Sulla Pasqua i cristiani non hanno mai trovato un accordo duraturo in modo da festeggiarla tutti nello stesso giorno. Un dissenso sempiterno. Già papa Pio I (140-145) tenta di risolverlo, fissando per tutti la prima domenica dopo il plenilunio di primavera. Ma i cristiani d’Oriente hanno invece una data fissa: il 14 del mese lunare di Nisan, in cui ha inizio la Pasqua degli Ebrei. Succedendo a Pio I nel 155, papa Aniceto tenta la strada della concertazione, incontrando a Roma il vescovo orientale Policarpo di Smirne. I due discutono a lungo, non trovano un accordo, ma si separano in comunione e in pace: Aniceto, anzi, riserva al vescovo d’Asia (e futuro martire) onori e attenzioni speciali. Così l’unità è salva: non ci sarà alcuno scisma sulla questione della Pasqua.
Aniceto viene probabilmente dalla Siria e, succedendo a Pio I, trova tra i suoi una confusione drammatica. Dall’Oriente è arrivato il teologo Marcione, accolto nella comunità romana e stimato per la sua generosità e il suo rigore morale: poi si mette a divulgare una sua dottrina basata su un Dio Padre di Gesù Cristo, distinto dal Dio dell’Antico Testamento; insomma, due dèi, uno Salvatore e l’altro Giudice. Marcione trova seguaci; fonda una sua Chiesa, nominando vescovi e preti. E crea una confusione enorme in Roma, con relativi disordini. Secondo Policarpo, quest’uomo è "primogenito di Satana".
Per il vescovo Aniceto, la dottrina si combatte con la dottrina, studiando di più per orientare i fedeli; e ugualmente si combatte con l’esempio. Perciò nomina un buon numero di nuovi preti e diaconi, e da ciascuno pretende di più, a cominciare dalla moralità, che dev’essere autentica e anche visibile. Sicché, ad esempio: niente più ecclesiastici in giro con chiome fluenti: capelli corti per tutti. Aniceto vive momenti di dura persecuzione sotto Marco Aurelio, in contrasto col pensiero di questo imperatore e con l’ispirazione umanitaria di molte sue leggi. Ma lui vede in ogni scontro sulla dottrina un disordine nefasto per l’Impero, che già lotta in Oriente contro i Parti, in Europa contro i Germani; ma che ha difficoltà anche contro governatori romani infedeli e ribelli, come nel caso della Siria.
Per il vescovo di Roma, l’angoscia quotidiana di undici anni è questa Chiesa da salvare, nelle vite dei fedeli e nella certezza della dottrina; da stimolare con energia, ma anche con discernimento tra l’essenziale e il secondario. Aniceto muore durante la persecuzione (che a Roma fa vittime come san Giustino e santa Felicita); ma probabilmente non a causa della persecuzione. Infatti non è indicato come martire. Il suo corpo (ed è la prima volta per un vescovo di Roma) viene seppellito nelle cave di pozzolana che si trasformeranno in seguito nelle catacombe di san Callisto.
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sabato 20 aprile 2013
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