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martedì 24 luglio 2012

1679 - Vita di Gesù (paragrafi 444-446)


Guarigione di un indemoniato e calunnie dei Farisei. Più beati della Madre di Gesù. Il segno di Giona

§ 444. Alle istruzioni sulla preghiera Luca fa seguire la guarigione di un indemoniato muto (Luca, 11, 14 segg.). La stessa narrazione si ritrova in Matteo (12, 22 segg.), ove però l'indemoniato è anche cieco oltreché muto (cfr. S. Agostino, De cons. evangelist., II 37); inoltre la discussione con i Farisei che seguì alla guarigione si ritro­va in Marco (3, 22 segg.), ov'è collocata in mezzo alla visita dei pa­renti di Gesù (§ 345). La collocazione di Luca, che mette guarigione e discussione durante questa permanenza nella Giudea è da preferirsi a quella degli altri due Sinottici che l'anticipano. Gesù dunque, a cui era stato presentato un indemoniato muto (oltre­ché cieco), lo guarì pubblicamente. Al fatto si trovarono presenti alcuni Scribi giunti da Gerusalemme e alcuni Farisei, i quali non ne­garono la guarigione ma la spiegarono affermando che Gesù coman­dava ai demonii perché egli stesso se la intendeva col principe dei de­monii Beelzebul, e con l'autorità di costui agiva. Il nome di questo principe era stato anticamente Ba’ al zebub, “Baal (dio) delle mo­sche”, e aveva designato una divinità filistea di Accaron (cfr. II[Iv] Re, 1, 2 segg.); più tardi, invece, designò l'oggetto dell'idolatria in genere, e allora il nome con leggiera mutazione fu cambiato in Ba' al zebul, “Baal del letame”, per allusione dispregiativa agli idoli ed alloro culto. Gesù, pertanto, sarebbe stato in amichevoli relazioni con questo principe. All'ingiuria degli Scribi e dei Farisei Gesù rispose nella maniera meno gradita ad essi, cioè invitandoli ad un sereno ragionamento. Riferendosi pertanto all'angelologia del giudaismo contemporaneo (§ 78), Gesù fece osservare che il regno di Satana era un regno gerarchicamente costituito e ben compatto, mentre se fosse stato diviso in se stesso sarebbe caduto in rovina. Come dunque voi, Scribi e Farisei, potete affermare che io scaccio Satana nel nome di Satana? In tal caso il suo regno sarebbe diviso e cadrebbe in rovina. Del resto anche voi, Scribi e Farisei, avete i vostri esorcisti; ebbene, do­mandate ad essi se è possibile scacciare Satana in nome di Satana, ed essi vi giudicheranno nella vostra calunnia contro di me. Se poi scaccio i demonii nel nome di Dio, e li scaccio io personalmente con tanta facilità e li fo anche scacciare dai miei discepoli, tutto ciò dimostra che qualcosa di straordinario si compie in mezzo a voi, cioè che e' giunto su voi il regno d'iddio. Ma voi non vedete tutto ciò perché non volete vedere, e davanti al fulgore della luce chiudete ostinatamente gli occhi; il che significa peccare direttamente contro lo Spirito santo fonte di luce per voi, significa sbarrare le strade di salvezza appianatevi da Dio e frustrare i suoi disegni. Badate però che ogni peccato e bestemmia sarà rimessa agli uomini, ma la bestem­mia dello Spirito non sarà rimessa; e chi dica parola contro il figlio dell'uomo gli sarà rimessa, ma chi (la) dica contro lo Spirito santo non gli sarà rimessa né in questo secolo né in quello venturo. Rimane in oscurità eterna chi non vuole disserrare gli occhi dell'anima alla luce dello Spirito; e non basta disserrarli momentaneamente ma è necessario tenerli sempre aperti, perché Satana espulso una volta torna all'assalto del suo antico dominio.

§ 445. A questa discussione erano presenti anche persone favorevoli a Gesù; ed ecco d'in mezzo ad esse levarsi una voce di donna che grida a Gesù: Beato il ventre che ti portò, e le mammelle che succhiasti! La felicitazione, squisitamente femminile, è riportata dal solo Luca (§ 144). Gesù accolse la felicitazione, ma nello stesso tempo la sublimò rispondendo: Ancor più beati quelli che ascoltano la parola d'iddio e (la) custodiscono. Una risposta sostanzialmente eguale Gesù aveva già data a coloro che gli annunziavano esser giunti i suoi parenti e sua madre per parlargli (§ 345).

§ 446 E la discussione, dopo il grido della donna, riprese. Alcuni Scribi e Farisei, mostrando quasi una certa condiscendenza, si di­chiararono disposti a riconoscere la missione di Gesù: ma natural­mente ci volevano le prove, i “segni”, e questi non potevano essere i miracoli operati fino allora da Gesù; ci voleva invece un “segno” di tipo rabbinico, di quelli fatti a tempo e luogo prestabiliti, quasi a tocco di bacchetta magica, e meglio ancora se fosse stato un “se­gno” meteorologico calato dal cielo. Era in sostanza la richiesta fat­ta poco prima a Gesù da altri Farisei (§ 392). Anche questa volta la richiesta è respinta da Gesù, il quale però ag­giunge talune dichiarazioni: Una generazione perversa e adultera ricerca un segno, e un segno non le sarà dato se non il segno di Giova il profeta. Poiché, come Giona era nel ventre del cetaceo tre giorni e tre notti, cosi sarà il figlio dell'uomo nel cuor della terra tre giorni e tre notti. L'espressione giorno e notte designava nell'uso rab­binico il complesso di 24 ore, fosse questo complesso intero o soltanto frazionario; perciò qui Gesù annunzia che il figlio dell'uomo sarà nel cuor della terra durante tre complessi di 24 ore, interi o fraziona­ri; e poi ne risalirà fuori come Giona dal suo cetaceo. Dal momento che i Farisei respingono gli altri segni e ne richiedono uno con parti­colari condizioni, accolgano questo segno di Giona che risponde in gran parte alle loro condizioni: esso infatti avverrà a tempo presta­bilito, cioè alla morte del figlio dell'uomo; se non calerà dal cielo aperto ove dimorano gli angeli potenti, sorgerà in compenso dall'abis­so chiuso ove dimorano i morti impotenti (§ 79); infine, non rappre­senterà un puntiglio di potenza personale perché il figlio dell'uomo avrà cessato allora le sue presenti contese e si troverà nel cuor della terra, ma in compenso il segno rappresenterà il trionfo di un'idea come il fatto di Giona rappresentò il trionfo della “penitenza” presso gli abitanti di Ninive. Uomini Niniviti sorgeranno nel (giorno del) giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché fe­cero penitenza alla predicazione di Giona: ed ecco, più che Giona è qui. Lo stesso farà in quel giorno la regina di Saba, venuta dalle estremità della terra ad ammirare la sapienza di Salomone (I [III] Re, 10,1 segg.): ed ecco, più che Salomone e' qui. L'allusione al triplice “giorno e notte” da passare nel cuore della terra fu capita bene dai Farisei. Appena morto Gesù, essi correranno da Pilato raccomandandosi che provveda in tempo, giacché essi in quell'occasione si ricordano che quell’imbroglione (cioè Gesù) disse essendo ancora vivo: “Dopo tre giorni risorgo” (§ 619). Cosicché anche il segno di Giona, rispondente in gran parte alle condizioni da loro poste, verrà da loro respinto: essi si raccomanderanno a Pilato per paura che il nuovo Giona risalga dal cuor della terra, per paura che la loro cecità sia illuminata, e per paura che essi non possano ancora bestemmiare lo Spirito santo.
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