XIX La questione sinottica
§ 146. I tre vangeli fin qui visti, Matteo, Marco e Luca, sono chiamati fin dal principio del secolo XVIII sinottici, per la ragione che, se i loro testi siano disposti in colonne affiancate, se ne possono scorgere subito con uno sguardo collettivo (“smossi”) le moltissime somiglianze che li collegano fra loro, pur non essendo testi identici. Insieme con le somiglianze, infatti, vi si ritrovano anche discrepanze; le quali tuttavia non riescono a cancellare l'impressione di una sostanziale uguaglianza, cosicché in complesso viene piuttosto da pensare ad una concordia discors. La concordia dei Sinottici si rileva sia dagli argomenti trattati, sia dall'ordine nel trattarli, sia anche dalle parole ed espressioni impiegate. L'argomento comune dei Sinottici è costituito dall'inaugurazione della vita pubblica di Gesù, dal suo ministero prima in Galilea suo centro a Cafarnao e poi in Giudea, e dagli avvenimenti dell'ultima settimana della sua vita comprese la morte e la resurrezione (§ 113); a questo fondo comune Matteo e Luca premettono i fatti dell'infanzia, su cui Marco tace del tutto. Anche nell'ordine con cui sono presentati i singoli fatti del fondo comune, esiste una certa concordia, riscontrandosi una generica corrispondenza fra le rispettive sezioni di quel fondo, specialmente fra Marco e Luca, mentre Matteo spesso offre raggruppati fatti e sentenze che gli altri due offrono separati. Infine frequenti sono i passi in cui tutti e tre i testi procedono con le stesse identiche parole, di guisa che, letto uno di essi, si sono letti gli altri due; e ciò anche in casi in cui occorrono vocaboli rari (Matteo, 19, 23; Marco, 10, 23; Luca, 18, 24) o impiegati in accezioni rare in senso di rattoppo; Mt., 9, 16; Mc., 2, 21; Lc., 5, 36), ovvero compaiono frasi peregrine (figli della camera nuziale, cioè paraninfi; Mt.,93 15; Me., 2, 19; Lc., 5, 34) o altre espressioni singolari; talvolta Stutti e tre, in piena concordia fra loro, citano qualche passo dell'Antico Testamento in forma tale che discorda sia dal testo ebraico sia da quello greco dei Settanta.
§ 147. Ma questa concordia fondamentale è nello stesso tempo discors in molti particolari. Anche prescindendo dai passi propri a un solo Sinottico, troviamo che talvolta due trattano in maniera del tutto diversa uno stesso argomento, ad esempio l'infanzia di Gesù (Matteo, 1, 18 - 2, 23; Luca, I, 5 - 2, 52) e la genealogia di lui (Matteo, 1, 1-17; Luca, 3, 23-38); lo stesso Discorso della montagna, lunghissimo in Matteo (capp. 5-7) e molto più breve in Luca (6, 20-49), ha divergenze fin dal principio con l'enumerazione delle beatitudini. Anche nell'ordine di narrazione, pur astraendo dalla diversità di raggruppamento di fatti e sentenze, compaiono discordanze difficili a spiegarsi: ad esempio, mentre nella narrazione della passione la corrispondenza delle parti è quasi costante, subito appresso compaiono divergenze circa l'ordine delle apparizioni di Gesù risorto. Frequenti sono pure i casi di divergenze fra passi in tutto il resto paralleli. Queste divergenze possono essere soltanto verbali, come quando in una narrazione che procede assolutamente identica presso tutti e tre, uno di essi sopprime una o più parole, oppure le aggiunge, oppure le sostituisce con altre quasi sinonime: valga come esempio, fra molti altri, la narrazione della visita fatta a Gesù dai suoi parenti: Matteo, cap. 12 Marco, cap. 3 Luca, cap. 8 Ancora parlando egli alle folle ecco la madre e i fratelli di lui stavano fuori, cercando di parlargli. Ora, uno disse a lui: Ecco la madre tua e i fratelli tuoi fuori stanno cercando di parlare a te. Ma egli rispondendo disse a chi gli parlava: Chi è la mia madre e chi sono i fratelli miei? E stendendo la mano sua sui discepoli suoi, disse: Ecco la madre mia e i fratelli miei! E vengono la madre di lui e i fratelli di lui, e fuori stando mandarono a lui chiamandolo. E sedeva attorno a lui folla; e dicono a lui: Ecco la madre tua e i fratelli tuoi (e le sorelle tue) fuori cercano te. E rispondendo loro dice: Chi è la madre mia e i fratelli? E guardato attorno a quelli che attorno a lui in circolo sedevano, dice: Ecco la madre mia e i fratelli miei! Ora, si presentò a lui la madre e i fratelli di lui, e non potevano congiungersi con lui per la folla. Ora, fu annunziato a lui: La madre tua e i fratelli tuoi stanno fuori volendo vedere te. Ma egli rispondendo disse verso quelli: Madre mia e fratelli miei Chiunque infatti faccia la volontà del Padre mio ch'è nei cieli egli è mio fratello e sorella e madre. Chi faccia la volontà d'Iddio, costui è fratello mio e sorella e madre. costoro sono, che la parola d'Iddio ascoltano e fanno. Ma talvolta le divergenze non sono soltanto di parole, bensì si estendono anche al pensiero: come quando in Matteo (10, 10) e Luca (9, 3) Gesù proibisce agli Apostoli di portare in viaggio alcunché neppure il bastone, mentre in Marco (6, 8) proibisce di portare alcunché salvo il bastone soltanto; oppure come quando, nella regione dei Gadareni o dei Geraseni, sono liberati due indemoniati secondo Matteo (8, 28-34), ma uno solo secondo Marco (5, 1-20) e Luca (8, 26-39); e parimente sono due i ciechi sanati presso Gerico secondo Matteo (20, 29-34), ma è uno solo di nuovo presso Marco (10, 36-52) e Luca (18, 3543); ai quali esempi, di divergenze concettuali, se ne potrebbero aggiungere vari altri. Ecco, dunque, la questione: è da spiegarsi come sia sorta questa concordia la quale, se talvolta è discors nel suo interno, appare tanto più concors vista dall'esterno, se si confronta con l'unico vangelo non sinottico, Giovanni, ch'è di tutt'altra indole e di tenore ben diverso.
