Sulla penitenza
Quando il popolo peccò nel deserto (Num 21,5), Mosè, che era profeta, ordinò agli Israeliti di innalzare un serpente sopra una croce, cioè di mettere a morte il peccato...
Dovevano guardare un serpente, perché i figli d'Israele erano stati colpiti dai serpenti per il loro castigo. E perché da serpenti? Perché avevano ripetuto la condotta dei nostri progenitori.
Adamo e Eva infatti avevano peccato tutti e due mangiando dal frutto dell'albero; gli Israeliti avevano mormorato, per una questione di cibo.
Proferire parole di lamentela perché mancavano di verdura, è il culmine della mormorazione. Questo afferma il salmo: «Mormorarono contro Dio nel deserto» (Sal 77,19). Ora anche nel paradiso, il serpente è stato all'origine della mormorazione.
I figli d'Israele dovevano così imparare che lo stesso serpente che aveva tramato la morte di Adamo, aveva procurato la morte anche a loro. Mosè dunque l'ha sospeso al legno, affinché guardandolo, tutti fossero condotti per similitudine, a ricordarsi dell'albero.
Coloro infatti che lo guardavano erano salvi, non certo grazie al serpente, bensì grazie alla loro conversione. Guardavano il serpente e si ricordavano il loro peccato. Perché erano stati morsi, si pentivano e, una volta ancora, erano salvi.
La loro conversione trasformava il deserto in dimora di Dio; il popolo peccatore diveniva con la penitenza un'assemblea ecclesiale e, anzi, suo malgrado, adorava la croce.
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