§ 616. Quasi insieme giunsero gli altri Sinedristi, e Pilato accogliendo anche la loro richiesta inviò altri soldati, diversi da quelli che stavano tuttora di guardia alle croci, affinché praticassero sui crocifissi il “crurifragio” e quindi li deponessero dalle croci. Chi era presente all'arrivo dei soldati narra cosi: Vennero pertanto i soldati, e spezzarono le gambe del primo e dell'altro crocifisso insieme con lui; venuti poi presso Gesu', come lo videro già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con la lancia gli ferì il costato ed uscì subito sangue ed acqua (Giov., 19, 32-34). I due ladroni dunque sopravvissero a Gesù e furono spacciati dal “crurifragio”; questo invece non fu praticato a Gesù perché era con tutta evidenza già morto, e così i soldati risparmiarono anche a se stessi una certa fatica: tuttavia uno gli dette un colpo di lancia in direzione del cuore, giusto per non lasciare alcun dubbio sulla morte di lui. La ferita prodotta dalla lancia fu molto larga, un vero squarcio in cui poteva quasi entrare una mano (cfr. Giovanni, 20, 25.27), e dallo squarcio uscì sangue ed acqua. Dotti fisiologi inglesi credettero spiegare la fuoruscita di sangue ed acqua supponendo una rottura del cuore anteriore al colpo di lancia: nei casi di tale rottura si produrrebbe un'emorragia al pericardio e una successiva decomposizione del sangue, i cui globuli rossi fanno deposito in basso mentre il siero acquoso resta sospeso in alto; cosicché, quando il pericardio è aperto poco dopo la morte, l'elemento sanguigno e quello acquoso ne escono separati fra loro. Perciò la rapida morte di Gesù si spiegava - nel pensiero di questi fisiologi - con una rottura del cuore prodotta da cause morali. Gesù sarebbe morto col cuore spezzato, in senso vero, dal dolore. Checché sia di questa spiegazione, l'evangelista testimonio scorge ragioni arcane più profonde in ambedue gli eventi: Avvennero infatti queste cose affinché s'adempisse la Scrittura (che dice): “Osso non sarà spezzato di lui”; e nuovamente un'altra Scrittura (che) dice: “Rimireranno in chi trafissero”. La prima citazione è da Esodo, 12, 46 (Numeri, 9, 12), e si riferisce all'agnello pasquale di cui gli Ebrei non dovevano spezzare alcun osso, quando lo mangiavano nella cena di Pasqua: l'evangelista vede in questa prescrizione una conferma che Gesù fu la vera vittima redentrice adombrata dall'antico agnello pasquale. La seconda citazione è da Zacharia, 12, 10, il quale scorge nel futuro la nazione giudaica far cordoglio su un trafitto come si fa cordoglio per la morte dell'unigenito. L'evangelista infine non dice il nome del soldato che trafisse il petto di Gesù, ma la leggenda cristiana gli ha dato il nome inconfondibile, chiamandolo Lanciere. In greco infatti lancia si dice lonche; perciò il soldato fu chiamato Longino.
