Non fu certamente un discepolo del Signore e probabilmente non lo conobbe neppure, anche se qualche studioso lo identifica con il ragazzo che, secondo il Vangelo di Marco, seguì Gesù dopo l’arresto nell’orto del Getsemani, avvolto in un lenzuolo…: «Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo.» (Mc 14, 51-52).
Quel ragazzo era Marco, figlio della vedova benestante Maria, che metteva a disposizione del Maestro la sua casa in Gerusalemme e l’annesso orto degli ulivi. Nella grande sala della loro casa, fu consumata l’Ultima Cena e lì si radunavano gli apostoli dopo la Passione e fino alla Pentecoste. Quello che è certo è che fu uno dei primi battezzati da Pietro, che frequentava assiduamente la sua casa e infatti Pietro lo chiamava in senso spirituale“mio figlio” come si legge nella sua prima lettera (5,13) : « Vi saluta la comunità che è stata eletta come voi e dimora in Babilonia; e anche Marco, mio figlio. »
Nel 44 quando Paolo e Barnaba, parente del giovane, ritornarono a Gerusalemme da Antiochia, dove erano stati mandati dagli Apostoli, furono ospiti in quella casa; Marco, il cui vero nome era Giovanni, usato per i suoi connazionali ebrei, mentre il nome Marco lo era per presentarsi nel mondo greco-romano, ascoltava i racconti di Paolo e Barnaba sulla diffusione del Vangelo ad Antiochia e quando questi vollero ritornarci, li accompagnò. Fu con loro nel primo viaggio apostolico fino a Cipro, ma quando questi decisero di raggiungere Antiochia, attraverso una regione inospitale e paludosa sulle montagne del Tauro, Marco rinunciò spaventato dalle difficoltà: « Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge di Panfilia. Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme.» (Atti 13,13).
Cinque anni dopo, nel 49, Paolo e Barnaba ritornarono a Gerusalemme per difendere i Gentili convertiti, ai quali i giudei cristiani volevano imporre la legge mosaica, per poter ricevere il battesimo. Ancora ospitati dalla vedova Maria, rividero Marco che volle seguirli di nuovo ad Antiochia. Quando i due prepararono un nuovo viaggio apostolico, Paolo, non fidandosi, non lo volle con sé ; scelse un altro discepolo, Sila, e si recò in Asia Minore, mentre Barnaba si spostò a Cipro con Marco.
In seguito il giovane deve aver conquistato la fiducia degli apostoli, perché nel 60, nella sua prima lettera da Roma, Pietro, salutando i cristiani dell’Asia Minore, invia anche i saluti di Marco; egli divenne anche fedele collaboratore di Paolo e non esitò di seguirlo a Roma, dove nel 61 risulta che Paolo era prigioniero in attesa di giudizio. L’apostolo parlò di lui ai Colossesi: « Vi salutano Aristarco, mio compagno di carcere, e Marco, il cugino di Barnaba, riguardo al quale avete ricevuto istruzioni - se verrà da voi, fategli buona accoglienza - » (Col 4,10) e a Timoteo : « Affrettati a venire da me al più presto... Solo Luca è con me. Prendi Marco e conducilo con te, perché mi è utile per il ministero. » (2 Tm 4,9-11)
Forse Marco giunse in tempo per assistere al martirio di Paolo, ma certamente rimase nella capitale dei Cesari, al servizio di Pietro, anch’egli presente a Roma. Durante gli anni trascorsi accanto al Principe degli Apostoli, Marco trascrisse, secondo la tradizione, la narrazione evangelica di Pietro. Affermatasi solidamente la comunità cristiana di Roma, Pietro inviò, in un primo momento, il suo discepolo e segretario ad evangelizzare l’Italia settentrionale. Ad Aquileia Marco convertì Ermagora, diventato poi primo vescovo della città e, dopo averlo lasciato, s’imbarcò e fu sorpreso da una tempesta, approdando sulle isole Rialtine (primo nucleo della futura Venezia), dove si addormentò e sognò un angelo che lo salutò: « Pax tibi Marce evangelista meus » e gli promise che in quelle isole avrebbe dormito in attesa dell’ultimo giorno. Secondo un’antichissima tradizione, Pietro lo mandò poi ad evangelizzare Alessandria d’Egitto; qui Marco fondò la Chiesa locale diventandone il primo vescovo. Nella zona di Alessandria, subì il martirio sotto l’imperatore Traiano (53-117); fu torturato, legato con funi e trascinato per le vie del villaggio di Bucoli, luogo pieno di rocce e asperità; lacerato dalle pietre, il suo corpo era tutta una ferita sanguinante. Dopo una notte in carcere, dove venne confortato da un angelo, Marco fu trascinato di nuovo per le strade, finché morì un 25 aprile verso l’anno 72, secondo gli “Atti di Marco” all’età di 57 anni.
