Romualdo nacque a Ravenna, in una nobile famiglia, tra il 951 e 953. L'origine della sua vocazione sembra legata ad un fatto di sangue di cui furono protagonisti il padre e un cugino.
Sconvolto, decise di farsi monaco ed entrò nell'antico monastero di Sant'Apollinare in Classe. Ma non vi si trovò bene e, dopo tre anni, si recò presso un eremita, Marino, in territorio veneziano, sottoponendosi alla sua guida spirituale.
Qui conobbe l'abate Guarino, uno dei più importanti monaci rifondatori del X secolo; questi convinse il giovane eremita, non ancora trentenne, a seguirlo nell'abbazia di S. Michele di Cuxa (in catalano Sant Miquel de Cuixà), in Catalogna, dove Romualdo si trattenne dieci anni dando al cenobio spagnolo un netto orientamento eremitico. Ovunque andava, il monaco ravennate diffondeva il benefico contagio della vita solitaria.
Tornato a Ravenna, Romualdo convinse pure suo padre a farsi monaco a S. Severo. Le sue peregrinazioni avevano uno scopo ben preciso: la riforma dei monasteri e degli eremi, sul modello degli antichi cenobi orientali.
Nacque così, tra la fitta boscaglia alpina, a ridosso dell'alto Casentino, l'eremo di Camaldoli, che prende nome dal campo di un certo Màldolo, che fece dono di quel luogo all'uomo di Dio in cerca di solitudine: la Congregazione Camaldolese è una diramazione riformata dell'Ordine benedettino. Ma quest'uomo, tanto desideroso di appartarsi dagli uomini per assecondare la propria inclinazione alla vita contemplativa, pareva destinato all'irrequieto peregrinare per le strade d'Italia.
L'imperatore Ottone III, che nutriva per il santo monaco una profonda ammirazione, intorno al 1001, lo elesse abate di S. Apollinare in Classe. La dignità abbaziale non s'intonava al suo ideale di vita religiosa e, trascorso un anno in quella carica, Romualdo depose ai piedi dell'imperatore il pastorale, pentito di aver ceduto a quella ch'egli considerava la tentazione del prestigio, andando a dimorare il più lontano possibile, nell'abbazia di Montecassino.
Anche qui importò il suo rigore ascetico, dando alla spiritualità benedettina una più accentuata intonazione contemplativa, eremitica. La sua Piccola Regola d’oro era : “Siedi nella tua cella come nel Paradiso scordati del mondo e gettalo dietro le spalle.”
Da Montecassino partì per nuove avventure spirituali, riformando monasteri e fondandone di nuovi a Verghereto, a Lemmo, a Roma, a Fontebuona e Vallombrosa, in quel di Siena, e a Val di Castro, presso Fabriano, dove lo colse la morte, il 19 giugno 1027.
Anche dopo la morte Romualdo non ebbe fissa dimora. Il 7 febbraio 1481 le sue spoglie vennero trasportate nella chiesa di S. Biagio a Fabriano. E quel giorno segnò anche la data della sua festa liturgica, fino alla recente riforma del calendario, che fissa la memoria del santo nel giorno della morte (“dies natalis”).
Romualdo fu canonizzato da Pp Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini, 1592-1605) nel 1595.
Significato del nome Romualdo : “che regna o comanda con gloria” (tedesco).
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