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mercoledì 23 gennaio 2013

2089 - Sant'Ildefonso di Toledo


La biografia d’Ildefonso di Toledo è abbondante perché, oltre ai dati contenuti nelle sue opere, ci sono, principalmente: 
- il “Beati Ildephonsi Elogium” di S. Giuliano di Toledo, suo contemporaneo e successore sulla cattedra toledana, scritta come appendice al “De viris illustribus”;
- la “Vita vel gesta S. Ildephonsi Sedis Toletanae Episcopi”, attribuita a Cixila, arcivescovo di Toledo (774-783), dove si menzionano per la prima volta i miracoli della sua vita;
- la “Vita Ildephonsi Archiepiscopi Toletani” di frate Rodrigo Manuel Cerratense, (XIII sec.).
 
Nato a Toledo nel 607, durante il regno di Viterico (603-610), di stirpe germanica, era membro di una delle distinte famiglie reali visigote. Secondo una tradizione che raccoglie Nicolás Antonio (Bibliotheca Hispana Vetus PL 96,11), fu nipote dell'arcivescovo di Toledo, S. Eugenio III, che gli fornì la prima istruzione.
Nel monastero dei SS. Cosma e Damiano, vicino a Toledo, dove s’era rifugiato in quanto non intendeva intraprendere la carriera voluta dalla famiglia, continua gli studi fino al diaconato, e qui si ferma.  Secondo la sua stessa testimonianza fu ordinato diacono (circa 632-633) da Eladio, arcivescovo di Toledo (De vir. ill. 7: PL 96,202). Per lo stile dei suoi scritti e per i giudizi emessi nel suo “De viris illustribus” sui personaggi che menziona, si deduce che ricevette una brillante formazione letteraria; infatti, anche se era soltanto diacono, i confratelli lo eleggono ugualmente abate nella loro comunità, perché ha tutto: pietà, cultura, energia, un parlare attraente. Ed è anche uno scrittore di grande efficacia.
Sui cinquant’anni deve, però lasciare il monastero: è morto Eugenio II, il vescovo di Toledo, e al suo posto si vuole lui, Ildefonso; per convincerlo si muove il re visigoto in persona, Recesvinto.
Così, nel 657, eccolo vescovo di quella che al tempo è la capitale del regno. Ora non ha più molto tempo da dedicare ai libri, impegnato com’è a scrivere tante lettere, e non proprio allegre. Si hanno, di lui,  pagine angosciate sugli scandali ad opera di certi cristiani influenti e falsi, sui conflitti duri con il re, che pure lo stima, e su tanti ecclesiastici che s’immischiano troppo negli affari di Stato.
 
Era davvero meglio il monastero: pregare con gli altri, studiare, scrivere... Ildefonso ha lasciato molti scritti di ordine dottrinale e morale, fra cui :
-         Sopra la verginità perpetua di Santa Maria contro tre infedeli (De virginitate S. Mariae contra tres infideles)
-         Commentario sopra la conoscenza del battesimo o Annotazioni sopra la conoscenza del battesimo (Liber de cognitione baptismi unus)
-         Sopra il progresso del deserto spirituale (De progressu spiritualis deserti)
-         Sopra gli uomini illustri (De viris illustribus) che è un po’ una continuazione delle Etimologie di Isidoro di Siviglia (ca. 570-636), la grande “enciclopedia” di tutto l’Alto Medioevo.
 
Ildefonso non può vivere senza insegnare, convinto anche lui (come S. Braulio, vescovo di Saragozza) che il sapere “è un dono comune, non privato”, e che perciò deve essere distribuito a tutti.
Colpisce i fedeli la sua devozione mariana, suscitando anche racconti di fatti prodigiosi: la notte del 18 dic. 665 Ildefonso, insieme con i suoi chierici e alcuni altri, andò in chiesa per cantare inni in onore della Vergine Maria. Trovarono la cappella che brillava di una luce tanto abbagliante che provarono timore; tutti fuggirono tranne Ildefonso e i suoi due diaconi. Questi entrarono e si avvicinarono all'altare. Davanti a loro si trovava la Vergine Maria, seduta sulla cattedra del vescovo, circondata da una compagnia di vergini che intonavano canti celestiali. Maria fece un cenno con il capo perché si avvicinassero. Dopo che ebbero obbedito, la Vergine fissò i suoi occhi su Ildefonso e disse: “Tu sei il mio cappellano e notaio fedele. Ricevi questa casula che mio Figlio ti manda dalla sua tesoreria”. Dopo aver detto questo, la Vergine stessa lo investì, dandogli le istruzioni di usarla solamente nei giorni festivi in suo onore.
Questa apparizione e la casula furono prove così chiare, che il concilio di Toledo ordinò un giorno di festa speciale per perpetuare la sua memoria. L'evento appare documentato nell' “Acta Sanctorum” come “La Discesa della Santissima Vergine e la sua Apparizione”.
L'importanza che acquisisce questo fatto miracoloso, occorso nella Spagna gotica e trasmesso ininterrottamente lungo i secoli, è stata molto grande per Toledo e per la sua cattedrale.
 
S. Ildefonso morì a Toledo il 4 aprile del 667. Fu sepolto nella chiesa di S. Leocadia di Toledo e successivamente traslato a Zamora; la sua festa si celebra il 23 gennaio.
È patrono della città di Toledo e di Herreruela de Oropesa, nella stessa provincia, dove le sue feste si celebrano ogni anno con particolare fervore.
 
Significato del nome Ildefonso : “pronto alla battaglia” (tedesco).
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