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giovedì 13 dicembre 2012

2007 - Vita di Gesù (paragrafi 607-610)


§ 607. Su quest'ultimo punto sembrerebbe che vi fosse contraddizio­ne fra quanto dice Giovanni, che Pilato pronunziò la condanna all'ora quasi sesta ossia un poco prima del nostro mezzogiorno (§ 595), e quanto dice Marco (15, 25): Era l'ora terza e lo crocifissero. Varie ipotesi furono proposte per concordare queste due notizie. Già S. Girolamo, seguito da alcuni moderni, suppose che nella trasmis­sione dei due numeri espressi in greco con le lettere dell'alfabeto fosse incorso per colpa degli amanuensi uno scambio fra la lettera gamma (I', che esprimeva il 3) e la lettera digamma (F, che espri­meva il 6): perciò in Marco bisognerebbe leggere “ora sesta” appun­to come in Giovanni; senonché questa soluzione, che dal punto di vista paleografico è astrattamente possibile, dal punto di vista documentario non è in alcun modo suffragata dai codici. - Altri studiosi supposero che Giovanni conti le ore a cominciare dalla mezzanotte secondo la computazione civile degli Occidentali, e che invece Marco conti a cominciare dalle prime luci dell'alba secondo la computazione degli Orientali; ma anche questa soluzione ha guadagnato pochi se­guaci perché, oltre il resto, si aspetterebbe che appunto Marco il qua­le scriveva a Roma seguisse la computazione occidentale, e Giovanni invece quella orientale perché scriveva in Oriente. La soluzione più ragionevole sembra pertanto quella che si riporta ai tempi e alle usan­ze del paese. Il tempo dall'alba al tramonto era diviso in 12 ore (di ampiezza variabile a seconda delle stagioni), ma questa divisione era più teorica che pratica; in paesi come la Giudea, ove gli strumenti meccanici per misurare il tempo erano estremamente rari, la gente si regolava di solito con l'osservazione della luce solare, e perciò aveva finito col raggruppare le 12 ore diurne in quattro periodi che di­videvano la giornata solare in quattro parti uguali, due prima del mezzogiorno e due dopo: ogni periodo infatti, essendo più lungo del­la singola ora, aveva il vantaggio di distinguersi assai più facilmente per l'intensità della luce solare dal periodo vicino. Cosicché dall'alba fino alle nostre ore 9 antimeridiane correva sempre il mattino o il periodo dell'ora prima; dalle nostre 9 antimeridiane fino al mezzo­giorno correva il periodo dell'ora terza; dal mezzogiorno fino alle nostre 3 pomeridiane correva il periodo dell'ora sesta; dalle nostre 3 pomeridiane fino al tramonto correva il periodo dell'ora nona. Ra­rissimamente i Sinottici escono da questa denominazione (Matteo, 20,1-6); Giovanni invece più facilmente nomina altre delle 12 ore in­tennedie (Gion., 1, 39; 4, 6.52; 11, 9), ma fa ciò perché vuole come al solito precisare, e quindi abbandona gli ampi gruppi o periodi di ore e nomina le singole ore numericamente. Secondo ogni verosimi­glianza la discordia fra Marco e Giovanni riguardo all'ora della crc­cifissione di Gesù consiste tutta in questo: che Marco parla dell'ora terza in quanto gruppo o periodo di ore, il quale perciò s'estendeva fino all'ora sesta ossia al mezzogiorno, mentre Giovanni intende l'ora sesta numericamente ossia il preciso mezzogiorno.

