da Il Santo Rosario e i Santi di padre Stefano Maria Manelli
Un giorno sant’Alfonso de’ Liguori, nella sua vecchiaia, cadde in un brutto letargo. Non parlava né sentiva più nulla. I confratelli, attorno, non sapevano come fare. Ad uno venne un’improvvisa ispirazione, si avvicinò al santo, e gli disse. “Monsignore, dobbiamo dire il Rosario“. A quella parole Rosario, il santo si scosse immediatamente, aprì gli occhi e incominciò subito: “Deus in adiutorium intende…” Quando si trattava di recitare Rosari, sant’Alfonso negli anni della sua vecchiaia, stava sempre “col Rosario tra le mani dalla mattina alla sera.”
I santi sono fatti così. Tendere sempre al massimo nel bene, non mettere mai limiti né lesinare gli sforzi e gli eroismi quando si tratta di compiere cose buone. è la caratteristica propria dei santi. E ciò soprattutto per una cosa buona e santa com’è la preghiera.
Pregare significa sostare e vivere in Cielo: “La nostra conversione è conversazione è nei cieli” (Filippesi 3,20). Pregare è quello che fanno i santi del paradiso, i quali a tu per tu con Dio e Maria, si inebriano dell’incessante preghiera di adorazione, di lode, di ringraziamento.
Amare con passione la preghiera, quindi, cercare con sollecitudine ogni occasione di preghiera, essere instancabili nel pregare, è la cosa più naturale e normale dei Santi. Davvero essi amano le divine parole: “Bisogna pregare sempre” (Luca 18,1), “Pregate senza interruzione” (1 Tessalonicesi 5,179, e come ci tengono a prendere alla lettera! Pregare molto e bene, anzi, pregare moltissimo e benissimo, è la loro comune divisa.
Non ci meraviglieremo, quindi, se anche a proposito dei Rosari, per i santi non vale altra massima che quella delle anime “totalitarie”: recitarne senza numero.
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