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venerdì 6 aprile 2012

1431 - Commento al Vangelo del 6/4/2012, venerdì santo

Il vangelo odierno (Passione secondo S.Giovanni) è molto lungo, lo potete trovare (con le altre letture del giorno)  QUI.



Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Sono le ultime parole di Gesù a sigillare la sua missione: “Tutto è compiuto”. A 33 anni ha realizzato pienamente la volontà del Padre senza venire meno in una sola minima circostanza. L’unione ipostatica tra le due nature, quella divina e quella umana, non poteva ovviamente inserire l’imperfezione, e Gesù rimane sempre il modello anche per le piccole azioni che ha compiuto.
L’unione ipostatica indica la modalità utilizzata da Dio Figlio, il quale prese su di sé la natura umana rimanendo completamente Dio allo stesso tempo. Gesù Cristo è sempre stato Dio (Gv 8,58; 10,30), ma al momento dell’incarnazione il Figlio di Dio è diventato un essere umano e si chiama Gesù (Gv 1,14). L’Uomo che nasce da una Donna è Gesù, l’aggiunta della natura umana alla natura divina: il Dio-Uomo. L’unione ipostatica indica una Persona Divina in due nature, è Gesù Cristo, una Persona, pienamente Dio e pienamente Uomo.
Ne consegue che le due nature di Gesù, quella umana e quella Divina, sono inseparabili, Egli rimane per sempre il Dio-Uomo, due nature distinte in una sola Persona. L’umanità e la divinità di Gesù non sono una mescolanza, esse permangono unite senza che nessuna delle due perda la sua identità distinta.
Nel Vangelo abbiamo letto che Gesù a volte mostrava i limiti della natura umana: “… qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno” (Gv 4,6). Come Uomo si è sottoposto alle limitazioni di questa natura, ma sempre operava la potenza della Sua divinità: «E, detto questo, gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!”». 
Gesù aveva due nature ma una personalità. Sottomise il suo Corpo a dure prove penitenziali fino alla Croce.
L’affermazione: “Tutto è compiuto” rivolto al Padre, per noi è il segno che tutti siamo chiamati a compiere completamente la volontà di Dio, non necessariamente nella sofferenza o nelle prove della vita. Ci sono alcune prove che durano diversi anni, ma Gesù vuole liberarci presto se lo chiediamo con profonda Fede. Non è solo la sofferenza a provare che eseguiamo la volontà di Dio. Certo, la sofferenza è il banco di prova più evidente, quando tutto va bene non è una prova.
Animati da una forte convinzione assimilata dal Vangelo, possiamo vivere la sofferenza nell’amore e con pazienza.
È più facile ribellarsi e abbandonare la pratica religiosa dinanzi una prova o qualcosa di inaspettato, ma questo evidenzia la poca Fede, la poca conoscenza di Gesù che ci dice di chiamarlo per risolvere con Lui quella prova e superare il momento di agitazione. Non è l’orgoglio e la rabbia a farci vincere dinanzi la sofferenza e la prova.
Guardiamo l’atteggiamento di Gesù nella Passione atroce, riflettiamo sulla pazienza nel patire, l’Amore sempre presente nelle sue parole, senza condannare ma perdonando i suoi uccisori. Nessuno arrivi a confondere la sofferenza che pativa il suo Corpo con l’essere Dio, perché era la sua natura umana a subire una ingiusta e massacrante violenza.
Gesù nel suo Corpo ha patito infinitamente più delle sofferenze degli uomini di tutti i tempi messi insieme, Lui era immacolato.
Gesù nell’ingiustizia più ignobile della storia umana è rimasto sempre lo stesso, si sono aggiunti patimenti e supplizi inenarrabili ma non ha cambiato di una virgola le sue parole pronunciate da tre anni. La coerenza di Gesù ci può sembrare banale, il fatto è di non considerarla mai e ci sembra scontata. Rimaniamo invece a contemplare la sua infinita coerenza nelle atroci sofferenze, senza cambiare umore e contegni.
Guardando le sofferenze di Gesù comprendiamo che le sofferenze dobbiamo accettarle e non fuggirle, trovando espedienti poco cristiani. Accettare la sofferenza è sintomo di maturità umana e spirituale, ma accettare non significa condividerle, è l’atteggiamento buono senza scadere in azioni o pensieri ribelli e maligni. Accettare comporta anche la preghiera per superarle insieme a Gesù e alla Madonna, nessuno è chiamato a soffrire tutta la vita. Se soffre è a causa della mancata preghiera o della poca importanza data a Gesù.
Gesù non manda mai sofferenze, questo è impossibile, è la nostra natura fragile a patirle.
Guardiamo e adoriamo oggi la Croce, rimaniamo con Gesù in adorazione e proponiamoci di non fuggire davanti una sofferenza ma di affrontarla con Lui, invocandolo e mettendo nel suo Cuore quanto ci rattrista ed è causa di abbattimento. Scopriremo un aspetto incredibile della vita spirituale che hanno provato i Santi che noi veneriamo: la coesistenza dell’amore e della sofferenza. Sembra impossibile, lo è solo per chi non ha mai provato che nel vero cammino spirituale coesistono con assoluta facilità l’amore che accetta e sopporta, e la sofferenza che indebolisce il fisico. Se indebolisce il fisico, lo spirito invece è forte, sostiene tutto ed infonde calma.

Chiediamo oggi alla Madonna Addolorata di aiutarci ad accettare con serenità ogni forma di sofferenza e di offrirla a Lei.
Nel Venerdì Santo non si celebra la Santa Messa, la celebrazione si svolge in tre momenti:
Liturgia della Parola,
Adorazione della Croce,
Comunione eucaristica.
In questo giorno la Santa Comunione ai fedeli viene distribuita soltanto durante la celebrazione della Passione del Signore; ai malati, che non possono prendere parte a questa celebrazione, si può portare la Comunione in qualunque ora del giorno.
Il Sacerdote e il diacono indossano le vesti di color rosso, come per la Messa.
Si recano poi all’altare e, fatta la debita riverenza, si prostrano a terra o, secondo l’opportunità, s’inginocchiano. Tutti, in silenzio, pregano per breve tempo.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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