Il Signore ti benedica,ti custodisca e ti mostri il Suo volto misericordioso!

Quando pensi di aver toccato il fondo e che nessuno ti voglia o ti ami più, Dio si fa uomo per incontrarti, Gesù ti viene accanto

CIAO A TE !!

Nulla è più urgente nel mondo d'oggi di proclamare Cristo alle genti. Chiunque tu sia, puoi, se vuoi, lasciare un tuo contributo, piccolo o grande che sia, per dire, comunicare, annunciare la persona di Gesù Cristo, unico nostro salvatore. Uno speciale benvenuto a LADYBUG che si è aggiunta di recente ai sostenitori ! *************************************************** Questo blog è sotto la protezione di N.S. Gesù Cristo e della SS Vergine Maria, Sua Madre ed ha come unica ragione di esistere di fornire un contributo, sia pure piccolo ed umile, alla crescita della loro Gloria. ***************************************************



Con Cristo non ci sono problemi, senza Cristo non ci sono soluzioni.

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venerdì 30 novembre 2012

1981 - Commento al Vangelo del 30/11/2012


+ Dal Vangelo secondo Matteo (4,18-22)
In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
I primi due Apostoli che si abbandonarono a Gesù e poi abbandonarono tutto, furono Pietro e Andrea. La loro reazione al passaggio di Gesù e all'invito di lasciare tutto furono davvero sorprendenti. Non furono mossi dall'istinto ancora ben dominante in essi, la Persona del Signore li avvolse con lo Spirito che emanava e rimasero affascinati e conquistati. Senza ragionare oltre si abbandonarono a quell'Uomo buono e mite che parlava ai loro cuori e li trasformò.
Mi colpiscono molto queste poche parole: “Lasciarono la barca e il loro padre e Lo seguirono”.
In pratica lasciarono tutto, non si curarono della barca e della pesca, dei familiari e dei beni materiali, non pensarono a cosa andavano incontro. Gesù neanche a loro, anzi, soprattutto a loro non prometteva gloria umana né una vita facile, ma non svelava a quale altissima missione li stava portando. Da parte loro, i due fratelli non potevano minimamente immaginare a quali lotte spirituali li chiamava il Signore.
La prima lotta spirituale doveva avvenire interiormente, dovevano combattere contro i loro vizi e le passioni disordinate, era una lotta potente ma inefficiente se condotta da soli, però non erano più soli. Quando Gesù ci chiama a servirlo nello stato di vita in cui ci troviamo, ci accompagna sempre perché è impossibile compiere grandi opere cristiane senza la sua presenza.
Oltre la battaglia con i nemici interiori, erano chiamati ad affrontare maliziosi nemici visibili, determinati a tutto pur di farli tacere. Per tre anni insieme a Gesù non ebbero molti problemi diretti, era il Signore a risolvere con i suoi ammonimenti e le condanne ai suoi nemici, le persecuzioni e le diffamazioni che riversavano su di Lui. I due Apostoli fecero un buon tirocinio accanto a Gesù, umanamente si prepararono alle grandi battaglie che li attendevano ma che loro ancora non immaginavano.
Se avessero conosciuto subito a quale missione chiamava i grandi Apostoli in questi duemila anni, molti sarebbero morti di spavento!
Leggiamo con molta attenzione questa citazione di San Paolo: “E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la Grazia di Dio. Ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero; con parole di verità, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama.
Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri;
sconosciuti, eppure siamo notissimi;
moribondi, ed ecco viviamo;
puniti, ma non messi a morte;
afflitti, ma sempre lieti;
poveri, ma facciamo ricchi molti;
gente che non ha nulla e invece possediamo tutto! (2 Tess 6,1.4-10).
Se San Paolo e gli Apostoli furono ritenuti impostori e diffamati con un veleno micidiale, cosa ne sarà di noi?
C’è un prezzo da pagare quando si segue fedelmente Gesù, non sono sufficienti i Sacramenti e le preghiere, le rinunce e le virtù, bisogna dare di più se molto si è ricevuto da Lui. E tutti noi abbiamo ricevuto la Grazia della Fede che persiste e cresce, siamo suoi amici e mediatori, infatti, ogni volta che chiediamo qualcosa di spirituale o di guarigione fisica per gli altri, sempre Gesù risponde con la potenza del suo Spirito.
Noi subiamo diffamazioni e cattiverie, in cambio Gesù ci dà cento volte tanto in questa vita e poi la vita eterna.
La nostra fedeltà al suo Vangelo fa impazzire i diavoli e quelli che vivono in questa terra come diavoli. Sappiamo che nella Chiesa aumentano i gruppi di Sacerdoti che vogliono trasformare completamente il Vangelo e cambiare le leggi della Chiesa. Sacerdoti che purtroppo odiano letteralmente quanti rimangono fedeli al Vangelo storico e seguono la sana dottrina della Santa Chiesa. Si scatenano come matti, disprezzano e lanciano ogni forma di accusa contro tutti noi Sacerdoti che rimaniamo abbracciati al Vangelo storico.
E questo è solo l’inizio della passione che si appresta a vivere la Chiesa Cattolica
Come già abbiamo avuto modo di leggere, in Austria l’ex segretario del Cardinale di Vienna, Schönborn, da alcuni anni chiede con insistenza alla Santa Sede di modificare le leggi sul celibato per permettere ai Sacerdoti e ai Religiosi di sposarsi. Non è solo questa la ribellione di quasi duemila Sacerdoti dell’Austria, della Germania, degli Stati Uniti e di altre Nazioni contro il Papa e la sana dottrina della Chiesa, chiedono anche il ridimensionamento dell’Eucaristia, l’eliminazione della Confessione, una devozione minimalista (minima) alla Madonna, la trasformazione della Messa da Sacrificio a cena tra amici…
Che pena questi Sacerdoti! Tradire Gesù e la loro eccelsa vocazione per uno smisurato amor proprio.
