LA SECONDA VITA
§ 620. Gli stessi documenti, le stesse testimonianze storiche che hanno narrato fin qui i fatti di Gesù non si fermano alla sua morte, ma con la stessa autorevolezza e col medesimo grado d'informazione di prima proseguono a narrare una resurrezione e una seconda vita di lui. Ciò è più che sufficiente perché coloro che non ammettono la possibilità del soprannaturale - e non soltanto i moderni ma anche gli antichi (cfr. Atti, 17, 32) - respingano senz'altro tutt'intera questa seconda parte del racconto evangelico. Facendo ciò questi negatori si mostrano logici, dati i principi filosofici da cui essi partono: ma l'importanza è di mettere bene in rilievo ch'essi sono determinati alla negazione solo e unicamente da quei principi filosofici, non già da deficienze o dubbiezze di documenti. I documenti in realtà esistono, e provengono dagli stessi informatori di prima: ma poiché qui più che mai essi contraddicono a quei principi, i documenti dovranno essere “interpretati” alla luce dei principi, ossia subordinati a questi. Del resto il lavorio pratico sulla seconda vita di Gesù non è che un prolungamento, e in senso più radicale, di quello praticato sulla prima vita: riguardo alla prima vita il compito era di fare una selezione dei fatti di Gesù, accettando una sua predica o un suo viaggio in barca come cose naturali, ma respingendo la guarigione d'un cieco nato o la resurrezione d'un morto come cose soprannaturali e perciò impossibili; riguardo invece alla seconda vita non c'è nulla da selezionare, perché tutto è soprannaturale e perciò tutto impossibile, e il compito è soltanto di spiegare come sia sorta nei discepoli immediati di Gesù la fede in una seconda vita di lui. Ma questo metodo, sebbene logico, non è abbastanza logico: si ferina infatti a mezza strada, e non tira le ultime e più decisive conseguenze dai suoi principii filosofici. A voler essere veramente logici fino in fondo bisognerebbe negare non soltanto la seconda vita di Gesù ma anche la prima, ed affermare ch'egli non è mai esistito sulla faccia della terra. Così hanno cominciato a fare taluni recentissimi studiesi, ai quali certamente si avvicineranno sempre più quelli dell'avvenire. Parlando di questi recentissimi (§ 221) rilevammo la loro dirittura dialettica ed accennammo alle ragioni per cui, quando si vuole subordinare in questi argomenti la realtà documentaria a certi principi filosofici, si finisce logicamente per negar tutto. Qui abbiamo voluto soltanto ricordare le rispettive posizioni degli studiosi perché l'argomento in cui entriamo esige più che mai di attribuire unicuique suum, alla storia ciò ch'è storia e a teorie filosofiche ciò che proviene da loro. Anche nel racconto della seconda vita di Gesù i quattro evangelisti procedono secondo il loro metodo che abbiamo più volte fatto osservare. Essi non pretendono di dare una relazione minuta e integrale dei fatti, né secondo un rigoroso ordine cronologico: essi scelgono dalla serie dei fàtti soltanto quella parte che sembra loro più opportuna, e non senza trasposizioni cronologiche la dispongono nella maniera che meglio s'adatta allo scopo di ciascuno. Nel raccontare come fu ritrovata la tomba di Gesù vuota, i due primi Sinottici, Matteo e Marco, sono abbastanza paralleli fra loro, come si poteva già presumere: Luca è più reticente riguardo ai nomi, ma non si discosta molto dal racconto di Marco; Giovanni infine è schematico perché, presupponendo come al solito già noti i racconti dei Sinottici, vuole anche qui precisare e supplire solo alcuni punti con la sua particolare autorità di testimonio dei fatti.
