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sabato 6 ottobre 2012

1853 - Vita di Gesù (paragrafi 536-540)


La questione cronologica

§ 536. Quanto al giorno della settimana non sorge alcun dubbio, perché tanto i Sinottici quanto Giovanni mettono l'ultima cena al giovedì e la morte al venerdì seguente. La divergenza sta nella collocazione di questi due giorni nel mese Nisan, perché dai Sinottici risulterebbe che il giovedì dell'ultima ce­na era il 14 Nisan e perciò il venerdì della morte era il 15, mentre da Giovanni risulterebbe che il giovedì era il 13 Nisan e il venerdì il 14. I Sinottici infatti mettono l'ultima cena nel giornoquando immolavano la Pasqua (Marco, 14, 12; cfr. Luca, 22, 7), ossia in cui si faceva l'immolazione dell'agnello pasquale che era prescritta per il pomeriggio del 14 Nisan (§74) perciò l'ultima cena sarebbe stata la cena dell'agnello pasquale celebrata da Gesù al giorno prescritto; essendo poi egli morto il giorno seguente, questo giorno sarebbe stato il 15 Nisan in cui cadeva la Pasqua ebraica. Giovanni invece narra che Gesù morì nella parasceve della Pasqua ( Giov., 19, 14), ossia nel giorno precedente alla Pasqua e prima che in quei giorno i Giu­dei avessero celebrato il rito dell'agnello e mangiato la Pasqua: essi infatti non entrarono nel pretorio (di Pilato)per non contaminarsi ma per mangiare la Pasqua (Giov., 18, 28), riuscendo in quello stes­so giorno a far condannare Gesù e ad ucciderlo; in tal caso Gesù morì il 14 Nisan, e l'ultima cena da lui celebrata la sera precedente non era legalmente la cena dell'agnello pasquale. La seguente tabella mostrerà il consenso e il dissenso fra i Sinottici e Giovanni in questo punto.

§ 537. Senonché i Sinottici stessi, con talune loro fuggevoli allusioni, inducono a fare ulteriori ed importanti considerazioni. Stando alla loro cronologia, Gesù fu arrestato nella notte fra il 14 e il 15 Nisan, e le varie peripezie del suo processo terminate con la condanna e l'esecuzione di questa cominciarono già alle prime ore del 15 Nisan per prolungarsi fino al pomeriggio di quel giorno. Ora, tutto ciò s'imbatté in una difficoltà gravissima ed evidentissima, cioè nel carattere supremamente festivo che aveva quella notte e quel giorno: in quella notte si mangiava l'agnello pasquale col solenne cerimoniale già visto (§ 75) e da turbe innumerevoli affluite a Ge­rusalemme da ogni paese; e in quel giorno poi, che era la Pasqua (15 Nisan), era rigorosamente prescritta l'astensione da ogni lavoro (Esodo, 12, 16; Levitico, 23, 7), e valevano per esso le norme del ri­poso del sabbato anche se in realtà quel giorno non fosse un sabba­to. E’ pertanto storicamente inconcepibile che gli avversari di Gesù, per quanto colmi di odio contro di lui, trascurassero la cena pasquale di quella notte e violassero il riposo festivo di quel giorno per com­piere tutto ciò che era necessario al processo, alla condanna e alla sua esecuzione. E infatti la sconfinata meticolosità che vedemmo più vol­te applicata al riposo sabbatico non avrebbe permesso varie azioni che troviamo compiute in queste poche ore: ad esempio che coloro i quali in quella notte arrestarono Gesù trasportassero armi ed altri oggetti(Matteo, 26, 47), e che accendessero il fuoco proprio in casa del sommo sacerdote (Luca, 22, 55); ovvero che durante quel santis­simo giorno di Pasqua vi fosse un uomo come Simone il Cireneo che veniva dal campo, dove era stato certamente a lavorare (Marco, 15, 21); oppure che si comprasse una sindone, come fece Giuseppe di Arimatea (Marco, 15, 46); o anche che si preparassero aromi ed unguenti, come fecero le pie donne (Luca, 23, 56). Tutte queste azio­ni erano altrettante violazioni del riposo festivo; se perciò si consi­derano sommate tutte insieme, portano alla conclusione che quella notte non era sacra e quel giorno non era santissimo né di riposo per molti Giudei se non per tutti - e quindi che costoro non avevano mangiato l'agnello pasquale la sera del giovedì come Gesù, né cele­bravano la Pasqua il venerdì. Questa conclusione è tanto più impor­tante, in quanto estratta da informazioni offerte dai soli Sinottici. Si aggiunga a conferma un'altra osservazione. Gesù muore nel pomeriggio del venerdì, che secondo i Sinottici sembra essere il giorno di Pasqua (15 Nisan). Appena egli è morto, Giuseppe di Arimatea si affretta a seppellirlo in quello stesso pomeriggio, perché col tramon­to sarebbe cominciato il riposo del successivo sabbato (Marco, 15, 42 segg); così pure dal canto loro le pie donne prepararono in quel pomeriggio gli aromi e gli unguenti per la venerata salma, ma giun­ta la sera passarono inoperose il sabbato conforme il comandamen­to (Luca,23, 56). Tutto ciò sarebbe regolarissimo riferendosi al ripo­so del vero sabbato settimanale: ma se in quel venerdì ormai tra­montato, in cui era morto Gesù, era anche caduta la Pasqua, que­sta solennità portava con sé egualmente il riposo festivo; e allora come mai e perché mai affrettarsi tanto nel pomeriggio di quel venerdì, se già in esso vigeva un riposo anche più solenne in virtù del­la solennità pasquale? Quindi anche da questo lato, ed egualmente per notizie offerte dai Sinottici, ritornerebbe la conclusione che pu­re Giuseppe di Arimatea e le pie donne non celebravano la Pasqua in quel venerdì, il quale perciò non era per essi il 15 Nisan. In realtà la divergenza fra i Sinottici e Giovanni, stando ai sempli­ci dati ricavati da essi, è inconciliabile; se si seguono i Sinottici Ge­sù sembra morto il 15 Nisan, se si segue Giovanni è morto il 14 Nisan.

