Dal discorso di Benedetto XVI ai docenti e agli studenti dell'università degli studi di Parma (Aula della Benedizione - 1° dicembre 2008):
« Oggi vorrei soffermarmi brevemente a considerare con voi la “lezione” che ci ha lasciato san Pier Damiani, cogliendone alcuni spunti di particolare attualità per l’ambiente universitario dei nostri giorni.
Lo scorso anno, in occasione della memoria liturgica del grande Eremita, il 20 febbraio, ho indirizzato una lettera all’Ordine dei monaci Camaldolesi, nella quale ho messo in luce come sia particolarmente valida per il nostro tempo la caratteristica centrale della sua personalità, vale a dire la felice sintesi tra la vita eremitica e l’attività ecclesiale, l’armonica tensione tra i due poli fondamentali dell’esistenza umana: la solitudine e la comunione (cfr Lettera all’Ordine dei Camaldolesi, 20 febbraio 2007). Quanti, come voi, si dedicano agli studi a livello superiore – per l’intera vita oppure nell’età giovanile – non possono non essere sensibili a questa eredità spirituale di San Pier Damiani. » © Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana
Fonte principale per la ricostruzione della sua vita è la biografia realizzata dal discepolo prediletto Giovanni da Lodi, monaco e suo segretario personale, particolarmente erudito da essere soprannominato Grammaticus, poi divenuto suo successore come priore di Fonte Avellana e successivamente eletto vescovo di Gubbio. Numerosi accenni autobiografici sono poi rinvenibili tra le sue molte lettere.
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ier Damiani nacque a Ravenna tra la fine del 1006 o più probabilmente l’inizio del 1007. Se ne conosce con relativa precisione l'anno di nascita, fatto piuttosto raro per quei tempi, perché egli stesso riferisce in una delle sue numerose lettere di essere nato 5 anni dopo la morte dell'imperatore Ottone III.
La sua famiglia era probabilmente, o era stata, di illustri origini, ma quando nacque Pietro non era di condizione agiata.
Orfano di padre e ultimo di sette figli, venne tirato su dal fratello maggiore, Damiano, e ciò ne spiegherebbe l'appellativo di "Damiani". Dopo aver studiato a Ravenna, Faenza e Padova e insegnato all'università di Parma, entrò nel monastero camaldolese di Fonte Avellana, che divenne il centro della sua attività riformatrice. Ma la Chiesa, dilaniata internamente da discordie e scismi, conseguenza di quel grave malanno che prende il nome di simonia, compravendita di cariche ecclesiastiche, e dalla leggerezza con cui il clero risolveva il problema del celibato, aveva bisogno di uomini integri e preparati come il colto e austero Pier Damiani. Novello Girolamo, fu al fianco di sei papi come "commesso viaggiatore della pace" e in particolare collaborò con Ildebrando Aldobrandeschi di Soana, il grande riformatore divenuto Papa col nome di Gregorio VII (1073-1085).
Dopo varie peregrinazioni nella diocesi di Milano, in Francia e in Germania, Papa Stefano IX (Federico di Lorena, 1057-1058) lo nominò cardinale e vescovo di Ostia, cioè uno dei sette Cardinali Lateranensi a più stretto contatto col Papa. Stando ai suoi scritti, Pier Damiani non accolse la nomina con favore: si sentiva portato alla vita eremitica, implicante solitudine, silenzio, penitenza, preghiera. Si trasferì per obbedienza a Roma, a stretto contatto col Papa e con la corte pontificia, dove rivestì un ruolo di primissimo piano.
Pier Damiani fu tra gli scrittori latini più fecondi ed eleganti del Medioevo.
Lasciò un vasto corpus di scritti teologici di vario genere:
· oltre settecento manoscritti contenenti le sue opere, segno della sua grande autorità e diffusione;
· 180 lettere (alcune tanto ampie da essere dei veri e propri trattati, nonostante la forma epistolare);
· varie opere liturgiche ed eucologiche;
· sermoni da lui tenuti in varie occasioni;
· agiografie, cioè vite di santi (tra cui spicca la Vita Romualdi).
Già vecchio, fu chiamato da Ravenna, la sua città natale, per ricomporre il dissidio fomentato dai seguaci di un antipapa. La morte lo colse nel 1072 a Faenza, di ritorno dall'ultima missione di pace.
Trovò dapprima sepoltura nella chiesa di Santa Maria foris portam (oggi conosciuta come Santa Maria Vecchia); in seguito le sue ossa furono traslate nella cattedrale di Faenza, dove sono conservate tutt'ora. Le ossa del volto e delle mani sono ricoperte da ricostruzioni d'argento, il resto dello scheletro è ricoperto di paramenti sacri.
Venerato subito come santo, ebbe riconosciuto il suo culto ufficialmente il 1° ottobre 1828, da Papa Leone XII (Annibale Sermattei della Genga, 1823-1829), che lo proclamò anche Dottore della Chiesa per i suoi numerosi scritti di contenuto teologico.
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