È chiamato il Confessore per l’intrepido coraggio con cui seppe testimoniare -“confessare”- anche con la sofferenza l’integrità della sua fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo(ebbe tagliate la mano destra e la lingua come condanna per aver rifiutato il monotelismo).
Fin da ragazzo fu avviato alla vita monastica e allo studio delle Scritture; dopo aver ricevuto un'ottima formazione letteraria e filosofica, compì in breve tempo una brillante carriera politica fino a raggiungere l'alta carica di segretario dell'imperatore.
Nel 630 abbandonò l'incarico e divenne monaco entrando nel monastero di Crisopoli, l'attuale Scutari.
Nel 645 è attivo a Cartagine, impegnato a combattere le eresie che allora laceravano la Chiesa; in particolare contrasta l'eresia cristologica del monotelismo, secondo cui, anche se in Cristo ci sono due nature, Egli è dotato di una sola volontà, quella divina.
Per ottenere la condanna di questa eresia si impegnò in molti sinodi africani e prese parte al Concilio lateranense del 649 che si concluse con la condanna sia del monotelismo, sia dei vescovi e dei patriarchi che l'avevano sostenuto.
L'imperatore cercò con ogni mezzo di far mutare la sentenza del Concilio e, risultando vani tutti i tentativi, fece tagliare la lingua e la mano di Massimo, in segno di spregio. Questa mutilazione rese assai penoso l'ultimo periodo della sua vita, che si concluse il 13 agosto 662.
Massimo il Confessore è venerato come santo dalle Chiese cattolica e ortodossa che lo ricordano il 13 agosto.
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