§ 538. I tentativi per comporre la divergenza sono stati molti, seb­bene parecchi di essi non avessero neppure l'ombra di fondamento storico. In tale condizione si ritrova, ad esempio, l'ipotesi secondo cui in quell'anno i Giudei avrebbero ritardato di un giorno la Pa­squa trasportandola al 16 Nisan, per aver agio di processare ed uc­cidere Gesù, mossi unicamente dall'odio contro di lui, mentre Gesù avrebbe mangiato l'agnello pasquale al tempo prescritto; questa ipo­tesi, proposta già in antico da Eusebio di Cesarea e recentemente da alcuni moderni, ha il torto di essere antistorica in quanto dimentica il tenacissimo attaccamento che gli avversari di Gesù avevano alle loro tradizioni, e che non avrebbe ce­duto il passo neppure al loro odio contro Gesù e ciò, senza rile­vare l'assurdità che siffatto spostamento della Pasqua in odio a Gesù sarebbe stato decretato in poche ore, imposto a folle enormi che non conoscevano neppure di nome Gesù, e perfino a persone a lui bene­vole quali Giuseppe di Arimatea e le pie donne. Altra soluzione che non risolve nulla è quella secondo cui Giovanni, allorché dice che i Giudei non entrarono nel pretorio per non conta­minarsi ma per mangiare la Pasqua, alluderebbe alla consumazione delle altre offerte del ciclo pasquale, ma non a quella dell'agnello che i Giudei avrebbero già mangiato nella stessa sera che Gesù. Senonché, anche astraendo dal fatto che rimarrebbe egualmente la difficoltà del riposo violato, questa soluzione è dimostrata falsa dal­l'uso rabbinico dell'espressione mangiare la Pasqua, la quale si rife­risce costantemente all'agnello pasquale. Fra quegli studiosi moderni che vogliono trovare nel IV vangelo tutte narrazioni allegoriche ha incontrato molta fortuna la soluzione che ritiene come storica soltanto la cronologia dei Sinottici e considera invece la cronologia del IV vangelo come risultato di una accomo­dazione dogmatico-allegorica; Gesù sarebbe morto in realtà il 15 Ni­san, giorno della Pasqua ebraica, giorno dell'immolazione dell'agnel­lo pasquale, soltanto per significare che egli è il simbelico agnello pa­squale del Nuovo Testamento che ha definitivamente sostituito l'an­tica vittima della Pasqua ebraica, conforme al principio dogmatico di S. Paolo: (Quale) nostra Pasqua fu immolato Cristo (I Cor., 5, 7). Senonché, chi non si lasci abbagliare dalle apparenze, questa solu­zione apparirà non meno antistorica di altre. Essa infatti passa sopra, con fallace indifferenza, agli importantissimi accenni che già rilevam­mo dagli stessi Sinottici, i quali su questo argomento sono considerati storici dagli stessi seguaci di tale soluzione. Se Gesù morì il 15 Ni­san e se quel giorno era Pasqua, perché mai molti Giudei non os­servavano in quel giorno il riposo festivo come incidentalmente ma sicuramente abbiamo appreso dai Sinottici? Sarebbero forse allegorici in altra maniera anche i Sinottici? O non piuttosto la presunta cronologia allegorica del IV vangelo è storica non meno di quella dei Sinottici? Quanto all'unica ragione positiva addotta, cioè la coinci­denza della immolazione dell'agnello pasquale con la morte di Gesù, è ragione più speciosa che soda; anzi, esaminata più da vicino, sem­brerebbe piuttosto una difficoltà in contrario che una ragione in fa­vore. Se Gesù è morto secondo i Sinottici il 15 Nisan ed ha cele­brato la cena pasquale la sera del 14, Giovanni aveva ogni motivo allegorico per conservare questa cronologia e non già per mutarla; in­fatti, secondo essa, Gesù avrebbe istituito l'Eucaristia proprio men­tre i Giudei celebravano la cena pasquale, ed è appunto l'Eucaristia il rito unico e perenne che nella Chiesa cristiana ha sostituito i vari riti sacrificali del giudaismo; perciò Giovanni, che giustamente è ri­conosciuto anche dagli avversari come l'evangelista del Cristo “pane di vita” (§ 373, nota), poteva attenersi tranquillamente alla cronologia dei Sinottici ritrovandovi pienamente appagata la sua inclinazione dogmatico-allegorica. E invece, secondo il suo solito, Giovanni ha ritoccato in parte quella cronologia, mettendo in miglior luce quanto era stato accennato vagamente dai Sinottici stessi. In tal ca­so non parlerebbe in lui il testimonio oculare e prediletto, piuttosto che il presunto allegorizzante?

