’Arnolfo vescovo, temendo di non ottenere il perdono dei peccati, gettò il suo anello nel fiume Mosella, dicendo: “Signore, se mi perdoni, fammelo ritrovare”. E lo ritrovò nel ventre di un pesce’. Pura leggenda, ma con buoni appigli nella realtà: al tempo di Arnolfo è veramente difficile non peccare, specie se si sta in alto. La Gallia, dominata dai Franchi, è divisa in diversi regni che si combattono con tutte le armi: congiure, massacri familiari, corruzione. Un imbroglione famoso, per esempio, è il vescovo Egidio di Reims, che sarà degradato ed espulso.
La famiglia di Arnolfo dev’essere importante, perché lui studia, sposa un’aristocratica da cui ha due figli ed entra al servizio di Teodeberto II, re dell’Austrasia (la regione che comprende Alsazia, Lorena e una parte del Belgio, con capitale Metz), che prima ha regnato sotto la tutela della nonna Brunilde e poi, nel 599, l’ha cacciata brutalmente. Ma nel 613 Teodeberto viene sconfitto e ucciso da Teodorico II di Borgogna, che è suo fratello. Costui però muore, sempre nel 613, e l’Austrasia viene unita alla Neustria (Gallia occidentale) e alla Borgogna, sotto il governo di re Clotario II. Il quale fa uccidere la vecchia Brunilde in modo atroce.
In questo clima vive Arnolfo. Re Clotario, con il suo regno tanto vasto e tanto traballante, lo prende come consigliere. E affida ad Arnolfo (con un altro futuro santo, Pipino di Linden) l’educazione di suo figlio Dagoberto. Questi sarà guidato dai due futuri santi anche agli inizi del suo regno. (E morirà poi nel suo letto, senza commettere atrocità e ammazzare parenti prossimi).
Non basta: ancora nel 614, Arnolfo viene nominato vescovo di Metz, conservando gli incarichi a corte. Non è il primo padre di famiglia chiamato a questo ministero: all’epoca la disciplina del celibato ecclesiastico non ha ancora un’applicazione rigorosa e del tutto definita. (Della moglie di Arnolfo, che si chiama Doda, a quest’epoca non si hanno più notizie). Come capo della diocesi, Arnolfo risulta presente ai concili nazionali di Clichy e di Reims, e Metz lo ricorderà tra i suoi grandi vescovi.
Ma lui a un certo punto lascia tutto: vescovado e incarichi a corte. Sparisce da Metz nel 627, dopo aver strappato il consenso a Dagoberto, e va a nascondersi dove non lo conosce nessuno. Entra in un monastero fondato dall’amico suo Romarico, un altro che ha lasciato perdere la corte e il re. (Da Romarico prenderà il nome la cittadina sorta più tardi sul luogo: Remiremont). Qui Arnolfo vive i suoi anni più sereni, qui si sente davvero realizzato. E qui trova riposo da morto, anche se per poco: la città di Metz reclama il suo corpo, e lo accoglie solennemente, deponendolo nella basilica che porterà per sempre il suo nome.
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