La strage degli innocenti
§ 256. Intanto Erode aspettava il ritorno dei Magi. Ma, come i giorni passavano e nessuno compariva, dovette sospettare che il suo piano non era stato abbastanza astuto, e che invece di temere le beffe dei Gerosolimitani e di fare assegnamento sull'inconscia cooperazione dei Magi, avrebbe fatto meglio a spedire con loro quattro dei suoi scherani che lo liberassero subito da ogni apprensione. Quando l'incertezza divenne certezza, l'uomo ritrovò se stesso e, in uno di quegli scoppi d'ira che precedevano abitualmente i suoi ordini di stragi, prese una decisione tipicamente erodiana: inviò l'ordine di uccidere tutti i bambini minori di due anni che si trovavano a Eethlehem e nel territorio da essa dipendente. Nel fissare questo termine di due anni egli si era basato su ciò che gli avevano detto i Magi riguardo al tempo dell'apparizione della stella, e partendo di là aveva fatto i suoi calcoli con molta abbondanza per esser sicuro che questa volta il bambino non gli sfuggisse (§173). E invece il bambino gli sfuggì; perché il neonato di Beth-lehem, anche se non aveva a suo servizio la polizia segreta di Erode, aveva attorno a sé quei cortigiani celestiali che già avevano prestato servizio per la prima volta la notte della sua nascita. Prima che arrivassero gli scherani di Erode, un angelo apparve in sogno a Giuseppe e gli disse "Alzati! Prendi con te il bambino e la madre di lui e fuggi in Egitto, e sta' là fino a che te lo dica (io); giacché Erode sta per cercare il bambino per farlo perire" (Matteo, 2, 13). L'ordine non ammetteva indugi. In quella notte stessa Giuseppe si mise in viaggio, per la strada opposta a quella di Gerusalemme, alla volta dell'Egitto: questa regione in cui la famiglia di Abramo era diventata nazione, e che lungo i secoli era stata sempre un luogo di scampo per i discendenti di Abramo insediati in Palestina, ricoverava adesso quel “primo e ultimo” fra i discendenti di Abramo. Nel tempo che i tre fuggiaschi, accompagnati forse dal solito asinello, si fermavano a Hebron o a Beersheva per fare qualche provvista onde affrontare il deserto, si stava eseguendo a Beth-lehem l'ordine di Erode. I bambini da due anni in giù vi furono tutti scannati.
§ 257. Quante saranno state le vittime? Partendo da un dato abbastanza verosimile, che cioè Beth-lehem col suo territorio potesse contare poco più di 1000 abitanti, se ne conclude che circa 30 erano i bambini nati ivi ogni anno; quindi, in due anni, erano circa 60. Ma poiché i due sessi a un dipresso si equilibrano per numerosità ed Erode non aveva alcun motivo di far morire le femmine, gli esposti alla sua crudeltà furono soltanto una metà di neonati, cioè i 30 maschi. Tuttavia anche questa cifra probabilmente è troppo elevata, perché la mortalità infantile in Oriente è molto alta e buon numero di neonati non giunge ai due anni. Quindi le vittime saranno state circa da 20 a 25. La bestialissima strage, come già vedemmo (§ 10), è di un valore storico incontestabile accordandosi perfettamente col carattere morale di Erode. Ma anche a Roma, se realmente Augusto ne fu informato come vorrebbe Macrobio nel passo già citato (§ 9), la notizia non dovette fare molta impressione, perché anche a Roma circolavano voci di un fatto simile riguardante Augusto stesso. Narra Svetonio (August., 94) che, pochi mesi prima della nascita di Augusto, avvenne a Roma un portento il quale fu interpretato come preannunzio che stesse per nascere un re al popolo romano; il Senato, composto di tenaci repubblicani, ne fu spaventato, e per scongiurare la sventura d'una monarchia ordinò che nessun bambino nato in quell'anno fosse allevato e cresciuto: tuttavia quelli fra i senatori che avevano la moglie gravida, allentarono in quell'occasione la propria tenacia repubblicana, per il motivo quod ad se quisque spem traheret, e si adoperarono affinché l'ordine del Senato non passasse agli atti. Ora, sul carattere storico di questo episodio si potrà legittimamente dubitare: ma il fatto che a Roma circolasse tale voce raccolta da Svetonio, fa comprendere che se nell'Urbe arrivò la notizia della strage di Beth-lehem sarà stata accolta con sghignazzamenti, quasicché il vecchio monarca avesse ammazzato niente più che una ventina di pulci. La realtà storica è questa: e non si poteva certo pretendere che i Quiriti, per una ventina di piccoli barbari scannati, si commovessero più che per centinaia dei loro propri figli che avevano corso un somigliante pericolo. Pochi mesi dopo la strage di Beth-lehem, l'aguzzino incoronato che l'aveva ordinata, già ridotto da qualche tempo a un ammasso di carni putrefatte, morì roso alle pudende dai vermi (cfr. Guerra giud., i, 656 segg.). Tuttavia la vera finezza della nemesi storica, più che nella sua morte, si ritrova nella sua sepoltura: essa ebbe luogo all'Herodìum dalla cui cima si vedeva il posto della grotta ov'era nato il suo temuto rivale e quello dov'erano stati sepolti i lattanti scannati. L'esser sepolto lì fu la sua vera inferia, non già quella celebratasi con tanta suntuosità e poi descritta con tanta ammirazione da Flavio Giuseppe (Guerra giud., I, 670-678). Oggi, esplorando con lo sguardo dall'alto dell'Herodium, non si scorgono che ruderi e desolazione di morte. Soltanto in direzione di Beth-lehem si vedono segni di vita.
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