pubblico questa meditazione che ho ricevuto tramite il gruppo di preghiera Oremus, pur ignorandene l'autore
Il culto di San Giuseppe, il padre putativo di Gesù, nella Chiesa d’Oriente era praticato già attorno al IV secolo, mentre in Occidente si è affermato solo attorno all’anno Mille e lo attestano i martirologi, primo fra tutti quello del monastero di Richenau, ricordandolo al 19 marzo, data diventata festa universale della Chiesa con Gregorio XV nel 1621.
Nei Vangeli canonici solo Matteo e Luca parlano di Giuseppe, indicandolo come il promesso sposo di Maria, come lei discendente della stirpe di David.
Matteo racconta di Maria sposata secondo l’uso ebraico a Giuseppe, un artigiano del luogo. Il matrimonio ebraico avveniva in due tempi: con il fidanzamento la donna restava nella propria casa pur passando sotto la potestà del marito, trascorso normalmente un anno si celebravano le nozze, un corteo accompagnava la sposa alla casa dello sposo dove si svolgeva il pranzo. Se nel periodo cosiddetto di fidanzamento nascevano figlioli, erano considerati legittimi a meno che non fosse manifesto il tradimento. Giuseppe e Maria si trovavano proprio nel periodo di fidanzamento quando l’angelo Gabriele annunciò alla Vergine il concepimento per opera dello Spirito Santo. “Maria ne informò Giuseppe suo sposo”, ci racconta Matteo, “ il quale, essendo anche giusto non voleva ripudiarla pubblicamente e decise di licenziarla in segreto”.
Ma un angelo apparve in sogno a Giuseppe e gli disse di non aver paura a prendere presso di sé Maria, perché la sua gravidanza era di origine divina. Giuseppe è di nuovo presente in Matteo alla nascita di Gesù, nella fuga in Egitto, Luca lo ricorda fino alla presentazione al Tempio di Gesù, quando questi ha dodici anni, poi le sue tracce spariscono. Intorno al VII secolo la chiesa Copta ricordava la sua morte il 20 luglio.
Nei Vangeli apocrifi, cioè non riconosciuti dalla Chiesa come ispirati dal Signore anche se ne accoglie qualche passo, Giuseppe è indicato come un uomo vecchio, il Protovangelo di Giacomo, addirittura, parla di un anziano vedovo con figli costretto da un sogno del sommo Sacerdote a prendere presso di sé la dodicenne Maria allevata nel Tempio. Lo Pseudo Matteo afferma che i figli del vedovo si chiamavano Giacomo, Giuseppe, Giuda e Simone (tranne Giuseppe sono i nomi di tre dei dodici apostoli), più due sorelle non meglio identificate. L’anziana età di Giuseppe e il fatto che avesse figli ribadita da questi e altri racconti, più che qualcosa di grottesco, serviva probabilmente ad evidenziare la forte differenza d’età tra i due sposi e il possibile concepimento divino, a spiegare l’accenno ai “fratelli di Gesù” che fanno Matteo e Giovanni nei loro Vangeli.
Da san Girolamo in poi, molti teologi hanno rifiutato l’idea dell’anziano vedovo con figli, affermando che era usanza ebraica del tempo indicare come fratelli quelli che erano solo parenti.Comunque sia, resta il fatto che per secoli il povero San Giuseppe è stato rappresentato come un vecchio dai capelli e dalla barba bianca. Bisogna arrivare alla fine del medioevo perché sia rappresentato come un uomo di mezza età. Personalmente ricordo mons. Nolli che, circa una trentina di anni or sono, affermava indignato che non era pensabile che il Signore affidasse suo figlio ad un uomo anziano e di conseguenza debole, per di più povero artigiano come per secoli si è detto, ma che doveva essere un uomo nel pieno vigore delle sue forze e benestante. Più o meno quello che, con qualche aggiustamento, si sta dicendo ora a dispetto degli insegnamenti che ho ricevuto nella mia infanzia.
Per i fedeli, Giuseppe è diventato il modello del padre e dello sposo per la sua devozione alla Madonna e al figlio, per la Chiesa è l’esempio dell’uomo ideale, che sa obbedire al volere divino assumendo responsabilità e rinunciando ai propri diritti. Una santità che non ha bisogno di fatti eclatanti, come dichiarò Paolo VI parlando del padre putativo di Gesù.La festa del 1° maggio, istituita nel 1955 da Pio XII, che ricorda san Giuseppe artigiano, è un’aggiunta per cristianizzare la troppo laica festa dei lavoratori.
