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lunedì 27 ottobre 2014

3267 - Senza alibi

In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute. (Lc 13,10-17)

Quanti alibi ci prendiamo per non fare il bene? Si può fare il bene sette giorni su sette, soprattutto se riconosciamo che il vero bene consiste nell'obbedienza a Dio dentro le circostanze che accadono. 
Di solito siamo noi a scegliere il bene da fare o non fare. 
Questo è già un valore positivo, perché orienta alla sistematicità le nostre azioni e mette ordine al disordine della nostra vita. 
Ma quando accade un fatto imprevisto, quando deve saltare un programma prestabilito, quando ci viene chiesto di prestare soccorso mentre abbiamo fretta, allora con quale alibi possiamo difenderci?
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