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lunedì 16 luglio 2012

1659 - Vita di Gesù (paragrafi 432-434)


Il buon pastore

§ 432. La guarigione del cieco nato e le relative discussioni ebbero ancora degli strascichi, probabilmente vari giorni dopo ma egual­mente a Gerusalemme. Gesù ricorre ad una parabola, parzialmente allegorizzata (§ 360) ma ricavata dai comuni usi palestinesi, e paragona la propria operosità a quella d'un buon pastore, e la società da lui fondata ad un ovile. - L'ovile in Palestina si riduce oggi (e cosi più o meno era venti secoli fa) a un muricciolo di pietre ove si radunano la sera le pecore, di uno o più greggi, che di giorno hanno pascolato nei dintorni. Una portina bassa e stretta aperta nel muricciolo permette alle pecore d'entrare e uscire ad una ad una, per essere più facilmente contate ambedue le volte. Di notte un solo pastore fa la guardia all'ovile contro i ladri e le bestie feroci; ma verso l'alba, quando vengono gli altri pastori a prendersi ciascuno il suo gregge, il pastore di guardia apre regolar­mente ad essi la porticina: il nuovo arrivato dà il suo grido particolare, e allora le sue sole pecore si affollano all'uscio, escono ad una ad una e seguono per tutta la giornata il pastore nella steppa. Le altre pecore aspettano finché non odono il grido particolare del proprio pa­store, e s'avviano ad uscire soltanto quando sentono quella voce, che poi le guiderà per tutta la giornata. Così, gregge per gregge, le pecore partono tutte attraverso l'unica porticina, dirette dalle rispettive voci; le quali, poi, alle volte pronunziano nomi particolari per le pecore predilette: “Ehi! La Bianca!”>. “Tu, la mia Bella!”. Quella porticina, dunque, è il punto più delicato dell'ovile, ed essa sola ispira fiducia; chiunque non passi attraverso essa ma salga per il muricciolo scaalcandolo, si dimostra con ciò stesso nemico, e non può essere che un ladro o una bestia feroce. Perciò disse Gesù: In verità, in verità vi dico, chi non entra per la porta nell'ovile delle pecore, bensì salendo da altra parte, colui e' ladro e rapinatore. Chi invece entra per la porta e' pastore delle pecore: a lui apre il portiere, e le pecore odono la voce di lui, e le proprie pecore chiama (egli) per nome e le conduce fuori; quando tutte le proprie abbia menate fuori, cammina davanti ad esse, e le pecore lo seguono perché sanno la voce di lui. Un estraneo invece non seguiranno, bensì fuggiranno da lui, perché non sanno la voce degli estranei.

§ 433. Senonché l'allusione non fu capita; e allora Gesù vi ritornò sopra: In verità, in verità vi dico, che io sono la porta delle pecore. Tutti, quanti vennero prima di me, ladri sono e rapinatori; ma le pecore non li udirono. Io sono la porta: se per me alcuno sia entrato, sarà salvato, ed entrerà ed uscirà e troverà pascolo. Il rapinatore non viene se non per rapire, fare strage e distruggere: io venni affinché abbiano vita e abbondantemente (l')abbiano. Chi fossero questi ladri rapinatori Gesù non spiegò, ma le condizioni storiche dei suoi tem­pi erano sufficienti a farli riconoscere; come gli antichi profeti ave­vano trovato il massimo ostacolo alla loro missione nell'operosità avversaria degli pseudoprofeti profetizzanti la menzogna e... la frau­de del loro cuore, cosi Gesù parlando qui da Messia si riferisce al­l'operosità avversaria degli pseudopredicatori messianici che pullula­rono prima e dopo di lui. Flavio Giuseppe, che li conobbe di persona, descrive coloro che predicarono sotto il procuratore Antonio Felice (52-60 d Cr.) con queste parole: Uomini ingannatori e im­postori, che sotto apparenza d'ispirazione divina operavano innova­zioni e sconvolgimenti; inducevano essi la folla ad atti di fanatismo religioso, e la conducevano fuori nel deserto, come se là Dio avesse mostrato loro i segni della libertà (imminente) (Guerra giud., II259). Riferendosi poi al tempo dell'assedio di Gerusalemme lo stesso testimone oculare afferma: Molti, del resto, erano allora i profeti che... andavano intimando d'aspettare il soccorso da parte di Dio... Cosicché il misero popolo fu allora illuso da ciarlatani e da quei che parlavano falsamente a nome di Dio (ivi, VI, 286-288). Ma la can­crena era vecchia, e se scoppiò in pieno ai tempi qui accennati da Flavio Giuseppe, raccogliamo dallo stesso storico che essa covava da molto tempo prima e che ai tempi di Gesù aveva invaso già larga­mente la plebe giudaica. Questi sono i ladri e i rapinatori a cui allu­de Gesù, come ai diretti e immediati avversari di lui Messia; se poi afferma che le pecore non li udirono, si riferisce alla parte buona e sana del popolo, che del resto ai suoi tempi era ancora la parte nu­mericamente maggiore, mentre in seguito andò sempre scemando.