§ 539. In questa vecchia e intricata questione i recenti e proficui studi degli antichi documenti rabbinici hanno aperto una nuova via, che è forse la buona. Già avemmo occasione di rilevare quanto fos­sero empirici ed incerti i mezzi con cui ai tempi di Gesù si fissava il calendario giudaico, e come questo calendario fosse di una elastici­tà appena concepibile per noi moderni (§ 180); ebbene, appunto da questa elasticità potrebbe dipendere la divergenza fra i Sinottici e Giovanni, consistendo essa nel collocare il venerdì della morte di Gesù o al 14 o al 15 Nisan. Se quel venerdì fu insieme il 14 e il 15 Nisan - ossia se alcuni Giudei lo computavano come il 14 e altri come il 15 - sarebbe conciliata la divergenza, perché i Sinottici si rife­rirebbero ai Giudei che consideravano quel venerdì come 15 Nisan, mentre Giovanni si riferirebbe agli altri che lo consideravano come il 14 Nisan. Troviamo infatti che, ai tempi di Gesù, si agitava una seria controversia fra Sadducei e Farisei a proposito della data della Pentecoste, e per conseguenza anche della Pasqua essendo le due feste ricollegate fra loro. I partigiani della famiglia di Boeto (§ 33), influentissima nel ceto sacerdotale e sadduceo, sostenevano che la Pentecoste doveva celebrarsi sempre di domenica; ma poiché i 50 giorni d'interstizio fra la Pasqua e la Pentecoste (§ 76) si cominciavano a contare da quel giorno dell'ottava Pasquale nel quale si offriva nel Tempio il primo manipolo di spighe, perciò essi sostenevano che l'offerta del ma­nipolo doveva farsi sempre nella domenica di detta ottava. I Farisei al contrario sostenevano che la Pentecoste poteva celebrarsi in qualunque giorno settimanale; quindi l'offerta del manipolo doveva farsi sempre al giorno immediatamente successivo alla Pasqua, cioè al 16 Nisan, qualunque giorno settimanale esso fosse. Stante questa divergenza i Boetani e in genere i Sadducei usavano spostare il calendario, specialmente nei casi in cui la Pasqua (15 Nisan) fosse caduta di venerdì ovvero di domenica. Nel caso di Pa­squa al venerdì, essi posticipavano il calendario d'un giorno e face­vano cadere in quel venerdì l'immolazione dell'agnello e la cena pasquale (14 Nisan), nel sabbato la Pasqua (15 Nisan), e nella dome­nica l'offerta del manipolo (16 Nisan). Nel caso di Pasqua alla do­menica anticipavano d'un giorno e facevano cadere in quella dome­nica l'offerta del manipolo (16 Nisan), nel precedente sabbato la Pasqua (15 Nisan), e nel precedente venerdì l'immolazione dell'agnello (14 Nisan). Questo spostamento di calendario si otteneva facil­mente, anche mediante piccoli sotterfugi, approfittando dell'empiri­smo con cui si regolava la fissazione del calendario e di cui già trat­tammo (§ 180). A questa accomodazione dei Sadducei non acconsentivano però i Fa­risei; i quali, non preoccupandosi del giorno settimanale in cui ca­deva la Pentecoste, celebravano il rito dell'agnello, quello della Pa­squa e quello del manipolo, nei giorni in cui effettivamente cade­vano. Si produceva quindi una scissione fra coloro che celebravano questi riti. La gran massa del popolo, dominata dai Farisei, li seguiva an­che nella fissazione cronologica di questi riti. AI contrario le classi aristocratiche, più legate al ceto sacerdotale, seguivano la fissazione dei Boetani e dei Sadducei. Ogni gruppo seguiva la propria crono­logia, non curandosi del gruppo opposto; tuttavia non dovevano mancare molti individui i quali o per ragioni di comodità seguivano la cronologia del gruppo non loro, ovvero non appartenendo a rigo­re a nessun gruppo sceglievano fra le due alternative quella che me­glio piaceva.

