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giovedì 10 maggio 2012

1506 - Vita di Gesù (paragrafi 376-379)


Gesù cammina sull'acqua. Discorso sul pane vivo

§ 376. Quando la barca si staccò da terra era notte fatta; prima d'imbarcarsi i discepoli probabilmente attesero, nella speranza che Gesù liberatosi dalle folle li raggiungesse, ma non vedendo alcuno ed essendo già tardi presero il largo. L'aveva comandato il maestro, e perciò obbedivano; ma pienamen­te soddisfatti non si sentivano, sia perché il maestro si era staccato da loro, sia perché quel viaggio notturno non era né piacevole né sicuro. Spesso sul lago di Tiberiade, in primavera avanzata, dopo una giornata calda e tranquilla verso il tramontar del sole si sca­rica dalle montagne sovrastanti un vento freddo e violento in direzione meridionale, che continua e cresce sempre più fino al mattino rendendo la navigazione assai difficile. Così avvenne quella notte; sorpresi di fianco dal vento e spinti verso mezzogiorno invece che verso ponente, i navigatori ammainarono la vela, ormai nociva e pe­ricolosa, e fecero forza sui remi. Ma tra lo sballottamento delle onde la barca avanzava male, e alla quarta vigilia della notte, ossia dopo le 3 del mattino, s'erano fatti soltanto 25 o 30 stadi di tragitto, ossia dai 4,5 chilometri ai 5,5: mancava forse ancora un buon terzo del tragitto prima di raggiungere l'approdo. La stanchezza veniva ad accrescere il malumore dei naviganti. Ad un tratto, d'in mezzo alla foschia mattinale e agli spruzzi delle onde, essi vedono a pochi passi dalla barca un uomo che cammina sull'acqua. Un rematore dà un grido, e addita. Tutti guardano. Indubbiamente è una figura umana: sembra camminare di conserva con la barca e volerla oltrepassare. No: piega invece verso la barca per raggiungerla. Tutti allora si turbarono dicendo: “E un fanta­sma!”, e dalla paura gridarono. Subito però Gesù parlò ad essi dicendo: “Coraggio! Sono io! Non abbiate paura!” (Matteo,14, 26-27). Se era veramente lui, non c'era da meravigliarsi: chi poche ore prima aveva moltiplicato i pani, poteva ben camminare sulle onde. Ma era veramente lui? Pietro volle esserne sicuro: Signore, se sei tu, comanda che io venga a te sulle acque! Gesù rispose: Vieni! Pietro scese dalla barca, camminò sull'acqua e raggiunse Ge­sù. L'esperto pescatore di Cafarnao non si era mai inoltrato sul­l'acqua in quella maniera; ma appunto la sua esperienza lo tradì, e quando si trovò tutto solo avvolto tra i flutti turbinanti si spense in lui l'ardore di fede che lo aveva fatto scendere dalla barca e rimase soltanto l'esperto pescatore, il quale perciò ebbe paura. La paura lo portava a fondo; il pauroso gridò: “Signore, salvami!”. E subito Gesù, stese la mano, lo prese e gli dice: “Scarso di fede, di che cosa dubitasti?”. Ambedue salgono in barca, il vento dà subito giù, e ben presto l'approdo è raggiunto. 

