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sabato 3 marzo 2018

SC 85 Commento al Vangelo del 03.03. 2018 (Padre Giulio Maria Scozzaro)

+ Dal Vangelo secondo Luca (15,1-3.11-32)
In quel tempo, si avvicinavano a Lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed Egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
La logica umana concepisce in modo opposto il comportamento che deve assumere un padre dinanzi un figlio che si comporta come il giovane della splendida parabola indicata come “il figliol prodigo”. Pensano a un padre debole, incapace di imporre la sua autorità e in questa società si trovano genitori troppo deboli e causa principale della rovina dei loro figli.
Molti cristiani arrivano a pensare che trovano ingiusto il perdono dato da Dio a un determinato peccatore che per lunghi anni “ha divorato le tue sostanze con le prostitute”, come accusa il figlio maggiore della parabola. Oppure, si tratta di un peccatore che ha commesso incalcolabili errori, danneggiando e causando immense sofferenze alle persone.
Un Ministro di Dio fa questa riflessione e in lui cresce l’amore verso Dio. È un Padre che accoglie ed abbraccia il peccatore pentito.
Questa è una parabola meravigliosa, allo stesso tempo è difficile da accettare per quanti non hanno compreso l’Amore di Dio, ed è impossibile capirlo nella sua pienezza, si comprende la benevolenza di un Padre che ha creato gli esseri umani e ricorda che “l’uomo vivente è la gloria di Dio”.
Questa parabola ha più spiegazioni, dipende da chi la medita o predica, se è un cristiano buono o cattivo, se è gioioso per la felicità altrui o arrabbiato per quella che considera una ingiustizia. La spiritualità di ognuno dirige l’interpretazione e convince anche della spiegazione sbagliata.
Il cristiano buono è felice per il ritorno del fratello perduto, non si preoccupa dei beni perduti e gioisce per la rinascita di colui che sembrava morto. “Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
Oltre all’equilibrio eccellente, il cristiano che ha pregato molto con Fede e ha osservato i Comandamenti, che si è rinnegato in qualcosa ogni giorno e ha conosciuto attraverso le buone letture la Persona di Gesù Cristo, questo cristiano è capace di dare spiegazioni molto spirituali agli avvenimenti e allo stesso agire di Dio.
Non capisce tutto di Dio, altrimenti sarebbe Dio, ma l’azione dello Spirito Santo è potente e illumina con estrema chiarezza quando necessita nell’uomo l’azione soprannaturale. Questa azione di Dio è ovviamente diretta da Lui e così abbiamo visto che una persona illetterata come Natuzza Evolo conosceva quanto tutti i teologi del mondo neanche immaginavano.
All’opposto ci sono i cristiani che si illudono di seguire Gesù, o i pagani incamminati sempre nella via della loro verità dogmatica.
L’equilibrio non indica uno stato di santità, infatti anche i pagani e gli anticlericali hanno un forte controllo delle loro azioni esteriori e anche la misura del linguaggio: questi sono molto astuti e più che cosa dire, sono esperti nella misura di cosa non dire.
L’equilibrio di un cristiano che ama il peccatore pentito è una vera gioia e c’è festa in Cielo, anche per quell’anima strappata dalle fauci dei diavoli. Questo cristiano agisce con molta saggezza e coerenza, non si lamenta di nulla e non recrimina dinanzi alle opere di Dio.
Il giovane figlio se ne andò in “un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto”. Lasciò un padre afflitto per la perdita di un figlio e un fratello pieno di rancore per l’azione folle del fratello minore. Noi verso chi dei due proviamo affinità?
È facile dire per il padre ma neanche per tutti è proprio facile. Dipende dall'amore sincero che proviamo verso il prossimo.
Il nucleo della meravigliosa parabola si trova nel momento in cui il giovane dilapidatore “ritornò in sé e disse: Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te”.
Non succede a tutti pentirsi dopo gravissimi peccati, neanche quando si trovano a vivere in condizioni umilianti e da pezzenti. Non tutti comprendono di avere compiuto un tradimento contro un padre buono e lo dimenticano.
Allo stesso modo viene dimenticato Dio da molti suoi figli, ingabbiati nella tortuosa ricerca di appagamento di quello che piace e spesso si cerca di raggiungerlo non proprio correttamente. Dio è Padre e li aspetta per far festa, per farli rivestire del “vestito più bello”, e qui si intende la Grazia Divina, ciò che l’uomo può ottenere di più importante nella sua vita e che lo fa vivere nella gioia interiore.
Ognuno di noi può imitare il padre della parabola, pregando per la conversione dei peccatori, anche se non deve riabbracciare o aiutare un proprio figlio. Sono molti i figli di Dio smarriti nel mondo e convinti di dover vivere eternamente in questa vita oppure fanno spallucce quando Dio fa ricordare ad essi che la scena di questo mondo passa e se si vive lontani da Dio, lontani si rimarrà quando ci si troverà nella necessità.
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