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sabato 17 marzo 2012

1385 - Vita di Gesù (paragrafi 341-342)


La peccatrice innominata

§ 341. A questo punto il solo Luca, lo scriba mansuetudinis Chriti secondo la definizione dell'Alighieri (§ 138), narra un episodio che dimostra quella mansuetudine. I Farisei continuano a sorvegliare Gesù; ma non è necessario che la sorveglianza abbia sempre un aspetto aggressivo, anzi talvolta è maniera più astuta darle un sembiante amichevole. Per questa ragione un Fariseo, dal nome comunissimo di Simone, invita Gesù a pranzo: il luogo non è nominato, ma doveva essere una borgata della Galilea. Il pranzo, secondo l'uso del tempo, è tenuto in una stanza con nel mezzo una tavola a semicerchio: nell'interno del se­micerchio s'aggirano i servi con le vivande, e i convitati stanno in piccoli divani che sono disposti radialmente all'esterno del semicer­chio; quindi ogni convitato è sdraiato sul suo divano in modo da appoggiarsi su un gomito e da avere il busto vicino alla tavola, mentre i suoi piedi rimangono un po' fuori del divano e lontani dalla tavola. Il pranzo offerto da Simone ha vari convitati, e probabilmente non è stato imbandito apposta per Gesù: tuttavia Simone ha colto l'oc­casione per invitare anche l'indomito predicatore e studiarselo comodamente da vicino nella sincerità che suscitano i fumi d'un con­vito; ad ogni modo a Gesù, convocato più a un esame che a un convito, sono negati i complimenti riserbati ordinariamente a un invitato insigne, quali la lavanda dei piedi appena entrato, l'ab­braccio e il bacio da parte del padrone di casa, lo spruzzo di pro­fumi sulla testa prima di mettersi a tavola. Gesù nota queste negate attenzioni, ma non dice nulla e si mette a tavola con gli altri. Ma ecco che, nel colmo del convito, entra nella stanza una donna: confusa tra i familiari che servono, ella non parla a nessuno, va difilata al divano di Gesù, s'inginocchia all'esterno nella parte più lontana dalla tavola, e lì scoppia in pianto. Le sue lacrime sono così abbondanti che rigano i piedi di Gesù: ella però non vuole che quei piedi rimangano rigati dai segni del dolore, ma trovandosi nell'im­previsto e non avendo con sé un panno per asciugarli, per maggior deferenza scioglie i suoi capelli e cosi asciuga quei piedi; poi li ba­cia e ribacia, poi ancora li spruzza col profumo d'un vasetto d'a­labastro che ha portato con sé per ungere la testa della persona venerata (§ 501). Tutto avviene senza una parola da parte della donna o di Gesù. Solo un sottile sorriso illumina la faccia di Si­mone: l'esaminatore ha già giudicato l'esaminando e l'ha riprovato. Simone infatti a quella vista ragiona dentro di sé: Costui, se fosse profeta, saprebbe chi e che razza di donna e' colei che lo tocca: e infatti una peccatrice! (Luca, 7, 39). Per i Farisei peccatrice aveva un significato vario: po­teva designare tanto una donna di perversi costumi, quanto una donna che non osservava le prescrizioni farisaiche; nel Talmud è equiparata a una peccatrice anche la moglie che dia a mangiare a suo marito cibi di cui non sia stata pagata la decima. Seguendo una via di mezzo, si potrà supporre che la donna introdottasi nel convito di Simone fosse una persona di riputazione dubbia, giacché se fosse stata una vera meretrice ben difficilmente i familiari del Fariseo l'avrebbero lasciata penetrare dentro la casa: lo scandalo, davanti ai convitati, sarebbe stato troppo grave. L'ignota donna certamente già conosceva Gesù almeno di vista: l'aveva udito par­lare in pubblico, aveva ascoltato dalla sua bocca quelle parole che richiamavano inesorabilmente tutti a “cambiamento di mente” (§ 335) ma nello stesso tempo sonavano così benigne e conforte­voli ai più traviati ed abietti; ella ne era stata dapprima sconvolta e atterrata nell'abiettezza della sua vita, poi sentendosi risollevata e sorretta dalla misericordiosa speranza diffusa nel suo cuore in virtù di quelle stesse parole, aveva fermamente creduto in una vita nuova, e al momento d'iniziarla si era presentata al suo rigenera­tore per esprimergli i propri sentimenti in maniera squisitamente femminea.

