§ 320. Il Discorso della montagna si svolge conforme a uno schema abbastanza chiaro, soprattutto nella recensione secondo Matteo: ma questo evangelista, benché “ordinatore” per eccellenza (§ 114), non deve aver creato qui l'ordinamento e piuttosto lo ha ritrovato già nella catechesi primitiva, sebbene qua e là vi abbia potuto introdurre piccole modificazioni. Il prologo, ch'entra subito nella maniera più risoluta, è rappresentato dalle beatitudini (5, 3-12): altrettanto avviene in Luca (6, 20-26), sebbene con divergenze. In Matteo la felicitazione Beati...! è ripetuta nove volte, ma le beatitudini sono in sostanza soltanto Otto perché l'ultima è quasi una ripetizione della penultima e come un riassunto di tutte le precedenti; in Luca la felicitazione è ripetuta solo quattro volte, ma subito appresso sono aggiunte quattro maledizioni Guai...! indirizzate agli opposti dei felicitati di prima. Questa forma letteraria, per cui si cominciava con affermare un'idea e subito appresso si negava un suo contrario, si ritrova usita tissinia nella poesia biblica (parallelismo antitetico) ; ma anche più importante è notare che precisamente in antiche promulgazioni della Legge mosaica era stata seguita questa alternativa di benedizioni e di maledizioni (Deuteronomio, 11, 26-28; 27, 12-13; 28, 2 segg. e 15 segg,; Giosue', 8, 33-34). Ora, poiché il Discorso della montagna indubbiamente vuole essere, sia per il contenuto sia per lo scenario, il contrapposto messianico alla Legge mosaica (§ 322), è molto probabile che il suo prologo nella primitiva catechesi consistesse in un elenco di beatitudini seguite o alternate da altrettante maledizioni; da questo complesso Matteo estrasse soltanto otto beatitudini, Luca invece soltanto quattro beatitudini ma rafforzate da quattro maledizioni.
§ 321. Affiancando pertanto le due recensioni si ottiene questa sinossi, che ci riporta piu vicini allo schema della primitiva catechesi: Maledetto Chanaan! Schiavo degli schiavi sia per i suoi fratelli..' Benedici, o Jahvè, le tende di Sem e sia Chanaan loro schiavo! Genesi, 9, 25-26 Maledite Merozl disse l'angelo di Jahvè: Maledite, maledite i suoi abitanti!. Sia benedetta fra le donne Jael, moglie di Heber il Qenita: fra le donne della tenda sia benedetta! Giudici, 5, 23-24 Maledetto l'uomo che si confida nell'uomo, e pone carne quale braccio suo!.. Benedetto l'uomo che si confida in Jahvé, ed e' Jahve' la confidenza sua! Geremia, 17, 5-8 . Questo sbalorditivo prologo ha presentato fin qui lo spirito generico del programma di Gesù, cioè della Legge messianica; conclude poi annunziando che questo spirito dovrà essere come un sale che preserverà da corruzione il mondo intero e come una luce che illuminerà tutta la terra (Matteo, 5, 13-16; in altro contesto Luca, 4, 34-35, e 8, 16; 11, 33). Ma subito dopo questo sguardo al futuro il Discorso si rivolge al passato, e affronta la questione delle relazioni tra futuro e passato nei riguardi della Legge ebraica, procedendo secondo il seguente schema.
