Onorato da vivo e da morto, ma poi dimenticato, questo santo è stato riscoperto nella sua diocesi quasi cinque secoli dopo, e canonizzato. Poi, per altri cinque secoli, rieccolo ancora “precario”, prima di essere infine registrato nel Martirologio romano. Virgilio (Vergilius) è la trasposizione latina di Fergal, il suo nome d’origine nella lingua celtica dell’Irlanda, l’isola,che non è stata mai soggetta all’Impero romano e che è diventata cristiana con la predicazione di san Patrizio (morto nel 461). Qui ha preso vita una Chiesa non strutturata su diocesi e parrocchie, bensì sui monasteri e i loro abati, guide spirituali dei monaci e delle popolazioni. Anche Virgilio percorre questo cammino, monaco e poi abate, legato alle regole che nel monachesimo irlandese sono molto dure; come del resto è dura la vita della gente.
Numerosi monaci d’Irlanda hanno poi continuato l’opera di Patrizio in direzione opposta: dall’Irlanda raggiungevano la Scozia e l’Inghilterra, o sbarcavano in Europa, nelle regioni non ancora stabilmente cristianizzate: in Francia, in Germania e in Italia, dove il monaco Colombano, morto nel 615, fonda il monastero di Bobbio (Piacenza). La tradizione “continentale” dei monaci d’Irlanda continua con l’abate Virgilio. Durante uno dei suoi viaggi-pellegrinaggi in Francia, si ferma a studiare nel monastero di Quierzy-sur-Oise, presso Laon. E in quest’occasione viene presentato al nuovo padrone della Francia: Pipino, detto “il Breve” perché è piccoletto, il quale ha messo fine al potere dei sovrani merovingi.
Pipino ha esteso la sua sovranità anche alla Baviera e a parte dell’Austria, e vuole fare di Virgilio il vescovo di Salisburgo. Lui accetta subito. Anzi, comincia a fare il vescovo ancora prima di essere consacrato. Ma lì sul posto viene subito combattuto come abusivo da chi non gradisce il suo dinamismo e il suo rigore. (Sembra che debba poi correre a Roma per la consacrazione). Lavora a Salisburgo e nelle campagne come in Irlanda, su due priorità: istruzione religiosa e soccorso ai poveri. E usa le sue solite forze di prima linea: i monaci. Specialmente quelli di Innichen (San Candido, AltoAdige) e del Kremsmünster, in diocesi di Linz. L’efficacia del suo lavoro è documentata dal fatto più convincente: lui, il forestiero accolto con diffidenza, ora è richiesto da tante parti; città e paesi vogliono i suoi missionari. A Salisburgo fa costruire la cattedrale, centro solenne e stabile di una comunità che va facendosi adulta. E quando muore, viene sepolto lì, con grandi onoranze. Onorato e poi dimenticato.
Quattrocento anni circa dopo la morte, un incendio distrugge la cattedrale: e, negli scavi per la ricostruzione, ecco emergere la sua bara. È come se Virgilio fosse appena morto: si diffondono voci di miracoli, si raduna gente in preghiera. La figura del vescovo d’Irlanda riemerge dal silenzio: se ne richiede la canonizzazione. Nel 1230 il processo canonico incomincia, si raccolgono le testimonianze da mandare a Roma. Nel 1233, Gregorio IX proclama santo il vescovo Virgilio. Nel 1740 il suo nome sarà accolto nel Martirologio romano.
Numerosi monaci d’Irlanda hanno poi continuato l’opera di Patrizio in direzione opposta: dall’Irlanda raggiungevano la Scozia e l’Inghilterra, o sbarcavano in Europa, nelle regioni non ancora stabilmente cristianizzate: in Francia, in Germania e in Italia, dove il monaco Colombano, morto nel 615, fonda il monastero di Bobbio (Piacenza). La tradizione “continentale” dei monaci d’Irlanda continua con l’abate Virgilio. Durante uno dei suoi viaggi-pellegrinaggi in Francia, si ferma a studiare nel monastero di Quierzy-sur-Oise, presso Laon. E in quest’occasione viene presentato al nuovo padrone della Francia: Pipino, detto “il Breve” perché è piccoletto, il quale ha messo fine al potere dei sovrani merovingi.
Pipino ha esteso la sua sovranità anche alla Baviera e a parte dell’Austria, e vuole fare di Virgilio il vescovo di Salisburgo. Lui accetta subito. Anzi, comincia a fare il vescovo ancora prima di essere consacrato. Ma lì sul posto viene subito combattuto come abusivo da chi non gradisce il suo dinamismo e il suo rigore. (Sembra che debba poi correre a Roma per la consacrazione). Lavora a Salisburgo e nelle campagne come in Irlanda, su due priorità: istruzione religiosa e soccorso ai poveri. E usa le sue solite forze di prima linea: i monaci. Specialmente quelli di Innichen (San Candido, AltoAdige) e del Kremsmünster, in diocesi di Linz. L’efficacia del suo lavoro è documentata dal fatto più convincente: lui, il forestiero accolto con diffidenza, ora è richiesto da tante parti; città e paesi vogliono i suoi missionari. A Salisburgo fa costruire la cattedrale, centro solenne e stabile di una comunità che va facendosi adulta. E quando muore, viene sepolto lì, con grandi onoranze. Onorato e poi dimenticato.
Quattrocento anni circa dopo la morte, un incendio distrugge la cattedrale: e, negli scavi per la ricostruzione, ecco emergere la sua bara. È come se Virgilio fosse appena morto: si diffondono voci di miracoli, si raduna gente in preghiera. La figura del vescovo d’Irlanda riemerge dal silenzio: se ne richiede la canonizzazione. Nel 1230 il processo canonico incomincia, si raccolgono le testimonianze da mandare a Roma. Nel 1233, Gregorio IX proclama santo il vescovo Virgilio. Nel 1740 il suo nome sarà accolto nel Martirologio romano.
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