§ 148. La questione è dibattutissima, e si può dire che da più di un secolo sia il principale problema su cui si sono concentrate le investigazioni degli studiosi del Nuovo Testamento. Le soluzioni e le ipotesi che ne sono scaturite sono moltissime, e a presentarle e discuterle tutte sarebbe necessario un ampio studio speciale: il quale, poi, avrebbe un valore quasi soltanto retrospettivo, giacché la massima parte di quelle soluzioni sono oggi abbandonate. Fino a pochi anni addietro la soluzione più in voga, ritenuta come un assioma della cosiddetta Scuola liberale (§ 203 segg.), era che i tre Sinottici dipendano da due documenti scritti: il primo sarebbe una raccolta contenente soltanto “detti” o “discorsi” di Gesù, e precisamentte la raccolta che Papia chiama dei Logia e attribuisce all'apostolo Matteo (§ 114); il secondo documento sarebbe il vangelo di Marco, o in una forma primitiva o in quella nostra odierna, contenente in prevalenza miracoli e altri fatti di Gesù. Con ciò, l'origine di Matteo è indipendente; l'origine degli odierni vangeli di Matteo (che non sarebbe di questo apostolo) e di Luca è spiegata come una doppia fusione della massima parte dei Logia con parte dei fatti narrati da Marco, pur ammettendosi che nochi altri elementi siano stati desunti altrove, e che nella scelta dei materiali ciascun evangelista si sia lasciato guidare dallo scopo particolare a cui mirava. Oggi questa soluzione, pur avendo tuttora largo seguito, non è cosl incontrastata come nell'addietro. Il nuovo indirizzo dato dal cosiddetto Metodo della storia delle forme (§ 217), che ha avuto il merito di richiamare l'attenzione sull'importanza del periodo preparatorio dei vangeli canonici (§ 110 segg.), trova che la suddetta soluzione è troppo semplice ed elementare essendo insufficienti due soli documenti a rappresentare l'ampia produzione di quel periodo, e che ad ogni modo accanto a tutta una serie di documenti scritti si deve supporre tutta una serie di testimonianze orali.
§ 149. In realtà, quasi tutte queste varie soluzioni, piu' che ispirarsi alle attestazioni pure e semplici dei documenti antichi, sono guidate da principii aprioristici moderni, e tradiscono la preoccupazione di adattare forzatamente quelle attestazioni a questi principii. Scendendo al caso pratico, i Logia di Papia non sarebbero affatto il nostro Matteo. Ora, questo assioma, fondamentale nella teoria dei due documenti, non solo non è stato mai dimostrato con argomenti storici, ma ha contro di sé tutta l'attestazione dell'antichità, la quale ha sempre ritenuto che ai Logia corrisponda il nostro Matteo: ciò fino al mese di ottobre del 1832, allorché per la prima volta lo Schleiermacher negò questa corrispondenza, non però in forza di testimonianze storiche nuovamente scoperte, bensi in forza dei suoi particolari principii filosofici. Un altro criterio fondamentale per la suddetta teoria è che Marco, brevissimo fra tutti i vangeli, deve essere il primo e più antico, perché i racconti d'argomento religioso tenderebbero sempre ad aumentare il patrimonio delle loro narrazioni, non già a diminuirlo. Ma anche questo è un principio aprioristico, e lo troviamo nettamente smentito proprio dai documenti giudaici (per tralasciare quelli di altre nazioni). Perché Marco non poté essere un riassunto di altro scritto - come già apparve a S. Agostino (De consensu evangel., 1, 2, 4) - se già le ebraiche Cronache erano state un riassunto dei precedenti libri di Samuele-Re e di altri documenti, e se il libro Maccabei era stato un riassunto dei cinque libri di Giasone di Cirene? Nello stesso campo del Nuovo Testamento, non avviene forse che l'ultimo dei Sinottici, Luca, benché tante volte aggiunga, molte altre volte invece riassume? Se infine i cristiani dei primi due secoli componevano per uso privato quegli estratti di sentenze evangeliche, di cui ci sono pervenuti frammenti nei papiri d'Egitto (§ 100), non poteva anche Marco compiere un estratto alquanto più ampio, da lui giudicato opportuno per un determinato ceto di cristiani? Risparmiando perciò le congetture avventurose e le adattazioni forzate, vediamo brevemente fino a qual punto le testimonianze antiche e i rilievi moderni possano far luce in questa intricatissima questione.
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