Ma questo è il tempo del momentaneo trionfo di satana, anche la Chiesa è colpita dal paganesimo più radicale perché sono soprattutto i peccati e far sprofondare nell’abisso quanti non pregano più e chiedono una nuova chiesa a loro misura, secondo i loro desideri e tendenze. Leggiamo un articolo da un quotidiano:
«Preti e suore cattoliche di tutto il mondo si mobilitano contro il voto di castità e organizzano un meeting dei “dissidenti sessuali”, incontro da tenersi nel 2013 in Austria o in Germania. Ci sono le associazioni di Vescovi dei paesi di lingua tedesca, ma anche quelli irlandesi, statunitensi e indiani, che stanno tessendo sul web una rete di relazioni per portare in Vaticano una richiesta sentita, a loro dire, in tutto il mondo cattolico:dire basta al divieto al sesso.
A porsi alla testa di questo “movimento liquido” è l’associazione austriaca Pfarrer-Initiative (alla lettera, “Iniziativa dei sacerdoti”), che raccoglie circa 500 fra preti e diaconi. Il loro portavoce, padre Shuller, spiega: “Il celibato e il presbiterato femminile, non sono problemi tipicamente europei. Per questo è utile mettersi in rete. Con un convegno comune si vuole mostrare anche pubblicamente questa connessione”.
Principale interlocutore dell’associazione austriaca è un’omologa sigla irlandese, l’Association of catholic priests, alla quale sono iscritti circa 850 sacerdoti, mentre negli Stati Uniti l’interlocutore  è una sigla che raccoglie 750 sacerdoti. Il campo di battaglia dei dissidenti del XXI secolo sono i diritti civili: in testa c’è il voto di castità, ma nell’agenda c’è il matrimonio per i Religiosi».
Ho scritto sopra che Pietro e Andrea lasciarono tutto e seguirono Gesù, diventando grandi Santi, mentre i Vescovi e Sacerdoti ribelli al Papa e alla Chiesa non hanno lasciato la loro vecchia mentalità, vogliono la trasformazione della Chiesa.
I credenti che appoggiano questa ribellione convinti che anche i Sacerdoti hanno diritto a sposarsi, oltre a non conoscere il Vangelo e la sana dottrina della Chiesa, esprimono una falsa pietà nel difenderli frutto di inconsapevolezza.
C’è da porsi una domanda: è possibile per un Sacerdote o un Frate vivere castamente in questa società? È possibilissimo, basta mettere a tacere le passioni, fare molte rinunce per dominare la volontà, pregare molto, distaccarsi dalla mentalità e dalla vita mondana, controllare i sensi esterni con metodi che insegnano i Padri spirituali, controllare i sensi interni allontanando immediatamente i pensieri strani e fantasiosi, soprattutto le tentazioni che spingono prima dolcemente verso il peccato ma poi diventano violente.
La prima regola che deve osservare il cristiano è la fuga dalle occasioni di peccato.
Il Vescovo, il Sacerdote, il Frate o la Suora che non lottano in questo modo, non possono capire la straordinaria importanza della castità come purezza, non solo del corpo anche se è la più importante, anche della mente e del cuore. Vivere nella castità significa purificarsi di continuo, distruggere la carnalità presente nella persona e riempirsi dello Spirito Santo. Così divinizzati, si avverte con facilità l’ispirazione di Dio, si è capaci di intuire la realtà e si possiede un forte discernimento.
Invece oggi nei seminari la castità è un discorso non trattato, insegnano l’opposto con le nuove teorie moderniste. Un Vescovo anni fa nei colloqui con i penitenti esaltava la masturbazione, la favoriva perché non la considerava peccato. Il sesto Comandamento secondo lui è stato abolito: “Non commettere atti impuri”.
Il Catechismo afferma sulla castità: «La virtù della castità è strettamente dipendente dalla virtù cardinale della temperanza, che mira a far condurre dalla ragione le passioni e gli appetiti della sensibilità umana.
Il dominio di sé è un’opera di lungo respiro. Non lo si potrà mai ritenere acquisito una volta per tutte. Suppone un impegno da ricominciare ad ogni età della vita. Lo sforzo richiesto può essere maggiore in certi periodi, quelli, per esempio, in cui si forma la personalità, l’infanzia e l’adolescenza.
La castità conosce leggi di crescita, la quale passa attraverso tappe segnate dall’imperfezione e assai spesso dal peccato. L’uomo virtuoso e casto “si costruisce giorno per giorno, con le sue numerose libere scelte: per questo egli conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita”.
La castità rappresenta un impegno eminentemente personale; implica anche uno sforzo culturale, poiché “il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società [sono] tra loro interdipendenti”. La castità suppone il rispetto dei diritti della persona, in particolare quello di ricevere un’informazione ed un’educazione che rispettino le dimensioni morali e spirituali della vita umana.
La castità è una virtù morale. Essa è anche un dono di Dio, una Grazia, un frutto dello Spirito. Lo Spirito Santo dona di imitare la purezza di Cristo a colui che è stato rigenerato dall’acqua del Battesimo» (2341-2345).
Gesù parlava della castità agli Apostoli: “Vi sono eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il Regno dei Cieli. Chi può capire, capisca” (Mt 19,12). Gesù parla di tre categorie di eunuchi, ma evidenzia quelli “che si sono fatti eunuchi per il Regno dei Cieli”, è una terza categoria e certamente fa questa distinzione per rilevare ancor più il suo carattere volontario e soprannaturale. È una scelta personale vivere nella castità.
Volontario perché gli appartenenti a questa categoria “si sono fatti eunuchi”; soprannaturale, invece, perché l’hanno fatto “per il Regno dei Cieli”.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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1980 - Sant' Andrea, Apostolo

