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martedì 11 settembre 2012

1794 - Santi Proto e Giacinto


Il 21 marzo del 1845, venerdì santo, si ebbe la fortuna insperata di trovare, grazie ad un gesuita, la tomba di un santo martire che recava questa iscrizione: “DP III IDUS SEPTEBR YACINTHUS MARTYR” (“Giacinto Martire deposto il terzo giorno delle idi di settembre”).
Con questa eccezionale scoperta, era finalmente possibile conoscere ciò che era avvenuto in realtà delle reliquie di due tra i santi più popolari: i SS. Proto e Giacinto. Da secoli infatti si riteneva che le reliquie dei due santi fossero conservate a Roma nella chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, ed ecco che si scopriva la tomba ancora intatta e sigillata di S. Giacinto,  nelle catacombe di sant'Ermete.
Poco distante, nell’Ottocento, il gesuita Marchi, scoprì un frammento di lapide che recava la scritta “SEPULCRUM PROTI M.”, a conferma che la tomba di S. Proto era stata nelle immediate vicinanze.
Ben presto gli studiosi poterono rendersi conto come mai i loro predecessori avessero trasportato in città solo le reliquie di S. Proto: appena, infatti, si tentò di penetrare nella stretta tomba di S. Giacinto, essa si rovinò miseramente, non senza però consentire di ripescare nel fango alcune ossa che sembravano bruciacchiate. Dalla scoperta si è potuto appurare che Giacinto era stato arso vivo e non decapitato, come la tradizione sosteneva.
I preziosi resti vennero devotamente trasferiti nel collegio di Propaganda Fide dove gli studiosi, trovata una conferma dell'esistenza dei santi martiri Proto e Giacinto, dovettero riconoscere una volta di più l'infondatezza della “Passione di Eugenia”, sulla quale del resto già si nutrivano delle perplessità, e si dovette altresì prospettare l'ipotesi che non fosse fondata neppure la presunzione della parentela tra Proto e Giacinto.
Forse era stata proprio la vicinanza della sepoltura a suggerire tale presunzione (come si sa che sia avvenuto per Felice e Adautto, Nereo e Achilleo e molti altri). Tanto meno si poteva più accettare che essi fossero stati gli eunuchi di una certa Eugenia, figlia del prefetto di Alessandria, che li avrebbe messi a disposizione come catechisti di una vergine di sangue reale, Bassilla, che voleva farsi cristiana. Anche questo particolare, infatti, si ritrova in casi consimili (ad esempio eunuchi-catechisti erano considerati Calogero e Partenio o Giovanni e Paolo).
Pur ignorando tutto della loro vita e del modo del loro martirio, è certo che Proto e Giacinto sono stati martiri e come tali sono onorati.
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