Il convito di Bethania
§ 501. Risalendo da Gerico verso Gerusalemme, Gesù doveva passare necessariamente per Bethania, da cui si era allontanato poche settimane prima. Ivi egli giunse sei giorni prima della Pasqua (Giovanni, 12, 1), cioè in un sabbato; poiché il tragitto da Gerico a Bethania (§§ 438, 489 segg.) era così lungo che non sarebbe stato permesso in un giorno di sabbato, Gesù probabilmente viaggiò nel venerdì precedente per giungere a Bethania sul tramonto, quando cominciava ufficialmente il sabbato. Anche qui l'indicazione di Giovanni vuole precisare ciò che i precedenti Sinottici hanno lasciato nel vago: attenendosi infatti a Matteo (26, 6 segg.) e a Marco (14, 3 segg.) sembrerebbe che questa visita a Bethania fosse avvenuta più tardi, il mercoledì successivo: ma questo ritardo della narrazione presso di loro è dovuto alla mira di far risaltare la relazione tra le parole pronunziate a Bethania da Giuda e il suo successivo tradimento. Con la venuta a Bethania sembrava che Gesù si offrisse da se stesso al pericolo: i suoi nemici, che poco prima avevano deciso la sua morte e ordinato il suo arresto (§ § 494, 495), erano là ad una passeggiata da Bethania e potevano essere informati subito ed agire. Il pericolo indubbiamente esisteva, tuttavia era meno immediato di quanto apparisse: in primo luogo dopo l'ordine di arresto Gesù era scomparso, e quindi i primi bollori si erano alquanto raffreddati, salvo a riaccendersi se Gesù fosse ricomparso; inoltre, oramai si era in piena preparazione pasquale, a Gerusalemme giungevano ad ogni ora folle di Giudei di tutte le regioni e quindi anche di conterranei e ammiratori di Gesù, e non era opportuno provocare un tumulto procedendo contro di lui con la città così affollata. Ad ogni modo i Sinedristi ed i Farisei, non dimentichi affatto della loro decisione, si sarebbero regolati con prudenza a seconda delle circostanze; frattanto i comuni Giudei della capitale, incuriositi, aspettavano di vedere come si sarebbe svolta la lotta e se sarebbe prevalso il Sinedrio oppure Gesù. A Bethania Gesù dovette trovare accoglienze trionfali, provocate certamente dal ricordo della recente resurrezione di Lazaro. La sera di quel sabbato fu tenuto un convito in suo onore in casa di un certo Simone soprannominato il Lebbroso, ch'era senza dubbio uno dei più facoltosi della borgata, e doveva il suo soprannome alla malattia da cui era guarito, forse per intervento di Gesù. Fra gli invitati non poteva mancare, e difatti non mancò, Lazaro; sua sorella, la massaia Marta, dirigeva il servizio; l'altra sorella Maria, meno esperta di faccende domestiche, provvide da se stessa a portare un contributo d'onore al convito. Come i convitati erano sdraiati su divani con il busto verso la tavola comune e i piedi all'in fuori nella maniera che già dicemmo (§ 341), Maria ad un certo punto del convito entrò recando uno di quei vasi d'alabastro dal collo allungato, in cui gli antichi usavano conservare essenze odorose di gran pregio: la ragione è data da Plinio quando dice che l'alabastro cavant ad vasa unguentaria, q'uoniam optime servare incorrupta dicitur (Natur. hist., XXXVI, 12). Il vaso recato da Maria conteneva una libbra, cioè 327 grammi, di nardo autentico di gran valore. L'aggettivo autentico, come dice il greco “di fiducia”, è opportuno, perché il citato naturalista romano ricorda che l'ungnento di nardo si adulterava facilmente, adulteratur et pseudonardo herba qua' ubique nascitur (ivi, XII, 26). E come genuino, il nardo di Maria era di gran valore: Giuda, che doveva intendersi di prezzi, lo valutò a piu' di 300 denari, cioè a più di 320 lire in oro; Plinio (ivi) dice che in Italia il nardo costava 100 denari la libbra, e altre specie meno pregiate anche meno: tuttavia egli stesso ricorda altrove (ivi, XIII, 2) unguenti che costavano da 25 a 300 denari la libbra. Maria pertanto, giunta al divano di Gesù, invece di sciogliere il sigillo apposto sull'orifizio del vaso ne spezzò il collo allungato, in segno di maggiore dedizione, e ne effuse abbondantemente l'essenza profumata dapprima sul capo di lui e poi il rimanente sui suoi piedi: egualmente in segno di particolare omaggio, asciugò ella con i propri capelli i piedi profumati del maestro, imitando in parte l'antica peccatrice innominata (§ 341). E la casa fu piena del profumo dell'unguento.
------
Nessun commento:
Posta un commento
Comunque tu sia arrivato fino qui, un tuo commento è gradito, si può dissentire ma non aggredire, la costruzione è preferita alla distruzione..