§ 377. Nel breve tragitto tranquillo ci fu nella barca un inconsa­pevole stordimento. I naviganti si gettarono ai piedi del nuovo imbarcato esclamando: Veramente di Dio sei figlio!. Non dicevano che era il “figlio di Dio” per eccellenza, il Messia; ma certo lo proclamavano un uomo straordinario, a cui Dio aveva elargito i più ampi favori. Appunto qui però rimaneva una mac­chia oscura: a voler inquadrare questo nuovo prodigio insieme con gli altri dentro una grande visione riassuntiva, quei naviganti, che avevano tuttora lo stomaco ripieno del pane miracoloso e gli occhi ripieni del presunto fantasma, non riuscivano a dare un giudizio complessivo sull'intera visione. Ripetevano essi dentro di sé l'iden­ tico ragionamento fatto poche ore prima dalle folle, che avevano mangiato il pane moltiplicato: Se costui sa operare miracoli così potenti, perché non si decide ad agire come potente e re messia­nico » d'israele? (§ 374). Chi mai lo trattiene? E molto di piu' stu­pivano in se stessi; non avevano infatti capito riguardo a(ll'avveni­mento dei) pani, bensì il loro cuore era indurito (Marco, 6, 51-52). Lo sbarco avvenne a Gennesareth, la regione chiamata oggi el-Ghu­weir e descritta come ubertosissima da Flavio Giuseppe (Guerra giud., III, 516 segg.): stava, come Tabgha (§ 375, nota), circa 3 chilometri più a sud di Cafarnao. Probabilmente Cafarnao fu evi­tata per non provocare le solite manifestazioni clamorose e perico­lose. Tuttavia l'arrivo di Gesù fu subito segnalato, e tosto cominciò l'affluenza di malati e d'imploranti dai luoghi vicini, e quanti lo toccavano erano salvati (Marco, 6, 56). Molti della zona di Cafarnao erano intanto rimasti a llethsaida sul posto della moltiplicazione dei pani. Sopraggiunta la notte, Gesù era scomparso e i discepoli senza di lui erano salpati sull'unica barca che stava sulla riva: non restava dunque niente da fare sul posto. Passata la notte alla meglio, la mattina seguente alcuni di quei ri­tardatari approfittarono di alcune barche venute là a pescare da Tiberiade (Giovanni, 6, 23) e si fecero trasportare a Cafarnao; altri presero altre direzioni. Giunti a Cafarnao, si dettero a cercare Gesù con la speranza forse di riprendere il fallito progetto di proclamarlo re, e d'indurlo o ad una piena accettazione ovvero ad un aperto rifiuto. Lo ritrovarono infatti come avevano previsto, ma probabilmente dopo due o tre giorni, durante i quali Gesù s'era trattenuto nella zona di Gennesareth; allora, tanto per attaccar discorso, gli dissero:Rabbi, quando sei venuto qua? (Giovanni, 6, 25).

§ 378. Con questa domanda ha inizio il celebre discorso sul pane vivo, riportato dal solo Giovanni (6, 25-71): noi già sappiamo che questo metodo integrativo è proprio al IV vangelo nei confronti con i Sinottici (§ 164). Nel discorso ricompaiono tratti caratteristici a Giovanni, già rilevati nei due dialoghi di Gesù con Nicodemo e con la Samaritana: specialmente col dialogo della Samaritana (§ 294) il discorso sul pane vivo mostra varie affinità, anche di svi­luppo logico. Tuttavia, analizzando minutamente la compagine del discorso stesso, appaiono qua e là delle saldature o riconnessioni che attestano un lavoro redazionale: se il Discorso della Montagna offrì ai due Sinottici che lo riportano, e specialmente a Matteo, occasione di esercitare la loro operosità redazionale (§ 317), un'e­guale occasione fu colta e impiegata da Giovanni per il discorso sul pane vivo. In esso infatti si distinguono chiaramente tre parti: nella prima (6, 25-40) Gesù ha per interlocutori gli abitanti della regione di Cafarnao che avevano assistito alla moltiplicazione dei pani; nella seconda parte (6, 41-59) intervengono come interlocu­tori i Giudei, e in fondo una nota redazionale avverte che le pre­cedenti parole di Gesù furono pronunziate nella sinagoga di Ca­farnao; infine la terza parte (6, 60-71) riporta insieme con poche parole di Gesù vari fatti che furono conseguenze dei precedenti ra­gionamenti, le quali conseguenze non avvennero immediatamente ma richiesero senza dubbio un tempo più o meno lungo per svi­lupparsi. Dunque il discorso, quale oggi l'abbiamo, è una “com­posizione”, la quale ha unito con un nucleo cronologicamente com­patto altre sentenze di Gesù cronologicamente staccate ma riconnes­se con quel nucleo dall'analogia dell'argomento: questa maniera di « composizione », in parte cronologica è in parte logica, era usuale alla <”atechesi” di Giovanni non meno che a quella degli altri Apostoli, e gli antichi Padri o espositori l'hanno riconosciuta ed ammessa ben prima degli studiosi recentissimi (§ § 317, nota; 360, nota prima; 415, nota).