Le apparizioni nella Giudea
§ 621. Nell'atto del risorgere Gesù non fu visto da alcuno. Nessun evangelista riferisce in qual maniera egli uscisse dal sepolcro; uno di essi fa conoscere implicitamente che l'uscita dal sepolcro avvenne rimanendo intatta a suo posto la pietra circolare che sbarrava l'apertura, pur essendo la resurrezione accompagnata da segni straordinari: Ecco avvenne un gran terremoto: infatti un angelo del Signore, disceso dal cielo ed avvicinatosi, rotolò via la pietra e si sedette su di essa: era poi il suo aspetto (abbagliante) come lampo, e il suo indumento bianco come neve (Matteo, 28, 2-3). La pietra dunque fu rotolata via dall'angelo, ma il sepolcro era già vuoto e appunto per questo fu rimossa come oggetto ormai inutile. Tutti e quattro gli evangelisti pongono il ritrovamento del sepolcro vuoto alle primissime ore della domenica. I soldati messi dai Sinedristi stavano là di guardia dal giorno precedente, e certamente a quell'ora mattutina erano ancora sdraiati li intorno dormendo; il trabalzo del terremoto, e subito appresso la vista dell'angelo e del sepolcro spalancato, li sgomentò a tal punto che si dettero senz'altro alla fuga cercando scampo nella vicina porta della città. Ritrovandosi allora nell'abitato e riavutisi alquanto dallo spavento, ripensarono che la loro fuga era un formale abbandono di posto, passibile delle più severe pene secondo la disciplina militare romana (cfr. Guerra giud., v, 482). Essi allora provvidero ai ripari, e astutamente compresero subito che il riparo migliore poteva essere offerto loro dai Sinedristi, i più interessati nell'affare. Si recarono perciò difilati a trattare con essi (§ 627). Il sepolcro non rimase a lungo solitario. Un gruppo di pie donne si era già mosso di città per recarsi al sepolcro; erano quelle donne che già sullo scorcio del venerdì avevano preparato aromi per curare anche meglio la venerata salma, cessato che fosse il riposo del sabbato (§ 618); qui dall'uno o dall'altro degli evangelisti sono nominate Maria la Magdalena, l'altra Maria madre di Giacomo, Salome, Giovanna, e le altre insieme con esse (Luca, 24, 10). Quanto al tempo in cui queste donne vennero al sepolcro, è indicato in maniera curiosissima da Marco (16, 2): Assai di buon'ora, nella prima (giornata) della settimana (ossia nella domenica) vengono al sepolcro, essendo sorto il sole. E’ difficile a prima vista accordare l'indicazione assai di buon'ora con l'altra essendo sorto il sole, perché la prima si riferisce ai primissimi chiarori dell'alba, a poco dopo le nostre ore quattro del mattino, mentre la seconda si riferisce a parecchio tempo dopo, a non prima delle sei. Ma è uno dei soliti casi dello stile grezzo e duro di Marco (§ 132), che qui ha condensato troppo i concetti: tutto infatti diventa chiaro se, aggiungendo esplicitamente un concetto che vi è sottinteso, si legge Assai di buona ora... vengono al sepolcro (e vi giungono) essendo sorto il sole. Certamente il viaggio al sepolcro non era molto lungo, ma la ragione per cui le donne v'impiegarono parecchio tempo è stata comunicata dallo stesso Marco (16, 1) immediatamente prima, dicendo che le pie donne trascorso il sabbato, cioè in quella stessa mattina, comprarono aromi per venire ad ungerlo; la loro devozione non era soddisfatta degli aromi che talune di esse avevano già preparati due sere prima, e altre per proprio conto vollero accrescerne la provvista impiegando nelle compere un certo tempo.
§ 622. Questi femminili indugi furono troppo gravosi per la più generosa e ardente di quelle donne, Maria la Magdalena, la sola di cui parli Giovanni e la prima nominata dai tre Sinottici. Ella ad un certo punto si staccò dalle compagne affaccendate e niente, e portata dal suo affetto corse da sola verso il sepolcro; vi giunse, come dice Giovanni in pieno accordo con la prima indicazione di Marco, di buon'ora essendo ancora tenebra (Giov., 20, 1). Ma da ciò che vide appena giunta, restò costernata. Niente sapeva ella dei soldati messi durante il sabbato, e quindi non si meravigliò della loro assenza; vide però che la pietra circolare era stata rotolata da una parte e che l'entrata era spalancata: forse, nel suo ardore, si spinse fin presso l'ingresso del sepolcro e le bastò uno sguardo fugace dal di fuori per riconoscere che era vuoto. Che era avvenuto? Chi avrebbe potuto darle informazioni? Non certo le compagne indugianti, disperse per la città alla ricerca di aromi ormai inutili; bisognava rivolgersi ai discepoli: essi, e specialmente Pietro e Giovanni, forse sapevano come il sepolcro fosse stato aperto e la salma asportata. Corre dunque e viene a Simone Pietro e all'altro discepolo che Gesù amava, e dice loro: « Tolsero il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo misero » (Giov., 20, 2). Quel plurale sappiamo conservatoci da Giovanni è un ottimo collegamento fra lui e i Sinottici; costoro parlano di più donne recatesi al sepolcro, egli parla della sola Maria di Magdala ma le fa impiegare quel plurale sappiamo che conferma implicitamente quanto dicono i Sinottici. Maria parlava anche a nome delle compagne ritardatarie.
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