§ 608. Mentre si svolgevano le operazioni della crocifissione Gesù serbò, a quanto sembra, un silenzio assoluto: il suo corpo sfigurato e disfatto non racchiudeva quasi più energia fisica, la sua mente era assorta nel pensiero del Padre celeste a cui stava offrendo il sacrificio di se stesso. Tuttavia la prima frase da lui pronunziata, che ci venga trasmessa, è un pensiero che pur rivolgendosi al Padre nei cieli si preoccupa di quei che stanno giù in terra attorno a lui; forse proprio mentre gli inchiodavano le mani o i piedi egli esclamò: Padre, per­dona ad essi, perché non sanno che cosa fanno! (Luca, 23, 34). i loro a cui s'invoca quel perdono non sono tanto gli incoscienti soldati che martellano sui chiodi, quanto quegli altri che scientemente ave­vano predisposto tutto affinché accadesse quanto stava accadendo. Anche a quegli altri Gesù impartisce il suo perdono e implora quello del Padre, perché non sanno adesso ciò che dapprima hanno rifiutato di sapere: la conseguenza della colpa passata è addotta benignamen­te a scusa del delitto presente. Innalzato che fu sul palo verticale Gesù continuò a guardare con gli occhi languenti, ma ancora penetranti, ciò che avveniva in basso e a fianco a lui. In basso i sommi sacerdoti e gli altri Sinedristi s'in­trattenevano da trionfatori; veramente sarebbe stato più urgente per essi tornare alle loro case, onde sorvegliare da buoni Israeliti gli ultimi preparativi per la cena pasquale; tuttavia preferivano rimandare sempre più il ritorno, per trattenersi ancora un poco gioiosi e gongolanti sul posto del loro trionfo. Passavano essi e ripassavano sotto le tre croci: ora lanciavano oc­chiate sdegnose alla croce di mezzo; ora l'additavano sprezzanti a gente di loro conoscenza che passava là sotto, e poi con le mani die­tro la schiena si piantavano in faccia a quel crocifisso e l'apostrofavano direttamente: Ohe'! Quello che demolisce il santuario e in tre giorni (lo) ricostruisce! Salva te stesso, se sei figlio d'iddio, e discendi dalla croce! La gente, intimidita dall'autorità di chi l'aveva fermata, ripeteva l'apostrofe e rinnovava le beffe. Altri Sinedristi invece preferivano un argomento ad hominem, che insieme voleva essere un'apologia del proprio operato: Salvò altri; se stesso non può salvare! E’ re d'israele: discenda adesso dalla croce e crederemo in lui! Ha confidato in Dio, (Dio lo) liberi adesso se si compiace in lui (cfr. Salmo 22, 9 ebr.). Disse infatti: “Sono figlio di Dio!”. Ma da quella croce non scese né l'apostrofato né una risposta qualsiasi, perché ambedue le discese sarebbero state inutili per gli apostrofanti.

§ 609. A fianco a Gesù stavano i due ladroni crocifissi, e anche di qui partivano ingiurie. Matteo e Marco parlano al plurale, di ladroni che ingiuriavano: ma è un “plurale di categoria” (cfr. § 625, nota), per significare che ingiurie partivano anche dalla categoria dei ladroni senza precisare se faceva ciò l'intera categoria o solo una sua parte. Luca invece precisa, e dice che uno solo ingiuriava mentre l'altro si raccomandava. Il ladrone che ingiuriava, forse per ottenere una qualsiasi rivincita in quello sfacelo della propria esistenza, forse per vendicarsi di una vaga speranza svanita, ripeteva verso Gesù: Non sei tu il Cristo (Messia)? Salva te stesso e noi! Ma l'altro ladrone non condivideva tali sentimenti, anzi ne rimproverava il compagno ripetendogli: Nemmeno temi iddio tu, giacché sei nella medesima condanna? E noi poi giustamente, poiché riceviamo cose degne di quanto facemmo; ma costui non fece nulla di male. La forza del rimprovero è su quei temi, a cui si riferisce il nemmeno; se non hai riverenza per Iddio, abbi almeno timore giacché subi­sci la medesima pena di Gesù innocente. Probabilmente il buon ladro­ne conosceva di fama Gesù di Nazareth e aveva inteso parlare della sua bontà, dei suoi miracoli e del regno di Dio da lui predicato: certamente poi aveva, nonostante i suoi misfatti, un residuo di coscienza onesta. Nell'imminenza della morte quel residuo riaffiora e ricopre tutto il passato; il morituro si aggrappa all'unica speranza che gli resta e che è rappresentata da quel giusto ingiustamente ucciso. Ri­volgendosi allora a lui gli dice: Gesu', ricòrdati di me quando (tu) venga nel tuo regno, ossia quando verrai gloriosamente regnante in quel regno da te annunziato. Gesù gli risponde: in verita' ti dico, oggi sarai con me nel paradiso. Sebbene non sia facile determinare con precisione il senso che si dava al termine “paradiso” ai tempi di Gesù, è certo che designa la dimora delle anime giuste dopo morte, analogo perciò al seno di Abramo (§ 472).

