È uno strenuo difensore della fede e un tenace maestro di dottrina. Oriundo dell’Africa romana ma romano di spirito («sicut romanus natus», scrive di sé), Gelasio («colui che irride», dal greco) sale al soglio pontificio mentre in Italia cambia la dominazione straniera: Teodorico infatti inaugura - con la strage d’Odoacre e della sua famiglia - il suo regno, che sarà trentennale.
Oltre che dalla peste e dalla fame, in quegli anni Roma è scossa anche da un fenomeno - e relativa polemica - stravagante. Ecco quale. Ai piedi del Palatino si apre ancora la buia caverna che la leggenda ha identificato come il luogo di Romolo e Remo allattati dalla lupa: la festività dei lupercali che si celebra ogni anno in onore dell’allattamento di Romolo e Remo degenera sempre più, fino a diventare delle vere e proprie orge. Già i predecessori di Gelasio hanno protestato contro quest’ultima superstizione pagana, ma inutilmente. Invece la plebe, ma sostenuta anche da alcuni senatori, sosteneva che le catastrofi capitate a Roma erano dovute all’abbandono del vecchio culto propiziatorio. Ma ecco che Gelasio ha successo dove nessun Papa è riuscito: con dottrina e con precisione scrive un imponente e inattaccabile trattato contro quella credenza, condannando totalmente le pratiche immorali: dopo questa iniziativa, non ci sono più segni di costumanze pagane.
La stessa fermezza il Pontefice la dimostra con gli Imperatori e i patriarchi orientali nella questione dello scisma di Acacio e contro l’«Enotico».
Mantiene rapporti collaborativi con Teodorico e con gli Imperatori d’Oriente, partendo però dal presupposto indiscutibile del primato romano. In una lettera all’imperatore Anastasio I pone inequivocabilmente la distinzione dei due poteri di origine divina: l’autorità dei Papi e quella dei Re, indipendenti ciascuna nel proprio ambito, però, sottolinea Gelasio I, la supremazia assoluta spetta a colui che Cristo ha messo a capo di tutto e tutti, riconosciuto come tale dalla Chiesa.
Gelasio nei suoi quattro anni di pontificato indebolisce e annulla gli ultimi residui del paganesimo, smorza definitivamente il manicheismo in Roma e il pelagianesimo tornato qua e là, nel Piceno e in Dalmazia. Scrive sei trattati teologici contro il monofisismo e lo stesso pelagianesimo, e poi molte lettere. I suoi formulari liturgici sono l’origine del «Sacramentario gelasiano», e vari suoi principi in materia ecclesiastica diventeranno punti fermi del Diritto canonico, e saranno anche inseriti nella costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II.
Dopo la sua morte verrà sepolto nella Basilica di San Pietro.
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giovedì 21 novembre 2013
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