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domenica 23 dicembre 2018

SC 295 Commento al Vangelo di domenica 23.12.2018 IV avvvento (Padre Giulio Maria Scozzaro)

+ Dal Vangelo secondo Luca  (1,39-45)
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E Beata Colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Due giorni fa abbiamo meditato lo stesso brano del Vangelo e questo avviene per l’intersecarsi tra la liturgia prestabilita per le ferie di Avvento e l’anno liturgico «C» di San Luca che stiamo seguendo. L’anno liturgico è triennale per le domeniche e le festività, gli anni «A, B e C», sono caratterizzati dalla proclamazione del Vangelo di Matteo (A), Marco (B) e Luca (C) lasciando prevalentemente il Vangelo di Giovanni al tempo di Natale e di Pasqua.
Il Vangelo di oggi ci presenta la Madonna come Maestra di speranza e per preparare il Natale, ormai vicinissimo, non c’è niente di più opportuno che accompagnare in questi giorni Maria Santissima, stando con Lei con più amore e confidenza.
Il cristiano sa che anche questo Avvento deve viverlo insieme alla Vergine, tutti i giorni della sua vita se vuole garantirsi con certezza l’unico successo che conti nella sua esistenza: incontrare Cristo in questa vita e poi nell’eternità.
La speranza perfetta di cui è Maestra la Madonna, appare lontana o incomprensibile a quanti invece sono avviliti e agitati nell’impazienza.
L’aspetto molto curioso in molti è quello di reclamare a Dio il pagamento del poco bene che hanno compiuto. Una contraddizione o una visione miope della propria esistenza, accompagnata da una elevata considerazione di sé.
Dio non può elargire un bene grande a chi ne ha compiuto poco o per niente.
L’Amore di Dio è per noi incomprensibile, molti abbiamo convinzione che è incommensurabile, ma è anche un Padre che da un lato elargisce tanti doni gratuitamente, dall’altro utilizza una pedagogia perfettamente su misura per ognuno di noi. Lo fa perché mosso esclusivamente dall’Amore verso ciascuno. Ci ama così come siamo!
Gesù però vuole educarci a fare opere di carità, a vedere i bisogni degli altri e a non rimanere insensibili dinanzi alla povertà.
Il cristiano senza Fede si lamenta non appena sorge una difficoltà, non trova la capacità di controllarsi e di reagire con la preghiera, ed è bravo a lamentarsi innanzitutto con Dio. Se non aveva compiuto nulla o poco per amore di Dio, come potrà reclamare quanto non gli spetta?
Molto spesso anche i cristiani sono incapaci di reggere lo sforzo, di mantenere viva la speranza.
Chi patisce tribolazioni ed è vicino a Gesù non cade mai nello sconforto, questo avviene a colui che non aspira alla santità e alla vita eterna, colui che dispera di raggiungerla.
Rimanere vicino al Signore e osservare il Vangelo, con la preghiera giornaliera espressa molto più con il cuore che con le parole, è il sintomo del desiderio di entrare nella sfera della santità. Di conseguenza è facile scegliere in ogni circostanza un agire onesto, buono e sincero.
È molto facile vivere in modo virtuoso in qualsiasi momento se conosciamo bene Gesù e scegliamo sempre il bene, per noi e per gli altri.
Le tribolazioni molti se le chiamano per la loro incredulità, l’imborghesimento, la tiepidezza e l’eccessivo attaccamento ai beni materiali, i soli che si considerino veri. Lo scoraggiamento, se non vi si pone rimedio, paralizza gli sforzi per fare il bene e vincere le difficoltà.
La sfiducia nella propria santità, d’altra parte, si lega alla debolezza della volontà davanti al timore della fatica che la lotta ascetica comporta, e davanti al dover rinunciare a disordinati attaccamenti temporali e al disordine dei sensi.
A noi che ci sforziamo nel cammino spirituale, nemmeno gli apparenti insuccessi nella lotta interiore o nell’apostolato possono scoraggiarci: chi fa le cose per amore di Dio e per la sua gloria non fallisce mai. È sempre un vincente e tutti noi non abbiamo mai insuccessi perché abbiamo riposto totalmente in Dio la nostra fiducia.
Se vi arrivano pensieri di fallimento, sono tentazioni. Il cristiano non fallisce la sua vita, gli ostacoli e le avversità gli fanno acquistare esperienza.
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