Del resto, anche il 19 marzo, il mese è dedicato interamente al santo, è la sovrapposizione ad una festa pagana, quella di Libero un antico dio italico della fecondità, che si teneva il 17. Quel giorno, i ragazzi che avevano compiuto i quindici anni indossavano la toga virile.
Libero era rappresentato con un ragazzo accanto, un po’ come San Giuseppe e Gesù, nel giorno di Libero si consumavano focacce, nel giorno del santo ogni paese ha i suoi dolci, generalmente frittelle visto che è detto “San Giuseppe frittellaro”.
Per quanto tardiva nella Chiesa, la devozione popolare al santo è sempre stata altissima. Giuseppe è il nome più comune in Italia, gli sono state dedicate molte congregazioni e ha ispirato molte pratiche pie, come quella di recitare sette Pater e sette Ave al giorno in memoria dei Sette dolori e allegrezze di San Giuseppe, senza specificazione di quali siano, il mercoledì è il giorno a lui dedicato con cicli di preghiere 15 o 19 mercoledì prima della sua festa.
La prima chiesa dedicata a San Giuseppe sembra essere quella bolognese eretta nel 1130, santa Teresa d’Avila era una sua devota e pose una decina di monasteri, fra quelli che fece costruire, sotto la sua speciale protezione. Nel 1621 i Carmelitani posero l’intero ordine sotto il suo protettorato, nel 1726 fu inserito nelle litanie dei santi, l’8 dicembre del 1870 Pio IX lo proclamò patrono della Chiesa universale, dichiarando a chiare lettere la sua superiorità su tutti i santi, seconda solo a quella della Madonna. Nel 1962 Giovanni XXIII introdusse il suo nome nel canone della messa, oltre ad affidargli il Concilio Vaticano II.
Le reliquie attribuite a San Giuseppe sono molte: a Perugia, in Duomo si conserva il suo anello nuziale prima conservato a Chiusi dove era stato portato da Gerusalemme nell’XI secolo. A Notre- Dame, naturalmente a Parigi, ci sono gli anelli di fidanzamento di Giuseppe e Maria. Nel 1254 un certo sire di Joinville disse di avere riportato dalla crociata la cintura del santo, alcuni frammenti della quale sono conservate sempre nella capitale francese nella chiesa dei Foglianti. Ad Aquisgrana ci sarebbero le sue fasce, o i calzari, ma sembra fossero del Bambino.
A Firenze, i Camaldolesi dicono di possedere il suo bastone, quello che nell’iconografia si vede fiorito o con sopra una colomba, ma frammenti di bastone sarebbero anche in Santa Cecilia e Sant’Anastasia a Roma, a San Giuseppe del Mercato e a San Domenico a Bologna. Nelle chiese di Santa Maria al Portico e Santa Maria in Campitelli a Roma si conserverebbero frammenti della sua tomba e l’elenco potrebbe continuare a lungo.San Giuseppe è il patrono delle famiglie, è invocato per una buona morte e per i moribondi, poiché si presume sia morto prima della vita pubblica di Gesù e che perciò sia spirato tra le sue braccia.
È il protettore dei padri di famiglia, dei carpentieri, ebanisti, falegnami e artigiani e operai in genere essendo stato un artigiano. È il patrono delle ragazze da marito che attraverso la sua intercessione sperano di ottenere un buon partito, in ricordo della leggenda che non ripudiò Maria; dei senzatetto per non aver trovato posto nel caravanserraglio quando nacque Gesù e perciò invocato da chi cerca casa, dei pionieri e degli emigranti per la fuga in Egitto, è invocato contro le tentazioni carnali per la sua vita casta accanto alla Madonna, e contro l’usura.
Infatti, i primi Monti di Pietà si chiamavano Monti di san Giuseppe. Nel XV secolo era invocato contro la peste, in Scozia s’invoca la sua intercessione per chiedere il bel tempo o la pioggia. In Sicilia, quando si scioglieva un voto lo si faceva con il cosiddetto “banchetto di San Giuseppe” al quale erano invitati i poveri.
Nelle Filippine il suo nome è stato dato ad un fiore.
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giovedì 19 marzo 2009
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