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sabato 26 maggio 2012

1543 - Vita di Gesù (paragrafi 392-394)


Il segno dal cielo. Il lievito dei Farisei. Il cieco di Bethsaida

§ 392. Tornato Gesù in Galilea, saltarono nuovamente fuori i suoi pedinatori rimasti sul posto. I Farisei, fiancheggiati questa volta dai Sadducei (Matteo, 16, 1), entrarono in discussione con lui; e poiché la discussione non li pensuadeva, gli chiesero una prova definitiva della sua missione cioè un portento che calasse giù dal cielo. Que­sta sì che era la prova incontrastabile, da cui anch'essi sarebbero rimasti assolutamente convinti, non già guarire storpi, risuscitare mor­ti e moltiplicare pani! Ci voleva qualcosa come un bel globo iride­scente che calasse giù dal cielo, o anche che il sole s'oscurasse, oppure qualche altra meteora di tal genere: allora senza dubbio Gesù avrebbe vinto la sua causa! La richiesta non era nuova. A un atto magico di questo tipo avevano pensato quei Giudei che, disputando con Gesù dopo la prima moltiplicazione dei pani, ave­vano ricordato la manna calata dal cielo (§ 379); del resto il « se­gno » messianico per eccellenza era, nell'opinione diffusa d'allora, il portento astronomico e meteorologico (§ 446); fuor di questo, tutti gli altri portenti non avevano un valore probativo sicuro, ap­punto perché non corrispondevano all'aspettativa comune. Ma questa aspettativa, perché deformata ed avvilita, non fu appa­gata da Gesù. Udendo la richiesta, egli sospirò profondamente: e questa fu la sua vera risposta, fatta di commiserazione e di ram­marico. Solo come un dippiù egli aggiunse: « Perché ricerca questa generazione un segno? ìn verità vi dico, non sarà dato a questa ge­nerazzone un segno!. E lasciatili, salito nuovamente (in barca), se ne andò al di là (Marco, 8, 12-13).

§ 393. Essendo stata subitanea la partenza, i discepoli avevano di­menticato di far provviste, e lungo il tragitto si rammaricavano di aver con loro un solo pane. Gesù, udendo le loro parole, disse loro: Guardatevi dal fermento dei Farisei e dal fermento di Erode! -Erode, cioè Antipa, fu menzionato certamente in conseguenza di discorsi o di avvenimenti precedenti; è probabile che fra coloro che avevano discusso testé con Gesù vi fossero agenti di Erode, o che i Farisei stessi agissero per conto di Erode, dato che costui aveva sempre la sua vecchia curiosità riguardo a Gesù (§ 357): la stessa partenza subitanea di Gesù indurrebbe a credere ch'egli volesse sot­trarsi bruscamente alle insidiose e maligne investigazioni che veni­vano dalle due parti. I discepoli tuttavia, che si sentivano lo stomaco vuoto, non vedevano che relazione avesse il fermento con i Farisei e con Erode. Gesù, ricordando loro le due moltiplicazioni dei pani, li esortò a non preoccuparsi del pane materiale bensì nuo­vamente a star lontani dal suddetto fermento. Allora capirono ch'egli alludeva alle dottrine dei Farisei e alle astuzie di Erode, che corro­devano lo spirito come un fermento corrode la pasta azima.

§ 394. Le ostilità trovate sulla riva occidentale del lago (e che do­vettero essere molto più gravi di quanto risulti dagli scarsissimi ac­cenni degli evangelisti) avevano indotto Gesù a riportarsi a Bethsaida, forse per cercare animi meglio disposti; ma anche di ciò che av­venne là non c'è trasmesso nulla, salvo la guarigione riferita dal solo Marco (8, 22-26) il quale l'apprese certamente dalla catechesi di Pietro. E portano a lui un cieco, e gli raccomandano di toccarlo. E avendo preso il cieco per la mano, lo condusse fuori della borgata, e avendo sputato negli occhi di lui e postegli le mani sopra, lo in­terrogava: “Vedi alcunché?”. E (quello) guardando in su diceva: “Scorgo gli uomini, perché vedo come alberi che camminano!”. Allora di nuovo gli impose le mani sugli occhi, e (quello) vide di­stintamente e fu ristabilito e scorgeva nettamente da lontano tutte le cose. E (Gesu') lo mandò a casa sua dicendo: “Non entrar neppure nella borgata!”. Questa vivida descrizione, dovuta a Pietro non meno che a Marco, ci fa assistere a una vera guarigione graduale; forse il cieco non era tale dalla nascita, perché rico­nosce subito uomini ed alberi, ad ogni modo la visione è dapprima torbida e confusa, e poi perfetta. Perché questa graduazione? Si possono ripetere le ipotesi fatte a proposito del sordomuto (§ 390), la cui guarigione ha qualche analogia con questa; ma, meglio che congetture, non siamo in grado di fare. Quanto all'impiego della saliva, si ritrova anche nelle prescrizioni dei rabbini per le malattie d'occhi; quindi anche questa volta i razionalisti seguaci del Paulus riusciranno a spiegar la guarigione in maniera naturalissima.
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