A Cafarnao e altrove
§ 300. Ma il nuovo predicatore, se era avente autorità nel campo delle dottrine, si mostrava fornito di non minore autorità nel campo della natura operando “segni” straordinari; e questa seconda autorità, mentre confermava la prima, attirava sempre più l'attenzione delle folle, le quali su questo punto dovevano ragionare come Nicodemo: Nessuno può fare questi «segni »... se non sia Iddio con lui (§ 288). Ai due «segni » di Cana, il cui ricordo era recente, ne tennero dietro altri in altri luoghi. A Cafarnao un giorno di sabato, dopo aver predicato nella sinagoga, Gesù guari pubblicamente un uomo indemoniato che, al comando di lui, prima dette in grida convulsive e poi rimase libero dall'ossessione; la gente che aveva udito la predica e visto la liberazione, ricollegando i due fatti si domandava: Che e' ciò? Un insegnamento nuovo secondo autorità! inoltre, comanda gli spiriti impuri e gli obbediscono! (Marco, 1, 27). Mentre ancora risuonano queste esclamazioni, che diffondendosi porteranno altrove la fama di Gesù, egli esce dalla sinagoga e subito si reca alla casa di Simone Pietro (§ 285) e di suo fratello Andrea, dove trova la suocera di Pietro che giace malata: l'evangelista medico fa notare che essa era in preda a febbre grande (Luca, 4, 38), la quale secondo la terminologia clinica d'allora era di genere diverso dalla « febbre piccola » (cfr. Galeno, Diflerent. febr., 1, 1). Insieme con Gesù stanno Giacomo e Giovanni, i due figli di Zebedeo, e certamente anche altre persone che hanno assistito alla liberazione dell'indemoniato e forse pregano il liberatore di far del bene anche alla vecchia malata Gesu' si curva sul giaciglio di lei, la prende per mano, e la rialza che è guarita. Sta cosi bene la donna appena in piedi, che si dà subito da fare per preparare qualcosa all'ospite straordinario e per servirlo. In paese si sta ancora parlando dell'indemoniato guarito, quando sopraggiunge la notizia che pure la suocera di Pietro è stata guarita. Avere un uomo di tal fatta in paese e non servirsene, sarebbe la massima delle stoltezze basterà portare alla sua presenza i malati che stanno per le case, e saranno guariti. Ma è sabato, e non si può trasportare alcunché né fare più d'un limitato numero di passi (§ 70); ebbene, si aspetterà il tramonto del sole, con cui cessa il riposo sabbatico e si può trasportare un malato. La sera, infatti, i malati d'ogni sorta e gli indemoniati furono radunati presso la casa di Pietro, e tutta la città si era radunata presso la porta (Marco, 1, 33). Gesù, su ciascuno di essi imponendo le mani, li guariva; uscivano poi da molti i demonii gridando e dicendo: « Tu sei il figlio d'iddio! ». E intimando (Gesu'), non permetteva loro di parlare perché sapevano esser lui il Cristo (Messia) (Luca, 4, 40-41). Quel Gesù che in terra di Samaritani aveva spontaneamente dichiarato di essere il Messia (§ 296), qua in terra di Giudei non permetteva che la stessa dichiarazione fosse fatta da un testimonio autorevole in materia, quale il demonio; ma qua appunto esisteva il pericolo che là mancava, ed era che i presenti seguendo la corrente comune considerassero quel Messia come condottiero politico: mentre come poco prima Giovanni il Battista non si era occupato di politica, cosi adesso non se ne occupava Gesù, né egli predicava un regno del mondo o dell'uomo, bensì il regno dei cieli e di Dio.
§ 301. Ad ogni modo, se Gesù era veramente il Messia ed era venuto per farsi riconoscere come tale dai suoi connazionali, bisognava pur che una buona volta annunziasse apertamente ad essi questa sua qualità. Senza dubbio: e difatti questi annunzi palesi e ripetuti verranno da parte di Gesù, ma solo più tardi. Da principio invece, cioè durante questa sua prima operosità in Galilea, egli non fa che prolungare la predicazione del precursore Giovanni, annunziando soltanto che si è avvicinato il regno di Dio (Matteo, 4, 17; Marco, 1, 15); parla cioè del regno ma non del suo capo, dell'istituzione ma non dell'istitutore. Quando poi in seguito egli avrà radunato attorno a sé un piccolo nucleo di seguaci, i quali abbiano compreso genericamente che il suo regno non è un'istituzione politica e che ha per suo istitutore un re spirituale, allora a questi migliori intenditori egli confiderà di essere il Messia, sebbene anche a costoro da principio imporrà di non svelare ad altri questo segreto. L'affermazione messianica, dunque, avvenne realmente e chiaramente da parte di Gesù, ma fu graduale: dapprima egli annunziò il regno messianico, quindi il Messia ad alcuni pochi in segreto, infine a tutti palesemente. Ora, questa graduazione d'annunzio fu cagionata soprattutto dalla preoccupazione d'evitare entusiasmi politici, che sarebbero stati troppo spontanei fra gente abituata da lungo tempo a raffigurarsi il futuro Messia nelle maniere nazionali-militaresche che già vedemmo (§ 83). In quel deposito di materie incendiarie, ch'era politicamente il giudaismo d'allora, troppo spesso venivano gettati accesi tizzoni da esaltati pseudoprofeti, mentre Gesù non voleva in nessuna maniera accomunarsi con essi; anzi espressamente seguì una condotta che era proprio l'opposta alla loro, circondando a principio di segreto la sua persona con la mira di fare accettare l'idea. Quando poi Gesù dovrà necessariamente parlare della sua persona, allora applicherà anche certi correttivi molto efficaci per raffreddare i bollenti spiriti degli stessi suoi confidenti: annunzierà perciò loro che egli è il Messia, si, ma anche che è destinato ad una morte violenta e ignominosa, e che pure i discepoli i quali formano la sua corte sono destinati a ignominie e tribolazioni d'ogni genere. Era una delusione ben amara e una prospettiva assai mesta, per focosi messianisti giudei, quella di un re Messia che muore ammazzato invece di ammazzare i nemici d'Israele, e che ha per cortigiani un'accolta di miseri umiliati invece che di potenti umiliatori dei gojim! Ma appunto questo era il correttivo necessario per far comprendere l'indole del Messia Gesù e del regno da lui predicato. La serata di quel sabato era stata laboriosa, ma finalmente Gesù aveva potuto ritirarsi nella casa di Pietro. La mattina seguente, molto prima dell'alba, egli ne uscì segretamente e si appartò in un luogo solitario a pregare. Poco dopo cominciarono ad arrivare visitatori della borgata che avevano qualcosa da chiedere al taumaturgo, e soprattutto da pregarlo che non si allontanasse mai più da loro. Pietro e gli altri familiari, non trovando Gesù in casa, si dànno a cercarlo fuori; finalmente lo trovano, e gli comunicano l'aspettativa e il desiderio di tutti. Gesù risponde che anche altrove egli deve annunziare la buona novella del regno di Dio, e che appunto per questo egli è stato inviato. E riprese a recarsi qua e là per la Galilea, probabilmente senza avere con sé alcun discepolo.
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