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mercoledì 14 novembre 2018

SC 283 Commento al Vangelo di mercoledì 14.11.2018 (Padre Giulio Maria Scozzaro)

+ Dal Vangelo secondo Luca (17,11-19)
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e va’; la tua Fede ti ha salvato!».

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Quando l’uomo e la donna si trovano nella sofferenza sono molto più docili, condiscendenti e anche sottomessi alle indicazioni spirituali o terapeutiche. I dieci lebbrosi manifestano benissimo l’agitazione e la comprensibile preoccupazione presente negli ammalati e in quanti si trovano a lottare contro qualsiasi forma di male.
I dieci lebbrosi erano costretti a vivere lontano dai centri abitati, nascosti nelle grotte e vagabondavano nei luoghi deserti. Il loro destino era segnato ancora più delle piaghe che aumentavano di spessore e di fetore.
Ogni giorno che passava rappresentava un giorno in meno di vita e di speranza, loro ne erano consapevoli e la sofferenza prolungata superava di molto quella dei condannati a morte di questi tempi, che si trovano nelle carceri degli Stati Uniti.
Per capire il miracolo ricevuto dai dieci lebbrosi, si deve conoscere la loro tremenda e crescente sofferenza, una conoscenza che risulterà sempre minima e difettosa, almeno proviamo a inquadrare la loro condizione di condannati ad una agonia devastante, con la perdita corrosiva degli arti e con la materia purulenta che fuoriusciva da molte parti del corpo ad indicare la putrefazione inesorabile.
Per i lebbrosi non esisteva alcuna possibilità di guarigione, da questo possiamo intuire il senso di morte che emanavano le loro persone, non tanto per il fetore, quanto per la condizione simile agli zombi che la letteratura e la cinematografia hanno fatto conoscere nella forma più spaventosa e disgustosa.
Arriva dalla tradizione vudù praticata diffusamente ad Haiti, e lo zombi indica la figura di un morto vivente, un cadavere ambulante.
I dieci lebbrosi del Vangelo erano nelle condizioni simili, ma ancora liberi di scegliere e di pregare, potevano sperare in un miracolo.
Erano lebbrosi reali, gli zombi sono un’invenzione che nasce all’interno della magia nera e che arreca effetti tremendi in quelle persone che la praticano, fino a diventare interiormente simili agli zombi. Tutti quelli che compiono malefici o inviano maledizioni sono legati ai diavoli.
Chi pratica la magia nera ha scelto allo stesso tempo l’inferno, si è schierato dalla parte dei diavoli e la sua vita presenta pochi momenti di apparente appagamento solo per un potere che esercita o il denaro che possiede e ottenuto con l’aiuto delle potenze malefiche.
È denaro che puzza come le piaghe dei lebbrosi, non potrà mai esserci pace e balsamo in chi compie del male deliberato verso il prossimo!
Il denaro guadagnato onestamente non puzza mai, diventa maledetto se arriva da operazioni o attività illecite. Chi prende consapevolezza della gravità del denaro ottenuto illecitamente, deve disfarsene presto compiendo opere buone.
La mancanza dei principi morali rende l’uomo come un morto vivente, un cadavere ambulante, ma chi si preoccupa di questo?
I dieci lebbrosi nella loro disgrazia cercavano di incontrare Gesù e sentendo il gran vociare della gente Lo supplicavano da lontano: «Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!». Con la voce soffocata dal male che portavano addosso, apparivano come grandi adoratori del Signore, ma subito dopo la guarigione immediata, andarono via senza ringraziarlo.
«Appena li vide, Gesù disse loro: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”».
I sacerdoti del Tempio non erano guaritori, dovevano limitarsi a constatare l’avvenuta guarigione, per reintegrare il lebbroso guarito, con un lungo rituale di purificazione e di espiazione. All'ottavo giorno poteva rientrare nella comunità e nel Tempio per il sacrificio dell’olocausto, il ringraziamento ufficiale.
Gesù guarì istantaneamente i dieci lebbrosi ma solo uno ritornò indietro e Lo ringraziò.
L’uomo e la donna quando ottengono la guarigione fisica o ricevono una Grazia spirituale, molto spesso si dimenticano del Signore e anche di quanti hanno pregato. La mancata riconoscenza avviene anche verso i Sacerdoti che si sacrificano per le persone che chiedono aiuti e Grazie.
Il Sacerdote non si offende, riconosce di essere solo uno strumento chiamato da Dio ad essere un intercessore, ma è grave non ringraziare Gesù.
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