Tra gli apostoli è il primo che incontriamo nei Vangeli: il pescatore Andrea, nato a Bethsaida di Galilea, fratello di Simon Pietro. Il Vangelo di Giovanni (cap. 1) ce lo mostra con un amico mentre segue la predicazione del Battista; il quale, vedendo passare Gesù da lui battezzato il giorno prima, esclama: "Ecco l’agnello di Dio!". Parole che immediatamente spingono Andrea e il suo amico verso Gesù: lo raggiungono, gli parlano e Andrea corre poi a informare il fratello: "Abbiamo trovato il Messia!". Poco dopo, ecco pure Simone davanti a Gesù; il quale "fissando lo sguardo su di lui, disse: “Tu sei Simone, figlio di Giovanni: ti chiamerai Cefa”". Questa è la presentazione. Poi viene la chiamata. I due fratelli sono tornati al loro lavoro di pescatori sul “mare di Galilea”: ma lasciano tutto di colpo quando arriva Gesù e dice: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini" (Matteo 4,18-20).
Troviamo poi Andrea nel gruppetto – con Pietro, Giacomo e Giovanni – che sul monte degli Ulivi, “in disparte”, interroga Gesù sui segni degli ultimi tempi: e la risposta è nota come il “discorso escatologico” del Signore, che insegna come ci si deve preparare alla venuta del Figlio dell’Uomo "con grande potenza e gloria" (Marco 13). Infine, il nome di Andrea compare nel primo capitolo degli Atti con quelli degli altri apostoli diretti a Gerusalemme dopo l’Ascensione.
E poi la Scrittura non dice altro di lui, mentre ne parlano alcuni testi apocrifi, ossia non canonici. Uno di questi, del II secolo, pubblicato nel 1740 da L.A. Muratori, afferma che Andrea ha incoraggiato Giovanni a scrivere il suo Vangelo. E un testo copto contiene questa benedizione di Gesù ad Andrea: "Tu sarai una colonna di luce nel mio regno, in Gerusalemme, la mia città prediletta. Amen". Lo storico Eusebio di Cesarea (ca. 265-340) scrive che Andrea predica il Vangelo in Asia Minore e nella Russia meridionale. Poi, passato in Grecia, guida i cristiani di Patrasso. E qui subisce il martirio per crocifissione: appeso con funi a testa in giù, secondo una tradizione, a una croce in forma di X; quella detta poi “croce di Sant’Andrea”. Questo accade intorno all’anno 60, un 30 novembre.
Nel 357 i suoi resti vengono portati a Costantinopoli; ma il capo, tranne un frammento, resta a Patrasso. Nel 1206, durante l’occupazione di Costantinopoli (quarta crociata) il legato pontificio cardinale Capuano, di Amalfi, trasferisce quelle reliquie in Italia. E nel 1208 gli amalfitani le accolgono solennemente nella cripta del loro Duomo. Quando nel 1460 i Turchi invadono la Grecia, il capo dell’Apostolo viene portato da Patrasso a Roma, dove sarà custodito in San Pietro per cinque secoli. Ossia fino a quando il papa Paolo VI, nel 1964, farà restituire la reliquia alla Chiesa di Patrasso.