§ 434. Insistendo ancora nel paragone dell'ovile, Gesù continuò: Io sono il pastore, quello buono. Il pastore, quello buono, rimette la sua vita per le pecore. Il mercenario e che non è pastore, di cui non sono proprie le pecore, vede il lupo che viene, e lascia le pecore e fugge - e il lupo le rapisce e disperde - perché è mercenario e non gl'importa delle pecore. Io sono il pastore, quello buono, e conosco le mie e conoscono me le mie, come conosce me il Padre ed io conosco il Padre: e la mia vita rimetto per le pecore. Ho pure altre pecore, che non sono di questo ovile; anche quelle devo io condurre, e la mia voce udranno, e si farà un solo gregge e un solo pastore. Gesu' dunque, da vero pastore e non da mercenario, è pronto a per­der la vita per il bene dei suoi seguaci. Inoltre, egli è pastore non soltanto di questo ovile dell'eletto popolo israelitico, ma anche di altre pecore le quali un giorno udranno la sua voce: si formerà allora un solo gregge di suoi seguaci, tratti indifferentemente dal po­polo d'Israele e da altri popoli, e il nuovo gregge collettivo avrà per comune pastore il Messia Gesù. Già gli antichi profeti, trattando dei tempi del futuro Messia, avevano contemplato questo slargamento del ristretto ovile d'Israele entro cui sarebbero entrate pecore di altri ovili Alla fine dei giorni, sarà stabilito il monte della casa di Jahvè sulla cima dei monti e piu' elevato delle colline, e affluiranno ad esso tutte le genti e accorreranno popoli molti, dicendo: “Venite, ascendiamo al monte di Jahvè, alla casa del Dio di Giacobbe, affinché c'insegni le sue vie e procediamo sui sentieri di lui: perché da Sion uscirà la legge, e la parola di Jahvè da Gerusalemme! Terrà egli giudizio fra le genti, e darà sentenza su popoli molti; ed essi foggeranno le loro spade a zappe, e le loro lance a faIci: non alzerà gente contro gente la spada, né impareranno piu' oltre la guerra. Isaia, 2, 24; cfr. Michea, 4, 13. Gesù infine concluse: Per questo il Padre mi ama, perché rimetto la mia vita affinché nuovamente (io) la riprenda. Nessuno la tolse a me,> bensì io la rimetto da me stesso. Ho potestà di rimetterla, e ho po­testà di riprenderla nuovamente. Questo comando ricevetti dal Pa­dre mio. Anche per queste parole fu dissenso tra i Giudei. Molti, e forse i più, le commentavano spregiosamente concludendo: Ha un demonio ed è pazzo; perché state ad ascoltarlo? - Altri tuttavia replicavano: Eh, no! Queste parole non sono da indemoniato! Può forse un demonio aprir gli occhi ai ciechi? (Giov., 10, 19-21).
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