Il tramonto di Giovanni
§ 291. Nel colloquio con Nicodemo era stato accennato al battesimo in acqua e Spirito, che non era certamente quello di Giovanni. Nel frattempo Giovanni continuava ad amministrare il suo rito, e a tale scopo si era recato ad Amon presso Salim (§ 269). Dopo il colloquio con Nicodemo, Gesù rimase ancora qualche tempo in Giudea, ma sembra che si allontanasse alquanto dalla malfida capitale recandosi più a settentrione: l'aperta campagna offriva più libertà d'azione a lui e a chi voleva ricorrere a lui, lontano dalla sospettosa sorveglianza dei maggiorenti sacri e dei Farisei. Certamente il luogo ove egli s'intratteneva era ben provvisto d'acqua, forse un'insenatura del Giordano, perché troviamo inaspettatamente che anche i discepoli di Gesù amministrano un rito battesimale come quello di Giovanni. Era questo il battesimo in acqua e Spirito a cui si era accennato nel colloquio con Nicodemo? No, quasi certamente. Il IV vangelo, infatti, fa espressamente rilevare che non Gesù personalmente amministrava questo battesimo, bensì i suoi discepoli (Giov., 4, 2); del resto lo Spirito non era stato ancora dato (Giov., 7, 39; 16, 7), nè i discepoli di Gesù erano stati ancora edotti sulla Trinità divina e sulla morte redentrice del Cristo, che saranno elementi essenziali del futuro battesimo in acqua e Spirito (Matteo, 28, 19; Romani, 6, 3 segg.). Era dunque anch'esso un rito puramente prefigurativo e simbolico, analogo a quello di Giovanni; perciò Giovanni continuò ad amministrare il suo, anche quando i discepoli di Gesù battezzavano, mentre avrebbe dovuto cessare se avessero battezzato in acqua e Spirito. Tuttavia avvenne un dissenso. Un giorno fra i discepoli di Giovanni ed un Giudeo' sorse una disputa a proposito di purificazione; forse il Giudeo, dei dintorni di Gerusalemme e non Galileo, stimava più purificativo perché più peregrino il rito amministrato dai discepoli del Rabbi galileo, e quindi lo preferiva a quello di Giovanni. Amareggiati, i discepoli di costui ricorsero al loro maestro e gli riferirono la presunta rivalità di Gesù: Rabbi, quello ch'era insieme con te di là dal Giordano, al quale tu hai reso testimonianza - guarda! - costui battezza e tutti vengono a lui! I focosi discepoli forse s'aspettavano che Giovanni inveisse ingelosito, e invece l'udirono rallegrarsi consolato: Non può un uomo acquistar nulla, se non gli sia dato dal cielo. Voi stessi mi rendete testimonianza che dissi:”Non sono io il Cristo (Messia), ma sono stato inviato avanti a lui” (§ 269). Chi ha la sposa e sposo: ma l'amico dello sposo, che sta (presente) e l'ascolta, gioisce di gioia per la voce dello sposo. Questa mia gioia, dunque, e' compiuta. Bisogna che egli cresca, e io invece diminuisca (Giov., 3, 27-30). Frequentissimo negli scritti poetici dell'Antico Testamento era stato l'uso di presentare il Dio Jahvè come lo sposo della nazione d'Israele. Qui, per Giovanni, lo sposo è il Messia Gesù, e in queste mistiche nozze egli, come precursore, ha l'ufficio di “amico dello sposo” (§ 281). Ma lo sposo è già alla porta, ed egli ne ha udito la voce; gioire quindi bisogna, non già attristarsi e ingelosire! Lo splendore lunare diminuisce e si perde man mano che quello solare s'accresce: e cosi bisogna ch'e gli cresca e io invece diminuisca.
§ 292. Fu l'ultima testimonianza di Giovanni. Qualche settimana dopo, probabilmente nel maggio, l'austero censore dello scandalo di corte finiva imprigionato a Macheronte (§ 17). E’ difficile che i Farisei fossero del tutto estranei a questo imprigionamento, e non vi avessero una parte occulta e indiretta. I Sinottici attribuiscono l'imprigionamento alla riprovazione dello scandalo, Flavio Giuseppe alla malvista popolarità di Giovanni, ma ambedue i motivi sono giusti e si assommano insieme benissimo; tuttavia il IV vangelo ci fa intravedere anche un terzo motivo: Udirono i Farisei che Gesu' fa discepoli e battezza piu' che Giovanni (Giov., 4, 1), e allora Gesù abbandona la Giudea e fa ritorno in Galilea. Cosicché Gesù teme che la sua popolarità, maggiore di quella di Giovanni, lo esponga alle gelose insidie dei Farisei; per questo motivo s'allontana. Era dunque Giovanni già caduto in quelle insidie? Nessuno ce lo dice espressamente, ma in equivalenza i Sinottici ci comunicano che Gesù si allontanò dalla Giudea appena si riseppe dell'imprigionamento di Giovanni. Questa, dunque, fu l'insidia in cui era caduto Giovanni per colpa dei Farisei, oltreché per il suo merito d'aver censurato lo scandalo di corte. I Farisei, volendo disfarsi dal fastidioso e vigilato riformatore, astutamente si sarebbero serviti del rancore che la corte di Erode Antipa aveva contro di lui, aizzando il tetrarca ad imprigionare l'austero censore dello scandalo e il popolare dominatore di turbe. Se Giovanni si tratteneva ancora ad Amon presso Salim, non era sul territorio del tetrarca Antipa, ma su quello della città libera di Scitopoli che faceva parte della Decapoli (§ 4), e quindi non poteva essere arrestato colà dal tetrarca. Ma Scitopoli s'incuneava fra i due tronconi del territorio di Antipa, la Galilea e la Perea; fu dunque facile attirare Giovanni sul territorio di Antipa con qualche pretesto presentato abilmente da compiacenti mediatori. Più tardi i Farisei tenteranno una mediazione inversa, perché fingendosi protettori di Gesù vorranno che egli si allontani spontaneamente dal territorio di Antipa: probabilmente anche questa nuova mediazione fu sollecitata dallo stesso Antipa, il quale perciò in questa occasione fu chiamato volpe da Gesù (Luca, 13, 31-32) (§ 463). Nelle oscure segrete di Macheronte, Giovanni langui molti mesi in estenuante attesa.
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