giovedì 29 novembre 2012

1979 - Commento al Vangelo del 29/11/2012


+ Dal Vangelo secondo Luca (21,20-28)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’Uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Due cose sono abbastanza chiare nel Vangelo che stiamo meditando in questi giorni: l’umanità ritornerà a seguire Dio e questo avverrà dopo lo scoppio di guerre e tribolazioni. La società è talmente sprofondata nell’abisso della corruzione da non poter neanche pensare di uscirne da sola, al contrario assistiamo ogni giorno con maggiore forza al trionfo di tutto ciò che odia Dio e gli esseri umani.
Questo è il tempo di satana, lo percepiamo dall’andazzo che è sotto i nostri occhi, lo ha detto anche la Madonna a Medjugorje. Rileggiamo diversi messaggi efficaci per comprendere come agisce satana e cosa vuole ottenere:
“Cari figli, anche oggi desidero invitarvi tutti alla preghiera. Che la preghiera sia per voi vita. Cari figli, dedicate il tempo solo a Gesù, e Lui vi darà tutto ciò che cercate, Lui vi si rivelerà in pienezza. Cari figli,satana è forte, e aspetta ciascuno di voi per provarlo. Pregate! Così non potrà nuocerci, né ostacolarvi sulla via della santità” (25 settembre 1987).
“Figli cari! Anche oggi vostra Madre vi avverte che satana sta provando a soffocare tutto ciò che c’è di buono in voi. Ma la vostra preghiera non gli consente di riuscirci. Pregando voi riempite tutti i vuoti e così impedite a satana di entrare nella vostra anima. Pregate, figli cari, e vostra Madre pregherà con voi per vincere satana (21 marzo 1988).
“Voglio mettervi in guardia perché in questo tempo satana vi tenta e vi cerca. A satana è sufficiente un vostro piccolo vuoto interiore per poter operare dentro di voi. Perciò, come vostra Madre, Io vi invito a pregare. Che la vostra arma sia la preghiera! Con la preghiera del cuore vincerete satana! Come Mamma vi invito a pregare per i giovani di tutto il mondo” (5 settembre 1988).
“Anche questa sera vostra Madre vi mette in guardia contro l’azione di satana. Voglio mettere in guardia soprattutto i giovani perché satana agisce in maniera particolare tra la gioventù. Figli cari, desidero che le famiglie, specialmente in questo tempo, preghino unite. Che i genitori preghino con i propri figli e dialoghino di più con loro! Io pregherò per loro e per tutti voi. Pregate, cari figli, perché la preghiera è la medicina che cura(9 settembre 1988).
“Figli cari! Vi invito a rinnovare il vostro digiuno in tutti i sensi: digiuno della gola e degli occhi, delle orecchie e della lingua. Fate mortificazioni. In questo modo rinnoverete la preghiera del vostro corpo. E state attenti che satana in questo tempo cerca di distruggere tutto ciò che avete ottenuto nel giorno di Natale e nelle altre feste(14 gennaio 1989).
“Figli cari! Anche questa sera vostra Madre vi ripete che questo è tempo di Grazia e vi invita a moltiplicare le vostre preghiere allo Spirito Santo. Ma voglio dirvi anche che satana in questo tempo sta operando in modo particolare per sviarvi dalla via del bene. Vi raccomando pertanto di riempire con la preghiera tutti gli spazi vuoti così che satana non possa nuocervi. In particolare vi raccomando di pregare nelle vostre famiglie. Vostra Madre pregherà insieme con voi” (12 maggio 1989).
“Cari giovani! Tutto quello che il mondo di oggi vi offre è illusione, passa. Proprio per questo potete comprendere che satana vuole, con la sua presenza, distruggere voi e le vostre famiglie. Cari figli, questo è il tempo delle grandi Grazie. Desidero che rinnoviate i miei messaggi e che li viviate col cuore. Siate portatori della mia pace e pregate per la pace nel mondo. Vi chiedo di pregare innanzitutto per la pace nei vostri cuori e nelle vostre famiglie e poi per la pace nel mondo. Cari giovani, satana è forte e farà di tutto per disturbarvi ostacolandovi in tutte le vostre iniziative. Aumentate quindi le vostre preghiere perché ne avete particolarmente bisogno in questi ultimi tempi. La migliore arma da impiegare contro satana è il Rosario (1 agosto 1990).
Se ci è chiaro il pericolo presente nel mondo, deve essere chiaro che la Madonna a Medjugorje parla di ultimi tempi del trionfo di satana, da non confondere con altri eventi che si verificheranno chissà tra quanti millenni. La Madonna è venuta per mettere fine allo strapotere dei diavoli in tutti i posti di comando, con uomini che intenzionalmente o indirettamente sono alle loro dipendenze e manifestano con le loro opere di opporsi a Gesù Cristo.
Oggi Gesù parla di rovina di Gerusalemme, infatti dopo appena quarant’anni dalla sua morte, dal 66 al 70, le legioni romane comandate da Tito, dopo aver fermato i fermenti religiosi e sedata la rivolta distrussero la città di Gerusalemme e il Tempio.
La profezia di Gesù si è realizzata pienamente dopo alcuni decenni, ma Gerusalemme nel 132 subì un’altra rivolta degli ebrei, i quali riconquistarono la città, ma i romani rapidamente mobilitarono le truppe al confine ed eliminarono ogni resistenza ribattezzando la città con il nome di Aelia Capitolina e trasformandola in colonia romana. L'imperatore Costantino e i suoi successori fecero restaurare ed abbellire i luoghi legati alle storie evangeliche e ad erigere la prima chiesa cristiana, quella del Santo Sepolcro.
La Gerusalemme che rifiutò Gesù e Lo condannò a morte si è moltiplicata in mille e mille città e paesi nel mondo, quella ostilità contro Gesù e quella corruzione si sono estese in ogni angolo della terra, con la conseguenza del rifiuto di Dio e la dimenticanza degli stessi valori umani. Come avvenne nell’Antico Testamento, Dio sarà costretto a risvegliare l’umanità dal torpore mortale in cui è precipitata. Gesù afferma: “Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti”.
Il problema di non poco conto è che la nuova Gerusalemme oggi è simboleggiata soprattutto da Roma, indicata dallo Spirito Santo nel Libro dell’Apocalisse con profezie davvero inquietanti e che lasciano pochi dubbi, considerando cosa è avvenuto in questi ultimi decenni nella città eterna e cosa si sta preparando prossimamente. Questa una delle profezie nell’Apocalisse su Roma: «Allora uno dei sette Angeli che hanno le sette coppe mi si avvicinò e parlò con me: “Vieni, ti farò vedere la condanna della grande prostituta che siede presso le grandi acque”» (Ap 17,1).
Le parole che dice oggi Gesù nel Vangelo appaiono davvero preoccupanti, i segni dei tempi indicano a tutti noi che la pace tra i potenti del mondo è precipitata, l’odio si taglia a fette, l’immoralità colpisce già i bambini e molti anziani piuttosto che pregare con serenità e prepararsi all’incontro con Dio, fremono di passioni e di pensieri poco cristiani. È la televisione a provocarli, a farli deviare dalla preghiera e dalla vita gioiosa.
Se le parole di Gesù sono preoccupanti, Egli ci tranquillizza perché dopo gli avvenimenti la vostra liberazione è vicina”. Gesù parla di vittoria dei suoi seguaci dopo un periodo di tribolazione.
Ci sono falsi veggenti che affermano eventi inventati, noi vogliamo soffermarci sul Vangelo e sui 10 segreti di Medjugorje che non si conoscono ma che da quanto affermato dalla veggente, presentano dal 4° al 10° interventi di Dio per fermare i pericoli che si scateneranno contro l’umanità per la cattiveria dei potenti e per purificare i buoni, per mettere fine a questi tempi dominati dai diavoli e da quanti sono alle loro dipendenze.
“Allora vedranno il Figlio dell’Uomo venire su una nube con grande potenza e gloria”, è la profezia di Gesù che mette consolazione ai giusti e preoccupazione a quanti hanno lottato il Signore e temono la sua Giustizia. La sua venuta nella gloria indica la manifestazione spirituale che ogni essere umano avvertirà nel suo cuore per decidere definitivamente se accogliere Dio o rifiutarlo.
È l’ultimo tentativo misericordioso di Dio per salvare questa umanità impazzita.
Gesù oggi in realtà tranquillizza i suoi seguaci, ci assicura che la liberazione da questi tempi dominati da satana è vicina, prima però si dovrà assistere ad eventi che non preoccuperanno i cristiani che pregano e che hanno una Fede forte.
“Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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1978 - San Francesco Antonio Fasani