§ 379. La prima parte del discorso avviene a Cafarnao, ma fuori della sinagoga. Coloro che ricercano Gesù l'incontrano, forse per istrada, e gli rivolgono la suddetta domanda: Quando sei venuto qua? - La mira segreta è ben altra. Gesù, riferendosi alla mira se­greta e avvicinandosi alla sostanza della questione, risponde: in verità, in verità vi dico, mi cercate non già perché vedeste segni, bensì' perché mangiaste dai pani e foste satollati. segni erano i miracoli fatti da Gesù a comprova della sua missione, e in tanto sarebbero stati efficaci come segni in quanto avessero indotto gli spettatori ad accettare quella missione: e invece quegli abitanti di Cafarnao che parlavano con Gesù erano stati spettatori di molti miracoli ma non li avevano accettati come segni, avevano goduto del beneficio materiale ma non avevano accolto il beneficio spiri­tuale; ultimamente avevano mangiato il pane miracoloso ma subito appresso si erano infervorati per il regno politico del Messia. Perciò Gesù prosegue:Producetevi non già il nutrimento che perisce, bensì il nutrimento permanente in vita eterna il quale vi darà il figlio dell'uomo: costui infatti il Padre, Iddio, segnò del suo sigillo. Il sigillo era lo strumento più importante nella cancelleria d'un re. Quegli ascoltatori di Gesù avevano tentato, poco prima, di eleggere Gesù “re”; ma qual re sarebbe stato egli dopo siffatta elezione? Donde la sua autorità regale? La sua autorità egli l'aveva ricevuta, non da uomini, ma dal Padre, Iddio. Gl'interlocutori replicano: Che dobbiamo fare per produrre le opere d'iddio? e con questa doman­da si riferiscono chiaramente all'esortazione di Gesù di produrre... il nutrimento permanente in vita eterna.Gesù risponde Questa è l'opera di Dio, che crediate in chi egli inviò; che crediate cioè in lui anche quando la sua parola delude le vostre speranze e fa sva­nire i vostri sogni, che crediate nel suo regno anche se è la nega­zione totale del vostro regno. Insistettero gli altri: Qual segno fai dunque tu, affinché vediamo e crediamo in te? Che produci? I pa­dri nostri mangiarono la manna nel deserto, conforme a ciò che sta scritto:”Pane del cielo dette loro da mangiare” (Esodo, 16, 4; Salmo, 78, 24). L'allusione mirava a due termini e li contrapponeva fra loro: da una parte l'opera di Mosè e il suo “segno”, quello d'aver fatto scendere la manna dal cielo; dall'altra parte, l'opera di Gesù e il suo recentissimo “segno”, quello d'aver moltiplicato i pani a Bethsaida. Fra i due termini del confronto, gl'interlocu­tori mostrano di preferire l'opera e il “segno” di Mosè all'opera e al “segno” di Gesù; gli altri “segni” di Gesù non sono neppur chiamati in causa, quasicché non avessero alcuna efficacia dimostra­tiva riguardo alla fede e quasi per dar ragione alle prime parole di Gesù, mi cercate non già perché vedeste segni, bensì perché man­giaste dai pani e foste satollati. Gesù ad ogni modo è riprovato e posposto a Mosè: se egli vuole ottenere fede nel suo invisibile e impalpabile “regno”, faccia dei “segni” almeno eguali a quelli di Mosè.
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