§ 540. Ora, applicando questi dati al caso di Gesù, si trova una corrispondenza sorprendente. L'anno in cui Gesù mori, la Pasqua cade­va regolarmente al venerdì. Perciò i Sadducei, conforme alla loro norma, posticiparono il calendario d'un giorno per ottenere che l'of­ferta del manipolo cadesse alla domenica. I Farisei invece si attenne­ro al calendario regolare, respingendo la posticipazione dei Sadducei e celebrando l'offerta del manipolo al sabbato. Il popolo si divise fra le due correnti. La seguente tabella mostrerà nelle prime due colonne la differenza di datazione della festività pasquale tra i Sadducei e i Farisei, nelle ultime due colonne le rispettive posizioni degli evangelisti (cfr. ta­bella al § 536): Si noti come Giovanni concordi col calendario mensile dei Sadducei, e invece i Sinottici concordino con quello dei Farisei. Infatti l'ultima cena di Gesù fu certamente la cena legale dell'agnello, e fu tenuta aI giovedi nello stesso tempo che la tenevano i Farisei e in maggioran­za quei del popolo; i quali consideravano quel giorno come il 14 Nisan, e il seguente venerdì come il 15 ossia la Pasqua. Ma la pre­ponderanza del Sinedrio, che condannò Gesù, era composta di Sad­ducei (§ 58); i quali perciò consideravano quel giovedì come il 13 Nisan, e di conseguenza ritardavano la cena dell'agnello al venerdì seguente e la Pasqua al sabbato seguente. Così si comprende anche perché nel venerdì della morte di Gesù non osservassero il riposo fe­stivo, sebbene quel giorno cadesse la Pasqua; era Pasqua per i Fa­risei, ma non per molti altri che per una ragione o l'altra seguivano il calendario dei Sadducei. In conclusione, i Sinottici si riferiscono al calendario mensile seguito da Gesù in accordo con i Farisei, pur accennando chiaramente al disaccordo di altri; Giovanni invece si ri­ferisce al calendario seguito dai sinedristi Sadducei; condannatori uffi­ciali di Gesù, pur supponendo già noto che il calendario seguito da Gesù era differente. ~ assolutamente sicura questa spiegazione della vecchia questione? No, giacché rimangono ancora taluni punti oscuri, che qui sarebbe eccessivo elencare. Tuttavia a noi sembra la più fondata storicamen­te, soprattutto perché tiene conto della elasticità del calendario con­temporaneo; la quale elasticità è una realtà storica di primaria im­portanza perché essa, come entra per qualche parte nelle famose controversie sorte nel cristianesimo primitivo a proposito della cele­brazione della Pasqua cristiana, così ancora oggi spiega le divergen­ze cronologiche che si riscontrano a proposito di costumanze islamiche fra Arabi, anche di regioni confinanti, formandosi il loro calendario sull'osservazione diretta della luna.
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