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domenica 10 aprile 2011

930 - Vita di Gesù (paragrafi 105-108)

XV I Vangeli

§ 105. La parola “evangelo” significò originariamente la ricompensa data a un messaggero che rechi una buona novella, o anche la buona novella in se stessa; il cristianesimo, fin dai suoi primi tempi, impiegò questa parola per designare la piu' importante e preziosa “buona novella”, quella annunziata da Gesù all'inizio del suo ministero, allorché venne Gesu' nella Galilea annunziando la “buona novella” d'iddio e dicendo: Si è compiuto il tempo e si è avvicinato il regno d'iddio; pentitevi e credete nella “buona novella” (Marco, 1, 14-15). Quindi, la “buona novella” annunziata in principio da Gesù fu essenzialmente questa: Si e' avvicinato il regno di Dio. Ma a questo primo annunzio segui uno sviluppo, il quale tradusse in atto il contenuto della “buona novella” mediante gli insegna­menti, la vita e la morte redentrice di Gesù. Quindi, a tutto questo complesso di fatti che costituivano la salvezza apprestata da Gesù al genere umano fu in seguito applicata la designazione di “buona novella”, in quanto era annunzio della salvezza già attuata e com­piuta. In questo senso S. Paolo si presenta come ministro... della “buona novella” (Colossesi, 1, 23; ecc.), in corrispondenza all'e­spressione usata dal suo discepolo Luca, che parla di inservienti della parola (Luca, 1, 2); egualmente in questo senso fu scritto in prin­cipio ad uno dei vangeli canonici: inizio della “buona novella”di Gesu' Cristo (Marco, 1, 1).

§ 106. Quest'ultimo esempio già prelude ad un'applicazione ulte­riore che ricevette più tardi la parola. Per alcuni anni dopo la morte di Gesù la diffusione della “buona novella” avvenne in maniera esclusivamente orale; il quale metodo era quello stesso seguito da Gesù, che aveva soltanto parlato senza lasciare alcun scritto, ed era anche conforme a quello dei dottori giudaici contemporanei, le cui sentenze furono tramandate oralmente ancora per molto tempo fino a quando furono messe in iscritto neI Talmud (§ 87). Era il metodo chiamato dai cristiani “catechesi”, ossia “risonanza” perché con­sisteva nel “far risonare” (greco katecheo) la voce alla presenza dei discepoli; di guisa che il discepolo, che avesse compiuta la sua istru­zione, era il “risonato”, ossia il “catechizzato” (Galati, 6, 6; Luca, 1 4; Atti, 18, 25). Senonche la rapida e vasta diffusione della “buo­na novella” non poteva permettere, praticamente, che questa re­stasse affidata per lungo tempo soltanto alla viva voce. Lo sprigio­narsi della “buona novella” dalla Palestina e dal mondo giudaico; il suo penetrare in regioni d'altri linguaggi, come nella Siria, nell'Asia Minore e fino in Italia e a Roma; il suo irrompere nelle accademie e negli altri cenacoli del mondo greco­romano; e infine l'effettuarsi di questa avanzata trionfale nel giro di pochi anni, richiesero entro bre­ve tempo che la viva voce fosse corroborata dallo scritto per raggiun­gere più facilmente e più efficacemente nuove mete. Sappiamo infatti che, già lungo il sesto decennio del secolo I, circolavano scritti con­tenenti la “buona novella”, e che tali scritti erano molti (Luca, 1, 1-4). Questo nuovo sussidio, fornito al diffondersi del messaggio cristiano, fu come una seconda strada aperta parallelamente alla prima: da allora la “buona novella” s'avanzò su ambedue le stra­de, la catechesi risonante e la catechesi scritta. Ciò appunto spiega l'ulteriore applicazione che ricevette la parola. Da questo tempo “buona novella” fu, non soltanto l'annunzio del­la salvezza umana, ma anche lo scritto che conteneva quell'annun­zio: il contenente fu designato col nome del contenuto, cioè fu chiamato “vangelo”. Ad ogni modo, anche se la “buona novella” orale aveva perduto la sua sonorità materiale diventando vangelo scritto, l'una e l'altro rimanevano in sostanza una catechesi: non altramente le orationes di Cicerone, essenzialmente orali, rimasero orationes anche quando circolarono in iscritto.

§ 107. E’ però di somma importanza rilevare che la “buona no­vella” scritta non pretese mai né di soppiantare né di sostituire adeguatamente la “buona novella” orale; e ciò, oltreché per altre ragioni morali, anche perché la “buona novella” orale era molto ricca e conteneva assai più elementi di quella fissata in iscritto. Abbiamo su questo proposito una preziosa testimonianza di Papia di Jerapoli, il quale, scrivendo verso l'anno 120, afferma di aver ricer­cato ansiosamente ciò che avevano insegnato di viva voce gli Apo­stoli e gli altri discepoli immediati di Gesù, ch'egli nomina indivi­dualmente, apportando infine questa ragione: Giudicavo infatti che le cose contenute nei libri non mi avrebbero giovato tanto, quanto le cose (comunicate) da una voce viva e permanente (in Eusebio, Hist. eccl., III, 39, 4). E parlando di libri e di voce allude indub­biamente alle fonti della vita e della dottrina di Gesù, perché poco dopo tratta espressamente dei vangeli di Marco e di Matteo. Presso gli scrittori cristiani del secolo II l'uso del termine « vange­lo » è ancora promiscuo. Talvolta conserva il senso più antico, e perciò designa la « buona novella » in sé, ossia la salvezza umana operata da Gesù, come si ritrova ancora presso Ireneo (Adv. har., iv, 37, 4); ma già lo stesso Ireneo (ivi, III, lì, 8; ecc.); e anche prima di lui Giustino (Apol., I, 66), impiegano il termine per designare determinati scritti, cioè i nostri vangeli. Anche l'eretico Marcione, verso il 140, prefisse il titolo di « vangelo » al suo scritto derivato dal terzo dei vangeli canonici ed accomodato conforme alle dottrine di lui (Tertulliano, Adv. Marcion., iv, 2).

§ 108. Qual era il primo e principale argomento della catechesi, orale o scritta che fosse? Su ciò non può esservi dubbio. Se la fede cristiana aveva per suo fondamento la persona di Gesù, il primo passo sulla strada di questa fede doveva necessariamente essere la conoscenza dei fatti di Gesù; ci viene infatti attestato esplicitamente che si cominciava con l'istruirsi o con l'istruire sulle cose riguardo a Gesìi (Atti, 18, 25; cfr. 28, 31) come pure ci vengono occasional­mente comunicati brevi abbozzi di catechesi che comprendono ap­punto i fatti di Gesù (Atti, 1, 22; 2, 22 segg.; 10, 37 segg.). E in realtà un cristiano non sarebbe stato cristiano se non avesse saputo che cosa aveva fatto il Cristo, ossia Gesù, quali dottrine aveva insegnate, quali stabili riti aveva istituiti, quali prove avevano dimo­strato l'autorità della sua missione, insomma se non possedeva una notizia almeno sommaria della biografia di lui: senza questa notizia la « buona novella » non poteva diffondersi, giacché gli uomini co­me invocherebbero colui nel quale non credettero? e come crede­rebbero in colui che non udirono? e come udirebbero senza un ban­ditore? (Romani, 10, 14)
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