Francesco Antonio Fasani, chiamato dai lucerini familiarmente Padre Maestro, nacque a Lucera, il 6 agosto 1681, da umili e modesti lavoratori : Giuseppe Fasani e Isabella Della Monica. Battezzato il 10 agosto con i nomi di Donato Antonio Giovanni Nicolò, era chiamato da tutti, familiarmente, Giovanniello.
Quando era ancora piccolo, il padre morì e sua madre Isabella, fu costretta a risposarsi con Francesco Farinacci, anch’egli un buon cristiano come il defunto Giuseppe. Giovanniello entrò molto giovane nell’Ordine di S. Francesco, tra i Minori Conventuali del convento di Lucera e vi rifulse per innocenza di vita, spirito di penitenza e povertà, ardore serafico e zelo apostolico, sì da sembrare un “S. Francesco Redivivo”.
Il 23 agosto 1695 entrò nel noviziato dei Frati Minori Conventuali di Monte S. Angelo, prese il nome di Francesco Antonio e il 23 agosto 1696 vi emise la professione solenne.
Il giovane frate Francesco Antonio completò gli studi umanistici e frequentò i corsi filosofici nei seminari della sua Provincia religiosa. Successivamente iniziò i corsi di teologia nello Studio di Agnone, lì proseguì nello Studio Generale di Assisi presso la Tomba di S. Francesco, dove ricevette l'ordinazione sacerdotale l’11 settembre 1705; e sempre in Assisi frequentò pure il corso teologico accademico fino al 1707.
Il tirocinio degli studi, espletato con impegno e con vivo desiderio di assimilare il valore salvifico dei misteri della fede, lo resero profondo in filosofia e dotto in teologia, come attesterà ai Processi Canonici Antonio Lucci, Vescovo di Bovino, che era stato suo condiscepolo ed emulo nell'esercizio delle virtù religiose. Nel contempo attraverso una intensa formazione spirituale, coadiuvata da illuminati maestri di spirito, progrediva nella vita di unione con Dio configurandosi al Signore nella consacrazione religiosa e nel carisma sacerdotale.
Dal 1707 fino alla morte, per trentacinque anni continui, visse a Lucera rendendo splendida testimonianza di vita evangelica e di zelante ministero pastorale: per questo ammirato dai fedeli di Lucera, di tutta la Daunia e del Molise. Nell'ambito del suo Ordine Francescano ricoprì uffici di particolare responsabilità. Valente lettore di filosofia scolastica e stimato maestro dei giovani novizi e professi, diede notevole impulso alla formazione spirituale e dottrinale dei confratelli.
Nel 1709 conseguì la laurea in teologia, e da allora il Padre Fasani venne comunemente chiamato con l'appellativo di Padre Maestro, titolo che ancora oggi gli viene attribuito a Lucera. Esercitò con carità e saggezza gli uffici di superiore locale e provinciale dimostrandosi efficace animatore della vita religiosa dei confratelli.
Scrisse alcune operette predicabili, tra cui un Quaresimale, un Mariale, una esposizione al Pater e al Magnificat, e vari Sermoni di cui alcuni in lingua latina. Suo principale intendimento nel predicare era quello di farsi capire da tutti, come nella sua modestia era solito dire; la sua catechesi, tipicamente francescana, era rivolta di preferenza all'umile popolo verso cui si sentiva particolarmente attratto.
Inesauribile fu la sua carità verso i poveri e sofferenti; fra le varie iniziative, promosse la simpatica usanza di raccogliere e distribuire pacchi-dono ai poveri in occasione del S. Natale. Ma il suo zelo e la sua carità sacerdotale rifulsero in modo singolarissimo nell'assistenza ai carcerati e ai condannati che accompagnava personalmente fino al luogo del supplizio per confortarne gli estremi momenti.
Fu devotissimo dell'Immacolata Concezione: alle anime che egli dirigeva era solito inculcare gli atti di ossequio alla Madonna e la meditazione delle sue virtù. Anche oggi è oggetto di particolare venerazione, nella chiesa di S. Francesco, la bella statua dell'Immacolata che fece venire da Napoli; il popolo canta tuttora la canzone mariana da lui composta.
Morì a Lucera il 29 novembre 1742, il primo giorno della novena dell'Immacolata.
Dopo la morte, per oltre due secoli, continuò a rimanere nell'ombra, conosciuto ed amato solo dai suoi compaesani che godevano, di generazione in generazione, del suo aiuto e della sua potente protezione.
Fu beatificato dal Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958) il 15 aprile 1951. Il 13 aprile 1986, all’interno della Basilica di S. Pietro, il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) dichiarò santo Francesco Antonio Fasani e, dopo un anno dalla canonizzazione, il 25 maggio 1987, si recò in pellegrinaggio in Puglia e si fermò a Lucera per venerare il corpo del Padre Maestro.
Dal 2001, la vecchia Chiesa di S. Francesco è divenuta il Santuario di S. Francesco Antonio Fasani, dove ogni anno migliaia di devoti si recano ai piedi dell’altare ad onorare il Padre Maestro.
Significato del nome Francesco : “uomo libero” (antico tedesco).
Significato del nome Antonio : “nato prima” o “che fa fronte ai suoi avversari” (greco).
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mercoledì 28 novembre 2012