§ 322. Gesù non è un demolitore della Legge, ma un rinnovatore che in parte abolisce e in parte conserva perfezionando (Matteo, 5, 17-20). La legge messianica perfeziona quella mosaica nei precetti della concordia, della castità, del matrimonio, del giuramento, della vendetta e della carità (ivi, 21-48). - Essa supera di gran lunga le usanze dei Farisei riguardo all'elemosina, alla preghiera e al digiuno (6, 1-18). - Essa, per chi l'accoglie, è l'unico e vero tesoro e libera da ogni altra preoccupazione (ivi, 19-34). - Essa richiede una carità più perfetta e una preghiera più insistente (7, 1-2). - Essa è una porta angusta, ma salva dai falsi profeti e fa compiere buone opere (ivi, 13-23). - In conclusione, la nuova legge è una casa costruita sulla viva roccia che resisterà alle tempeste (ivi, 24-27). Già da questo rapido sommario appare evidente che il Discorso della montagna ha, fra altri scopi, quello di presentarsi come un contrapposto non distruttivo ma perfettivo della Legge di Mosè. E questo sostanze sia per generica condizione sociale. Luca tralascia la precisazione di Matteo (poveri) in spirito (§ 145), per la quale la beatitudine è riserbata a quei poveri che accettino questa loro condizione e ne siano paghi nel loro spirito, mentre i forzati e i riluttanti non sono poveri in ispirito. Invece del piu' generico dolenti di Matteo, Luca ha il più specifico piangenti; cfr. Isaia, 61, 2. - I miti non sono i dolci di carattere, ma gl'infimi della società, i giusti abietti ed umiliati; tutta l’espressione è presa dal Salmo 37, li (ebr.) ove si dice che questi “miti” possederanno la terra. - I puri di cuore sono, non soltanto i casti di pensiero e d'affetto, ma più generalmente i mondi da macchia spirituale, gli innocenti davanti a Dio; la frase dipende dal Salmo 24, 4 (ehr.), ov'è detto che il puro di cuore può presentarsi al santuario di Jahvè. - Gli operanti pace sono i pacifici nel senso non soltanto passivo, che godono della pace, ma anche attivo, che producono e apportano la pace. - Le beatitudini ottava e nona di Matteo (vers. 10-11) si riferiscono allo stesso soggetto: ad ambedue in comune si riporta la sanzione del vers. 12. scopo è conferrnato anche dalla sceneggiatura materiale: come infatti la Legge antica era stata promulgata sul monte Sinai, da Mosè, assistito dagli anziani della nazione ed alla presenza del popolo; così la legge nuova è promulgata sulla montagna della Galilea, da Gesù Messia, assistito dai dodici Apostoli ed alla presenza delle turbe. Che da questa corrispondenza di sceneggiatura si è tratta recentemente la conclusione che tutto è fittizio, e che la sceneggiatura è ideale, e che il Discorso non fu mai tenuto: ma se la conclusione è arbitraria, non per questo le premesse sono false. La sceneggiatura corrisponde, appunto perché si volle a bella posta mostrare una riconnessione anche materiale fra l'antica e la nuova legge, come poco prima si era ricercata una riconnessione numerica fra i dodici Apostoli e le dodici tribù d'Israele (§ 311), e come pure con l'alternativa di benedizioni e di maledizioni si volle probabilmente seguire il metodo di altre antiche promulgazioni della Legge di Mosè (§ 320). Il Discorso della montagna ha uno stile popolare e un frasario orientale. Sottigliezze ed astrazioni mancano, spesseggiano invece i casi pratici e immediati che il popolo ha sempre prediletti e da cui sa ben ricavare norme generali: numerose vi sono anche le iperboli orientali, che gli ascoltatori sapevano interpretare nel loro giusto valore ma senza le quali avrebbero trovato letterariamente insipido il discorso. Per un orientale davano sapore al discorso frasi come quelle che dicevano: Se la tua mano destra ti scandalizza, mozzala via e getta(la) da te, oppure chiunque ti schiafleggia sulla guancia destra rivoltagli pure l'altra; tuttavia i primi seguaci di Gesù non si mozzarono mai la mano destra nè offrirono la guancia sinistra, per la semplice ragione che capivano lo stile in cui si parlava nei loro paesi e soprattutto perché avevano del buon senso. Quando invece subentrò l'idolatria del letteralismo o al buon senso si sostituì il fanatismo, allora si ebbero i casi di Origene nell'antichità e di Leone Tolstoi ai tempi nostri; ma a differenza dell'allegorizzante alessandrino, che diviene improvvisamente letteralista, e del sognatore russo, che rimane un sensuale nelle sue utopie mistiche e predica aggressivamente la mansuetudine, Francesco di Assisi apparirà sempre il più perfetto interprete del Discorso della montagna, interprete tanto perspicace nel riconoscerne lo spirito quanto entusiasta nel praticarlo.
