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lunedì 9 aprile 2012

1434 - Vita di Gesù (paragrafi 352-354)


Invio dei dodici Apostoli

§ 352. Fra questi episodi staccati continuava la generica operosità di Gesù in tutta la Galilea, quale è già stata riassunta da Luca (§ 343). Ma nel frattempo l'affluenza della gente era cresciuta, e nonostante la cooperazione dei dodici le cure crescevano a dismi­sura; e Gesù vedendo le folle s'impietosì per essi, perché erano di­sfatti e abbattuti come pecore non aventi pastore (cfr. Numeri, 27, 17). Allora dice ai suoi discepoli: “La messe (è) bensì molta, ma gli operai pochi; pregate dunque il signore della messe, affinché invii operai nella sua messe”. E chiamati dappresso i dodici discepoli suoi, dette ad essi autorita sugli spiriti impuri, si da scacciarli via e da curare ogni malattia e ogni languore (Matteo, 9, 36; 10, 1). Investiti perciò di tale autorità, i dodici furono inviati da soli senza maestro, come squadra volante, per una missione particolare e con norme ben precise. La missione consisteva nell'annunziare che si era avvicinato il regno di Dio, come già aveva fatto Giovanni il Battista e fino allora anche Gesù; ma la squadra volante era inviata in zone ancora non rag­giunte. Tuttavia fu prescritto che queste zone appartenessero al territorio d'Israele, perché ad Israele prima di tutte le altre genti era stata promessa la “buona novella” della salvezza dagli antichi Profeti; i dodici quindi non s'incamminassero verso i paesi dei Gen­tili né dei Samaritani, ma piuttosto si rivolgessero alle pecore sban­date del casato d'Israele. A dimostrare poi la verità del loro an­nunzio, e in forza dell'autorità testé ricevuta, essi dovevano curare infermi, mondare lebbrosi, scacciare demonii, e perfino risuscitare morti. Era insomma la missione di Gesù la quale passava da uno solo a dodici, ma per lo stesso scopo e con gli stessi metodi. Anche le norme pratiche erano le stesse seguite fino allora da Gesù, e si possono riassumere in una totale noncuranza degli argomenti po­litici, dei mezzi finanziari, delle preoccupazioni economiche. L'annunzio del regno di Dio doveva ignorare affatto i regni umani, non avendo alcuna connessione con essi. Le finanze spirituali da cui era accreditato il regno di Dio erano i mezzi dimostrativi della sua solvibilità, cioè curare infermi, mondare lebbrosi, scacciare demonii, risuscitare morti; ma siccome i banchieri a cui era stato affidato questo credito lo avevano ricevuto senza pagamento, così dovevano comunicarlo senza pagamento: gra­tuitamente riceveste, gratuitamente date (Matteo, 10, 8). Le preoccupazioni economiche erano egualmente proibite agli an­nunziatori del regno di Dio, salvo per quello che era rigorosamente indispensabile. Infine, gli annunziatori dovevano mettersi in giro a due a due, come già usavano fare i messi del Sinedrio, sia per assistenza sia per sor­veglianza reciproca, e nelle loro peregrinazioni si dovevano distin­guere dagli altri viandanti per varie ragioni.