1977 - Commento al Vangelo del 28/11/2012


+ Dal Vangelo secondo Luca (21,12-19)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
La ricorrenza della Medaglia Miracolosa in molti cristiani ravviva il ricordo della rivelazione della Madonna a Santa Caterina Labourè, invece per pochi credenti è un momento di gioia perché durante tutto l’anno diffondono questa potentissima Medaglia e fanno conoscere la preghiera che la Madre di Dio insegnò alla Suora.
È un oggetto quasi inconsistente perché il suo costo è minimo, con pochi centesimi si può trovare e regalarla ai propri familiari dopo la benedizione del Sacerdote. La Madonna utilizza sempre le cose più semplici e deboli per far emergere la potenza di Dio. A Medjugorje ha invitato l’umanità: “Cari figli, oggi vi invito a collocare nelle vostre case numerosi oggetti sacri, e ogni persona porti addosso qualche oggetto benedetto. Benedite tutti gli oggetti; così satana vi tenterà di meno, perché avrete la necessaria armatura contro satana. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!” (18 luglio 1985).
Ci sono negozi religiosi che lucrano parecchio anche su questa Medaglia, se avessero una sincera devozione alla Madonna e il desiderio di santificarsi aiutando anche il prossimo, dovrebbero diffonderla a pochi centesimi o addirittura regalarla. Ricordo che quando stavo in convento sui Colli Albani vicino Roma, con gli aiuti dei benefattori ne ordinavo decine di migliaia per diffonderle a tutti i partecipanti agli incontri di preghiera.
Ho sempre continuato a diffondere la Medaglia Miracolosa per le Grazie che la Madonna concede a quanti la portano addosso.
Racconto questo fatto. Una insegnante che diffondeva la Medaglia Miracolosa cercava da tempo di farla prendere ad un collega ateo, ma lui sempre rifiutava e irrideva questo oggetto sacro. La donna gli disse che lui mostrava paura di prendere la Medaglia Miracolosa, quindi in qualche modo percepiva l’efficacia anche se si dichiarava ateo. Ma lui era un ateo convinto e non aveva nella vita pensato all’esistenza di Dio neanche per un secondo. Per mostrare la sua spavalderia, prese la Medaglia Miracolosa e la mise in tasca.
Dopo tempo morì e la donna dubitava sulla sua salvezza, un giorno un bambino a scuola la chiamò in disparte e le raccontò un sogno fatto la notte: “Ho visto il maestro e parlava con me, mi ha detto di venire da lei e dirle di ringraziarla, perché non è morto da ateo, si è convertito per mezzo della Medaglia Miracolosa. Ora lui è salvo e necessita di preghiere, ma ha ripetuto di dire che la Medaglia che portava addosso lo ha salvato dalla dannazione eterna”.
La Medaglia Miracolosa distrugge le opere di satana e bisogna portarla addosso con Fede, si ricevono innumerevoli Grazie.
Dove c’è la Medaglia Miracolosa avviene un depotenziamento della forza di satana, le negatività diminuiscono e la persona disturbata si sente più serena e gioiosa. Oltre l’indebolimento delle tentazioni che portano i diavoli, la persona si sente maggiormente protetta dalla Madonna e prega con più amore e fiducia. Diffondere la Medaglia Miracolosa è un grande mezzo di conversione e di apostolato!
Domani inizia la Novena all’Immacolata, saranno nove giorni di preghiera intensa per chi ama la Vergine Santissima, ed è una Solennità speciale perché fu il primo dono ricevuto dalla Fanciulla Maria. Diventò poi Madre di Dio perché era Immacolata, Ella stessa lo disse a Bernardetta a Lourdes il 25 marzo 1858: “Io sono l’Immacolata Concezione”.
Anche se molti oggi disprezzano le penitenze, i fioretti, i digiuni, così come non credono ai diavoli né all’inferno, le rinunce o i fioretti giornalieri sono sempre determinanti per la vita spirituale, sono benedetti dalla Madonna. Chi non crede più nella santità perché comprende che l’attende l’inferno a causa delle sue opere, disprezza i fioretti e afferma che non valgono niente.
Il cammino spirituale inizia e si fortifica solo se c’è la rinuncia e il rinnegamento verso ciò che piace e danneggia la vita spirituale.
Se quanti hanno perduto la Fede provassero la gioia che si prova ogni volta che si pratica una rinuncia o il rinnegamento, sarebbero amici di Gesù… Attaccare i fioretti, le penitenze, i digiuni, è la prova che loro si considerano già dannati e vogliono portare con sé molti altri. Lo diceva Gesù ai suoi nemici, lo ripete ai nuovi scribi e farisei: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il Regno dei Cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci” (Mt 23,13).
Proprio la salvezza è uno dei temi toccati oggi da Gesù nel Vangelo. Chi cerca la salvezza eterna si imbatte inevitabilmente in nemici visibili ed invisibili. Se i diavoli cercano di fermare con mille trappole quanti seguono fedelmente Gesù, anche quelle persone senza Dio e piene di odio cercano di colpire in tutti i modi possibili i veri cristiani.
Le persecuzioni fanno parte della vita spirituale del cristiano, quando mancano vuol dire che il cammino spirituale non è autentico. Gesù fu sempre perseguitato e combattuto. “Sarete traditi…”Non solamente Gesù ebbe molti traditori, ad ogni cristiano autentico non mancano i suoi nemici. San Francesco d’Assisi fu tradito da diversi Frati che volevano modificare la Regola, San Pio tra gli altri fu tradito da un Sacerdote di Roma che andava da lui con molta ipocrisia e si mostrava grande amico mentre a Roma complottava insieme ad un alto Prelato per fermare il Santo.
Noi non amiamo ricevere persecuzioni, ci mancherebbe, le persecuzioni sono la manifestazione della rabbia e dell’odio sia dei diavoli che dei cattivi. Lo afferma oggi Gesù: “Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno…”, “Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici…”.
La fedeltà a Gesù non è semplice, c’è un grande prezzo da pagare in fatto di ritorsioni e cattiverie da patire, ma il Signore ci promette “cento volte tanto e in eredità la vita eterna” (Mt 19,29). Chi non segue Gesù patisce pure cattiverie e vive qui il suo inferno, noi invece abbiamo una forza soprannaturale che ci permette di rimanere nella pace anche nelle più crude persecuzioni. Riusciamo ad amare i più cattivi e quanti ci odiano anche senza motivo.
Noi sappiamo che per raggiungere la santità di vita e poi il Paradiso dobbiamo lottare contro i diavoli e quanti vivono qui come i diavoli!
La salvezza eterna è il premio riservato solamente a quelli che lottano in questa vita, che superano le persecuzioni senza abbattersi o preoccuparsi per l’amor proprio, essi non si spaventano per le profezie annunciate da Gesù e si affidano pienamente a Lui. Gesù promette che “nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”.
Quando Gesù afferma “di non preparare prima la vostra difesa; Io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere”, è la sua garanzia che non farà mai mancare lo Spirito Santo ai veri cristiani, a quanti difendono il Vangelo e lottano spesso anche con quanti nella Chiesa non seguono più il Vangelo.
Dinanzi a diffamazioni o persecuzioni, il cristiano sincero deve avere Fede che Gesù prima o poi interverrà, sarà Lui a parlare con le ispirazioni o con le opere che manifesteranno sempre la verità.
Gesù ci invita a perseverare sempre con umiltà, le prove non mancano a nessuno, noi sappiamo di avere la protezione della Madonna!

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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1976 - Udienza di Benedetto XVI del 28/11/2012

L'Anno della fede. Come parlare di Dio? 