§ 323. Ecco il resto del Discorso: (Matteo, cap. 5) Voi siete il sale della terra: ma se il sale sia diventato insipido con che si salerà? Non serve pìu' a niente salvo che, gettato fuori, ad esser colpestato dagli uomini.' Voi siete la luce del mondo: non puo' star nascosta una città collocata sopra un monte, nè accendono una lucerna e la pongono sotto il moggio bensì sul lampadario e risplende a tutti quei (che sono) nella casa: così risplenda la luce vostra davanti agli uomini, affinché vedano le vostre belle opere e glorifichino il Padre vostro, quello ch'è nei cieli. Non crediate che venni ad abolire la Legge o i Profeti: non venni ad abolire, bensì a compiere. In verità infatti vi dico, finché passi il cielo e la terra un solo iota o un solo trattino non passerà dalla Legge, fino a che tutto avvenga. Chi pertanto abbia disciolto uno solo di questi minimi comandamenti ed abbia insegnato così agli uomini, minimo sarà chiamato nel regno dei cieli: chi invece abbia praticato ed insegnato, costui grande sarà chiamato nel regno dei cieli. Vi dico, infatti, che se non abbondi la vostra giustizia più che (quella) degli Scribi e dei Farisei, non (avverrà) che entriate nel regno dei cieli.
§ 324. Udiste che fu detto agli antichi « Non ucciderai », chi poi abbia ucciso sarà passibile di giudizio. Ma io vi dico che chiunque s'adira contro il suo fratello sarà passibile di giudizio; chi poi abbia detto al suo fratello « Rakà! » sarà passibile di Sinedrio; chi poi abbia detto « Stolto! » sarà passibile della Geenna del fuoco. Se dunque presenti il tuo dono sull'altare e colà ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia colà il tuo dono davanti all'altare, e va' prima, riconciliati col tuo fratello, e allora vieni a presentare il tuo dono. Sii condiscendente col tuo avversario subito, fintanto che stai con lui per la strada: affinché mai non (sia che) l'avversario ti consegni al giudice e il giudice all'inserviente, e (così) sarai gettato in carcere.. In verità ti dico, non (sarà) che (tu) esca di là fino a che (tu) abbia pagato l'ultimo quadrante.
§ 325. Udiste che fu detto « Non commetterai adulterio » Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderar(la), già commise adulterio con essa nel cuor suo. Se poi il tuo occhio destro ti scandalizza, càvalo e getta(lo) da te: e un vantaggio infatti per te che perisca uno dei tuoi membri, e non sia gettato l'intero corpo tuo nella Geenna. E se la tua mano destra ti scandalizza, mòzzala via e getta(la) da te: e' un vantaggio infatti per te che perisca uno dei tuoi membri, e non vada l'intero corpo nella Geenna. Fu poi detto “Chi rimandi la sua moglie, le dia il (documento di) ripudio”. Ma io vi dico che chiunque rimandi la sua moglie, eccettuato (il) caso di fornicazione, fa che ella sia resa adultera, e chi sposi una (donna) rimandata commette adulterio.
§ 326. Di nuovo, udiste che fu detto agli antichi « Non spergiurerai, ma manterrai col Signore i tuoi giuramenti ». Ma io vi dico di non giurare affatto, nè per il cielo perché e' trono d'Iddio, nè per la terra perché è sgabello dei piedi suoi, né per Gerusalemme perché è città del gran re; neppure per la tua testa non giurare, perché non puoi fare bianco o nero un sol capello. Sia invece il vostro discorso “Si” (se e') si, « No » (se e') no: quel che sovrabbonda da queste (parole) è dal maligno.
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