§ 610. Fra le persone che Gesù vedeva dall'alto della croce solo un piccolo gruppo, che stava a pochi passi da lui, gli dava qualche con­forto. Ma era poi un conforto, e non piuttosto un aumento di dolore? Il gruppo infatti era formato da persone familiari od amiche, a cui la legge romana non proibiva di assistere allo spettacolo, purché non si avvicinassero ad offrire soccorsi al crocifisso che sarebbero stati im­pediti dai soldati di guardia. I nomi di questo piccolo gruppo più vicino alla croce ci sono stati trasmessi dal testimonio oculare, il qua­le tuttavia tralascia il suo proprio nome designandosi come il disce­polo che (Gesu') amava (§ 155); oltre a Giovanni, dunque, facevano parte di questo gruppo la madre di lui (Gesù), e la sorella della ma­dre di lui, Maria di Cleofa (Alfeo), e Maria la Magdalena (Giov., 19, 25). Alla loro volta i Sinottici, dopo aver narrato la morte di Gesù, ricordano che era presente un altro gruppo, più numeroso ma più lontano, formato di donne che piangevano e si lamentavano: era­no le donne che avevano assistito Gesù nel suo ministero (§ 343) e l'avevano seguito dalla Galilea a Gerusalemme (Matteo, 27, 55-56; Marco, 15, 40-41). Fra le donne di questo secondo gruppo sono nomi­nate Maria la Magdalena (come nel primo gruppo), Maria la madre di Giacomo il Minore (§ 313) e di Giuseppe (e anche questa Maria appare nel primo gruppo come Maria di Cleofa, inoltre una Salome e la madre dei figli di Zebedeo (§ 496), e queste due ultime sono una stessa persona. Che almeno due donne siano nominate in ambedue i gruppi non fa meraviglia, perché è diverso il momento in cui ciascun gruppo è nominato cioè prima della morte di Gesù il gruppo piu' vicino, e dopo la morte quello più lontano - e talune potevano esser passate nel frattempo da un gruppo all'altro. Nel gruppo più vicino stava dunque, insieme al discepolo prediletto, la madre di Gesù. Era un conforto quella vista per il crocifisso? Come a lei era impedito dai soldati di avvicinarsi a lui, così a lui i chiodi impedivano ogni gesto verso di lei. Potevano comunicare fra loro solo con lo sguardo: a Maria la voce era impedita dal pianto, a Gesù dall'estrema debolezza. La madre guardava il figlio, e forse pen­sava che quelle membra si erano formate nel seno di lei in maniera unica al mondo, mentre adesso erano divenute oggetto di sommo spavento: il figlio guardava la madre, e forse pensava che quella donna era stata proclamata benedetta fra le donne, mentre adesso era divenuta oggetto di somma pietà. Ma ad un certo punto il crocifisso, raccolte alquanto le forze e accennando alla madre con la testa, dis­se: Donna (§ 283), ecco il tuo figlio; poi accennando al discepolo prediletto: Ecco la tua madre. In questo suo testamento il morituro univa per sempre i suoi più grandi amori terreni, la donna di Beth-lehem e il giovane che aveva sentito battere il cuore di lui nell'ultima cena. Da quel giorno Giovanni prese in casa sua Maria (§ 156).
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