Confessioni, 56-62 conclusione ; SC 249, 129s
Ecco che mi metto «nelle mani del mio Dio fedele» (1 Pt 4,19) per il quale assolvo «un dovere» (Ef 6,20) malgrado la mia bassezza, perché egli non fa differenza tra gli uomini e mi ha scelto per questo servizio, affinché io sia suo servo, «uno di questi suoi fratelli più piccoli» (Mt 25,40). «Che cosa gli renderò per quanto mi ha dato?» (Sal 115,12). Ma cosa posso dire o promettere al mio Signore, visto che non ho nessuna capacità, al di fuori di quelle che lui mi ha date?...
Per la volontà di Dio, non mi succeda mai di «perdere il popolo che si è acquistato» all'estremità della terra (Is 43,21)! Prego Dio che mi doni la perseveranza e che voglia che io gli renda una testimonianza fedele a causa del mio Dio, fino alla mia partenza. Se mi è successo di realizzare qualche opera buona per il mio Dio che amo, gli domando di concedermi di versare il mio sangue con questi stranieri e questi prigionieri, in onore del suo nome... Sono sicuro che se questo mi accadesse, guadagnerei come ricompensa la mia anima con il mio corpo, poiché in quel giorno risusciteremo senz'alcun dubbio nello splendore del sole, cioè nella gloria di Cristo Gesù, nostro redentore...
Rivolgo una preghiera agli uomini credenti e che temono Dio, che si degneranno di accogliere questo scritto che Patrizio, un peccatore veramente ignorante, compose in Irlanda: se ho fatto o esposto qualche piccola cosa secondo il volere di Dio, nessuno pensi che l'abbia fatto io ignorante come sono; invece ritenete – come cosa assolutamente certa – che questo è stato un dono di Dio. Questa è la mia confessione prima di morire.
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