Chissà se quella cenere leggera caduta sulle nostre teste ha davvero avuto la forza della grandine, ha svegliato il torpore della nostra fede mettendoci in cuore l'incandescienza che purifica e rinnova.
Chissà se la mortificazione di questa prima settimana ha vivificato la nostra fede e ci ha resi pronti a riconoscere i vicoli ciechi delle nostre scorciatoie, per imboccare la via promettente del Vangelo.
Dal deserto delle tentazioni la liturgia ci fa fare un balzo impegnativo fino al Tabor, il monte della Trasfigurazione.
Un balzo importante perché ci fa pregustare la meta verso la quale siamo incamminati.
Questo "salto spirituale" dal deserto al Tabor ci mette davanti agli occhi un Vangelo che scardina quell'immagine grigia, cupa e ammuffita della Quaresima che si è sedimentata nel nostro immaginario spirituale. L'autentica mortificazione quaresimale è per la vivificazione e non per la tristezza! Se mi mortifico è per far crescere la vita dello Spirito in me; è perché mi serve dire alcuni "no" per allargare il cuore a dei "sì" più grandi e più maturi; è perché in me c'è qualcosa che deve morire per portare frutto.
Pietro, Giacomo e Giovanni sono condotti dal loro Rabbì in cima al Tabor. Mentre salgono in silenzio, il loro smarrimento cresce nel cuore. La Parola di Gesù sul suo futuro di passione, di morte e resurrezione è rimasta indigesta...
Non capiscono, ma si fidano del Maestro.
Non capiscono, ma camminano sui suoi passi.
Non capiscono, ma sanno che devono stare sulle tracce di Gesù.
Mentre salgono al Tabor, i pensieri sono in subbuglio. Confusione. Smarrimento. Buio.
Il respiro corto della salita batte il ritmo dei mille pensieri che si scontrano nel cuore e nella testa.
E all'improvviso, a squarciare il buio che i discepoli si portano dentro, ecco una luce. Un bagliore di bellezza.
Gli occhi sono sgranati e il cuore batte a mille.
Pietro, Giacomo e Giovanni ricevono il dono di poter assistere ad un anticipo della gloria della Resurrezione. Gesù svela l'altra faccia del suo mistero: non solo la Croce, ma anche la Gloria. Gesù apre i loro occhi per riconoscere la Sua bellezza, per svelare la Sua identità.
don Roberto Seregni
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