§ 353. I soliti viandanti, in primo luogo, si servivano possibilmente dell'asino, classico mezzo di trasporto in Oriente; ad ogni modo all'atto della partenza si provvedevano di cibarie, di monete d'oro e d'argento riposte nella cintura o nel turbante, di una seconda tu­nica per proteggersi meglio dal freddo o cambiarsi dopo un acquaz­zone, di accurati e solidi calzari per reggere bene sulle strade sca­brose, di un nodoso bastone in forma di mazza per difendersi in pericolosi incontri, di una bisaccia da viaggio ove si mettevano altre minute provviste o anche ciò che per caso si veniva acquistando lungo il cammino. Questa bisaccia era importante soprattutto per coloro che viaggiavano a scopo di questue religiose, perché tali questue fruttavano bene in Oriente anche presso i pagani: un'iscri­zione greca trovata nella zona orientale dell'Hermon (§ 1) ricorda come un certo Lucio di Aqraba, che andava in giro questuando a nome della dea sira Atargate, riportasse a casa da ogni suo viaggio settanta bisacce ricolme. Ebbene, appunto la mancanza di tutti questi amminicoli doveva distinguere da tutti gli altri viandanti i dodici inviati da Gesù: Non vi procurate oro né argento né (spic­cioli di) rame nelle vostre cinture, non bisaccia da viaggio né due tuniche né calzari né bastone (Matteo, 10, 9-10). A queste prescri­zioni Marco (6, 8-9) aggiunge quella di non provvedersi di cibarie (pane), ma in cambio permette di portare sandali e anche di recare il bastone soltanto. Neppure dell'alloggio dovevano preoccuparsi i dodici. Giunti che fossero ad un gruppo di case, si dovevano informare di qualche capo di famiglia degno e di buona fama, e poi rimanere in casa sua senza più cambiare. Il caravanserraglio (§ 242) col suo andirivieni era luogo inadatto per quegli araldi del regno di Dio, i quali si dove­vano occupare soltanto di affari spirituali, e in nessun modo di negozi politici o commerciali. Il loro prezioso tempo doveva esser impiegato tutto nella loro missione; quasi certamente anche a questi dodici, come più tardi ai settantadue discepoli (§ 437), fu proibito di perdere il loro tempo per “salutare” quanti incontrassero nel cammino (Luca, 10, 4). In Oriente il “saluto” fra viandanti, specialmente se s'incontra­vano in luoghi solitari, poteva prolungarsi per ore ed ore parlandosi di tutto un po' in segno di confidenza e quasi per obbligo di buona creanza: anche oggi, del resto, il beduino che si presenta per la prima volta allo sportello d'una stazione ferroviaria si crede spesso obbligato a chieder dapprima al bigliettaio se sta bene di salute, se i figli crescono floridi, se il gregge o il raccolto sono sod­disfacenti, e solo dopo questi e altri segni di buona educazione do­manda il biglietto per il treno. Gli inviati del regno di Dio dove­vano fare a meno di siffatti convenevoli, valendo per loro la norma Maiora premunt. Se qualche borgata non avesse accolto gli inviati del regno o avesse prestato loro scarsa attenzione, essi dovevano allontanarsi senza ri­mostranze, ma nello stesso tempo attestare che la responsabilità del­l'allontanamento ricadeva su quella gente. A tale scopo dovevano compiere il gesto simbolico, appena usciti dalla borgata, di scuo­tere dai propri piedi la polvere raccolta in quel luogo: era co­me polvere di terra pagana, da non riportarsi sul sacro territorio d'Israele.

§ 354. Ricevute queste istruzioni, i dodici partirono per la missio­ne; è probabile che, nello stesso tempo ma separatamente da essi, partisse anche Gesù (cfr. Matteo, 11, 1). La missione non poté durare che poche settimane, sugli inizi dell'anno 29 (§ 355). Anche il suo risultato non ci viene comunicato; è detto solo in genere che i missionari predicando il “cambiamento di mente”, scacciavano via molti demonii e ungevano con olio molti malati e (li) guarivano (Marco, 6, 13). La loro predicazione del regno di Dio è dunque accompagnata, come presso Gesù, da segni miracolosi; come tali indubbiamente sono presentate le guarigioni qui accennate, pur es­sendo riconnesse con l'unzione d'olio. L'unzione d'olio aveva allora notevole importanza come medicamento usuale (§ 439); ma qui il contesto mostra chiaramente che il suo impiego non era quello fattone dalla terapia comune, bensì da una più alta e spirituale, che tutt'alpiù si serviva di quell'unzione come di simbolo materiale: analogamente l'usuale lavanda corporale era già stata impiegata da Giovanni, e anche dai discepoli di Gesù, per simboleggiare la mon­dezza spirituale del “cambiamento di mente” (§ 291). Più tardi, nel cristianesimo pienamente istituito, questa unzione d'olio sarà un rito particolare e stabile (Giacomo, 5, 14-15).
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