Cari fratelli e sorelle, 
La domanda centrale che oggi ci poniamo è la seguente: come parlare di Dio nel nostro tempo? Come comunicare il Vangelo, per aprire strade alla sua verità salvifica nei cuori spesso chiusi dei nostri contemporanei e nelle loro menti talvolta distratte dai tanti bagliori della società? Gesù stesso, ci dicono gli Evangelisti, nell'annunciare il Regno di Dio si è interrogato su questo: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?» (Mc 4,30). Come parlare di Dio oggi? La prima risposta è che noi possiamo parlare di Dio, perché Egli ha parlato con noi. La prima condizione del parlare di Dio è quindi l’ascolto di quanto ha detto Dio stesso. Dio ha parlato con noi! Dio non è quindi una ipotesi lontana sull'origine del mondo; non è una intelligenza matematica molto lontana da noi. Dio si interessa a noi, ci ama, è entrato personalmente nella realtà della nostra storia, si è autocomunicato fino ad incarnarsi. Quindi, Dio è una realtà della nostra vita, è così grande che ha anche tempo per noi, si occupa di noi. In Gesù di Nazareth noi incontriamo il volto di Dio, che è sceso dal suo Cielo per immergersi nel mondo degli uomini, nel nostro mondo, ed insegnare l’«arte di vivere», la strada della felicità; per liberarci dal peccato e renderci figli di Dio (cfr Ef 1,5; Rm 8,14). Gesù è venuto per salvarci e mostrarci la vita buona del Vangelo. 
Parlare di Dio vuol dire anzitutto avere ben chiaro ciò che dobbiamo portare agli uomini e alle donne del nostro tempo: non un Dio astratto, una ipotesi, ma un Dio concreto, un Dio che esiste, che è entrato nella storia ed è presente nella storia; il Dio di Gesù Cristo come risposta alla domanda fondamentale del perché e del come vivere. Per questo, parlare di Dio richiede una familiarità con Gesù e il suo Vangelo, suppone una nostra personale e reale conoscenza di Dio e una forte passione per il suo progetto di salvezza, senza cedere alla tentazione del successo, ma seguendo il metodo di Dio stesso. Il metodo di Dio è quello dell’umiltà – Dio si fa uno di noi – è il metodo realizzato nell'Incarnazione nella semplice casa di Nazareth e nella grotta di Betlemme, quello della parabola del granellino di senape. Occorre non temere l’umiltà dei piccoli passi e confidare nel lievito che penetra nella pasta e lentamente la fa crescere (cfr Mt 13,33). Nel parlare di Dio, nell’opera di evangelizzazione, sotto la guida dello Spirito Santo, è necessario un recupero di semplicità, un ritornare all’essenziale dell’annuncio: la Buona Notizia di un Dio che è reale e concreto, un Dio che si interessa di noi, un Dio-Amore che si fa vicino a noi in Gesù Cristo fino alla Croce e che nella Risurrezione ci dona la speranza e ci apre ad una vita che non ha fine, la vita eterna, la vita vera. Quell'eccezionale comunicatore che fu l’apostolo Paolo ci offre una lezione che va proprio al centro della fede del problema “come parlare di Dio” con grande semplicità. Nella Prima Lettera ai Corinzi scrive: «Quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» (2,1-2). Quindi la prima realtà è che Paolo non parla di una filosofia che lui ha sviluppato, non parla di idee che ha trovato altrove o inventato, ma parla di una realtà della sua vita, parla del Dio che è entrato nella sua vita, parla di un Dio reale che vive, ha parlato con lui e parlerà con noi, parla del Cristo crocifisso e risorto. La seconda realtà è che Paolo non cerca se stesso, non vuole crearsi una squadra di ammiratori, non vuole entrare nella storia come capo di una scuola di grandi conoscenze, non cerca se stesso, ma San Paolo annuncia Cristo e vuole guadagnare le persone per il Dio vero e reale. Paolo parla solo con il desiderio di voler predicare quello che è entrato nella sua vita e che è la vera vita, che lo ha conquistato sulla via di Damasco. Quindi, parlare di Dio vuol dire dare spazio a Colui che ce lo fa conoscere, che ci rivela il suo volto di amore; vuol dire espropriare il proprio io offrendolo a Cristo, nella consapevolezza che non siamo noi a poter guadagnare gli altri a Dio, ma dobbiamo attenderli da Dio stesso, invocarli da Lui. Il parlare di Dio nasce quindi dall'ascolto, dalla nostra conoscenza di Dio che si realizza nella familiarità con Lui, nella vita della preghiera e secondo i Comandamenti. 
Comunicare la fede, per san Paolo, non significa portare se stesso, ma dire apertamente e pubblicamente quello che ha visto e sentito nell'incontro con Cristo, quanto ha sperimentato nella sua esistenza ormai trasformata da quell'incontro: è portare quel Gesù che sente presente in sé ed è diventato il vero orientamento della sua vita, per far capire a tutti che Egli è necessario per il mondo ed è decisivo per la libertà di ogni uomo. L’Apostolo non si accontenta di proclamare delle parole, ma coinvolge tutta la propria esistenza nella grande opera della fede. Per parlare di Dio, bisogna fargli spazio, nella fiducia che è Lui che agisce nella nostra debolezza: fargli spazio senza paura, con semplicità e gioia, nella convinzione profonda che quanto più mettiamo al centro Lui e non noi, tanto più la nostra comunicazione sarà fruttuosa. E questo vale anche per le comunità cristiane: esse sono chiamate a mostrare l’azione trasformante della grazia di Dio, superando individualismi, chiusure, egoismi, indifferenza e vivendo nei rapporti quotidiani l’amore di Dio. Domandiamoci se sono veramente così le nostre comunità. Dobbiamo metterci in moto per divenire sempre e realmente così, annunciatori di Cristo e non di noi stessi. 
A questo punto dobbiamo domandarci come comunicava Gesù stesso. Gesù nella sua unicità parla del suo Padre - Abbà - e del Regno di Dio, con lo sguardo pieno di compassione per i disagi e le difficoltà dell’esistenza umana. Parla con grande realismo e, direi, l’essenziale dell’annuncio di Gesù è che rende trasparente il mondo e la nostra vita vale per Dio. Gesù mostra che nel mondo e nella creazione traspare il volto di Dio e ci mostra come nelle storie quotidiane della nostra vita Dio è presente. Sia nelle parabole della natura, il grano di senapa, il campo con diversi semi, o nella vita nostra, pensiamo alla parabola del figlio prodigo, di Lazzaro e ad altre parabole di Gesù. Dai Vangeli noi vediamo come Gesù si interessa di ogni situazione umana che incontra, si immerge nella realtà degli uomini e delle donne del suo tempo, con una fiducia piena nell’aiuto del Padre. E che realmente in questa storia, nascostamente, Dio è presente e se siamo attenti possiamo incontrarlo. E i discepoli, che vivono con Gesù, le folle che lo incontrano, vedono la sua reazione ai problemi più disparati, vedono come parla, come si comporta; vedono in Lui l’azione dello Spirito Santo, l’azione di Dio. In Lui annuncio e vita si intrecciano: Gesù agisce e insegna, partendo sempre da un intimo rapporto con Dio Padre. Questo stile diventa un’indicazione essenziale per noi cristiani: il nostro modo di vivere nella fede e nella carità diventa un parlare di Dio nell’oggi, perché mostra con un’esistenza vissuta in Cristo la credibilità, il realismo di quello che diciamo con le parole, che non sono solo parole, ma mostrano la realtà, la vera realtà. E in questo dobbiamo essere attenti a cogliere i segni dei tempi nella nostra epoca, ad individuare cioè le potenzialità, i desideri, gli ostacoli che si incontrano nella cultura attuale, in particolare il desiderio di autenticità, l’anelito alla trascendenza, la sensibilità per la salvaguardia del creato, e comunicare senza timore la risposta che offre la fede in Dio. L’Anno della fede è occasione per scoprire, con la fantasia animata dallo Spirito Santo, nuovi percorsi a livello personale e comunitario, affinché in ogni luogo la forza del Vangelo sia sapienza di vita e orientamento dell’esistenza
Anche nel nostro tempo, un luogo privilegiato per parlare di Dio è la famiglia, la prima scuola per comunicare la fede alle nuove generazioni. Il Concilio Vaticano II parla dei genitori come dei primi messaggeri di Dio (cfr Cost. dogm. Lumen gentium, 11; Decr. Apostolicam actuositatem, 11), chiamati a riscoprire questa loro missione, assumendosi la responsabilità nell'educare, nell'aprire le coscienze dei piccoli all'amore di Dio come un servizio fondamentale alla loro vita, nell'essere i primi catechisti e maestri della fede per i loro figli. E in questo compito è importante anzitutto la vigilanza, che significa saper cogliere le occasioni favorevoli per introdurre in famiglia il discorso di fede e per far maturare una riflessione critica rispetto ai numerosi condizionamenti a cui sono sottoposti i figli. Questa attenzione dei genitori è anche sensibilità nel recepire le possibili domande religiose presenti nell'animo dei figli, a volte evidenti, a volte nascoste. Poi, la gioia: la comunicazione della fede deve sempre avere una tonalità di gioia. E’ la gioia pasquale, che non tace o nasconde le realtà del dolore, della sofferenza, della fatica, della difficoltà, dell’incomprensione e della stessa morte, ma sa offrire i criteri per interpretare tutto nella prospettiva della speranza cristiana. La vita buona del Vangelo è proprio questo sguardo nuovo, questa capacità di vedere con gli occhi stessi di Dio ogni situazione. È importante aiutare tutti i membri della famiglia a comprendere che la fede non è un peso, ma una fonte di gioia profonda, è percepire l’azione di Dio, riconoscere la presenza del bene, che non fa rumore; ed offre orientamenti preziosi per vivere bene la propria esistenza. Infine, la capacità di ascolto e di dialogo: la famiglia deve essere un ambiente in cui si impara a stare insieme, a ricomporre i contrasti nel dialogo reciproco, che è fatto di ascolto e di parola, a comprendersi e ad amarsi, per essere un segno, l’uno per l’altro, dell’amore misericordioso di Dio. 
Parlare di Dio, quindi, vuol dire far comprendere con la parola e con la vita che Dio non è il concorrente della nostra esistenza, ma piuttosto ne è il vero garante, il garante della grandezza della persona umana. Così ritorniamo all’inizio: parlare di Dio è comunicare, con forza e semplicità, con la parola e con la vita, ciò che è essenziale: il Dio di Gesù Cristo, quel Dio che ci ha mostrato un amore così grande da incarnarsi, morire e risorgere per noi; quel Dio che chiede di seguirlo e lasciarsi trasformare dal suo immenso amore per rinnovare la nostra vita e le nostre relazioni; quel Dio che ci ha donato la Chiesa, per camminare insieme e, attraverso la Parola e i Sacramenti, rinnovare l’intera Città degli uomini, affinché possa diventare Città di Dio.
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1975 - Santa Caterina Labourè, Vergine e veggente


