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lunedì 8 ottobre 2012

1858 - Commento al Vangelo del 8/10/2012


+ Dal Vangelo secondo Luca (10,25-37)
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
È una delle più belle parabole di Gesù, descrive l’amore che si deve mostrare anche verso gli sconosciuti, perché tutti siamo figli di Dio. Gesù parla del prossimo, un termine che rimane sconosciuto a molti cristiani, non per il rifiuto di aiutare gli altri, proprio perché non conoscono il significato che viene dato dal Vangelo. Chi è il vostro prossimo? È il familiare, le persone che incontrate, quelle che conoscete e quelle che non conoscete.
Il prossimo è una persona che dobbiamo amare indipendentemente dalla conoscenza o meno.
Per spiegare l’amore incondizionato verso il prossimo, Gesù inventò questa parabola molto significativa e coinvolgente. È anche piena di significati profondi che cercheremo di tirare fuori.
Individuiamo innanzitutto il protagonista della parabola, che non è l’uomo malmenato, invece è il samaritano, scelto da Gesù per indicare che se un samaritano presta aiuto a un ebreo, dimostra un grande amore verso un suo nemico. Dato che il samaritano era considerato a quel tempo un eretico simile a un pagano che bisognava solo disprezzare, la sua azione caritatevole aveva un valore eccezionale. Mentre un giudeo non avrebbe mai toccato l’uomo ferito per non contaminarsi, il samaritano proprio perché distaccato dalla mentalità ebraica, si fermò e compì delle opere buone e piene di amore.
La parabola scaturisce dalla domanda che uno scriba pone a Gesù: “Chi è il mio prossimo?”. Anche questa domanda aveva lo scopo di immettere Gesù in una disputa rabbinica, si cercava di coinvolgerlo e di farlo sbagliare. Lo scriba non sapeva che Gesù con questa parabola alla fine avrebbe spiegato il racconto della storia della salvezza operata da Lui, ma affidata ad ognuno di noi, chiamandoci a diventare responsabili della salvezza dei prossimi che conosciamo.
Chi opera per il bene degli altri, diventa come il buon samaritano!
Il racconto è molto bello, inizia narrando che un uomo scendeva da Gerusalemme, città posta a 750 metri di altezza, verso Gèrico, città interna posizionata a 250 metri sotto il livello del mare. La discesa dell’uomo anonimo e che ricorda l’umanità anonima, senza identità cristiana, è una discesa anche dal Paradiso a causa del peccato di Adamo.
L’uomo perde Dio e scende verso il basso, ma viene bastonato dai briganti che lo vincono, sono tutti i peccati che abbattono l’uomo sconosciuto e lo spogliano dei beni, della Grazia di Dio e dei meriti.
Chi pecca e non si confessa, è come l’uomo assalito dai briganti che rimase spogliato di tutto, proprio i peccati percuotono a sangue il peccatore e lo lasciano mezzo morto. Senza più la Grazia di Dio. I peccati tramortiscono chi pecca e lo rendono confuso, avventato nelle sue azioni e nel linguaggio. Possono coesistere questo stato interiore superficiale e una vita cristiana con la Messa e le preghiere.
Quanti non avvertono la presenza di Dio nella loro anima, non si curano dei peccati mortali che commettono quotidianamente.
L’uomo della parabola si lasciò sopraffare dai briganti che rappresentano i peccati, fu ridotto in fin di vita perché le tentazioni lo vincevano sempre, non era capace di iniziare una nuova vita, anche se doveva incontrare la fatica di lottare, la sopportazione di ogni dolore e la pratica del rinnegamento.
L’uomo della parabola ridotto mezzo morto, viene visto da un levita del Tempio che passava lì vicino ma non si fermò. I leviti facevano parte della tribù di Levi, ad essi era affidato il compito di sorvegliare il tabernacolo e il Tempio. Subito dopo passò anche un sacerdote ebreo del Tempio, anche lui si rifiutò di aiutare il moribondo. Il levita e il sacerdote non vollero contaminarsi, preferirono non toccare l’uomo in fin di vita pur di rispettare una legge umana inqualificabile. Rifiutarono l’aiuto al prossimo che trovarono sulla loro strada per osservare l’ipocrisia.
Dopo passò anche un samaritano, proprio lui poteva ignorare quella scena ma invece si fermò. Rileggiamo alcune parole chiavi: “… era in viaggio, passandogli accanto, lo vide e ne ebbe compassione”Il Samaritano è il Figlio di Dio che lascia il Cielo e si mette in viaggio con l’umanità, passa sempre accanto ai peccatori per salvarli dalla morte eterna, vede lo stato agonizzante degli uomini e prova molta compassione.
Gesù si prende cura di ognuno di noi come ha fatto il buon Samaritano, fascia le ferite morali e quelle causate dai peccati se Lo cerchiamo e proviamo pentimento. Gesù come il buon Samaritano, dopo avere fasciato le ferite, versa olio e vino che indicano la Grazia e la Fede che si riacquista dopo l’assoluzione data da Lui per mezzo del Sacerdote. Indicano l’effetto di una buona Confessione.
Non solo cura le ferite, Gesù prende su di sé, in sé cioè nel proprio Cuore i sofferenti, i malati, i peccatori pentiti, quanti si abbattono e Lo cercano, e li porta tutti nell’albergo che è la sua Chiesa, quella guidata dal Romano Pontefice. Nella Chiesa incarica i suoi Sacerdoti di seguire da vicino i malati nello spirito. Al Sacerdote a cui affida l’uomo sconosciuto ferito dice: “Abbi cura di lui”, sii vicino a lui, cura la sua anima, consiglialo secondo il mio Vangelo, guidalo verso la santità.
Come vedete, per guarire le ferite dell’anima occorrono l’olio e il vino spirituali che simboleggiano la Grazia e la Fede. Anche le malattie fisiche si possono guarire con la preghiera, non solamente per l’allontanamento dei diavoli, soprattutto per la Grazia di Gesù che guarisce anche le malattie più difficili. Occorre una Fede pura, l’anima rigenerata dalla Confessione, determinante per guarire anche quando ci si trova spiritualmente agonizzanti.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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