9-14)
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al Tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al Cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Gesù in quel contesto si rivolse a pochi che erano presenti, alcuni che “avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri”. È una condizione che si trova in molte persone nella nostra società, e la colpa si trova nell'autosufficienza, nella convinta autonomia di consistenza o di gestione di sé.
Il punto forte della presunzione e che rende l’uomo debole, è l’incapacità di scoprire nella propria vita questa distorta convinzione.
Chi presume, solitamente non ha prove per ammettere qualcosa con assoluta certezza, semmai ipotizza un avvenimento considerando diversi fattori, immagina nella sua mente qualcosa che effettivamente ancora non c’è. Le congetture e le supposizioni sono ipotesi e opinioni che possono cadere nel giudizio temerario, un peccato grave che incide molto e in peggio nella vita spirituale.
Nessun Sacerdote deve meravigliarsi quando parla con un grande peccatore, al contrario deve mostrare una immensa comprensione, così nasce un vero dialogo che conduce il peccatore a scoprire di non essere perfetto/a. Sono i peccatori ad avere maggiore necessità di aiuti spirituali, essi devono percepire di essere accolti benevolmente nonostante i loro drammi passati.
Occorre molta comprensione verso gli altri e il dialogo matura quando ci si sente accettati, considerati e non condannati.
Gesù cerca soprattutto questi peccatori per aiutarli attraverso i Sacerdoti e i cattolici fervorosi, senza questi aiuti rimane molto difficile per i peccatori rientrare in sé e conoscersi. Alle volte è sufficiente una buona parola, un sorriso, un atto gentile per suscitare nel peccatore il risveglio della coscienza.
Anche i nemici di Gesù rimanevano conquistati dalle sue parole, restavano affascinati nel vedere il suo Volto, estasiati per la Grazia che emanava.
Questo ci vuole dire che per aiutare gli altri, rimane determinante quello che portiamo dentro, amore o indifferenza. Da quanti ci avvicinano viene percepita la presenza in noi di Dio, ma non comprendono pienamente che quel Bene che portiamo in noi viene da Dio. Ci percepiscono come buone persone, senza trovare una spiegazione.
Ogni cristiano potenzialmente è un grande missionario del Vangelo anche se non parla del Vangelo, già le sue opere virtuose annunciano che il suo Dio è vivo e vuole salvare anche i più grandi peccatori. Così Gesù si serve dei suoi strumenti più spirituali e vicini a Lui, quelli disponibili a dedicare del tempo per la causa del Vangelo e per un santo apostolato.
Nella vita si corre e si dilapida tempo prezioso, ma cosa c’è di più importante dall’aiutare Gesù nella salvezza delle anime, facendo del bene?
Quando si vive nella sofferenza o si incontra una malattia, anche molti non cristiani rientrano in sé e rivedono il film della loro vita, riconsiderano gli errori commessi e i comportamenti orgogliosi. La superbia perverte tutto, è il più grande ostacolo che l’uomo oppone alla Grazia Divina, è il vizio capitale più pericoloso.
La superbia si insinua e tende a infiltrarsi anche nelle nostre opere buone, togliendo loro la dimensione e il merito soprannaturali.
La radice della superbia sta nell'intimo dell’uomo, nel suo amor proprio disordinato, e niente è altrettanto difficile da sradicare, o anche solo da riconoscere con chiarezza. “Avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri”. La causa arriva dalla mancata conoscenza personale.
Fu la superbia ad impedire a molti farisei di convertirsi a Gesù, rifiutarono subito di riconoscerlo come il Messia e rimasero soli. Altri farisei invece si convertirono e diventarono amici e fedeli del Signore. Questi farisei non si lasciarono guidare dalla superbia che illude di aver compreso tutto e di poter determinare il futuro.
Se l’uomo è l’artefice del suo destino, è proprio l’uomo a rifiutare la Volontà di Dio quando si lascia guidare dall’istinto, da pensieri volubili.
Il cristiano può intuire qual è la Volontà di Dio, cosa chiede Lui, e Dio desidera solo il meglio per ognuno di noi, ma l’uomo deve rivedere la modalità delle sue scelte. Non è sufficiente una brillante intelligenza per intuire il futuro o indovinare sempre le scelte migliori, non è così, altrimenti gli intelligenti diavoli conoscerebbero il futuro, ma a loro è precluso.
Se neanche i diavoli conoscono il futuro, l’uomo non deve illudersi di avere compreso anche una minima parte di quanto è imprevedibile.
Nella parabola di oggi Gesù ci presenta due uomini con due caratteristiche opposte. Il fariseo presumeva di fare tutto bene e finì condannato, mentre il pubblicano -riconosciuto come grande peccatore-, con atteggiamento umile e con un sincero dolore interiore per le offese a Dio, trovò con facilità il perdono da Dio. Fu giustificato e salvato.
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