Caterina, al secolo Zoe Catherine Labourè, nacque in Francia, a Fain-lès-Moutiers, un villaggio della Borgogna, il 2 maggio 1806, da Pietro e Luisa Maddalena Gontard. Rimasta orfana di madre a nove anni con sette fratelli e due sorelle, Caterina non poté frequentare le classi elementari ma dovette rendersi utile in famiglia e, più tardi, prenderne le redini.
A 12 anni, il 25 gennaio 1818, fece la prima Comunione. Giunta all'adolescenza, dopo l'apparizione in sogno di S. Vincenzo de' Paoli, che la invitava ad entrare tra le sue suore, chiese di entrare in una casa delle Figlie della Carità.
Il 21 aprile 1830 Caterina entrò come Postulante tra le Figlie della Carità (una sorella l'aveva preceduta nel 1818) a Chatillon-sur-Seine. In seguito fu mandata a Parigi per il noviziato, nella Casa Madre situata in Rue du Bac. Durante il suo noviziato ebbe altre visioni, come quelle di Gesù Eucaristico e di Cristo Re (giugno 1830).
Le apparizioni che hanno avuto la maggiore risonanza sono state quelle dell'Immacolata della "Medaglia miracolosa": 18 giugno e 26 novembre 1830 (per maggiori dettagli,  Beata Vergine Della Medaglia Miracolosa). Il messaggio mariano era semplice, predisponeva alla proclamazione del dogma dell'Immacolata (Beato Pio IX - Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878 - l'8 dicembre 1854) insegnando una semplice ed essenziale preghiera: “O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi”. Caterina sentiva quindi l'invito: « Fai coniare una medaglia su questo modello; le persone che la porteranno al collo riceveranno grandi grazie. Le grazie saranno più abbondanti per le persone che la porteranno con fiducia » ed infine veniva assicurata della protezione di Maria sulla famiglia vincenziana che usciva dolorosamente provata dall'epoca rivoluzionaria e napoleonica.
Caterina confidò il suo segreto al confessore P. Giovanni Battista Aladel che ne parlò all'arcivescovo di Parigi, mons. Giacinto De Quélen, che autorizzò il conio della medaglia: le prime uscirono nel giugno 1832. In dieci anni vennero coniate e diffuse ben 100 milioni di medaglie che subito varcarono i confini della Francia e venne popolarmente chiamata "Medaglia Miracolosa".
Caterina, eccezion fatta per i pochi superiori ai quali dovette manifestare quanto era accaduto, si chiuse nel più grande riserbo e rimase nell'ombra per il resto della sua esistenza. Terminato il noviziato, il 20 gennaio 1831, vestiva l'abito delle Figlie della Carità e il 3 maggio 1835 pronunciava i primi voti.
Veniva inviata a svolgere la sua missione nella Casa di riposo di Reuilly, dedicata al Duca d'Enghien. Qui vi rimase fino alla fine dei suoi giorni servendo con premura materna i poveri, gli anziani, i malati nelle diverse mansioni che le vennero affidate.
L'aver visto la Madonna non fu mai occasione di vanto, ma di impegno e stimolo. Alla fine della vita dirà: Io non sono stata che uno strumento. Non è per me che la S. Vergine è apparsa, ma per il bene della Compagnia e della Chiesa. Nulla di appariscente ci fu nella sua esistenza: praticò le virtù cristiane e quelle della donna consacrata in maniera umile e forte, semplice ed eroica, raggiungendo un alto grado di santità nella vita quotidiana e nel servizio dei poveri nei quali scorgeva il volto di Cristo.
Gli anni si facevano sentire come pure i vari malanni, di cui soffriva, si aggravarono. Si spense con grande serenità di spirito il 31 dicembre 1876.
Nel 1896 si apriva il processo diocesano e nel 1907 la causa di beatificazione e canonizzazione venne introdotta a Roma.
Fu beatificata da Pp Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939) il 28 maggio 1933 e canonizzata dal Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958) il 27 luglio 1947.
Quando la sua salma fu esumata, le mani, che avevano toccato la Madonna, e gli occhi, che l'avevano veduta, apparvero straordinariamente conservati; le sue reliquie riposano nella cappella in cui ebbe le apparizioni.
Significato del nome Caterina : “donna pura” (greco).
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Medaglia di San Benedetto