§ 342. Il sottile sorriso beffardo di Simone forse fu notato da Gesù, il suo occulto pensiero di riprovazione certamente fu letto dal ri­provato, che perciò gli rivolse pacatamente la parola: Simone, ho qualche cosa da dirti! - E l'altro, condiscendente: Maestro, dì pu­re! - Gesù allora: Ci fu una volta un creditore che doveva riscuo­tere da un debitore la somma di 500 denari e da un altro una som­ma dieci volte minore, cioè soltanto 50 denari; ma poiché nessuno dei due debitori era in grado di pagare e il creditore era un uomo di buon cuore, rimise ad ambedue i loro debiti rispettivi. Di questi debitori condonati chi credi tu, Simone, che sarà più grato e più affezionato al generoso creditore? - Simone rispose: M'immagino che sarà colui al quale è stato condonato di più. - La risposta era tanto elementare quanto giusta. Gesù allora replicò: Vedi questa donna? Entrai in casa tua, acqua ai miei piedi non desti: costei invece mi bagnò con le lacrime i piedi ed asciugò con i suoi capelli. Bacio non mi desti: costei invece, da quando entrai, non cessava di baciarmi i piedi. Con olio la mia testa non ungesti: costei invece con unguento mi unse i piedi. In grazia di che, ti dico, sono rimessi i peccati di lei i quali (sono) molti perché amò molto; a chi invece poco si rimette, poco ama (Luca, 7, 44-47). Non sono mancati i mestieranti della logica che hanno scoperto una conclusione illogica nel ragionamento di Gesù: la conclusione legittima, in armonia con la parabola dei due debitori, sarebbe stata che la peccatrice doveva amare di più perché di più le era stato condonato. Senonché l'obiezione suppone che Gesù avesse voglia d'insegnare la maniera di fare i compassati sillogismi “in forma”, sostituendosi nel mestiere ad Aristotile: ma Gesù aveva altro da fare, e ragionava seguendo la logica pratica di tutti gli uomini, che spessissimo saltano alla conclusione tralasciando talune premesse facilmente comprensibili. Nel caso nostro, la peccatrice conseguì la molta remissione perché amò molto, ma se amò molto la ragione a sua volta è che ella ricercò e quasi prevenne la molta remissione: l'amore fu unico, e dapprima spinse la peccatrice a cercar la remissione e ne fu causa, poi la confermò nella remissione e ne fu effetto, come fu effetto della remissione nel debitore della para­bola. Le due conseguenze si richiamano a vicenda, e Gesù senza limitarsi alla conseguenza che sarebbe scaturita a rigore dalla para­bola insiste piuttosto sull'altra, giacché parlava a Simone il quale da buon Fariseo aveva poco di esteriore da farsi perdonare ma aveva anche poco amore interiore. Ora, per Gesù, ostacolo ad en­trare nel regno di Dio erano certamente i peccati, ma questi pote­vano esser sempre perdonati: ostacolo insuperabile era invece la mancanza di spinta ad entrare, la mancanza d'amore. Un Fariseo, posto anche sulla soglia del regno, difficilmente vi sarebbe entrato perché era soddisfatto di se stesso e gli mancava la spinta a fare i due o tre passi per entrare; una meretrice invece, quando si fosse accorta di ciò che era, avrebbe avuto ribrezzo di se stessa e avrebbe corso le mille miglia per entrare nel regno, sospinta nella sua corsa dall'amore. Amore pondus e amore pra'mium, come rifletterà più tardi l'esperto Agostino. Del resto Gesù, recandosi in casa di Simone, aveva veramente do­nato molto, pur essendone contraccambiato male dal Fariseo; la donna invece aveva ricercato ella stessa Gesù offrendogli ogni prova di devozione, e con ciò aveva donato molto, pur non essendo stata prevenuta apparentemente da Gesù. Di qui la sua ampia retribu­zione; la quale, inoltre, servirà a confermarla sempre più nel suo amore. Terminato il ragionamento a Simone, Gesù si rivolse alla donna e le disse: Ti sono rimessi i peccati. Come rimanesse Simone non sappiamo; ci è riferito soltanto che gli altri convitati, della tempra di Simone, cominciarono a dire dentro di sé: Chi costui che ri­mette pure i peccati? La stessa riflessione era stata fatta dai Farisei presenti alla scena del paralitico calato dal soffitto (§ 305), e allora Gesù aveva chiuso loro la bocca con un miracolo; questa volta il miracolo non fu compiuto, perché Gesù non aveva alcun motivo di compierne uno ogni qual volta delle oche messesi a far da guardiane ad un presunto campidoglio d'ortodossia avessero cominciato a gracchiare. Preferì invece confermare la donna nella sua nuova via, e le disse: La fede tua ti ha salvata: va' in pace! Pace e amore erano la stessa cosa. 

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