Ebrei e pagani volevano bruciarne il corpo ma un violento uragano li fece disperdere, permettendo così, ad alcuni cristiani, di recuperare il corpo e seppellirlo a Bucoli in una grotta; da lì nel V secolo fu traslato nella zona del Canopo. La chiesa costruita al Canopo di Alessandria, che custodiva le sue reliquie, fu incendiata nel 644 dagli arabi e ricostruita in seguito dai patriarchi di Alessandria, Agatone (662-680), e Giovanni di Samanhud (680-689). In questo luogo, nell’828, approdarono i due mercanti veneziani, Buono da Malamocco e Rustico da Torcello, che s’impadronirono delle reliquie dell’Evangelista, minacciate dagli arabi, trasferendole a Venezia, dove giunsero il 31 gennaio 828, superando il controllo degli arabi, una tempesta e l’arenarsi su una secca.
Le reliquie furono accolte con grande onore dal doge Giustiniano Partecipazio, figlio e successore del primo doge delle Isole di Rialto, Agnello; e riposte provvisoriamente in una piccola cappella, luogo oggi identificato dove si trova il tesoro di San Marco. Iniziò la costruzione di una basilica, che fu portata a termine nell’832 dal fratello Giovanni suo successore, ma questa andò distrutta da un incendio nel 976, provocato dal popolo in rivolta contro il doge Candiano IV (959-976) che lì si era rifugiato insieme al figlio; in quell’occasione fu distrutto anche il vicino Palazzo Ducale. Nel 976-978, il doge Pietro Orseolo I il Santo, ristrutturò a sue spese sia il Palazzo che la Basilica. L’attuale “Terza San Marco” fu iniziata invece nel 1063, per volontà del doge Domenico I Contarini, e completata nei mosaici e marmi dal suo successore, Domenico Selvo (1071-1084). La cerimonia della dedicazione e consacrazione della Basilica, avvenuta il 25 aprile 1094, fu preceduta da un triduo di penitenza, digiuno e preghiere, per ottenere il ritrovamento delle reliquie dell’Evangelista, delle quali non si conosceva più l’ubicazione. Dopo la Messa, celebrata dal vescovo, si spezzò il marmo di rivestimento di un pilastro della navata destra, a lato dell’ambone e comparve la cassetta contenente le reliquie, mentre un profumo dolcissimo si spargeva per la Basilica. Venezia restò indissolubilmente legata al suo Santo patrono, il cui simbolo di evangelista, il leone alato che artiglia un libro con la già citata scritta: « Pax tibi Marce evangelista meus », divenne lo stemma della Serenissima.
Il Vangelo scritto da Marco va posto cronologicamente tra quello di S. Matteo (scritto verso il 40) e quello di S. Luca (scritto verso il 62); esso fu scritto tra il 50 e il 60, nel periodo in cui Marco si trovava a Roma accanto a Pietro. Il racconto evangelico di Marco, il più breve dei quattro, è formato di soli sedici capitoli in lingua greca, ed è diviso in due parti. La prima è data dai primi otto capitoli, nei quali riporta le azioni di Gesù, insistendo sul racconto di numerosi miracoli al fine di dimostrare che Gesù è davvero il Figlio di Dio. Sembra che per questo motivo, fin dall'antichità cristiana, sia stato scelto il leone quale suo simbolo perché come il leone con il suo ruggito domina le voci degli altri animali, così Marco proclama forte che Gesù è Figlio di Dio.
Nella seconda parte di preferenza sono presentate le parole di Gesù, che spiegano le condizioni necessarie per seguire il Redentore sino alla morte in croce.
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