Il fattore infedele. Il ricco Epulone
§ 470. Oltre ad essere lo scriba della misericordia, Luca e' anche l'evangelista della povertà (§145): ecco quindi che nella collana di parabole che stiamo esaminando, alle perle sulla misericordia divina seguono altre sulla povertà umana, anche queste conservate dal solo forziere di Luca. Che il rinunziare alla ricchezza fosse un atto di accortezza da parte del seguace di Gesù, fu da lui mostrato con la seguente parabola. Ci fu un uomo ricco che aveva un fattore, e costui fu accusato presso il padrone di dissiparne i beni; perciò fu chiamato dal padrone, che gli disse seccamente: Mi sono giunte all'orecchio cattive voci sul conto tuo; presèntami al più presto i conti della tua amministrazione! - Uscito di là, il fattore pensò ai casi suoi, e si vide perduto se non avesse trovato qualche ripiego per campar la vita nella sua vecchiaia. Cominciò quindi a ragionare: Adesso che mi sarà tolta l'amministrazione, come potrò mantenermi? A lavorare nei campi non sono più capace; a domandar l'elemosina mi vergogno. Dopo averci ripensato su lungamente, decise di far ricadere sul padrone il peso del suo sostentamento per mezzo di un'astuta truffa. Si trattava di diminuire falsamente il debito che ciascun colono aveva col padrone, affinché poi quei debitori fraudolentemente beneficiati si mostrassero grati col fattore ricompensandolo. Chiamato perciò un colono gli domandò: Quanto devi al mio padrone? - Quello rispose: Cento barili d'olio. - Il fattore allora: No, prendi qua la ricevuta e scrivi cinquanta! - Cosicché a questo primo debitore era rimessa la metà del debito. Chiamato poi un altro, gli fece la stessa domanda; e quello rispose: Devo cento misure di grano. - E il fattore: No, prendi qua la ricevuta, e scrivi ottanta! - Naturalmente con questo metodo egli trattò tutti gli altri coloni del padrone, i quali gli furono ben grati nel presente e anche nel futuro. E in tal modo il fattore esonerato provvide alla sua vecchiaia. Un furto, senza dubbio. Ma un furto furbo, ben congegnato, che mostra l'accortezza e la previdenza di quel fattore, riluttante a finire nella miseria. Qui appunto sta la forza della parabola, la quale - astraendo dalla disonestà del furto che non entra in considerazione - converge tutta su quella accortezza e quella previdenza. La parabola infatti prosegue dicendo che quel padrone, parlando della frode di cui era stato vittima, lodò il suo fattore truffaldino perché prudentemente aveva agito. Era un uomo di spirito quel padrone, e sapeva prendere da gran signore i dispiaceri della vita mettendone in luce gli aspetti interessanti! La parabola quindi termina ammonendo che i figli di questo secolo sono piu' prudenti dei figli della luce fra (quelli della) loro generazione, cioè confrontati con i membri della rispettiva categoria. Ma a spiegar meglio il funzionamento di questa prudenza, Gesù aggiunse: E io vi dico:”Fatevi degli amici per mezzo dell'iniquo Mammona (§ 331), affinché quando (esso) venga a mancare vi accolgano negli eterni tabernacoli ». Con queste parole il funzionamento della prudenza è chiaro, e la parabola, trasportata ad un'atmosfera superiore, è applicata con precisione. Le ricchezze terrene siano spese tutte per acquistare, non già beni terreni che sono egualmente transitori e fallaci, bensì beni perenni e sicuri. E in qual modo? Impiegando quelle ricchezze nel beneficare i poveri. Questa beneficenza è un frutto imperituro delle ricchezze, perehé i beneficati diventano gli amici del beneficante e al crollo di questo secolo lo ricompenseranno accogliendolo negli eterni tabernacoli. Con ciò riappare evidentissima la sanzione ultraterrena che è alla base di tutta la dottrina di Gesù (§ 319): erogare le proprie ricchezze in vista e in attesa della vita futura. In quella suprema attesa (§ 450 segg.) la povertà è somma prudenza.
§ 471. I Farisei, che udirono l'esposizione di questi principii ma non partecipavano alla suprema attesa, trovarono che tutto ciò era sciocco. Udivano tutte queste cose i Farisei, che erano amatori del denaro, e lo beffeggiavano. E che modo di parlare era quello? Buttar via il proprio denaro per rimaner poi nudi come un lumacone senza guscio? Queste erano, non soltanto pazzie da mentecatto, ma anche bestemmie da eretico! La legge ebraica parlava ben chiaro: la prosperità materiale era una benedizione di Dio e un premio per chi osserva le norme della morale religiosa (cfr. Levitico, 26, 3 segg.), mentre la povertà e la miseria erano il retaggio degli empi secondo l'antica tradizione ebraica (cfr. Giobbe, 8, 8 segg.; 20, 4 segg.; 27, 13 segg.). Se dunque Gesù era povero, peggio per lui: era segno che Dio non gli concedeva il premio dei giusti perché non lo meritava; ma cessasse di sconvolgere la Legge e la tradizione ebraica. Gesù, riferendosi al vero motivo che faceva parlare i Farisei in difesa delle ricchezze, rispose: Voi siete coloro che si dimostrano giusti davanti agli uomini (in quanto cioè si spacciavano per giusti perché ricchi), ma iddio conosce i vostri cuori; perché ciò che e' eccelso tra gli uomini e' abominio davanti a Iddio. Quanto alla Legge e alla tradizione, questo delle ricchezze era uno dei casi in cui l'antica Legge doveva essere compiuta e perfezionata (§ 322): infatti la Legge e i Profeti, fino a Giovanni (il Battista); da allora, del regno d'iddio si dà la buona novella e ognuno fa violenza verso di esso (Luca, 16, 15-16). La Legge allettava i suoi seguaci anche con la promessa delle ricchezze; ma dopo Giovanni il Battista la Legge è stata sostituita dal regno di Dio, che non promette più beni materiali ed esige anzi la violenza morale di distaccarsi da essi. Del resto lo stesso spirito intimo della Legge antica non induceva ad attaccarsi alle ricchezze ma a superarle, perché esse erano proposte come mezzo e non come fine: chi si fermava a questo mezzo allettativo, tradiva lo spirito della Legge. Questo è l'insegnamento che Gesù illustrò con una nuova parabola strettamente aderente a vari concetti del giudaismo, tanto da apparire sotto un certo aspetto la più giudaica delle parabole di Gesù.
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