§ 617. Il lugubre lavoro dei soldati dovette svolgersi quando Giuseppe di Arimatea era già sul posto, pronto a servirsi del permesso concessogli da Pilato. La richiesta della salma di Gesù era stata motivata dal desiderio, di Giuseppe e di quanti lo avevano spinto ad agire, che la venerata salma non fosse gettata nella fossa comune dei giustiziati insieme con i cadaveri dei due ladroni; ottenuta quindi la salma, Giuseppe si dette subito a prepararle un sollecito e decoroso seppellimento, che doveva esser terminato prima del tramonto perché allora cominciava il riposo legale (§ 537). Nel suo lavoro Giuseppe fu coadiuvato da altri: è ricordato nominatamente il suo fratello spirituale Nicodemo, che venne... portando una mescolanza di mirra ed abe, circa cento libbre (Giov., 19, 39); è facile immaginare che nella pietosa cura i due uomini fossero assistiti anche dalle pie donne presenti alla morte di Gesù, e in primo luogo dalla madre di lui che certamente non rinunziò alla dolorosa gioia di accogliere fra le sue braccia la salma appena fu calata dalla croce. Come Nicodemo aveva portato gli aromi da spargere sulla salma, così per involgerla Giuseppe aveva comprato una sindone (§ 561); il quale termine deve avere qui non il suo senso tecnico di leggiera veste notturna ma quello più generico di ampio ammanto, quasi di lenzuolo, tessuto di fine lino. A causa della ristrettezza di tempo la preparazione della salma fu sommaria: presero dunque il corpo di Gesu' e lo rilegarono con fasce insieme con gli aromi, com'è costume ai Giudei di seppellire (Giov., 19, 40), e come infatti era stato praticato anche con la salma di Lazaro (§ 491); infine la salma, così composta, fu avvolta nella sindone. Egualmente per la ristrettezza di tempo non si poteva trasportare la salma in qualche tomba lontana, per il pericolo di essere sorpresi durante il trasporto dal tramonto del sole e dal riposo legale. Ma questa difficoltà fu superata facilmente grazie alla generosità di Giuseppe, che cedette a tale scopo la sua propria tomba. Egli se l'era preparata appunto nel luogo del Cranio: ivi era un giardino, e nel giardino un sepolcro nuovo in cui nessuno ancora era stato posta (ivi, 41). Il giardino si stendeva ai piedi del Cranio, e il sepolcro era stato scavato dalla roccia (Marco, 15, 46), la quale era un prolungamento della roccia che costituiva il piccolo rialzo del Cranio. Probabilmente, come Giuseppe si era preparata colà la propria tomba, anche se l'erano preparata nella stessa zona altri facoltosi abitanti di Gerusalemme: e ciò s'accorda ottimamente con la norma di scegliere i luoghi di crocifissione a preferenza presso tombe (§ 599).
§ 618. La tomba ceduta da Giuseppe per la salma di Gesù aveva la solita disposizione interna delle tombe giudaiche (§ 491). Penetrandovi dall'esterno, si trovava prima l'atrio e poi la camera funeraria con il loculo per la salma; atrio e camera comunicavano fra loro mediante un piccolo uscio sempre aperto, mentre l'atriocomunicava con l'esterno attraverso una porta che veniva sbarrata applicandovi una grossa pietra circolare simile a un'enorme macina da molino. Questa pietra poggiava sull'apertura impedendone l'accesso; ma quando si voleva entrare, bastava far rotolare non senza considerevole sforzo - la pesante pietra o verso destra o verso sinistra, ed essa si spostava scorrendo su un canaletto scavato nella roccia a destra o a sinistra dell'apertura. Giuseppe, assistito dagli altri, portò a termine il seppellimento di Gesù prima del tramonto. Essendo avvenuta la morte verso le ore tre pomeridiane, tutto era compiuto verso le ore sei, allorché Giuseppe rotolata una grande pietra alla porta del sepolcro andò via (Matteo, 27, 60). Ma la tomba non rimase subito solitaria: era poi cola' Maria la Magdalena e l’altra Maria (la madre di Giacomo e Giuseppe) sedute dirimpetto alla tomba (ivi, 61). Anche le altre pie donne s'avvicinarono a vedere il sepolcro e come fosse stata deposta la venerata salma; poi tornate in città, approfittarono dell'ultimo scorcio della giornata lavorativa e prepararono aromi e unguenti (§ 537): evidentemente alla loro devozione non bastava l'abbondante provvista di aromi portata da Nicodemo, e si ripromettevano di curare meglio l'affrettata composizione della salma e di tornare perciò al sepolcro quando fosse trascorso il sabbato col suo riposo legale (Luca, 23, 55-56). Fra tutte queste pietose cure non è nominato alcuno degli Apostoli: il solo Giovanni, nel riserbo del suo scritto, s'intravede facilmente mentre assiste la madre di Gesù e la conduce alla sua propria abitazione per curarla da figlio adottivo. Colà ambedue aspettavano.
------------
Nessun commento:
Posta un commento
Comunque tu sia arrivato fino qui, un tuo commento è gradito, si può dissentire ma non aggredire, la costruzione è preferita alla distruzione..