Diacono e dottore
della Chiesa
[...]vorrei parlare oggi di
sant’Efrem, il Siro, nato a Nisibi attorno al 306 in una famiglia
cristiana. Egli fu il più insigne rappresentante del cristianesimo di lingua
siriaca e riuscì a conciliare in modo unico la vocazione del teologo e quella
del poeta. Si formò e crebbe accanto a Giacomo, Vescovo di Nisibi (303-338), e
insieme a lui fondò la scuola teologica della sua città. Ordinato diacono,
visse intensamente la vita della locale comunità cristiana fino al 363, anno in
cui Nisibi cadde nelle mani dei Persiani. Efrem allora emigrò a Edessa, dove
proseguì la sua attività di predicatore. Morì in questa città l’anno 373,
vittima del contagio contratto nella cura degli ammalati di peste. Non si sa
con certezza se era monaco, ma in ogni caso è sicuro che è rimasto diacono per
tutta la sua vita e che ha abbracciato la verginità e la povertà. Così appare
nella specificità della sua espressione culturale la comune e fondamentale
identità cristiana: la fede, la speranza – questa speranza che permette di vivere
povero e casto nel mondo, ponendo ogni aspettativa nel Signore – e infine la
carità, fino al dono di se stesso nella cura degli ammalati di peste.
Sant’Efrem ci ha lasciato una
grande eredità teologica. La sua considerevole produzione si può raggruppare in
quattro categorie: opere scritte in prosa ordinaria (le sue
opere polemiche, oppure i commenti biblici); opere in prosa poetica;
omelie in versi; infine gli inni, sicuramente l’opera più ampia di
Efrem. Egli è un autore ricco e interessante per molti aspetti, ma specialmente
sotto il profilo teologico. La specificità del suo lavoro è che in esso si
incontrano teologia e poesia. Volendoci accostare alla sua dottrina, dobbiamo
insistere fin dall’inizio su questo: sul fatto cioè che egli fa
teologia in forma poetica. La poesia gli permette di approfondire la
riflessione teologica attraverso paradossi e immagini. Nello stesso tempo la
sua teologia diventa liturgia, diventa musica: egli era infatti un grande
compositore, un musicista. Teologia, riflessione sulla fede, poesia, canto,
lode di Dio vanno insieme; ed è proprio in questo carattere liturgico che nella
teologia di Efrem appare con limpidezza la verità divina. Nella sua ricerca di
Dio, nel suo fare teologia, egli segue il cammino del paradosso e del simbolo.
Le immagini contrapposte sono da lui largamente privilegiate, perché gli
servono per sottolineare il mistero di Dio. [...]
La figura di Efrem è ancora
pienamente attuale per la vita delle varie Chiese cristiane. Lo scopriamo in
primo luogo come teologo, che a partire dalla Sacra Scrittura riflette
poeticamente sul mistero della redenzione dell’uomo operata da Cristo, Verbo di
Dio incarnato. La sua è una riflessione teologica espressa con immagini e
simboli presi dalla natura, dalla vita quotidiana e dalla Bibbia. Alla poesia e
agli inni per la liturgia, Efrem conferisce un carattere didattico e
catechetico; si tratta di inni teologici e insieme adatti per la recita o il
canto liturgico. Efrem si serve di questi inni per diffondere, in occasione
delle feste liturgiche, la dottrina della Chiesa. Nel tempo essi si sono
rivelati un mezzo catechetico estremamente efficace per la comunità cristiana.
È importante la riflessione
di Efrem sul tema di Dio creatore: niente nella creazione è isolato, e il mondo
è, accanto alla Sacra Scrittura, una Bibbia di Dio. Usando in modo sbagliato la sua libertà,
l’uomo capovolge l’ordine del cosmo. Per Efrem è rilevante il ruolo della donna. Il modo
in cui egli ne parla è sempre ispirato a sensibilità e rispetto: la dimora di
Gesù nel seno di Maria ha innalzato grandemente la dignità della donna. Per
Efrem, come non c’è redenzione senza Gesù, così non c’è incarnazione senza
Maria. Le dimensioni divine e umane del mistero della nostra redenzione si
trovano già nei testi di Efrem; in modo poetico e con immagini fondamentalmente
scritturistiche, egli anticipa lo sfondo teologico e in qualche modo lo stesso
linguaggio delle grandi definizioni cristologiche dei Concili del V secolo.
Efrem, onorato dalla
tradizione cristiana con il titolo di “cetra dello Spirito Santo”, restò diacono della sua Chiesa per tutta la vita.
Fu una scelta decisiva ed emblematica: egli fu diacono, cioè servitore, sia nel
ministero liturgico, sia, più radicalmente, nell’amore a Cristo, da lui cantato
in modo ineguagliabile, sia infine nella carità verso i fratelli, che
introdusse con rara maestria nella conoscenza della divina Rivelazione.
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