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martedì 20 dicembre 2011

1227 - Vita di Gesù (paragrafi 256-257)

La strage degli innocenti


§ 256. Intanto Erode aspettava il ritorno dei Magi. Ma, come i gior­ni passavano e nessuno compariva, dovette sospettare che il suo piano non era stato abbastanza astuto, e che invece di temere le beffe dei Gerosolimitani e di fare assegnamento sull'inconscia cooperazio­ne dei Magi, avrebbe fatto meglio a spedire con loro quattro dei suoi scherani che lo liberassero subito da ogni apprensione. Quando l'in­certezza divenne certezza, l'uomo ritrovò se stesso e, in uno di quegli scoppi d'ira che precedevano abitualmente i suoi ordini di stragi, pre­se una decisione tipicamente erodiana: inviò l'ordine di uccidere tut­ti i bambini minori di due anni che si trovavano a Eethlehem e nel territorio da essa dipendente. Nel fissare questo termine di due anni egli si era basato su ciò che gli avevano detto i Magi riguardo al tempo dell'apparizione della stella, e partendo di là aveva fatto i suoi calcoli con molta abbondanza per esser sicuro che questa volta il bambino non gli sfuggisse (§173). E invece il bambino gli sfuggì; perché il neonato di Beth-lehem, an­che se non aveva a suo servizio la polizia segreta di Erode, aveva attorno a sé quei cortigiani celestiali che già avevano prestato servizio per la prima volta la notte della sua nascita. Prima che arrivas­sero gli scherani di Erode, un angelo apparve in sogno a Giuseppe e gli disse "Alzati! Prendi con te il bambino e la madre di lui e fuggi in Egitto, e sta' là fino a che te lo dica (io); giacché Erode sta per cercare il bambino per farlo perire" (Matteo, 2, 13). L'ordine non ammetteva indugi. In quella notte stessa Giuseppe si mise in viaggio, per la strada opposta a quella di Gerusalemme, alla volta dell'Egit­to: questa regione in cui la famiglia di Abramo era diventata na­zione, e che lungo i secoli era stata sempre un luogo di scampo per i discendenti di Abramo insediati in Palestina, ricoverava adesso quel “primo e ultimo” fra i discendenti di Abramo. Nel tempo che i tre fuggiaschi, accompagnati forse dal solito asinello, si fermavano a Hebron o a Beersheva per fare qualche provvista onde affrontare il deserto, si stava eseguendo a Beth-lehem l'ordine di Erode. I bam­bini da due anni in giù vi furono tutti scannati.


§ 257. Quante saranno state le vittime? Partendo da un dato abba­stanza verosimile, che cioè Beth-lehem col suo territorio potesse con­tare poco più di 1000 abitanti, se ne conclude che circa 30 erano i bambini nati ivi ogni anno; quindi, in due anni, erano circa 60. Ma poiché i due sessi a un dipresso si equilibrano per numerosità ed Erode non aveva alcun motivo di far morire le femmine, gli esposti alla sua crudeltà furono soltanto una metà di neonati, cioè i 30 maschi. Tuttavia anche questa cifra probabilmente è troppo elevata, perché la mortalità infantile in Oriente è molto alta e buon numero di neonati non giunge ai due anni. Quindi le vittime saranno state circa da 20 a 25. La bestialissima strage, come già vedemmo (§ 10), è di un valore sto­rico incontestabile accordandosi perfettamente col carattere morale di Erode. Ma anche a Roma, se realmente Augusto ne fu informato come vorrebbe Macrobio nel passo già citato (§ 9), la notizia non dovette fare molta impressione, perché anche a Roma circolavano voci di un fatto simile riguardante Augusto stesso. Narra Svetonio (August., 94) che, pochi mesi prima della nascita di Augusto, avven­ne a Roma un portento il quale fu interpretato come preannunzio che stesse per nascere un re al popolo romano; il Senato, composto di tenaci repubblicani, ne fu spaventato, e per scongiurare la sventura d'una monarchia ordinò che nessun bambino nato in quell'anno fosse allevato e cresciuto: tuttavia quelli fra i senatori che avevano la moglie gravida, allentarono in quell'occasione la propria tenacia repubblicana, per il motivo quod ad se quisque spem traheret, e si adoperarono affinché l'ordine del Senato non passasse agli atti. Ora, sul carattere storico di questo episodio si potrà legittimamente dubitare: ma il fatto che a Roma circolasse tale voce raccolta da Svetonio, fa comprendere che se nell'Urbe arrivò la notizia della strage di Beth-lehem sarà stata accolta con sghignazzamenti, quasicché il vecchio monarca avesse ammazzato niente più che una venti­na di pulci. La realtà storica è questa: e non si poteva certo pre­tendere che i Quiriti, per una ventina di piccoli barbari scannati, si commovessero più che per centinaia dei loro propri figli che avevano corso un somigliante pericolo. Pochi mesi dopo la strage di Beth-lehem, l'aguzzino incoronato che l'aveva ordinata, già ridotto da qualche tempo a un ammasso di car­ni putrefatte, morì roso alle pudende dai vermi (cfr. Guerra giud., i, 656 segg.). Tuttavia la vera finezza della nemesi storica, più che nella sua morte, si ritrova nella sua sepoltura: essa ebbe luogo all'Herodìum dalla cui cima si vedeva il posto della grotta ov'era nato il suo temuto rivale e quello dov'erano stati sepolti i lattanti scannati. L'esser sepolto lì fu la sua vera inferia, non già quella cele­bratasi con tanta suntuosità e poi descritta con tanta ammirazione da Flavio Giuseppe (Guerra giud., I, 670-678). Oggi, esplorando con lo sguardo dall'alto dell'Herodium, non si scorgono che ruderi e desolazione di morte. Soltanto in direzione di Beth-lehem si vedono segni di vita.
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